“Gli occhi degli inviati di guerra sono gli occhi di chi ha il coraggio di stare sul campo, al fianco dei civili, dei soldati, lungo la fragile linea che divide la vita dalla morte. I loro occhi sono gli occhi della guerra. Senza di loro noi saremmo ciechi, senza di loro noi non avremmo la possibilità di sapere davvero cosa accade nei teatri di guerra, facendoci sentire parte di quello che sta succedendo”. Lo ha detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in un videomessaggio all’inaugurazione della mostra fotografica ‘Bearing Witness’ all’Istituto italiano di cultura di New York.
La giornalista Meloni tace su Rocchelli ucciso dagli ucraini. E dopo Saviano, La Notizia e molti altri querela Canfora
“Io – ha aggiunto Meloni – voglio cogliere questa occasione per ringraziare i tanti professionisti che attraverso questo straordinario lavoro rendono un servizio grandioso all’informazione, al giornalismo, a noi rappresentanti delle Istituzioni che attraverso quegli scatti vediamo una realtà che ci aiuta a prendere delle scelte più consapevoli, fino ai cittadini”.
Peccato che tra i dovuti ringraziamenti la presidente del Consiglio continui a ignorare un giornalista italiano inviato di guerra ammazzato il 24 maggio 2014 che ancora deve avere giustizia. Per l’assassinio di Andrea Rocchelli e del collega russo Andrej Mironov è stato processato Vitaly Markiv, militare della Guardia nazionale ucraina, condannato a 24 anni in primo grado e poi assolto in Appello e in Cassazione. “La nostra è una irrisolta domanda di verità e giustizia – ha detto Elisa Signori, madre di Andy, in un intervento pubblicato sul sito di Articolo21 e ripreso da La Provincia pavese – per un delitto che la magistratura italiana definisce un crimine di guerra, ma su cui si stende l’oblio. L’obiettivo che ci proponiamo è porre fine all’impunità per questo delitto, consapevoli di difendere così la vita di civili e giornalisti che operano in scenari di crisi e di guerra”.
E peccato che il governo di Giorgia Meloni con i giornalisti qui in Italia insista a usare l’arma delle querele come forma di intimidazione: da Roberto Saviano, alle cause a noi de La Notizia fino alla querela annunciata ieri a Luciano Canfora (nella foto) questo governo dimostra di avere una strana idea della libertà di opinione e di stampa, confidando più nell’effetto giudiziario che nel dibattito.
“Un giorno tornerò alla mia professione” di giornalista, “perché ho sempre pensato che la politica sia un passaggio transitorio per tutti e guardo sempre con un occhio di favore a questa professione fondamentale, per la sua capacità di fare il suo lavoro nel migliore dei modi guardando alla responsabilità che si porta dietro con condizioni di libertà e stabilità, anche salariale”, aveva detto la presidente del Consiglio, nella conferenza stampa di fine anno.
Del passato giornalistico della premier e leader di Fratelli d’Italia, si hanno poche tracce ma della sua idea di giornalismo possiamo capire qualcosa. Giorgia Meloni ama i giornalisti di guerra ma i giornalisti di pace Giorgia Meloni li vorrebbe ciechi e sordi, senza occhi e senza orecchie, per poter stare più tranquilla.
L’articolo Onore ai cronisti morti in guerra e querele ai vivi sembra essere il primo su LA NOTIZIA.