Ieri i ministri dei Paesi membri dell’Unione europea hanno trascorso l’intera giornata a discutere di come disfarsi di questi fastidiosi disperati, per di più neri, che si permettono il lusso di sperare di scappare dalla disperazione. Si è trattato di serrato confronto travestito da diplomazia che ha cercato, ad esempio, di dare un prezzo ai migranti non accolti.
Proprio così: uomini che vengono venduti come schiavi nei Paesi da cui scappano si ritrovano a essere quotati in Europa. Non vanno al chilo, no. I leader europei hanno fissato un prezzo che consenta di fottersene del diritto universale di essere accolto e salvato. Con ventimila euro si può lasciare il fastidioso disperato al Paese vicino o a quello in cui è entrato in Europa (via mare è l’Italia).
Con qualche migliaio di euro si acquista il diritto di subappaltare la disumanità. Non è molto diversa dalla strategia della presidente Giorgia Meloni che s’affanna per appaltare alle peggiori autarchie il compito di fare da tappo. Gli “aiuti” agli Stati da cui partono sono il modo elegante per non dover dire che, poiché non sono riusciti a chiudere i porti d’arrivo (non è legale e non è fattibile), ora provano a chiudere i porti di partenza. Non ci riusciranno.
E il “patto” europeo non risolverà nulla. Anzi se passerà così com’è metterà ancora più in difficoltà l’Italia. Chemmsidine, un pescatore tunisino, un giorno mi disse: “Vi illudete di fermare le persone che scappano dalla fame e dal piombo senza fermare la fame e il piombo”. L’Ue matrigna non ha imparato la lezione.
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