Oltre cento anni complessivi di condanne e la conferma del reato di associazione mafiosa. È questo il verdetto di primo grado pronunciato oggi dal Tribunale di Como nel processo ai rampolli della ‘ndrangheta canturina. Pene che vanno dai sette ai diciotto anni nel caso di Giuseppe Morabito, considerato il capo del gruppo e appartenente all’omonima famiglia.
La verità emersa dal processo racconta come i giovani componenti dell’associazione mafiosa avevano il controllo degli affari della movida di Cantù, con particolare riferimento della zona attorno a piazza Garibaldi. Controllo che mettevano in atto attraverso atteggiamenti violenti e intimidatori, metodi tipici della mafia. Dalle carte dell’inchiesta emerge come i commercianti del posto erano a conoscenza della fama del gruppo di calabresi e li trattavano con riguardo: “Meglio non farli pagare che rischiare la vita”, dicevano all’epoca dei fatti. In tutto questo il comune di Cantù ha scelto di non costituirsi parte civile: l’amministrazione di centrodestra, più volte interpellata dai media su questa scelta, ha scelto di derubricare l’accaduto: “Si tratta di atti di bullismo, ecco perché non ci costituiremo”. Bullismo, nient’altro. La sentenza, però, racconta un’altra storia.
“Siamo soddisfatti per questa sentenza perché sono state confermate le nostre indagini” ha commentato il Pubblico Ministero Sara Ombra. Un processo che si è svolto in un clima di paura con teste che hanno ritrattato le proprie testimonianze. “Questa sentenza ci dice che non ci trovavamo di fronte a fatti di bullismo né di criminalità spicciola né di ragazzate, ma che ci trovavamo di fronte a criminalità organizzata di stampo mafioso” dichiara a margine la Presidente della Commissione Antimafia della Regione Lombardia Monica Forte che, come aveva già fatto il capo della direzione distrettuale antimafia di Milano Alessandra Dolci (VIDEO), punta il dito contro chi ha provato a minimizzare nell’ultimo periodo: “Oggi le istituzioni e la politica che in passato hanno minimizzato e non si sono costituite parte civile non fanno una grande figura. Oggi questa sentenza deve indurre a un cambio di passo su questi temi”.
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