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Nel Pd divampa la guerra sulle candidature Ue

Il guastatore silenzioso è l’ex ministro Lorenzo Guerini, uomo di punta della corrente interna che non ama e non è amata dalla segretaria del Pd Elly Schlein. Base riformista ha già messo nel mirino i candidati che la segretaria dem vuole presentare alle prossime elezioni europee tra meno di due mesi. “Sono deboli sulla questione Ucraina e Medio Oriente”, riflettono quelli dell’opposizione interna.

Base riformista ha già messo nel mirino i candidati che la segretaria del Pd vuole presentare alle prossime europee

Il passo successivo è facilmente immaginabile: per indebolire le persone scelte da Schlein basterà chiedere loro come vedono l’invio di armi a Kiev e cosa ne pensano dei fatti di Gaza. I “pacifisti” sono obiettivi fin troppo facili di questi tempi e che l’ex direttore di Avvenire Marco Tarquinio sia contrario all’invio di armi è risaputo, così come è intuibile che Cecilia Strada, figlia del fondatore di Emergency, sia contraria a ogni forma di conflitto bellico. Per questo i bonacciniani hanno intenzione di presentarsi di fronte a Schlein e chiedere senza mezzi termini come si possa pensare di mettere dei capilista per le Europee che non rispecchiano le posizioni del partito in campo nazionale e internazionale.

Eppure nello scacchiere pensato dalla segreteria dem dovrebbero essere proprio Tarquinio e Strada, insieme alla scrittrice Chiara Valerio e alla giornalista Lucia Annunziata, che non hanno ancora sciolto la riserva, i simboli dell’apertura del partito che Schlein ha promesso fin dalla vittoria per la segreteria su Stefano Bonaccini. Anche il presidente dell’Emilia-Romagna è una casella da sistemare senza provocare troppe rotture: sarà candidato nel collegio del nord est ma lì la capolista dovrebbe essere l’ingegnera e ecologista Annalisa Corrado. Se davvero Schlein – che ieri ha annunciato la candidatura del sindaco di Bari, Antonio Decaro – deciderà di candidarsi in seconda posizione in tutti i collegi elettorali, Bonaccini scivolerebbe addirittura in terza posizione. “È rispettoso retrocedere nelle liste il presidente del partito?”, riflettono i dirigenti dem.

La segretaria dem ha lanciato pure la corsa Ue del sindaco Decaro ma non ha deciso cosa farà lei

Ma Schlein si candida La domanda è sempre più insistente negli ultimi giorni. La segretaria sa bene che il traino del proprio cognome sulle liste è un capitale elettorale che non si può permettere di non usare. Al Nazareno si attende di capire anche cosa farà la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Una sfida con la presidente del Consiglio sarebbe vista di buon occhio dalla segretaria che avrebbe occasione di riproporre il dualismo di questi ultimi mesi, apparendo sempre di più l’avversaria diretta della leader di Fratelli d’Italia. Se la Meloni candidata dovesse essere invece Arianna il quadro cambierebbe: perdere contro la sorella minore sarebbe uno smacco difficile da assorbire, ancora di più con il quasi alleato Giuseppe Conte che sta alla finestra aspettando il momento giusto per allargare la sfida tra le due donne a una sfida almeno a tre, inserendosi nella lunga corsa per la leadership delle prossime elezioni politiche. Sugli altri nomi le trattative fremono.

Per il Nord i dem potrebbero schierare Maran, Fiano e Pizzul

Per il nord il Pd potrebbe schierare oltre agli uscenti anche l’assessore comunale Pierfrancesco Maran, l’ex parlamentare Emanuele Fiano e l’ex capogruppo al Consiglio regionale della Lombardia Fabio Pizzul. Lunedì sera nella direzione regionale del partito in Valle d’Aosta è stato votata la candidatura di Fulvio Centoz, ex sindaco di Aosta. Su Torino si spinge per Salizzoni, ex direttore del centro trapianti di fegato dell’ospedale Molinette e consigliere regionale uscente del Pd. Ha detto no l’ex ministro Andrea Orlando. Al collegio centro c’è un intasamento da sciogliere, tra Tarquinio, Zingaretti, forse Annunziata, il deputato Alessandro Zan, l’europarlamentare uscente Pietro Bartolo e chi non vuole rischiare di essere impallinato al sud dalla coppia De Luca-Emiliano. Il rischio è sempre o stesso, che i nomi scelti da Schlein finiscano per essere testimonianza in un partito sempre troppo uguale a se stesso.

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