(la potete firmare qui)
Appello della famiglia Manca al Procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, al Procuratore aggiunto Michele Prestipino e al sostituto procuratore Maria Cristina Palaia
Non archiviate l’inchiesta sulla morte di Attilio Manca!
E’ questo l’appello al Procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, al Procuratore aggiunto Michele Prestipino e al sostituto procuratore Maria Cristina Palaia da parte della famiglia del giovane urologo di Barcellona Pozzo di Gotto (Me), trovato morto a Viterbo il 12 febbraio 2004.
Attilio Manca è stato ritrovato con due segni di iniezioni nel braccio sinistro, la sua morte è avvenuta per una overdose di eroina, alcool e tranquillanti.
Ma Attilio era un mancino puro, incapace di utilizzare la mano destra – così come confermato dai suoi colleghi dell’ospedale Belcolle di Viterbo – e soprattutto non era un tossicodipendente con istinti suicidi.
Di questo mistero se ne è occupata la trasmissione di Rai3 “Chi l’ha visto?” e successivamente anche “Servizio Pubblico”.
Secondo la tesi dei legali della famiglia Manca, Fabio Repici e Antonio Ingroia, Attilio Manca avrebbe visitato il capo di Cosa Nostra, Bernardo Provenzano (prima o dopo il suo intervento alla prostata realizzato in Francia nell’autunno del 2003), dopodiché sarebbe stato eliminato in quanto testimone scomodo della rete di protezione extra-mafiosa eretta attorno al boss mafioso.
Per la Procura di Viterbo, però, Attilio Manca sarebbe invece morto per essersi iniettato volontariamente due dosi fatali di eroina nel braccio sbagliato. Lo scorso 29 marzo il Tribunale di Viterbo ha emesso la sentenza di condanna a 5 anni e 4 mesi nei confronti di Monica Mileti accusata di avere ceduto la droga al giovane urologo siciliano. Per gli uffici giudiziari di Viterbo il caso Manca è quindi chiuso.
Non è invece chiuso per la Procura distrettuale antimafia di Roma, dove da più di un anno è aperto un fascicolo contro ignoti sotto la dicitura “omicidio volontario”. Ed è nei confronti della Procura capitolina che la famiglia Manca si appella per fare in modo che il caso relativo alla morte del proprio congiunto non sia archiviato.
Il fascicolo aperto a Roma racchiude tra l’altro le testimonianze di quattro collaboratori di giustizia che, a vario titolo, circoscrivono la morte di Attilio Manca all’interno di un disegno criminoso dove si muovono: mafia, Servizi segreti “deviati” e massoneria.
Giuseppe Campo, un ex picciotto della provincia di Messina ha raccontato recentemente agli investigatori ed ai legali della famiglia Manca di essere stato incaricato lui stesso da un boss del messinese (a dicembre del 2003), di uccidere Attilio Mancacon una pistola, ma che dopo un paio di mesi da quel primo incontro, gli era stato confidato che il giovane urologo siciliano era già stato ucciso a Viterbo.
Le dichiarazioni di Campo si aggiungono a quelle di Giuseppe Setola, Stefano Lo Verso e Carmelo D’Amico. Quest’ultimo nel 2015 ha rivelato agli inquirenti di essere stato messo a conoscenza del progetto omicidiario nei confronti di Attilio Manca a cui avrebbero preso parte esponenti di Cosa Nostra, apparati dei Servizi di sicurezza “deviati” in contatto con esponenti della massoneria.
L’inchiesta romana è basata sull’esposto dei legali della famiglia Manca in cui, al di là delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, vengono evidenziati determinati dati oggettivi che portano ad escludere definitivamente la tesi del suicidio a base di droga. Veri e propri buchi neri che sovrastano la morte di questo brillante medico siciliano:
-Il mancinismo puro di Attilio Manca e l’inesistenza di una sua eventuale tossicodipendenza;
-L’assenza delle impronte digitali di Attilio Manca sulle due siringhe ritrovate nel suo appartamento;
-Le eloquenti immagini del cadavere di Attilio Manca poco conforme ad una morte per overdose;
-La mancanza di prove della cessione di eroina da parte di Monica Mileti;
-La nota della Squadra mobile Viterbo che attesta un dato non veritiero e cioé che Attilio Manca era in servizio all’ospedale Belcolle di Viterbo nei giorni in cui Provenzano si trovava a Marsiglia.
Non è così: dai registri del nosocomio risulta che nei giorni di fine ottobre 2003 in cui Provenzano veniva operato in Francia,Attilio Manca non era in servizio (l’ex capo della squadra Mobile di Viterbo, Salvatore Gava, è stato successivamente condannato in via definitiva a 3 anni per un falso verbale alla scuola Diaz durante il G8 di Genova);
-L’intercettazione ambientale del 2007 tra Vincenza Bisognano, sorella del boss Carmelo (poi pentito), ed altre persone in cui si parla di Attilio Manca che sarebbe stato ucciso perché aveva riconosciuto Bernardo Provenzano, la stessa Bisognano aveva aggiunto che in molti sapevano che il boss, durante la sua latitanza, si era nascosto anche nel territorio di Barcellona Pozzo di Gotto;
-Il vuoto investigativo in merito a determinati personaggi di Barcellona Pozzo di Gotto che prima ancora che uscissero le notizie dell’operazione in Francia di Bernardo Provenzano, avevano già ipotizzato alla famiglia Manca che la morte del loro congiunto sarebbe stata collegata ad una visita medica che Attilio Manca avrebbe effettuato al capo di Cosa Nostra;
-La scomparsa dai tabulati telefonici di alcune telefonate diAttilio Manca ai suoi genitori negli ultimi giorni del mese di ottobre del 2003 (nel periodo in cui Provenzano veniva operato in Francia) così come l’11 febbraio 2004, il giorno prima che Attilio Manca venisse ritrovato morto;
-Il vuoto investigativo sulla giornata di Attilio Manca dell’11 febbraio 2004, quel giorno il giovane urologo aveva interrotto misteriosamente i rapporti con tutti, non aveva disdetto due importanti appuntamenti e non aveva più risposto al telefono.
