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Non sono in crisi le cose, soffrono le persone

Leggendo i titoli dei giornali in queste ultime settimane sembra che un’epidemia abbia stretto la gola all’Italia: “in sofferenza l’hotspot di Lampedusa”, “in crisi i comuni”, “tende di fortuna”, “Prefetture in affanno”, “porti sotto stress”. È un trucco semplice, piuttosto infame: se a essere in crisi sono le “cose” ci si può permettere di non parlare delle persone.

Suonerebbe estremamente diverso raccontare che uomini donne e bambini (molti minori non accompagnati) soffrono gli spazi volutamente non organizzati dal governo e mancano di servizi e diritti volutamente negati. Sarebbe diverso scrivere che non sono “i comuni” a essere in crisi ma sono sindaci – quindi persone – che si ritrovano a governare qualcosa che gli cade addosso perché lo Stato latita, anche loro senza mezzi e senza soluzioni. Reificare un problema per alleggerirne le responsabilità è una disumanizzazione vigliacca, pensateci.

La “crisi” è voluta. A inizio anno il Tavolo Asilo e Immigrazione ha chiesto all’attuale governo di programmare gli interventi di accoglienza, come previsto dalla normativa. Li hanno ascoltati per la prima volta il 4 agosto. Anche le responsabilità non sono dei “fenomeni” o delle “cose”. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni per settimane ha celebrato “i successi internazionali per fermare l’immigrazione”. Oggi sui giornali membri del governo accusano l’Ue di “essere stati lasciati soli”.

Basta un po’ di coraggio, parliamo delle persone.

Buon lunedì.

Nella foto: frame di un video sull’hotspot di Lampedusa, Skytg24

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