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Nicola Gratteri candidato al Csm? Il 24 settembre non è lontano e il Consiglio superiore della magistratura si prepara al rinnovo dei suoi membri nella fase più delicata della politica (che traballa in un governo sostenuto con accanimento terapeutico) e della magistratura ancora provata dallo scandalo Palamara (che, non è un caso, si prepara per scendere in politica).
Il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, sta pensando a una candidatura al Csm
Dovrebbe essere l’elezione della rigenerazione di una magistratura sfibrata dalle correnti e minata nella credibilità. Era febbraio quando il presidente della Repubblica Sergio Mattarella disse “nell’inviare un saluto alle nostre Magistrature – elemento fondamentale del sistema costituzionale e della vita della nostra società – mi preme sottolineare che un profondo processo riformatore deve interessare anche il versante della giustizia”.
“Per troppo tempo è divenuta un terreno di scontro che ha sovente fatto perdere di vista gli interessi della collettività”. Il capo dello Stato parlò di «principi, irrinunziabili, di autonomia e di indipendenza della Magistratura» che devono «corrispondere alle pressanti esigenze di efficienza e di credibilità, come richiesto a buon titolo dai cittadini».
C’è da scegliere tra i sette collegi definiti dalla riforma Cartabia ma come anticipato dal Fatto Quotidiano ad agitare le acque c’è la possibile discesa in campo del procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri, simbolo della lotta alla ‘Ndrangheta ma soprattutto simbolo di una magistratura, piaccia o no, scollegata dai poteri e dalle correnti. Gratteri è fresco di bocciatura come procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo (gli è stato preferito Gianni Melillo) ma soprattuto si trova di fronte alla scelta di tentare la sfida elettorale per Palazzo dei Marescialli o concentrarsi sulla corsa alla procura di Napoli (lasciata vacante proprio da Melilla) o attendere che si liberi il posto di procuratore capo a Bologna, là dove la ‘Ndrangheta è sempre più presente.
Di certo la discesa in campo darebbe fastidio, eccome, alle correnti più storiche come Unicost, che nel collegio 2, quello riservato ai pm, punta su Marco Bisogni, pm della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania. Magistratura indipendente, la corrente di ispirazione moderata e liberale della magistratura italiana, dovrebbe puntare sulla presidente del tribunale di Crotone Maria Vittoria Marchianò, ex giudice della Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro, e il giudice Tiziana Drago in servizio presso il tribunale di Reggio Calabria.
AreaDg, espressione della sinistra giudiziaria come Magistratura democratica, ha deciso di candidare nel collegio 2 (requirenti) Maurizio Carbone, procuratore aggiunto di Taranto, mentre nel collegio 4 (giudicanti) ci sarà Genantonio Chiarelli, giudice del tribunale di Brindisi. Gratteri avrà tempo per decidere fino al prossimo 21 luglio, data di scadenza dei termini per la presentazione.
Le correnti della magistratura e la politica sperano che Gratteri ci ripensi
Di certo la candidatura di Gratteri romperebbe la logica di equilibri nel suo collegio che comprende Sicilia, Campania, Calabria, Puglia, Abruzzo, Basilicata e Marche. Accadrebbe che i due favoriti (Maurizio Carbone, procuratore aggiunto di Taranto, per i progressisti di Area e Dario Scaletta, pm a Palermo, per i conservatori di Magistratura indipendente) si vedrebbero probabilmente si ritroverebbero a dover rinunciare a un seggio che a oggi tutti davano come già conquistato. Per questo i capi delle correnti tifano per un dietrofront del procuratore di Catanzaro e proprio per questo – com’è nell’indole di Gratteri – lui sta prendendo seriamente in considerazione l’ipotesi di “rompere”.
Tra i laici invece bisognerà seguire con attenzione l’evoluzione in casa del M5S: se saranno ancora al governo difficilmente potranno puntare ad avere tre tecnici come accadde 4 anni fa. La tentazione potrebbe essere di puntare su un nome fortemente “politico” come l’ex ministro Alfonso Bonafede. Le variabili in questo caso però sono moltissime: il governo traballa e gli equilibri dei gruppi parlamentari sono in veloce evoluzione. La speranza è sempre la stessa: fingere di cambiare perché nulla cambi. O almeno il meno possibile.
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