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Un governo che vuole certificare le opinioni

Ieri sul quotidiano Repubblica a firma di Giovanna Vitale è apparso un lungo sfogo del presidente della commissione Cultura ed Editoria Federico Mollicone che anticipa la strampalata idea del governo di un presunto Ministero della Verità per “certificare la veridicità delle notizie”.

Ieri Mollicone di FdI ha anticipato la strampalata idea del governo di un presunto Ministero della Verità per “certificare la veridicità delle notizie”

Leggendolo di primo acchito si potrebbe pensare che il deputato di Fratelli d’Italia voglia mettere un freno alle pericolose notizie che avvelenano i pozzi delle emergenze internazionali, dalla negazione antiscientifica del cambiamento climatico alla sfrenata propaganda bellica dei signori delle armi passando dai terrapiattisti in diversi campi che negano la realtà per rivendicare il diritto di inventarsene una inesistente. La confusione tra il diritto di avere opinioni e il diritto di inventarsi i fatti del resto è la base della crisi di credibilità dell’informazione spesso ridotta a mero ingranaggio di propaganda.

Mollicone però si riferisce ad altro. Dice il deputato meloniano che “non è possibile che solo per fare clickbaiting, ossia per monetizzare i contatti sui siti, si costruisca un titolo-gancio e si finisca per criminalizzare, se non ridicolizzare, le libere opinioni”. Mollicone dice di essere disturbato dalle opinioni e dalla “mistificazione” di “una classe dirigente che tutti denigrano” provocata dalla “deriva sensazionalistica imboccata dalla stampa”.

Il deputato di FdI non sopporta che si critichi la maternità cool della collega Mennuni o la sostituzione etnica del collega Lollobrigida. Certificare le opinioni è roba da MiniCulPop, il ministero della propaganda fascista. E chissà perché non siamo per nulla stupiti dall’ennesima brillante idea del governo.

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Meloni e l’ossessione dei fantomatici sabotatori che tramano contro di lei – Lettera43

La premier continua a prendersela con fantasmi e manine che minerebbero la sua posizione e quindi la tenuta democratica del Paese. Ma perché non lo riferisce ai Servizi o in parlamento? E soprattutto, chi sono questi nemici? Forse la Santanchè e i suoi guai, oppure Sgarbi, Delmastro-Pozzolo, i migranti che aumentano, addirittura Mattarella? Ci illumini.

Meloni e l’ossessione dei fantomatici sabotatori che tramano contro di lei

Ma chi trama contro Giorgia Meloni? La presidente del Consiglio anche in occasione della sua conferenza stampa di fine anno slittata nell’anno dopo persevera nell’indicare fantomatici sabotatori che avrebbero nel mirino non solo lei come rappresentante politica, ma addirittura l’Italia, quindi la democrazia.

Meloni ci dica chi sono mandanti ed esecutori

Non è una frase da scavalcare leggera se la capa di un governo dice – per di più di fronte ai giornalisti – che qualcuno stia macchinando una congiura. Ci sarebbe da chiederle, per esempio, se ha informato i Servizi dello Stato che si occupano di questo, se ha dato mandato alle forze dell’ordine di indagare su mandanti ed esecutori. In un Paese ideale le si potrebbe chiedere perfino di prendersi l’incomodo di passeggiare fino al parlamento per parlarne con quei poveri cristi che votano rinvii e mancette e poi devono scoprire in televisione che la presidente del Consiglio è in pericolo insieme alla tenuta democratica del Paese.

Meloni e l'ossessione dei fantomatici sabotatori che tramano contro di lei
Giorgia Meloni in conferenza stampa (Imagoeconomica).

Tramano forse gli ex dipendenti della Santanchè?

Le si potrebbe chiedere: «Cara Meloni, chi trama?». Tramano forse gli ex dipendenti della ministra al Turismo Daniela Santanchè che nel 2023 hanno svelato di avere lavorato senza ricevere stipendio e di avere lavorato irregolarmente mentre l’azienda della ministra riceveva soldi per la cassa integrazione? Difficile crederlo. Tramano dunque i giornalisti che ne hanno scritto ritenendo che la moralità di una esponente del governo fosse notizia di interesse pubblico? Impossibile. Trama la procura che indaga? No da, da non credere.

