C’e’ anche una citazione di Giovanni Falcone nelle motivazioni della sentenza del processo contro il gotha della ‘ndrangheta scaturito dall’operazione Crimine-Infinito coordinata dalle Dda di Reggio Calabria e Milano che nel luglio 2010 porto’ all’arresto di oltre 300 persone. ”Come ha ben evidenziato in un suo famoso scritto del 1991 un magistrato martire del contrasto statuale alla mafia – scrive il gup di Reggio Calabria Giuseppe Minutoli – quest’ultima ‘si caratterizza per la sua rapidita’ nell’adeguare i valori arcaici alle esigenze del presente, per la sua abilita’ nel confondersi con la societa’ civile, per l’uso dell’intimidazione e della violenza, per il numero e la statura criminale dei suoi adepti, per la sua capacita’ ad essere sempre diversa e sempre uguale a se stessa’. Ha, quindi, aggiunto significativamente che ‘e’ necessario distruggere il mito della presunta nuova mafia o, meglio, dobbiamo convincerci che c’e’ sempre una nuova mafia pronta a soppiantare quella vecchia”’.
”La verita’ – prosegue il gup – e’ che, come e’ stato ben evidenziato, non esiste la ‘vecchia mafia’ e la ‘nuova mafia’. Esiste la mafia, che pero’ e’ cambiata nel tempo perche’ si e’ adattata ai cambiamenti dell’economia e della societa’ in genere. Gli arresti giurisprudenziali passati in giudicato dimostrano che sempre, in una prospettiva diacronica, si e’ assistito a ricambi generazionali e ad una evoluzione di
strumenti e modalita’ di attuazione del programma criminoso, che resta sempre e comunque di estrema pericolosita’ per le fondamenta dello Stato democratico. Riprendendo questi concetti, perfettamente applicabili al fenomeno ‘ndrangheta, a giudizio del Tribunale e’ evidente che non puo’ parlarsi di una ‘ndrangheta vecchio stile, che si limita a rituali inoffensivi, e di una ‘ndrangheta militare o che si insinua negli affari o che si dedica al narcotraffico”.
”La ‘ndrangheta, anche quella che importa dal Sudamerica cocaina o che ricicla nei mercati finanziari mondiali ingenti risorse economiche – scrive il gup – e’ quella che ha come substrato imprescindibile rituali e cariche, gerarchie e rapporti che hanno il loro fondamento in una subcultura ancestrale e risalente nel tempo, che la ‘globalizzazione’ del crimine non ha eliminato ma che, probabilmente, costituisce la forza di quella organizzazione ed il suo ‘valore aggiunto”’.