Vai al contenuto

Beni confiscati alle mafie, il governo si dimentica dei fondi

In Italia esiste un serio problema di gestione dei beni confiscati alla criminalità e se non fossimo allucinati dalle missioni effimere stile Caivano forse sarebbe il caso di parlarne. Ad agosto di quest’anno è stato dato alle fiamme un terreno confiscato all’ex capo di Casalesi Francesco Schiavone, detto Sandonkan. In provincia di Caserta ci sono stati altri due incendi in terreni confiscati, come anche in Calabria, mentre non si contano le intimidazione e i danneggiamenti.

Eppure sui beni confiscati pesa la decisione vigliacca del governo di cancellare fondi del Pnrr per i beni sottratti alle mafie in Italia. Un problema di cuii non si parla, al punto che Libera, Cgil, Avviso Pubblico, Legambiente, Arci e Acli hanno scritto una lettera al ministro competente per il Pnrr, Raffaele Fitto.

Beni confiscati alle mafie, tutto tace

Il motivo è avere chiarimenti sulla cancellazione del bando e sul reperimento di risorse alternative a copertura di quanto presentato nell’ambito dell’Avviso: “Dopo la decisione del Governo dello scorso luglio di cancellare con un tratto di penna i 300 milioni di euro previsti dal Pnrr per la rifunzionalizzazione e la valorizzazione dei beni confiscati, e dopo l’approvazione della quinta rata del Pnrr da parte dell’Unione europea, chiediamo al ministro di poter avere chiarimenti sull’avanzamento del bando e sul reperimento di risorse alternative a copertura di quanto presentato nell’ambito dell’Avviso. Chiediamo che vengano presentate le misure attraverso le quali saranno tutelate le Amministrazioni comunali che stanno portando avanti le proposte progettuali attraverso gare d’appalto e aggiudicazioni, e con le quali si darà sostegno a tutti i progetti risultati vincitori del bando. In un clima di forte crisi economica e sociale del nostro Paese, il rischio che alcuni Comuni possano incorrere in procedure di dissesto o di incertezza finanziaria non è accettabile”.

Un regalo ai clan

“Le norme sull’attacco ai patrimoni mafiosi e sul riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie hanno compiuto, in questo 2023, rispettivamente 41 e 27 anni. La cancellazione del finanziamento di circa 300 milioni di euro previsti dal Pnrr per la rifunzionalizzazione e la valorizzazione dei beni confiscati, fondi definanziati dal Ministro Fitto e che sarebbero poi dovuti arrivare da ulteriori provvedimenti di cui ancora non c’è traccia, rischia di essere un freno all’avanzamento della lotta alle mafie e alla corruzione – ricordano le associazioni che hanno sollevato il caso.

Parliamo di 300 milioni di euro per la realizzazione di 200 progetti nelle otto Regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia). Nel dicembre 2022 vi è stata l’approvazione con decreto di una graduatoria e relativi finanziamenti. L’iter è proseguito con ulteriori adempimenti tecnici dell’Agenzia, fino all’approvazione del Decreto del 19 dicembre 2022, che ha approvato le graduatorie e i finanziamenti, poi integralmente sostituito da un successivo decreto del 21 marzo 2023. ll 27 luglio 2023 il ministro Fitto ha presentato la proposta di revisione del Pnrr, per un totale di 15,89 miliardi di euro. Una serie di misure sono state definanziate completamente, tra cui quella relativa alla ‘Valorizzazione dei beni confiscati alle mafie’. L’annuncio del governo di intervenire non è stato seguito da nessun documento ufficiale. Anzi, l’Agenzia per la Coesione prosegue l’iter amministrativo con una serie di atti formali. La lotta alle mafie rimane relegata al prossimo intervento ad “alto impatto” ma bassa resa.

L’articolo Beni confiscati alle mafie, il governo si dimentica dei fondi sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui

Sulla legge bavaglio a fare spavento è la mollezza che si respira intorno

Come ha fatto notare in un suo intervento sul quotidiano Domani il professore ordinario di Diritto processuale penale all’università La Sapienza di Roma Glauco Giostra l’emendamento bavaglio del deputato di Azione Enrico Costa è anche inutile. La norma votata di gran carriera dai partiti di destra e dai calendiani di Azione e dai renziani di Italia viva secondo Giostra “oltre che inutile” sarebbe anche “controproducente”: “Non si comprende per quale ragione, infatti, dovrebbe risultare meno pregiudizievole – scrive Giostra – per l’immagine dell’indagato una sintesi giornalistica dei motivi che ne hanno determinato la custodia cautelare rispetto alla motivazione del giudice. Tanto più che il provvedimento legislativo – prosegue il giurista – emanato in attuazione della stessa direttiva europea vieta all’autorità giudiziaria e non all’operatore dell’informazione «di indicare pubblicamente come colpevole» l’indagato «fino a quando la colpevolezza non sia stata accertata con sentenza irrevocabile»”. Per Giostra “infine, inquieta la tendenza a coprire con le paludate vesti del garantismo insistenti proposte di segreto; di quel segreto che per Beccaria è il più potente scudo della tirannia”. 

