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Metodo Santanchè: dalle bugie alle querele

Si dice tranquilla la ministra al Turismo Daniela Santanchè. È così tranquilla che ieri per intervenire all’assemblea generale di Confagricoltura a Roma era circondata da un cordone di poliziotti e da un collaboratore che filmava i presenti. Per difendersi da chi? Dai giornalisti, ovviamente, e da quel loro pericolosissimo vizio di porre delle domande.

La strategia della ministra è sempre la stessa: “Non partecipo ai processi mediatici”, dice ai cronisti presenti. Che si tratti di indagini giudiziarie e di valutazioni politiche continua a sfuggirle. Per non partecipare “ai processi mediatici” basterebbe rispondere, possibilmente con informazioni vere. La questione sarebbe già chiusa da un pezzo. Così sul palco ancora una volta dice di non essere disposta “a fare un passo indietro”: “non capisco per quale motivo dovrei farlo”, dice alla platea, “nessuno mi ha mai accusato nella mia funzione di ministro”.

Deve essere comodo riuscire a vivere così, da personaggio pubblico che diventa privato e poi torna pubblico alla bisogna. Il concetto di opportunità, del resto, non vige da quella parti. Ma la frase da incorniciare è un’altra. Dice la ministra: “io dico ai giornali, bene, c’è la libertà di stampa, scrivete quello che volete, poi anche lì ci sarà qualcuno che dirà se le cose erano vere o false. Mi auguro tra qualche anno di avere un bel gruzzoletto dal mio risarcimento danni” con cui “potrò magari aiutare qualcuno che ha più bisogno di me”. Le possiamo dare un consiglio: lì fuori ci sono da mesi i suoi dipendenti che aspettano il dovuto.

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