Che l’immigrazione sarebbe stata la clava elettorale della campagna elettorale della destra in queste elezioni lo sapevano anche i sassi. Matteo Salvini ieri ha voluto superarsi con una visita lampo all’hotspot di Lampedusa. Lo scopo della visita improvvisata era, a dir suo, non dare il tempo di “sistemare” il campo e fotografare la realtà. La realtà, come sappiamo da anni, è una carrellata di disperati ammassati in attesa che la svogliata burocrazia europea possa garantirne l’identificazione e la distribuzione sui territori.
Matteo Salvini ha gioco facile: lo sdegno iniziale per il diverso trattamento tra profughi “buoni” (ovvero bianchi) e profughi “cattivi” (ovvero nero) si è dissolto in campagna elettorale di fronte a emergenze ritenute più importanti. È il lato crudele della politica quello di dover scegliere le priorità senza avere il tempo e lo spazio di occuparsi di tutto. Da parte sua Giorgia Meloni continua con il suo comico martellare sul blocco navale che viene smontato dai suoi stessi compagni di partito. Prima l’ex magistrato Carlo Nordio e ieri il responsabile del programma di Fratelli d’Italia ci hanno spiegato che il “blocco navale” non è possibile (lo avevamo scritto nel #buongiorno già tempo fa) e che si tratti di un “trucco semantico”. Insomma, è un trucco di propaganda svelato dagli stesso meloniani. Una roba da pacchisti. Ma nessuno se ne cruccia.
Ieri sul tema immigrazione è intervenuto anche Carlo Calenda, presunto leader del cosiddetto terzo polo che nel migliore dei casi sarà il quarto, con la solita modalità da marketing della serietà. «Basta con il bipopulismo porti aperti – porti chiusi. I confini vanno presidiati e le rotte di immigrazione illegale chiuse. Ma chi è in Italia va integrato e occorrono flussi regolari e selezionati. Parliamo di immigrazione seriamente», scrive Calenda, aggiungendo l’hashtag #italiasulserio che è l’ennesima autocertificazione di competenza che si sono inventati da quelle parti.
In Italia la cosiddetta immigrazione illegale è dovuta principalmente all’assenza di vie legali praticabili per trasferirsi in Italia per lavorare dai Paesi al di fuori dell’Unione Europea. La legge che di fatto impedisce l’immigrazione legale e controllata, fra le più stringenti in Europa, è stata introdotta nel 2002 dal governo di centrodestra guidato da Silvio Berlusconi e porta il nome dei due principali alleati dell’allora presidente del Consiglio: Umberto Bossi e Gianfranco Fini, all’epoca leader della Lega Nord e di Alleanza Nazionale, che portarono molto a destra il governo sul tema dell’immigrazione. Per parlare seriamente di immigrazione bisognerebbe sapere che non esistono rotte legali per arrivare in Italia. Quindi delle due l’una: o Carlo Calenda è ignorante oppure il suo programma elettorale sull’immigrazione è identico a quello di Giorgia Meloni, anche se lo appoggia con apparente delicatezza.
Chiunque parli di immigrazione senza pretendere l’abolizione della legge Bossi-Fini sta rimestando nello stesso manico della destra. Accade per l’immigrazione come per molti altri temi (la transizione energetica, per esempio): la tiepidezza di chi vuole distinguersi da destra e centrosinistra fingendo una posizione mediana che non significa nulla è un barare. Nient’altro.
L’importante è accorgersene e saperlo.
Buon giovedì.