Un chirurgo plastico di 42 anni e un carrozziere quarantenne di Desio: secondo l’ultima indagine dell’antimafia milanese i due, arrestati all’alba dalla polizia, sarebbero ai vertici della ‘ndrangheta lombarda, capace di infiltrarsi negli istituti ospedalieri del capoluogo e di interloquire con Cosa Nostra. Il tutto in costante rapporto con la casa madre in Calabria. Si tratta del chirurgo plastico Arturo Sgrò, incensurato ma con parenti condannati per associazione mafiosa, e Ignazio Marrone, con precedenti per armi e ricettazioni: entrambi sono accusati di 416-bis. Secondo le accuse, sarebbero affiliati al clan Iamonte Moscato della locale di Desio.
Agivano in simbiosi. Le manette sono scattate questa mattina all’alba, e i fatti contestati risalgono al 2013 e 2014. Il chirurgo Sgrò e il carrozziere Marrone hanno attività lavorative diverse e provengono da estrazioni sociali opposte: nonostante ciò, secondo il procuratore aggiunto Ilda Boccassini e il dirigente della squadra mobile Alessandro Giuliano, agivano in perfetta simbiosi, occupando entrambi un ruolo apicale nella ‘ndrangheta calabrese trapiantata al nord.
Il chirurgo. Sgrò, originario di Melito Di Porto Salvo, professionista qualificato, con esperienze lavorative anche all’estero, era alle dipendenze dell’ospedale Niguarda, ma l’istituto ospedaliero è risultato estraneo ai fatti. Gli affiliati, parenti, sodali e detenuti, non solo della locale di Desio, secondo le ricostruzioni della squadra mobile si recavano al Niguarda per visite o operazioni senza prendere alcun appuntamento, secondo una logica di mutuo soccorso prevista dal sodalizio mafioso. Sgrò avrebbe anche svolto attività di recupero crediti per conto di due suoi cugini detenuti in carcere.
Il carrozziere. Marrone era già stato coinvolto nell’inchiesta ‘Infinito’ che nel luglio 2010 portò in carcere 300 affiliati tra Lombardia e Calabria, tra cui il temuto e rispettato Pio Candeloro. Dalle intercettazione telefoniche è emersa la sua disponibilità di armi, alcune delle quasi sequestrati in due sopralluoghi della polizia: una Mauser, arma da guerra, e una Beretta clandestina, quest’ultima custodita da un dipendente della ditta di autorimessa di Marrone, assieme a un disturbatore di frequenze. A Desio l’impresa del carrozziere era un vero e proprio fortino, sorvegliato da telecamere. Qui, dicono gli investigatori, avvenivano gli incontri tra affiliati, punto fisico di riferimento sia per Sarò che per Marrone.
I rapporti con Cosa Nostra. Quest’ultimo – nato in Sicilia – era autorizzato dal clan a risolvere i contrasti tra gli affiliati di ‘ndrangheta calabrese e Cosa Nostra. Era in contatto con un membro della famiglia Molluso che ha parenti imputati per mafia a Corsico, con i Mancuso, i Limbadi e il clan siciliano Rinzivillo di Gela. Era inoltre in rapporti strettissimi con Giuseppe Pensabene, capo della locale di Desio, attualmente detenuto.
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