Tra le promesse tradite di Giorgia Meloni e il suo governo se ne può tranquillamente aggiungerne un’altra: alla fine l’Italia, nonostante le parole spese in campagna elettorale, ratificherà il Mes. Per averne contezza basta sfogliare i giornali di destra che stanno già oliando la narrazione di un “atto dovuto”, per indorare la pillola ai loro (e)lettori. L’Unione europea chiede da mesi la ratifica, la premier e Matteo Salvini si sono più volte espressi contro ma non c’è più tempo per tergiversare. “Mai fino a quando ci sarò io al governo”, diceva Meloni.
Il tempo del mai, ora sembra essere già scaduto. Le pressioni europee perché tutti i paesi membri aderiscano al Meccanismo Europeo di Stabilità sembrano avere aperto una breccia nella maggioranza. Già nei giorni scorsi il ministro Giancarlo Giorgetti aveva espresso la volontà di “approfondire” che, tradotto dal politichese, significa prendere tempo per capire come riuscire a raccontare la retromarcia.
Il Mes calendarizzato tra i progetti di legge da discutere in quota opposizione: il 30 giugno approda alla Camera
Ora Terzo polo e Pd hanno fatto calendarizzare il Mes tra i progetti di legge della quota riservata alle opposizioni e il 30 giugno arriverà in aula alla Camera. “Vedremo se ha ragione Giorgetti quando dice che il Parlamento è contrario alla ratifica”, spiega Luigi Marattin. Ma la maggioranza, manco a dirlo, è spaccata. Forza Italia è sempre stata a favore, in Fratelli d’Italia si discute sull’opportunità di andare contro le volontà di Bruxelles proprio mentre si stanno discutendo le modifiche al Pnrr.
Nella Lega Claudio Borghi e Alberto Bagnai promettono che terranno il punto fermo sul no. Secondo Bagnai, il Mes non serve ed è pure dannoso, perché “le cose che non servono spesso sono dannose. E poi c’è anche un’altra cosa, di cui ora si parla tanto”, una sorta di patto di scambio con l’Europa: “Voi ora votate il Mes così poi modifichiamo il Pnrr. A questo proposito vi cito un sonetto di Giuseppe Gioachino Belli che dice ‘dammela, e poi ti sposo’. Direi quindi: dammela, la ratifica del Mes e io ti sposo la riforma…”, conclude Bagnai.
La lista di promesse non mantenute dal governo si allunga: pronta ad aggiungersi la ratifica del Meccanismo europeo di stabilità
Il Mes andrebbe ad aggiungersi alle promesse volatilizzate. Finisce in coda alle accise che dovevano essere abolite e invece sono lì, ferme, in ottima salute. Si aggiunge a quel “mai la svendita della compagnia aerea di bandiera a Lufthansa” finita con Lufthansa che si è messa in tasca Ita. Si aggiunge al “blocco navale” che Meloni e Salvini ripetevano allo stremo, accusando i ministri degli Interni (degli altri) di non riuscire a “difendere l’Italia” mentre ora i numeri (gli arrivi si sono quintuplicati) li hanno sbugiardati smontando la propaganda di Piantedosi. Avevano promesso un’Italia che avrebbe sbattuto i pugni sul tavolo dell’Unione europea e invece hanno agito con un servilismo che farebbe impallidire perfino Mario Draghi.
Hanno consegnato la politica economica a Bruxelles e la politica estera alla Nato (loro che amavano Putin proprio perché era “indipendente dagli Usa”). Hanno promesso il sovranismo e sono finiti per essere province dei poteri che avrebbero dovuto spaventare. Così non rimane che “spaventare” i deboli, gli indifesi, i poveri e i senza diritti. Sotto la polvere delle sparate dei loro ministri e delle leggine di bandiera questo governo si dimostra la fotocopia (sbiadita) dei governi a cui si sono sempre opposti. Finché dura la narrazione per loro sarà bellissimo. Poi sarà uno schiaffo.
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