Oggi il sindacato dei giornalisti organizza una protesta simbolica che coinvolgerà i presidenti e i segretari delle Associazioni regionali, i cronisti e giornalisti tutti. A seguire, il 3 gennaio prossimo sarà convocata la Conferenza dei Comitati di redazione per stabilire la scansione temporale delle azioni che dovranno portare allo sciopero generale, “uno sciopero contro la censura di Stato e per rivendicare l’identità e la dignità della nostra professione”, scrive Fnsi. A fare spavento è la mollezza che si respira intorno. 

Buon giovedì. 

Nella foto: immagine dal sito dell’Ordine nazionale dei giornalisti

L’articolo proviene da Left.it qui

Massacri da Gaza a Kiev e l’Italia fa l’ambigua

L’emittente araba Al Jazeera riporta che almeno sei persone sono morte in un attacco di droni israeliani sul campo profughi di Nur Shams a est della città di Tulkarem, in Cisgiordania. Ci sono anche diversi feriti. Il relatore speciale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu) sui diritti umani degli sfollati interni ha affermato che Israele sta “lavorando per espellere” la popolazione civile dalla Striscia di Gaza.

“Israele sta cercando di alterare in modo permanente la composizione della popolazione di Gaza con ordini di evacuazione in continua espansione e attacchi diffusi e sistematici contro i civili e le infrastrutture civili” nel sud di Gaza, ha detto Paula Gaviria Betancur in un comunicato diffuso dall’Alto commissariato Onu per i diritti umani (Unhchr). Secondo la Betancur, Israele ha rinnegato le sue promesse di sicurezza nel sud di Gaza attraverso i suoi ordini di evacuazione che invitano i palestinesi a evacuare dalla parte settentrionale a quella meridionale dell’enclave.

Perfino il ministro degli Esteri nonché capo di Forza Italia Antonio Tajani ieri ha dovuto ammettere che a Gaza “ci sono troppi civili palestinesi morti”: “la bussola dev’essere una reazione proporzionata, colpire Hamas, mandare i militari di Hamas fuori da Gaza e arrivare ad una pace, magari con l’interregno di una presenza delle Nazioni Unite sul territorio”. A proposito di Tajani: sulla questione ucraina il ministro dice che “tutti quanti vogliamo che si arrivi alla pace”, “una pace giusta”. La domanda appare scontata: i commentatori e alcuni giornali si sono accorti di qual è la posizione dell’Italia nei conflitti? A vederlo da fuori sembra proprio di no.

L’articolo Massacri da Gaza a Kiev e l’Italia fa l’ambigua sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui

La chiamano guerra ma è anche una cancellazione culturale

Lo scrittore Shady Amadi li mette in fila, uno dopo l’altro. Sono gli artisti palestinesi (scrittori, poeti, pittori) che hanno perso la vita sotto le bombe a Gaza e sono la sindone del tentativo di cancellare una cultura chiamandola terrorismo.

C’è Refaat al Areer, poeta, professore all’Università Islamica di Gaza, che poche settimane prima di morire il 6 dicembre scorso aveva scritto “se io dovessi morire, tu devi vivere, per raccontare la mia storia”. Il 7 ottobre muore il poeta Omar Faris Abu Shaweesh a causa del bombardamento del campo profughi di Nuseirat a Gaza. Passano due giorni e il 13 ottobre nella sua casa a Gaza viene uccisa la pittrice Heba Zaqout insieme ai suoi due figli. Come racconta nel suo articolo Amadi “nel 2020, Zaqout aveva finito una serie di dipinti di donne con in mano una colomba, una chiave e un liuto a simboleggiare rispettivamente: la pace, il ritorno e la cultura”. Il 16 ottobre viene ucciso lo scrittore Abdullah Al-Aqad, il giorno successivo muore storico Jihad Al-Masri per una bomba. 

Il 20 ottobre a 32 anni viene ammazzata durante un raid israeliano la scrittrice e poetessa Heba Kamal Saleh Abu Nada nel 2017 aveva pubblicato il romanzo L’ossigeno non è per i morti. Su X l’8 ottobre aveva scritto “La notte di Gaza è buia se non per i bagliori dei missili; tranquilla se non per il rumore delle bombe; terrificante se non per la tranquillità delle preghiere; nera se non per la luce dei martiri. Buona notte, Gaza”. Il 23 ottobre muore lo scrittore Abdul Karim Hashash. Il 20 ottobre la pittrice Halima Al-Kahlout. Poi la regista  Inas al-Saq, il poeta Shahadah Al-Buhbahan, lo scrittore e giornalista Mustafa Al-Sawwaf, il poeta Nour al-Din Hajjaj, il musicista Yousef Dawas, il poeta Saleem Al-Naffar. 

