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Nuovo allarme sul Pnrr. La Dia avverte: servono più controlli

Il primo vero dato della pubblicazione della relazione semestrale della Dia pubblicata sul sito della Camera non sta nelle parole scritte all’interno ma nelle parole non dette fuori. Altri tempi quelli in cui la relazione della Direzione Investigativa Antimafia dava il là a un serrato dibattito pubblico e politico. Oggi si scorgono soprattutto articoli stanchi che sono copincolla di agenzie.

La mafia del resto deve essere stata sconfitta se nemmeno Matteo Salvini – che con l’antimafia si diverte sempre con gli occhioni luccicanti – trova il tempo di confezionare un tweet da prefetto di ferro. Stessa cosa per la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ormai sbraita in privato ma in pubblico si dedica solo a tagliare nastri e stringere mani.

Nell’ultima relazione del Dia al Parlamento c’è una notizia che dovrebbe far rizzare i capelli mentre l’Italia prova a spendere i miliardi del Pnrr

Eppure lì dentro, nella relazione presentata al Parlamento, c’è una notizia che dovrebbe far rizzare i capelli mentre l’Italia prova a spendere (e meritarsi) i miliardi del Pnrr: le imprese mafiose, secondo la Dia, tentano “l’inquinamento delle procedure di gare pubbliche già dalla fase di stesura del bando mediante varie forme di connivenza con funzionari pubblici”.

Le tecniche di penetrazione possono concretizzarsi già nella fase di programmazione e progettazione delle opere pubbliche” – si legge – tramite “azione corruttiva di funzionari e tecnici incaricati”. La relazione conferma che a dominare la scena del crimine è la ‘Ndrangheta. L’analisi, attenzione, è realizzata sulla base delle evidenze investigative, giudiziarie e di prevenzione e documenta la tendenza, rilevata da diversi anni, circa il generale inabissamento dell’azione delle consorterie più strutturate che hanno ormai raggiunto un più basso profilo di esposizione e, come tale, particolarmente insidioso proprio in ragione dell’apparente e meno evidente pericolosità.

Tale tendenza risulta sempre più diffusa in tutte le matrici mafiose in considerazione del vantaggio loro derivante dalla insidiosa mimetizzazione nel tessuto sociale e dalla conseguente possibilità di continuare a concludere i propri affari illeciti in condizioni di relativa tranquillità senza destare le attenzioni degli inquirenti. La criminalità organizzata, infatti, preferisce agire con modalità silenziose, affinando e implementando la pervasiva infiltrazione del tessuto economico-produttivo avvalendosi anche delle complicità di imprenditori, professionisti ed esponenti delle istituzioni, formalmente estranei ai sodalizi.

Un’indubbia capacità attrattiva quindi è rappresentata dai progetti di rilancio dello sviluppo imprenditoriale nella fase post-pandemica e dall’insieme di misure finalizzate a stimolare la ripresa economica nel Paese compulsate anche dai noti finanziamenti europei del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Senza dimenticare che all’orizzonte ci sono anche le Olimpiadi.

Sulla base di queste considerazioni, la Relazione propone, con la consueta attenzione allo sviluppo ed alle trasformazioni delle organizzazioni mafiose, la descrizione del quadro criminale – anche schematizzata con l’ausilio di mappe esplicative della sua evoluzione recanti le presenze dei principali sodalizi attivi in ragione delle risultanze delle investigazioni concluse dalla Dia e dalle Forze di polizia – senza tralasciare gli importanti, ulteriori elementi informativi contenuti nei provvedimenti di scioglimento degli Enti Locali.

Le armi spedite all’Ucraina potrebbero finire in mani mafiose

“Servono controlli preventivi”, dice la Dia: l’esatto opposto dello spirito con cui il governo – Salvini in primis – si preparano a licenziare il nuovo codice per gli appalti. La Dia rilancia anche l’allarme per le armi spedite all’Ucraina che potrebbero finire in mani mafiose. Anche su questo solo silenzio. Ci sarebbe anche quel 7% di operazioni finanziarie sospette in più a dover agitare il sonno del governo. Oppure il fatto che la violenza mafiosa non mostri segni di cedimento. Ma l’antimafia, si sa, qui da noi, si accende solo per spettegolare sulle abitudini sessuali di qualche vecchio boss.

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