In queste ultime settimane mi sono arrivati ‘segnali’ crescenti non propriamente amichevoli, curiosamente collegabili con alcune notizie, gare d’appalto e una strana attenzione su miei interventi circa personaggi poco raccomandabili uniti da comunione d’interessi, appartenenza e tutti quasi concittadini tra loro. Non mi è mai piaciuto e non mi piace alimentare questa banale litanìa di minacce e scortati ma questa volta (tanto ormai ci abbiamo fatto il callo) non posso non notare come l’impunità di alcuni personaggi in Lombardia (riferibili in modi e gradi diversi a storiche famiglie mafiose) stia non solo nell’infilarsi tra le pieghe della politica e dell’imprenditoria, delle istituzioni e, perché no, di pezzi della società civile ma soprattutto nell’arrogante sfrontatezza con cui esprimono il proprio dissenso (diciamo così, va). E allora l’allarme sta nella terribile sensazione che loro confidino in una protezione “sociale” molto più vasta di quella garantita da questo o quel rappresentante istituzionale. Un virus che si nutre soprattutto della pavidità dei territori e che forse troppo spesso abbiamo voluto comodamente relegare a questo o quel boss, questo o quel politico, questo o quel settore imprenditoriale, dimenticando come l’indifferenza del cittadino sia l’inconsapevole alleato migliore. Ho sempre preso tutto con il sorriso (che, vi avviso, non si è per niente spento) ma con un’affezionata serietà; e qualsiasi sia il senso di questi ultimi giorni (e noi qualche idea sul senso ce l’abbiamo) continuo sereno il mio lavoro (e continuano i miei collaboratori) con la lampadina accesa forse per una buona strada.
Pochi anni fa sarebbe stato impensabile vedere una Lombardia così ricca di fremiti, comitati e energie sul tema delle mafie (prima erano inesistenti, poi infiltrate e ora convergenti, finalmente) e non credano (loro) che la paura sia un’arma ancora vincente. Siamo tanti, troppi per essere identificabili come portatori unici di un’inarrestabile voglia di presidiare con stampo antimafioso. E la tutela è tutta in questa moltitudine.
No. Non mi fermo. Non mi interessano i consigli (chiamiamoli così, va) e le ‘timidezze’ (chiamiamole così, va) di qualcuno. Abbiamo troppe cose da fare, progetti da realizzare, curiosità da soddisfare e storie da raccontare per perdere un secondo di più di quelli che servono per scrivere questo post.