Alla luce di questi dati oggettivi che meritano i dovuti approfondimenti e soprattutto per il diritto alla giustizia e alla verità che spetta ad ogni persona che subisce un’ingiustizia, ci uniamo alla famiglia Manca per chiedere al Procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, al Procuratore aggiunto Michele Prestipino e al sostituto procuratore Maria Cristina Palaia di non archiviare l’indagine sull’omicidio di Attilio Manca e di continuare a cercare la verità.
Primi firmatari:
Don Luigi Ciotti – presidente di “Libera”
Salvatore Borsellino – fondatore del movimento “Agende Rosse”
Redazione “ANTIMAFIADuemila”
Sabina Guzzanti – attrice e regista
Leoluca Orlando – sindaco di Palermo
Renato Accorinti – sindaco di Messina
Luigi de Magistris – sindaco di Napoli
Marco Travaglio – direttore del “Fatto Quotidiano”
Simone Maurelli – urologo presso l’ospedale “Belcolle” di Viterbo, ex collega di Attilio Manca
Letizia Battaglia – fotografa
Fiorella Mannoia – cantante
Sandro Ruotolo – giornalista
Giulio Cavalli – attore e regista
Anna Vinci – scrittrice, biografa di Tina Anselmi
Annalisa Insardà – attrice e autrice
Paolo Flores D’Arcais – direttore di “MicroMega”
Maurizio Marchetti – attore
Riccardo Orioles – giornalista
Antonio Grosso – attore
Ferdinando Imposimato – ex magistrato
Giuseppe Lo Bianco – giornalista
Marcello Minasi – ex magistrato
Luigi Di Maio – deputato, vicepresidente Camera dei deputati
Claudio Fava – deputato, vicepresidente Commissione parlamentare antimafia
Luigi Gaetti – senatore, vicepresidente Commissione parlamentare antimafia
Giulia Sarti – deputata, componente Commissione parlamentare antimafia
Francesco D’Uva – deputato, componente Commissione parlamentare antimafia
Paolo Bolognesi – deputato, componente Commissione parlamentare sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro, presidente associazione familiari vittime strage di Bologna
Mario Michele Giarrusso – senatore, componente Commissione parlamentare antimafia
Maurizio Santangelo – senatore, componente Commissione parlamentare antimafia
Davide Mattiello – deputato, componente Commissione parlamentare antimafia
Rosanna Scopelliti – deputata, componente Commissione parlamentare antimafia
Giuseppe Civati – deputato, componente X Commissione (Attività produttive, commercio e turismo)
Giuseppe Lumia – senatore, componente Commissione parlamentare antimafia
Alessandro Di Battista – deputato, componente del Comitato permanente sulla riforma delle strutture istituzionali della politica estera dell’Italia
Neri Marcorè – attore
Daniela Tornatore – giornalista
Maurizio Bologna – attore
Gaetano Porcasi – pittore
Marco Ligabue – cantante
Paolo Borrometi – giornalista
Alfio Caruso – scrittore
Loris Mazzetti – giornalista
Shobha – fotografa
Salvatore Ficarra e Valentino Picone – comici
Graziella Proto – direttrice “Casablanca”
Nando dalla Chiesa – scrittore e sociologo
Gianni Biondillo – scrittore
Don Giacomo Panizza – fondatore “Progetto Sud”
Concita De Gregorio – giornalista e scrittrice
Luciano Armeli Iapichino – scrittore
Klaus Davi – massmediologo
Petra Reski – giornalista e scrittrice
Piera Aiello – testimone di giustizia
Ignazio Cutrò – testimone di giustizia
Stefania Limiti – giornalista e scrittrice
Pietro Orsatti – giornalista e scrittore
Maurizio Torrealta – giornalista e scrittore
Vincenzo Agostino e Augusta Schiera – genitori del poliziotto ucciso dalla mafia Nino Agostino
Flora Agostino – sorella di Nino Agostino, referente regionale della Memoria-Libera
Gianni Minà – giornalista e scrittore
Asmae Dachan – giornalista
Andrea Braconi – giornalista
Giusi Traina – sorella del poliziotto Claudio Traina ucciso nella strage di via D’Amelio
Luciano Traina – fratello del poliziotto Claudio Traina ucciso nella strage di via D’Amelio
Silvia Resta – giornalista
Brizio Montinaro – fratello del poliziotto Antonio Montinaro ucciso nella strage di Capaci
Arnaldo Capezzuto – giornalista
Riccardo Castagneri – giornalista
Jacopo Fo – attore, scrittore e regista
Daniele Silvestri – cantante
David Gentili – presidente della Commissione antimafia del Comune di Milano
Giuseppe Giordano – ex ispettore di Polizia;
Jole Garuti – direttrice del Centro studi Saveria Antiochia Osservatorio antimafia.
La potete firmare qui.