La ministra del Turismo Daniela Santanchè è indagata a Milano dal 5 ottobre per il caso Visibilia
Daniela Santanchè (Imagoeconomica).

Trama Sgarbi? Oppure i compagni di partito Delmastro-Pozzolo-Donzelli?

Quindi chi trama? Trama il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi che possiede un quadro apparentemente rubato dal Castello di Buriasco? Tramano i giornalisti che hanno approfondito la vicenda e la stanno raccontando? Sicuramente no. Che la pistola da borsetta del deputato meloniano Pozzolo abbia potuto sparare a un malcapitato che si trovava nel posto sbagliato e nel momento sbagliato per festeggiare il compleanno per danneggiare la presidente Meloni è davvero improbabile. Difficile immaginare anche che il fedele meloniano Andrea Delmastro abbia rivelato segreti non rilevabili al suo compagno di partito Giovanni Donzelli per danneggiare quella che è anche la presidente di Fratelli d’Italia. Non so se ricordate l’episodio, ma la sensazione era chiaramente di un tentativo di danneggiare l’opposizione, mica il governo.

Sgarbi è la foglia di fico sull'ipocrisia di politica e tivù
Vittorio Sgarbi (Imagoeconomica).

È un complotto dei migranti per mettere in crisi la sua maggioranza?

Quindi chi trama? Tramano i 2.571 morti nel Mediterraneo nel 2023 (quasi 1.000 in più del 2022) che hanno deciso nella stragrande maggioranza di andare nel Canale di Sicilia prima di decidere di annegare per mettere a rischio la tenuta del governo italiano? Sembra un’ipotesi piuttosto spericolata. O forse tramano i 155.754 (tra cui 17.283 i minori stranieri non accompagnati) che sono sbarcati sulle coste italiane aumentando del 50 per cento rispetto all’anno precedente solo per mettere in crisi la credibilità del centrodestra? No, dai. Forse hanno tramato i giornalisti che si permettono di scrivere che quelli si spostano alla faccia del blocco navale promesso? O forse tramano i giornalisti che riportano sui giornali i numeri pubblici e accessibili nel “cruscotto” statistico del Viminale?

Forse trama Mattarella, aprendo un grave problema di guerra tra poteri?

Abbiamo capito. Forse trama il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ogni volta che si permette un rilievo sulle scelte del governo, come quella di decidere di non mantenere le promesse all’Europa preferendo un’infrazione a Bruxelles a una frizione nella sua maggioranza. Questo sarebbe un tema serio, serissimo, se fosse così: significherebbe che è in corso una guerra tra poteri. Roba da discuterne subito domani mattina in parlamento. Sarebbe una stortura da risolvere con una riforma costituzionale, lo scontro tra capo dello Stato e capa dell’esecutivo. Ma no, non si tratta nemmeno di questo, del resto è la stessa Giorgia Meloni a dirci che la sua riforma costituzionale non intaccherebbe gli equilibri. Quindi no, nemmeno questo. Quindi presidente del Consiglio Meloni la domanda di questo inizio dell’anno è una, una sola: chi trama?

In un messaggio inviato alla ministra Elvira Calderone, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha parlato delle morti sul lavoro e della sicurezza.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (Ansa).

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L’intervistata e i commentatori

L’unico fremito lo danno i cronisti estasiati. La conferenza stampa della presidente del Consiglio che arriva dopo enne rinvii per motivi diversi è l’occasione per ricordarci in questo inizio dell’anno che l’erede della destra postfascista Giorgia Meloni l’hanno normalizzata soprattutto i giornali progressisti. Lenzuolate sui quotidiani in cui giornalisti che vanno di fioretto ci dicono di Meloni le tonalità dell’abbigliamento, lo slang romanesco e la postura per la minzione che non si riesce a trattenere. 

La vera pena non è Giorgia Meloni che riesce a fare affermazioni sbagliate sulla crescita dell’Italia in Europa ben al di sotto del Def firmato dal suo governo, non è nemmeno Giorgia Meloni che non parla dell’ennesimo regalo ai balneari prendendo tutti per il naso, vantandosi di avere fatto per prima “la mappature delle coste”: la vera pena è leggere questa mattina i giornali che trovano normale che una leader di partito scarichi la classe dirigente che lei stessa ha scelto senza pagare pegno. La vera pena è sentire Meloni dirci che è “stufa” delle accuse di familismo senza comprendere che dovrebbe rispondere nel merito poiché il suo stato d’animo non è un “fatto politico”, come ama ripetere.  

