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“Ci aspettiamo innanzitutto un tempo clemente viste le previsioni”. C’è spazio anche per una battuta propiziatoria nella lunga chiacchierata che Raffaella Bolini, la rappresentante dell’Arci che sta tenendo le redini dell’organizzazione della grande manifestazione di pace che si terrà sabato 5 novembre, concede a La Notizia. “Al di là delle battute, ci aspettiamo una grande partecipazione, perché siamo certi di una cosa”.
Cosa
Avvertiamo che una grande fetta di italiani ha esigenza di tornare in piazza, specie in questo periodo di conflitto. Dal primo giorno della guerra tra Russia e Ucraina la maggior parte delle persone, contrariamente a quello che si crede, pensa che l’Italia debba essere parte della soluzione al problema, e non del problema stesso. La manifestazione di sabato darà modo di dimostrare tutto questo.
Crede che la marcia potrà avere questo ruolo?
Assolutamente sì. Sarà una grande dimostrazione che in tanti vogliono che si lavori per il cessate il fuoco. Abbiamo figure importanti che parteciperanno e che chiedono questo, sia del mondo laico che di quello cattolico. Il momento, peraltro, è giusto e cruciale: la situazione peggiora di giorno in giorno, c’è inoltre il rischio di un allargamento costante del conflitto. Senza dimenticare il ritorno terrificante dell’ombra dell’opzione nucleare. Se ne parla come fosse una cosa normale: è la prova che stiamo superando ogni limite.
Eppure c’è sempre un accostamento troppo semplicistico che si fa in questi casi: chi chiede il cessate il fuoco viene considerato un “putiniano”…
Guardi, questa cosa mi fa sorridere. È un’accusa che non mi fa più né caldo né freddo. È sempre la stessa storia: quando qualcuno di noi contesta una guerra, ci dicono sempre che siamo dalla parte del dittatore di turno. Poi ci vogliono cinque, dieci, venti anni prima che puntualmente si riconosca che noi siamo sempre e semplicemente dalla parte delle vittime. Per il resto, è un’accusa ignobile: non siamo di certo noi che per anni abbiamo foraggiato, commerciato, incontrato o banchettato con Putin. Ed è surreale che a muovere queste accuse sono proprio quelli che fino a un attimo prima tenevano Putin su un piedistallo. Si è completamente ribaltata la realtà.
Entrando nel merito, perché ritiene che l’unica strada sia quella del cessate il fuoco?
Lo dicono i fatti. Se è vero che la guerra lampo di Putin evidentemente non c’è stata, neanche la vittoria della resistenza di Zelensky è all’orizzonte. Il conflitto si è incancrenito. Non possiamo perciò continuare a foraggiare con armi la guerra perché una soluzione sul campo non c’è e non ci sarà. Occorre invece fare in modo che l’Italia e l’Ue promuovano una soluzione di mediazione e di pace.
La marcia ha assunto nell’ultimo periodo anche una valenza politica. Crede sia un merito?
La manifestazione è organizzata come sempre dalla società civile, ma ha sempre una rilevanza politica. Noi siamo sempre favorevoli alla partecipazione dei partiti, purché ovviamente non mettano bandiere sulla marcia. Per il resto ci auguriamo che chi venga, poi si faccia carico del messaggio che la manifestazione vuole lanciare. A noi, al di là delle parole, interessano gli impegni concreti.
E invece della posizione del governo Meloni sul conflitto cosa pensa
In perfetta continuità con il governo Draghi. Ma non mi stupisce: purtroppo siamo in una situazione di vento negativo per cui anche in Europa si pensa che l’unico modo di garantire la sicurezza dei confini sia la strada armata. Ed è triste perché significa che tanto l’Italia quanto l’Ue hanno rinunciato al loro ruolo di mediatori di pace, per cui i confini sono diventati muri armati. L’Ucraina è un esempio proprio di tutto questo.
Perché secondo lei?
Diciamo che il fatto che la sicurezza sia considerata soltanto armata non mi stupisce se penso alla destra che ce l’ha nel suo dna genetico. Il problema è a sinistra, ma purtroppo questo è il ragionamento main-stream che si è affermato.
La sinistra ha rinunciato al suo ruolo?
È tutto molto desolante. Bisognerebbe che a sinistra qualcuno ripensi alle proprie radici, a quello che diceva Berlinguer tra gli altri. Come siamo riusciti ad arrivare da un forte impegno per il disarmo a una visione dell’Europa come baluardo della pace, a una situazione per cui vediamo la guerra come unica soluzione?
Lei che spiegazione si è data
Stiamo tornando alla logica della clava, per cui se ti danno un colpo in testa l’unica soluzione è dare un altro colpo in testa, magari più forte. Ma questo significa far vincere la politica della barbarie.
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