Comunque – e tutto sommato è il classico lieto fine – il breve monito di monsignor Cavina a tutela dell’eucaristia e contro gli “stati di vita che contraddicono quel sacramento” (?!) è passato quasi inosservato e inascoltato. Come un dettaglio burocratico. Marco Alemanno ha incarnato in una chiesa, e in una cerimonia che più pubblica non si sarebbe potuto, tutta la dignità di un amore tra uomini. Semmai, c’è da domandarsi quanti omosessuali cattolici meno famosi, e meno protetti dal carisma dell’arte, abbiano potuto sentirsi allo stesso modo membri della loro comunità. L’augurio è che la breve orazione di Marco per Lucio costituisca un precedente. Per gli omosessuali non cattolici, il dettato clericale in materia non costituisce il benché minimo problema: francamente se ne infischiano. Ma per gli omosessuali cattolici lo costituisce, eccome. Ed è a loro, vedendo Marco Alemanno pregare per il suo uomo accanto all’altare, che corre il pensiero di tutte le persone di buona volontà. Michele Serra sul vedovo Marco Alemanno e qualcosa che pochi hanno detto.