“In pochi ci avrebbero scommesso, ma tutto fila via liscio, in modo sereno, dopo 40 domande, in un clima a tratti persino noioso”, scrive un quotidiano nobile dell’editoria presunta progressista italiana. Noi invece ci avremmo scommesso che non è ancora maturo il momento in cui i giornali che descrivono Meloni illuminata in un circolo di irresponsabili decidano che “basta così”. Arriverà quel momento – prima di quanto si pensi – e quegli stessi editorialisti si stupiranno di chi come loro non se n’era accorto in tempo. 

Buon venerdì.

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Pistolero e anche bugiardo?

Dunque il deputato di Fratelli d’Italia Emanuele Pozzolo oltre a presentarsi armato a una festa di capodanno dove c’era il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, oltre a essersi rifiutato di sottoporsi all’alcol test e al tampone per la polvere da sparo oltre ad avere sparato a uno dei presenti alla festa rischiando di ammazzare lui o qualsiasi altro tra i presenti, oltre ad avere chiesto l’immunità parlamentare per evitare che le forze dell’ordine potessero fare luce sull’accaduto, infine ha anche raccontato un’enorme bugia. 

“In merito all’incidente accaduto la notte di Capodanno nella sede della Pro Loco di Rosazza, confermo che il colpo di pistola – da me detenuta regolarmente – che ha ferito uno dei partecipanti alla festa è partito accidentalmente, ma non sono stato io a sparare”, aveva detto il deputato la sera del primo gennaio, quando la notizia ha cominciato a circolare sui media e sulle agenzie di stampa. Un testimone, agente di polizia, presente alla serata ha invece raccontato che «Pozzolo è arrivato a fine serata, stavamo andando via: era allegro, ha tirato fuori la pistola senza che nessuno glielo avesse chiesto e all’improvviso è partito lo sparo». «Ero lì, purtroppo ho visto tutto», racconta il testimone: «è successo sotto i miei occhi, come me l’hanno visto anche altre persone presenti». 

Ieri abbiamo anche saputo che secondo il deputato meloniano il 31enne ferito si sarebbe sparato da solo, recuperando la pistola che era caduta sul pavimento. Nel giro di poche ore è arrivata la smentita del diretto interessato: “Io non ho mai toccato quella pistola”, dice a Repubblica.

Pistolero, amante dell’impunità e bugiardo: se non è un fatto politico questo cosa lo è?

Buon giovedì. 

foto dal profilo twitter del deputato Pozzolo

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La mossa disperata di Pozzolo: far sparire i post sulle armi

Qualcuno dello staff del deputato pistolero Emanuele Pozzolo deve avere pensato che fosse una buona idea fare sparire i molti messaggi pro armi del parlamentare dal suo profilo Facebook. Il suo post del 2 ottobre del 2015 con cui commentava la strage in Oregon spiegando di non avere “mai visto una pistola che spara da sola” ha fatto il giro dei social come un monumento di auto accusa. Quel messaggio, però, è tutt’altro che isolato.

La rete non dimentica. E i testi pubblicati da Pozzolo su Facebook sono rimasti visibili sull’ex Twitter

Il 29 novembre del 2015 Pozzolo scriveva: “più armi legali = meno mercato nero = meno armi per i terroristi. non è difficile da capire!”. Ma il 3 ottobre precedente aveva rilanciato sui suoi social un video in cui si spiegava che negli Stati Uniti dopo la strage del giorno prima c’era stato un boom nella vendita d’armi commentando: “non sono le armi il problema”. E ancora nello stesso anno: “Condono tombale sugli aborti. Crociata contro la pena di morte. E, naturalmente, lotta alle odiate armi”.

