(vignetta di Massimo Cavezzali)
Colpisce l’analisi per #nonmifermo di Francesco sulle ultime vicende di insaputismo. Anche perché Francesco Lanza non è un politico o forse è un politico nel senso più alto del termine: è un piccolo imprenditore.
Da libero professionista prima e piccolo imprenditore poi, mi viene in mente una cosa, una delle tante che misurano il distacco tra la politica e il Paese reale. Tecnicamente un segretario di Partito potrebbe essere equiparabile a un Amministratore Delegato di una società. Non è il padrone (anche se a volte coincide con la proprietà), non si occupa direttamente di alcune branche come l’amministrazione finanziaria o quella del personale, ma è il rappresentante di fronte alla legge e di fronte al mondo di chi gli sta dietro. Capita nel mondo dell’imprenditoria che un Amministratore Delegato sia anche responsabile legale per la sua azienda: se qualcuno si fa male, se qualcuno ruba, se qualcuno fa giochi poco chiari, l’AD ne risponde civilmente o penalmente, a seconda dell’illecito commesso. E’ anche uno dei motivi per i quali un Amministratore Delegato prende uno stipendio molto più alto di un impiegato. Lasciamo perdere che – soprattutto nelle imprese a partecipazione statale – poi questo concetto di “responsabilità oggettiva” vada a sfumarsi man mano che la posizione da “lavorativa” si avvicina a “politica”. Perché pare questa la soluzione dell’arcano: man mano che ci si avvicina alle sfere più alte della politica, si è sempre meno consapevoli e si è sempre più giustificati nella propria irresponsabilità.
Goebbels, ministro della propaganda nazista, diceva: “Ripeti cento, mille, un milione di volte una bugia, e diventerà una verità”. Ma qui siamo in presenza di qualcosa di diverso e contemporaneamente complementare, sicuramente non meno pericoloso. Potremmo dire: “Assumi cento, mille, un milione di volte un atteggiamento indifendibile, e diventerà normalmente giustificato.”
Il resto è qui.