Alla fine il sito è online. Iovoto.no contiene tutti i documenti, gli appuntamenti e i materiali perché ognuno si faccia comitato elettorale. Basta iscriversi per rimanere informati, partecipare, proporre, discutere. Fare politica insomma.
E insieme a tutte le ragione del no abbiamo anche voluto mettere le nostre proposte perché sarebbe ora di finirla con questo giochetto di convincerci che non c’è alternativa. Eccole qui:
- Una legge elettorale che permetta ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti (come col Mattarellum): l’opposto dell’Italicum.
- Costi della politica: diminuzione di deputati e senatori; significativa riduzione delle indennità.
- Superamento del bicameralismo perfetto: il governo riceve la fiducia dalla sola Camera, la quale legifera nella generalità degli ambiti.
- Un nuovo Senato (elettivo): competenze sulla legislazione di maggiore rilievo; importanti funzioni di controllo, a partire da quelle sulle nomine governative; funzione di raccordo tra legislazione statale e regionale, con una quota minoritaria di eletti da parte delle Regioni al loro interno.
- Democrazia diretta: possibilità di firma elettronica; riduzione del quorum per il referendum abrogativo; rafforzamento dell’iniziativa legislativa popolare, con la possibilità per i cittadini stessi di pronunciarsi sulle proposte che essi hanno presentato se non esaminate entro un certo termine.
- Salvaguardia delle autonomie: la forza dei cittadini sta anche nella possibilità di avere istituzioni più prossime sulle quali incidere più facilmente. Eliminazione delle Province senza infingimenti, ridefinendo con cura – e partendo dai territori stessi – l’assetto degli enti territoriali.
- Eliminazione del CNEL.
LA NOSTRA PROPOSTA SULLA COSTITUZIONE: SEMPLICE, CHIARA E APERTA A TUTTI
Il cattivo funzionamento delle istituzioni non è da imputare alla Costituzione, ma spesso alla sua forzatura o alla sua mancata attuazione, quando non alle sue violazioni. Basti pensare alla scellerata scelta di approvare, alla fine del 2005, in tutta fretta, una legge elettorale (con cui abbiamo poi votato ben tre volte), di cui la Consulta ha accertato la palese illegittimità costituzionale, con la sentenza n. 1 del 2014.
Le istituzioni attraversano una crisi che è in realtà la crisi dei partiti politici, che da tempo hanno perso la capacità di svolgere il ruolo, previsto nella Costituzione, di strumenti di partecipazione democratica dei cittadini alla determinazione della politica nazionale.
Per questo non riteniamo affatto che l’Italia richieda quella “verticalizzazione” del potere alla quale le revisioni costituzionali proposte ormai da una trentina d’anni mirano incessantemente come alibi per governi lagnosi, in realtà poco abili nel risolvere i problemi; al contrario riteniamo che sia necessario che le istituzioni recuperino credibilità attraverso un migliore funzionamento ma soprattutto attraverso un aumento del peso che i cittadini possono giocare nelle loro scelte.
Per questo più che una revisione costituzionale serve – con urgenza – una legge elettorale capace di restituire ai cittadini la possibilità di scegliere i propri rappresentanti (come avveniva con il Mattarellum), proprio all’opposto di quanto faccia l’Italicum. Per questo, rispetto alla Costituzione riteniamo che sia necessaria la revisione mirata di alcune norme, a partire da quelle sugli istituti di partecipazione popolare, per riavvicinare i cittadini alla politica.
Su queste vasi abbiamo avanzato ad un anno dall’inizio della legislatura una proposta di revisione costituzionale (AC 2227) che potesse rispondere a questa nostra profonda convinzione ma anche che potesse costituire un terreno di dialogo con le proposte che erano state tratteggiate nel corso della discussione che sin dall’inizio della legislatura era stata avviata in materia.
In questa logica si prevede la significativa diminuzione di deputati e senatori, che dovrà essere accompagnata da una congrua riduzione delle indennità (alla quale provvederà una nuova legge di attuazione dell’articolo 69).
Le due Camere – ridimensionate – vedono attribuirsi in gran parte funzioni differenti, con il superamento del bicameralismo perfetto. In particolare alla sola Camera rimane il rapporto di fiducia con il Governo e la legislazione nella generalità degli ambiti, con mantenimento ad un Senato – che rimane elettivo – dell’intervento sulla legislazione di maggiore rilievo. Al Senato, autorevole e slegato dal rapporto di fiducia con l’esecutivo, sono affidate anche importanti funzioni di controllo, a partire da quelle sulle nomine governative. Allo stesso è affidata anche la funzione di raccordare meglio la legislazione statale con quella regionale, considerato il ruolo legislativo delle Regioni che la revisione del 2001 ha attribuito loro, e ciò è reso possibile attraverso la integrazione della composizione dello stesso con una quota (minoritaria) di eletti da parte delle Regioni al loro interno, secondo il modello che era stato previsto anche nella Commissione dei settantacinque alla Costituente.
Ulteriore aspetto è il potenziamento degli istituti di democrazia diretta, attraverso la possibilità – inserita anche in Costituzione per rafforzarne la previsione – della firma elettronica; la riduzione del quorum di validità del referendum abrogativo e il definitivo rafforzamento dell’iniziativa legislativa popolare, con la possibilità per i cittadini stessi di pronunciarsi sulle proposte che essi hanno presentato alle Camere, se queste non le hanno esaminate entro un certo termine.
Circa l’assetto delle autonomie, la proposta intende salvaguardarle, nella convinzione che la forza dei cittadini stia anche nella possibilità di avere istituzioni più prossime sulle quali incidere più facilmente. Si propongono quindi limitate modifiche del titolo V della parte seconda della Costituzione, che vanno a eliminare le Province senza infingimenti e nella consapevolezza che questo renderà necessario ridefinire con cura – e partendo dai territori stessi – l’assetto degli enti territoriali, escludono la possibilità di ulteriori forme di autonomia speciale, provvedono ad un parziale riassetto delle materie di competenza statale e regionale e richiamando l’unità giuridica ed economica della Repubblica quale principio che deve essere garantito con leggi dello Stato.
Naturalmente anche la nostra proposta provvede ad eliminare il CNEL, in quanto organo che si è rivelato – a differenza di quanto avessero ritenuto i Costituenti – capace di inserirsi proficuamente nelle dinamiche istituzionali della Repubblica.
Come si vede si tratta di una proposta che presenta molte linee sulle quali anche altri, a partire dal Governo, si sono voluti cimentare; ma gli obiettivi risultano nel nostro caso più contenuti e più chiari. Si individuano alcuni problemi e si cerca di dare alcune risposte. Anche tenendo conto – nel nostro caso – che le riforme costituzionali non si fanno da soli: per questo già il nostro testo contiene alcune tendenze che ci sono sembrate prevalenti e per lo stesso motivo eravamo e siamo disponibili a lavorare ancora sulla nostra proposta con il contributo di tutti. Cosa che invece a noi è stata negata dalla maggioranza, sempre sorda rispetto a qualunque nostra proposta. È così che si è arrivati a un testo che rispetto all’iniziale proposta governativa ha subito poche modifiche, nessuna delle quali apportata per rispondere meglio a esigenze di buon funzionamento e di partecipazione dei cittadini.