Una linea confermata il 9 giugno del 2016, quando scriveva: L’#UE vuole togliere le armi ai cittadini onesti per combattere il terrorismo! Spieghiamo a questi maiali…”. Sempre nello stesso anno, poi, scriveva: “#Obama, a suo modo, è magnifico: il problema per lui sono sempre e solo le #armi”. Si torna ancora alla carica il 2 ottobre del 2017: “Dedicato ai pirla nostrani che hanno urlato subito “tutta colpa delle armi’…”. E ancora, rilanciava notizia come “Usa: la vedova dell’American Sniper contro Obama: «Le armi sono un diritto”.

Ieri così il deputato di Fratelli d’Italia rimasto coinvolto nel ferimento di un uomo a Biella ha sperato di fare scomparire tutto affidandosi evidentemente a gente che di social ne sa poco e male: i suoi post, infatti, sono scomparsi da Facebook ma sono rimasti per qualche ora visibili come link sul suo account X (l’ex Twitter prima che Elon Musk cambiasse nome). La cancellazione frettolosa e incompleta ha aggiunto perciò imbarazzo all’imbarazzo, mettendo in crisi pure il piano nobile di Palazzo Chigi. E ora il prode pistolero intento a passare lo straccio per rimangiarsi le sue idee è un’altra fotografia che non si dimentica facilmente.

Leggi anche: Meloni fa cilecca col deputato pistolero. Vuole sospendere Pozzolo ma deve fare i conti con la destra delle armi

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Anno nuovo, patriarcato vecchio

Qualche agenzia del 2 gennaio, inizio di quest’anno. 

«Si indaga a Sant’Oreste, piccolo Comune alle porte di Roma, sul possibile omicidio di una donna di 71 anni. La presunta vittima di quella che sembra essere il primo caso di femminicidio del 2024, è arrivata, ieri sera già cadavere in ospedale a Civita Castellana, in provincia di Viterbo, trasportata dal marito. L’uomo ha sostenuto che le profonde ferite che la donna aveva al cranio fossero state causate da una caduta accidentale ma la dinamica descritta non era compatibile con lo stato del cadavere. Per questo sono stati chiamati prima i carabinieri di Civita Castellana, poi quelli di Rignano Flaminio e i colleghi della compagnia di Bracciano che, dopo aver informato la procura di Tivoli, hanno posto in stato di fermo l’uomo. Nella casa della coppia, in una zona rurale di Sant’Oreste, sono stati trovati oggetti sporchi di sangue. Al momento ogni ipotesi e’ al vaglio, ma quella dell’omicidio sembra essere la pista più credibile». 

Poi: «A dare l’allarme, l’attuale compagno della donna, che è riuscito a correre in caserma e allertare i carabinieri. A Giugliano, nel Napoletano, quello che poteva essere il primo caso di femminicidio del nuovo anno viene sventato e finisce con un arresto. Sono circa le 13 del primo gennaio e un uomo si presenta nella caserma di Varcaturo; è agitato, urla e chiede aiuto. Al carabiniere il compito di calmarlo e di ascoltare cosa fosse accaduto. La compagna lo ha appena chiamato, il suo ex l’ha aggredita e le ha promesso di ritornare per ucciderla. I carabinieri corrono verso la non lontana abitazione della donna e dalla strada sentono gridare. Raggiungono la porta di ingresso ma è chiusa, dietro l’uscio pianti di bambini e altre parole gridate. I militari dell’Arma sfondano la porta, e trovano sul pavimento in lacrime due bambini di 5 e 9 anni, e tracce di sangue. In piedi due adulti, l’uno di fronte all’altra a distanza ravvicinata. L’uomo brandisce un coltello da cucina e sta aggredendo la donna che sanguina da una mano, e ha fra le braccia il bimbo di 7 mesi». 

E infine: «Ha colpito l’ex fidanzata con un pugno e l’ha trascinata per alcuni metri con l’auto mentre tentava di scendere dal veicolo in movimento. È accaduto nella notte tra il 30 e il 31 dicembre scorso, in via Silvio D’amico a Roma, dove un passante ha notato la lite tra un uomo e una donna, prima in auto e poi in strada, e ha allertato il 112. Sul posto è intervenuta una pattuglia di carabinieri della Stazione Roma Eur che ha rintracciato la coppia. I carabinieri hanno bloccato l’uomo, un 28enne africano mentre la donna, un’algerina, ha raccontato che poco prima, a seguito di una lite avuta con l’uomo, l’ex fidanzato, l’ha colpita al volto con un pugno per poi trascinarla per alcuni metri con l’auto. I militari hanno allertato il 118 che ha accompagnato la donna all’ospedale San Camillo. L’uomo è stato arrestato e portato via dai carabinieri». 

