Il ministro dello Sviluppo economico del governo Draghi è uscito allo scoperto lanciando accuse circostanziate al suo segretario. Dalla scelta delle candidature per le comunali a Roma e Milano a quella per il Quirinale
Mentre si discute (giustamente) della mendacia di chi ha messo in piedi un’infernale macchina di odio contro gli stessi atteggiamenti che di nascosto in privato esercitava dentro la Lega e nel centrodestra sta accadendo qualcosa di più rilevante dal punto di vista politico. Sia chiaro: la questione Morisi pesa e peserà moltissimo su Salvini e sulla Lega, soprattutto a ridosso di elezioni amministrative che già difficilmente avrebbero potuto essere un trionfo ma mentre nelle ultime settimane si raccontava degli scontri interni nella Lega recuperando informazioni dai retroscena e da leghisti che hanno sempre voluto rimanere anonimi (anche su queste colonne, con buona pace di chi ci ha sbraitato contro accusandoci di inventarci le notizie) ormai Giorgetti (e con lui tutti quelli che sono sulla stessa linea) è uscito allo scoperto e ormai l’attacco a Matteo Salvini è ufficialmente partito.
In una lunga intervista a La Stampa il ministro dello Sviluppo economico nel governo Draghi e vicesegretario federale della Lega ha reso pubblici ragionamenti che da tempo fa in privato, lanciando accuse circostanziate al suo segretario. Giorgetti ci tiene a dire che è sbagliata la candidatura di Michetti per il centrodestra a Roma rivelando di preferire Calenda (che piace sempre molto a destra e sempre molto poco a sinistra, questo dovrebbe bastargli per tirare le sue conclusioni), confessa che a Milano il candidato Bernardo rischia addirittura di non arrivare al ballottaggio e prende le distanze precisando «i candidati non li ho scelti io che faccio il ministro e mi occupo d’altro».
L’affondo contro Salvini arriva però sul Quirinale. Mentre il leader (ancora per poco) leghista insiste sulla candidatura di Silvio Berlusconi Giorgetti precisa che Silvio ha «poche» possibilità e che Salvini rilancia la sua candidatura solo per «evitare di parlare di altre cose serie». Non male come inizio. Sul tema però poi Giorgetti decide di di schiacciare sull’acceleratore confessando che la partita per il presidente della Repubblica «a dire il vero farei ancora gestire» ad Umberto Bossi visto che «il 99% di quello che so l’ho imparato da lui». Chi sta dentro la Lega sa bene che proprio Salvini (consigliato da Morisi) aveva emesso l’ordine di non nominare mai il Senatur. Giorgetti aggiunge che né lui né Meloni voterebbero un Mattarella bis e che quindi preferirebbe Draghi anche se, dice Giorgetti, senza di lui a Palazzo Chigi i soldi in arrivo dall’Europa sarebbero destinati a fare una brutta fine. «Li butteranno via. Oppure non li sapranno spendere», dice Giorgetti stando ben attento ad usare il «loro», come a lasciare intendere che la sua permanenza al governo è legata a doppio filo a Draghi.
La notizia è enorme: Giorgetti ha cambiato passo e la strategia per logorare Salvini ormai avviene alla luce del sole. E con Giorgetti ci sono anche pezzi grossi come Zaia e Fedriga, tutta gente che a differenza del segretario ha ancora connessione con gli elettori e non verrà sfiorata dall’affare Morisi. Lunedì arriveranno i risultati per la Lega e (soprattutto al Sud) non saranno buoni. L’avanzata della linea di Giorgetti potrebbe mettere a rischio anche la leadership nel centrodestra di Giorgia Meloni. Il tema, insomma, è grosso.
Buon mercoledì.
Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.