Rientra nella definizione di genocidio l’annullamento dei valori e dei riferimenti culturali. 

Buon mercoledì. 

Nella foto: un’opera di Heba Zaqout

L’articolo proviene da Left.it qui

Il femminicidio di Vanessa Ballan strumentalizzato dai maschi per fini politici – Lettera43

Invece di chiedersi perché la donna non è stata salvata nonostante avesse presentato denuncia, il ministro Nordio vuole l’ecografia del feto che aveva in grembo. Per poter parlare giuridicamente di assassinio di due persone, mettendo in discussione il diritto all’aborto. E se si scoprisse che il futuro bambino era dell’amante killer e non del marito, via con un’altra colpevolizzazione della vittima.

L’articolo proviene da Lettera43 qui https://www.lettera43.it/femminicidio-vanessa-ballan-tradimento-marito-feto-amante/

Sul caso Consip abbiamo scherzato, inevitabile la scure della prescrizione. Il pm Palazzi: impossibile arrivare alla sentenza definitiva ma chiede le condanne di Romeo, Lotti, Bocchino & C.

Assolvere il papà di Matteo Renzi, Tiziano, e condannare ad un anno di reclusione l’ex ministro Luca Lotti ed alla stessa pena anche l’ex parlamentare Italo Bocchino. “Affermare la penale responsabilità e comminare la pena a 2 anni e sei mesi per Alfredo Romeo”. Queste le principali richieste di condanna della Procura di Roma ieri nell’ambito del processo sul cosiddetto caso Consip, davanti ai giudici della VIII sezione del tribunale di Roma.

La pena più dura, a 5 anni, è stata sollecitata per il manager Carlo Russo, accusato di millantato credito e traffico di influenze. L’ex presidente di Publiaqua, Filippo Vannoni, rischia la condanna ad un anno. Per l’ex generale dei carabinieri Emanuele Saltalamacchia prospettata la concessione delle attenuanti generiche e la condanna ad un anno; per l’ufficiale dell’Arma, Gianpaolo Scafarto, un anno e 10 mesi. Chiesta quindi l’assoluzione anche per Stefano Massimo Pandimiglio.

I reati

L’interdizione dai pubblici uffici e l’incapacità a contrattare con la pubblica amministrazione sono le pene accessorie sollecitate nei confronti degli otto imputati per cui la Procura capitolina ha chiesto l’affermazione della penale responsabilità. Tra coloro per cui è stata sollecitata la pena anche il colonnello dei carabinieri Alessandro Sessa: rischia 3 mesi di reclusione.

Il pm Mario Palazzi ha parlato per oltre cinque ore, ricostruendo l’intera vicenda processuale. I reati contestati nell’inchiesta, a vario titolo e a seconda delle posizioni, vanno dal traffico di influenze illecite, rivelazione del segreto, falso, favoreggiamento, millantato credito e tentata estorsione. Nei confronti di Tiziano Renzi erano già caduti in udienza preliminare tre episodi d’accusa. Ieri il pm Palazzi nel prospettare ai giudici l’assoluzione per il padre del leader di Italia Viva, ha ricordato come “manchi la prova dell’accordo in suo favore”.

La scure del tempo

A piazzale Clodio si ricorda che la stessa Procura aveva chiesto l’archiviazione e che si è andati a processo solo dopo una decisione del gip Gaspare Sturzo che dispose nuovi accertamenti e portò di fatto l’ufficio della pubblica accusa a chiedere il processo per il reato di traffico d’influenze. Per Luca Lotti, che risponde di favoreggiamento, è stata chiesto un anno di pena; ma anche l’assoluzione per un altro episodio, quello relativo alla rivelazione del segreto d’ufficio. Due anni e sei mesi sono stati chiesti per l’imprenditore ed editore (de Il Riformista e L’Unità) campano Alfredo Romeo.

Il processo davanti ai giudici dell’VIII sezione del tribunale di Roma riprenderà all’inizio del nuovo anno. In abbreviato, rispetto agli accertamenti sviluppati per questa vicenda, era stato condannato ad un anno l’ex coordinatore del Pdl Denis Verdini, per il reato di turbativa d’asta. La sentenza è prevista per marzo-aprile. Il pm Palazzi ha ricordato che l’indagine è stata “complessa, funestata da una serie infinita di fughe di notizie sia interne che esterne” e ha avuto “una vastissima eco per i soggetti coinvolti e un’ampia utilizzazione a fini politici”, mentre il processo è passato per “un’attività istruttoria amplissima, che ha attraversato il periodo Covid con i conseguenti rallentamenti”.

