L’ordine di scuderia della presidente del Consiglio Giorgia Meloni è stato rispettato. Anche ieri per l’intera giornata i partiti di maggioranza non hanno trovato il fiato per pronunciare una sola parola sul caso che ha coinvolto Emanuele Pozzolo, “Manny” per gli amici, 38 anni, di professione consulente legale, sposato e padre di tre figli. Che la pistola di un deputato di Fratelli d’Italia avesse “accidentalmente” sparato poco dopo la mezzanotte a Rosazza (Biella) e ferito il genero di un membro della scorta del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro lo sappiamo dal primo pomeriggio del primo gennaio.
Forse lo sospende, o forse no. La premier Meloni tentenna sul suo deputato Pozzolo. La destra amica delle armi sta alla finestra
Poche ore dopo nel giorno di Capodanno la leader di Fratelli d’Italia ha avvisato i suoi, di concerto con gli altri leader della maggioranza Tajani e Salvini, della linea da seguire: lasciare fuori Delmastro già gravato dal rinvio a giudizio per rivelazione di segreto d’ufficio, prepararsi a una sospensione o persino all’espulsione del deputato Pozzolo (che in questo caso potrà comodamente continuare la sua avventura parlamentare da fidato agente esterno nel Gruppo misto) e relegare la vicenda nell’alveo delle questioni “personali” e soprattutto “non politiche”. Ma scaricare Pozzolo per salvare Delmastro costa più del previsto. Ieri i partiti di opposizioni (perfino gli oppositori blandi di Italia viva) hanno bussato alla porta di Palazzo Chigi per chiedere spiegazioni.
“Limitarsi a scaricare ogni responsabilità sul ‘cowboy’ non basta, – ha detto il capogruppo renziano alla Camera, Davide Faraone – e sarebbe l’ennesima furbata per salvare un sottosegretario che dovrebbe essere stato già cacciato da tempo. Il quadro che ne risulta è di una inaudita gravità, tale da rendere inevitabili e immediate delle conseguenze politiche”. Il Partito democratico attacca a più voci e chiede ai telegiornali Rai di “fare corretta informazione” mentre il Movimento Cinque Stelle punta il dito contro l’utilizzo dell’immunità parlamentare del deputato pistolero meloniano quando inizialmente si è rifiutato di sottoporsi il test sulla polvere da sparo, arrivato solo ben sei ore dopo il fatto.
A parlare dalle parti della maggioranza è solo il sottosegretario Delmastro che in un’intervista a Repubblica parla di “sfortuna” e racconta di non avere visto nulla. La sua proverbiale curiosità nel frugare i minimi particolari dei suoi avversari politici evidentemente si è annebbiata durante il veglione in presenza del suo compagno di partito.
La leader di FdI cerca di minimizzare. Ma il caso del deputato pistolero è tutto politico
Ma quel colpo di pistola è una fatto politico, eccome. Anzi è un fatto politico enorme che un deputato che ha costruito la sua carriera politica anche sulla difesa delle armi sia diventato il paradigma della loro pericolosità. A Fratelli d’Italia sanno bene che sarà molto più difficile ora per loro discutere di caccia, di abbassamento dell’età per maneggiare armi e perfino di legittima difesa.
È anche un fatto politico che il sottosegretario alla Giustizia abbia tutte le risposte quando si tratta di giudicare avversari politici e magistratura e poi non sia in grado di darne su un panettone con la pallottola spuntata. È un fatto politico, eccome, che il partito che difende le armi con la teoria del “sono pericolosi gli uomini che schiacciano il grilletto” taccia e non sappia cosa sia accaduto in una cena di famiglia tra suoi esponenti. È un fatto politico, eccome, anche che un uomo della scorta fosse alla festa con suoi famigliari: la scorta di Delmastro si trovava lì non per festeggiare ma per difendere quella che tecnicamente viene definita “la personalità”. Il dispositivo di sicurezza in quale ruolo prevedeva parenti della scorta Qualcuno dovrebbe avvisare la presidente Meloni: cosa sia “politico” lo decidono gli altri. Funziona così.
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