“L’Italia è il Paese che amo”. Con queste parole Silvio Berlusconi annunciava la sua discesa in campo dando vita a Forza Italia. Da allora sono trascorsi 30 anni e tante sono state le battaglie affrontate insieme, alcune vinte, alcune perse ma sempre con la stessa tenacia e la stessa passione. In occasione di questo anniversario, voglio rivolgere i miei auguri a tutti gli amici di Forza Italia. E un pensiero a Silvio, il cui impegno e ricordo continua a ispirare il nostro percorso”. Nel trentennale della fondazione di Forza Italia di prima mattina è la presidente del Consiglio Giorgia Meloni a dare il via allo squillo di trombe, promettendo agli italiani di non fare sentire la mancanza di Berlusconi nelle linee guida del suo governo. Ci permettiamo di credere che l’allieva stia superando il maestro.
La premier celebra a modo suo Forza Italia. Giorgia Meloni si conferma degna erede di Silvio Berlusconi
Una delle fissazioni più inscalfibili di Silvio era senza dubbio l’evasione fiscale. Ovviamente non poteva dirlo a piena bocca ma l’apologia all’evasione è una storia lunga fin dal suo ingresso in politica nel 1994. Fu proprio Berlusconi a parlare di evasione “moralmente accettabile” – era il 2010 – poiché la “pressione fiscale è insopportabile”. Tredici anni dopo la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha paragonato, l’anno scorso a Catania, le tasse al “pizzo di Stato”. Più delle parole però contano i fatti e anche su quelli Meloni ha dimostrato di essere in perfetta sintonia con Silvio.
Prima di tutto c’è l’innalzamento del contante a 5mila euro. Giorgia Meloni in quell’occasione ha parlato di “libertà personale” e si è schiantata contro Bankitalia che ha detto ciò che sanno tutti, ovvero che l’utilizzo del contante favorisce l’evasione fiscale. Poi ovviamente ci sono stati i condoni più o meno mascherati: rottamazione delle cartelle esattoriali, multe, interventi sulle criptovalute, sanzioni ridotte per gli atti di accertamento.
Poi c’è stata la flat tap e quella curiosa osservazione dell’ufficio parlamentare di bilancio che nota come in moltissimi stiano appena sotto la soglia. Infine qualche giorno fa è diventato realtà il concordato fiscale, pietra tombale sull’evasione. Così non solo l’evasione viene di fatto legalizzata, o meglio concordata, ma addirittura sparisce dalle statistiche. Se il 70% del reddito degli autonomi oggi è evaso domani non entrerà più nelle statistiche e dalle parti del governo potranno addirittura rivendersi come i maghi della lotta all’evasione prendendo i voti degli evasori. Un capolavoro di cui Silvio sarebbe fiero.
Sono ancora visibili i disastri dei governi Berlusconi sulla giustizia
Sono ancora visibili i disastri dei governi Berlusconi sulla giustizia. Il garantismo è solo uno scudo per garantire impunità ai sodali di partito. I colletti bianchi possono dormire molto più tranquilli con l’abolizione dell’abuso d’ufficio, spesso porta di ingresso per reati più gravi e associazioni più criminali. Nemmeno Silvio avrebbe potuto puntare così in alto. Stessa storia con le intercettazioni, vera spina nel fianco per i governi Berlusconi e oggi finalmente delegittimate con lo stesso schema di sempre: “costano troppo” e “disturbano la privacy”, dicevano i berluscones, ripetono oggi i melones. La differenza sostanziale è che l’argine al sabotaggio della giustizia oggi è molto più morbido.
Basti pensare che in giro non si legge nemmeno mezzo editoriale indignato per la Corte costituzionale a cui manca un membro per il plenum, come se fosse semplicemente un elemento ornamentale. Meloni ha però superato il mastro nel bastonare i più deboli. Dei ragazzini che occupano la strada sono diventati la vera emergenza sociale (e penale) del Paese. Un ribaltamento della realtà attraverso una fumosa narrazione che Berlusconi avrebbe mandato in onda in prima serata, senza dubbio. Le “toghe rosse” di Silvio sono tornate terribilmente di moda: nel corso del suo governo Meloni, i suoi ministri e i membri della maggioranza tuonano ciclicamente contro qualche magistrato trattato come “avversario politico”. Il caso della giudice Iolanda Apostolico è stato fondamentale per colpirne uno per educarne cento.
Dall’evasione di necessità al pizzo di Stato con Meloni i furbetti del Fisco stanno sereni
Il disprezzo per le istituzioni di Silvio è ancora qui. Berlusconi sognava un potere esecutivo senza i lacci e i laccioli del Parlamento e delle istituzioni. Giorgia Meloni ha – per ora – un Parlamento che si è ridotto a ratificare le sue decisioni. Come Silvio anche Giorgia strapazza i suoi alleati forte dei suoi voti indispensabili a tutti. L’alleanza è semplicemente una corte con un capo (oggi una capa) e una schiera intorno di utili idioti a cui non resta che lamentarsi di sponda. Il governo Meloni se l’è presa con l’ufficio parlamentare di bilancio, con l’Inps, con l’stat e così via. Ogni ente che concorre alla democrazia è vissuto come un inciampo sul proprio cammino. Anche la Costituzione è un orpello da sventolare nelle cerimonie che sono già pronti a piegare per avere più poteri nell’esercitare il potere. Silvio fingeva di governare limitandosi a comandare e Giorgia è la sua allieva perfetta.
Infine c’è la passione per l’occupazione dell’informazione. Non solo la Rai è diventata il cimitero degli elefanti per coloro che non potrebbero ambire nemmeno a una televendita in Mediaset ma anche la cultura e lo spettacolo sono semplicemente strumenti di propaganda. Con Berlusconi dovevamo sorbirci le poesia di Sandro Bondi ora abbiamo un’antologia di “artisti” che imperversano in tutti i campi. Vedendo la scena, c’è da scommetterci, Silvio si sbellicherebbe dalle risate.
L’articolo Meloni ispirata da Berlusconi. Ormai l’allieva ha superato il maestro sembra essere il primo su LA NOTIZIA.