Anno nuovo, patriarcato vecchio. 

Buon mercoledì. 

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Parigi e la carne coltivata. Lollobrigida è confuso

“Dopo il nostro stop al cibo sintetico, anche la Francia ha avanzato una proposta di legge per vietare la produzione, lavorazione e commercializzazione di carne sintetica”. Sono le parole del ministro all’agricoltura nonché cognato d’Italia Francesco Lollobrigida nell’editoriale che ha firmato il 31 dicembre per agricola.eu.

Il ministro Lollobrigida non coglie la differenza tra un’attività parlamentare e una di governo

Lollobrigida fa riferimento alla proposta di legge presentata il 5 dicembre all’Assemblea nazionale francese (l’equivalente della Camera dei deputati italiana) da 25 deputati del gruppo parlamentare dei Les Républicains, il gruppo fondato da Nicolas Sarkozy. Solo che – come sottolinea Pagella Politica – “la proposta francese per vietare la produzione, la commercializzazione e la vendita di carne sintetica in Francia è stata presentata da un partito, mentre quella italiana da due ministri: Lollobrigida e il ministro della Salute Orazio Schillaci. Detta altrimenti, la proposta italiana è stata un’iniziativa del governo, mentre quella francese di un singolo partito, che non ha ministri”.

Il ministro francese dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare Marc Fesneau si è detto molto critico verso la carne coltivata augurandosi che gli allevamenti tradizionali non vengano penalizzati e parlando di rischi di dover far affidamento in futuro a poche multinazionali.

Il ministro Lollobrigida non coglie la differenza tra un’attività parlamentare e una di governo. Evidentemente non conosce nemmeno la differenza tra la serietà di una discussione ampia e informata (che è il sale della politica) e una scelta più pubblicitaria che politica da parte di esponenti dell’esecutivo. Continua così la saga del governo in assetto da propaganda e opposizione.

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Meloni vuole sospendere Pozzolo ma deve fare i conti con la destra delle armi

L’ordine di scuderia della presidente del Consiglio Giorgia Meloni è stato rispettato. Anche ieri per l’intera giornata i partiti di maggioranza non hanno trovato il fiato per pronunciare una sola parola sul caso che ha coinvolto Emanuele Pozzolo, “Manny” per gli amici, 38 anni, di professione consulente legale, sposato e padre di tre figli. Che la pistola di un deputato di Fratelli d’Italia avesse “accidentalmente” sparato poco dopo la mezzanotte a Rosazza (Biella) e ferito il genero di un membro della scorta del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro lo sappiamo dal primo pomeriggio del primo gennaio.

Forse lo sospende, o forse no. La premier Meloni tentenna sul suo deputato Pozzolo. La destra amica delle armi sta alla finestra

Poche ore dopo nel giorno di Capodanno la leader di Fratelli d’Italia ha avvisato i suoi, di concerto con gli altri leader della maggioranza Tajani e Salvini, della linea da seguire: lasciare fuori Delmastro già gravato dal rinvio a giudizio per rivelazione di segreto d’ufficio, prepararsi a una sospensione o persino all’espulsione del deputato Pozzolo (che in questo caso potrà comodamente continuare la sua avventura parlamentare da fidato agente esterno nel Gruppo misto) e relegare la vicenda nell’alveo delle questioni “personali” e soprattutto “non politiche”. Ma scaricare Pozzolo per salvare Delmastro costa più del previsto. Ieri i partiti di opposizioni (perfino gli oppositori blandi di Italia viva) hanno bussato alla porta di Palazzo Chigi per chiedere spiegazioni.

