Dietro la querelle tra Confindustria, i sindacati e il governo ci sono le persone. Persone vere. Nonostante qualcuno stia giocando (pericolosamente) a trasformare la polemica sulle troppe fabbriche aperte in una lotta di classe trattata come qualcosa di anacronistico in mezzo ballano 2,5/3 milioni di persone che si ritrovano costrette ad assistere alla guerra tra poteri (quello politico e quello economico) che come al solito schiaccia in mezzo gente che non può prendere pubblicamente le parti di nessuno perché è incastrata in una catena produttiva che è molto di più del suo semplice ruolo nella catena di montaggio.
Lì dentro ci sono persone che sono schiave del proprio reddito: schiave perché devono sottostare ai dettami di chi li gestisce anche se sono pericolosi e non in linea con i decreti governative. Persone che sono schiave del proprio reddito perché stanno appena sopra la soglia di galleggiamento di una dignità economica e non possono permettersi di alzare la voce. Persone che lavorano tutto il giorno sfidando la sorte (sì, la sorte, perché pregano di non essere infettati ma non hanno tutto quello che serve per non essere infettati) e poi rientrano a casa schivando gli abbracci dei propri famigliari lavandosi finché non gli si stacca dalla pelle tutta la giornata vissuta addosso.
Ci sono gli operatori di call center, ci sono gli impiegati e gli operai di aziende che furbescamente riescono a rientrare nei servizi essenziali anche se non sono essenziali per niente, ci sono le cassiere e i dipendenti dei supermercati che vengono trattati come carne da macello ma ci sono, soprattutto, quelli che saranno un’emergenza sociale dopo quella sanitaria: gente che non avrà più un lavoro.
Davvero a questi siamo arrivati a chiedere “o la borsa o la vita”? Davvero le disuguaglianze sperate che si nascondano sotto il tappeto in nome del virus? A me pare che la domanda risuoni già stonata così. Ma forse siamo tutti ipersensibili per colpa della clausura. Anzi, pensa che bello se fossimo tutti ipersensibili davvero con quelli che restano indietro.
Buon martedì.
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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.