Come vi avevo scritto qui (prendendolo un po’ alla larga) oggi si può ufficialmente dire che il presunto “benefattore” che aveva deciso di sottoscrivere un contratto di coproduzione con noi di 7500 euro per il nostro spettacolo (e libro) L’amico degli eroi è ufficialmente non rintracciabile (sono in qualche link sparso per la rete tipo questo). Per i molti che ci chiedono come abbiamo potuto fidarci ripetiamo che in realtà è stato sottoscritto un regolare contratto di partecipazione alla produzione.
Ora però lo spettacolo è in preparazione, ovviamente, nonostante la nostra impossibilità di regolarizzare tutti i pagamenti.
Qualcuno mi chiede anche se il “danno” sia causato “premeditatamente” o no: questo lo lasciamo decidere a chi di dovere.
Di certo continuo a credere che una produzione sociale per il nostro spettacolo sia la formula che meglio rispecchia il nostro modo d’intendere il “fare teatro”.
Come scrivevo già qualche mese fa:
Certo poi alla fine le storie che racconti le paghi e non le cicatrizzi come dovresti, ne soffri le conseguenze e ne acquisisci i benefici, succede così a tutti, in ogni lavoro possibile ma in questi quindici anni alla fine ho imparato che nonostante gli sforzi (più o meno riusciti) di tenere libere le parole ogni libro ed ogni spettacolo sono il risultato del percorso di condivisione. Niente di troppo filosofico, eh: ragionarci insieme, litigarsi una scena o un capitolo, aspettare un cenno di approvazione o banalmente applaudire. Poi pubblicare o andare in scena sono semplicemente la fase ultima, l’emersione di uno spigolo di tutto il resto.
Fare cultura in questo tempo è un lavoro terribilmente politico, inutile fingere, soprattutto se raccontando storie si decide di dichiarare la propria posizione. Fa politica ciò che dici, come lo scrivi, il pubblico a cui decidi di rivolgerti, la storia che scegli e l’editore e il produttore.
Per questo ci siamo rimboccati le maniche e siamo partiti. Se volete aiutarci potete farlo qui, oppure condividendo, scrivendone, parlandone.