“Limitarsi a scaricare ogni responsabilità sul ‘cowboy’ non basta, – ha detto il capogruppo renziano alla Camera, Davide Faraone – e sarebbe l’ennesima furbata per salvare un sottosegretario che dovrebbe essere stato già cacciato da tempo. Il quadro che ne risulta è di una inaudita gravità, tale da rendere inevitabili e immediate delle conseguenze politiche”. Il Partito democratico attacca a più voci e chiede ai telegiornali Rai di “fare corretta informazione” mentre il Movimento Cinque Stelle punta il dito contro l’utilizzo dell’immunità parlamentare del deputato pistolero meloniano quando inizialmente si è rifiutato di sottoporsi il test sulla polvere da sparo, arrivato solo ben sei ore dopo il fatto.
A parlare dalle parti della maggioranza è solo il sottosegretario Delmastro che in un’intervista a Repubblica parla di “sfortuna” e racconta di non avere visto nulla. La sua proverbiale curiosità nel frugare i minimi particolari dei suoi avversari politici evidentemente si è annebbiata durante il veglione in presenza del suo compagno di partito.

La leader di FdI cerca di minimizzare. Ma il caso del deputato pistolero è tutto politico

Ma quel colpo di pistola è una fatto politico, eccome. Anzi è un fatto politico enorme che un deputato che ha costruito la sua carriera politica anche sulla difesa delle armi sia diventato il paradigma della loro pericolosità. A Fratelli d’Italia sanno bene che sarà molto più difficile ora per loro discutere di caccia, di abbassamento dell’età per maneggiare armi e perfino di legittima difesa.

È anche un fatto politico che il sottosegretario alla Giustizia abbia tutte le risposte quando si tratta di giudicare avversari politici e magistratura e poi non sia in grado di darne su un panettone con la pallottola spuntata. È un fatto politico, eccome, che il partito che difende le armi con la teoria del “sono pericolosi gli uomini che schiacciano il grilletto” taccia e non sappia cosa sia accaduto in una cena di famiglia tra suoi esponenti. È un fatto politico, eccome, anche che un uomo della scorta fosse alla festa con suoi famigliari: la scorta di Delmastro si trovava lì non per festeggiare ma per difendere quella che tecnicamente viene definita “la personalità”. Il dispositivo di sicurezza in quale ruolo prevedeva parenti della scorta Qualcuno dovrebbe avvisare la presidente Meloni: cosa sia “politico” lo decidono gli altri. Funziona così.

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Quando ci si occuperà del cortocircuito tra giornalismo, politica e imprenditoria

Dicono che in Italia l’enorme problema non rinviabile del giornalismo stia negli atti di indagine che in questi anni hanno permesso ai lettori di farsi un’idea senza essere mediati dalle fantasiose interpretazioni di giornalisti più o meno credibili. Pochi parlano e nessuno dice della concentrazione di giornali che sono in mano a un unico editore.

Dicono che in Italia l’enorme problema del giornalismo stia negli atti di indagine che in questi anni hanno permesso ai lettori di farsi un’idea propria

La presidente del consiglio Giorgia Meloni, i suoi ministri e i membri della maggioranza lamentano un pensiero a senso unico contro il governo. Vediamolo insieme. Il re delle cliniche private nel Lazio nonché deputato leghista (con record di assenze) Antonio Angelucci (nella foto) al momento è editore del Tempo, di Libero e del Giornale. Sarebbe ridondante scrivere qui quale sia il posizionamento politico dei tre quotidiani. Basti sapere che l’indagine in cui risultano coinvolti l’ex parlamentare Denis Verdini e suo figlio Tommaso è stata relegata in fondo pagina mentre campeggiava sulle prime di tutti gli altri quotidiani.

Angelucci qualche tempo fa aveva provato la scalata al quotidiano La Verità ma la missione è fallita. Ora secondo insistenti voci di corridoio sarebbe in trattativa per acquisire l’agenzia di stampa Agi, di proprietà dell’Eni, e la radio del gruppo Gedi Radio Capital. L’aggiunta di un’agenzia di stampa e di un’emittente radiofonica considerata “di sinistra” proietterebbe Angelucci nell’olimpo di chi tira le fila di media di schieramenti apparentemente opposti.

Nel progetto più ampio rientrerebbe il sogno di acquistare anche il quotidiano Repubblica – ne dava notizia qualche giorno fa Tommaso Rodano su Il Fatto quotidiano – da sempre considerato un pietra miliare nel campo progressista. Nessuno ne parla, pochi ne scrivono e quindi la domanda sorge spontanea: quando ci si occuperà del cortocircuito tra giornalismo, politica e imprenditoria Soprattuto, chi se la sente?

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