Claudio Fava è molte cose: giornalista, scrittore, sceneggiatore e poi politico. Da poche settimane è anche il candidato alle prossime elezioni siciliane, sostenuto da una coalizione che tiene insieme Mdp, Sinistra Italiana, Possibile e Rifondazione Comunista. La prima domanda, quindi, è inevitabile.
Caro Fava, chi te lo fa fare?
(Sorride). È una domanda più che legittima, certo. Ma la risposta è da collocare in questo tempo della mia vita. Sono infatti in una fase di commiato dall’impegno politico attivo e quando mi è arrivata questa sollecitazione ne ho colto tutto il significato e l’importanza: dimostrare che non solo esiste uno spazio di sinistra in questo Paese ma che è addirittura uno spazio fondativo di una sinistra. Dimostrare poi che tutto questo parla a un pezzo di Paese e dell’opinione pubblica anche lontano dalle nostre bandiere e che esiste ancora un voto libero, d’opinione. Dimostrare anche che la Sicilia non è irredimibile e che la rassegnazione è l’alibi dei peggiori. E vorrei dimostrare infine tutto questo mettendoci ancora una volta, anzi, l’ultima, la faccia. E non perché il mio impegno finisca qui, continuerà in altri cento modi. Ma non c’è nessuna convenienza in questa mia candidatura: c’è una forte necessità politica e morale di mettersi a disposizione. E direi che questi primi giorni ci dicono che forse non ci sbagliavamo: c’è infatti un pezzo di Sicilia che sta dimostrando di non essere qualcosa a disposizione del ceto politico pronta a farsi spostare da una casella all’altra come se fossero mandrie di buoi.
Sei d’accordo con chi dice che queste siciliane siano il preludio delle elezioni politiche nazionali? Renzi da parte sua insiste nel dire che siano un “caso a sé”.
A giudicare dal fuoco di sbarramento che abbiamo ricevuto sulla mia candidatura direi proprio di sì: se si mobilitano i più illustri editorialisti dei più illustri quotidiani accusandoci di essere minoritari e disfattisti vuol dire che la proposta politica fa paura perché apre una contraddizione all’interno del partito democratico, insomma, li mette allo specchio. Tra costruire un percorso politico insieme alla sinistra che vuole affermare discontinuità con l’esperienza Crocetta (tra l’altro cosa che il Pd da cinque anni chiede a se stesso) loro hanno preferito avere altre alleanze.
(continua in edicola su Left)