Si tratta, ha sottolineato però, di un processo “destinato più alla storia che alla giustizia perché molti o quasi tutti questi reati saranno travolti dalla prescrizione. È irragionevole pensare che si arrivi a un giudizio definitivo senza la mannaia della prescrizione. Eppure sembra che la prescrizione sia ancora una volta una priorità per questo Paese”, ha detto.

L’articolo Sul caso Consip abbiamo scherzato, inevitabile la scure della prescrizione. Il pm Palazzi: impossibile arrivare alla sentenza definitiva ma chiede le condanne di Romeo, Lotti, Bocchino & C. sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui

Ok alla risoluzione dell’Onu e spuntano nuovi video che incastrano Netanyahu. Passa il testo sugli aiuti, ma senza tregua con l’astensione di Stati Uniti e Russia

“Prove video dimostrano che Israele ha bombardato anche aree che dovevano essere sicure per i civili”: sono queste le conclusioni di un’indagine del New York Times in un video che rivela come il governo israeliano abbia bombardato aree in cui aveva spinto i civili di Gaza dichiarandole sicure.

A questo si aggiunge l’utilizzo da parte dell’esercito di Netanyahu di bombe MK-84 da 900 chili di peso (2.000 libbre), le più distruttive degli arsenali militari occidentali. Bombe che, secondo gli esperti militari Usa consultati dal NYT, non vengono quasi mai sganciate dalle forze statunitensi in aree densamente popolate, proprio per i rischi che rappresentano per la popolazione civile.

Il caso

Per analizzare le immagini, il NY T ha utilizzato uno strumento di intelligenza artificiale per scansionare le immagini satellitari del sud di Gaza alla ricerca di crateri di bombe che misurassero oltre 12 metri di diametro o più. Solo l’esplosione di bombe da 900 chilogrammi possono creare crateri di quelle dimensioni nel terreno leggero e sabbioso di Gaza. Scrive il NYT: “Alla fine, l’indagine ha identificato 208 crateri nelle immagini satellitari e nei filmati dei droni. I risultati rivelano che quelle bombe hanno rappresentato una minaccia grave per i civili in cerca di sicurezza nel sud di Gaza”.

In risposta alle domande sull’uso della bomba nel sud di Gaza, un portavoce militare israeliano ha detto in una dichiarazione al Times che la priorità di Israele è distruggere Hamas e che “questioni di questo tipo saranno esaminate in una fase successiva”. Il portavoce ha anche affermato che l’Idf “prende precauzioni possibili per mitigare i danni ai civili”. Parole smentite dai fatti. Il network Usa Cnn cita analisi della società di intelligenza artificiale Synthetaic e sostiene che i crateri più grandi di 12 metri di diametro siano 500. Secondo i dati del Pentagono, da ottobre gli Usa hanno inviato a Israele oltre 5.000 bombe MK-84.

Richiesta ignorata

Dopo giorni di rinvii, il Consiglio di sicurezza dell’Onu è riuscito – con l’astensione degli Stati Uniti e della Russia – a far passare un testo sulla guerra a Gaza. Che però ignora la richiesta di una tregua immediata. La risoluzione chiede dunque misure “urgenti” per consentire “un accesso immediato, sicuro e senza ostacoli di aiuti umanitari” nella Striscia e per “creare le condizioni per una cessazione sostenibile delle ostilità” in un non meglio precisato futuro. La precedente formulazione della bozza – limata ed emendata per giorni per convincere gli Usa a non porre un nuovo veto – chiedeva invece “l’urgente sospensione delle ostilità”, anche se non un cessate il fuoco vero e proprio sgradito a Israele e Washington.

Intanto un rapporto pubblicato da 23 agenzie Onu e non governative scrive che più di mezzo milione di persone a Gaza – un quarto della popolazione – rischiano di morire di fame. Secondo il rapporto a Gaza l’intera popolazione di Gaza è in crisi alimentare, con 576.600 persone a livelli “catastrofici” di fame. Arif Husain, capo economista del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite ha dichiarato: “Non ho mai visto qualcosa delle dimensioni di quanto sta accadendo a Gaza. E a questa velocità”. Sempre nella giornata di ieri la Mezzaluna Rossa (pari alla nostra Croce Rossa) palestinese sui social ha raccontato che “le autorità di occupazione israeliane hanno rilasciato alcuni membri delle nostre équipe detenuti all’interno del centro ambulanze di Jabalia, nel nord della Striscia di Gaza. Alcuni hanno subito percosse e torture, mentre 8 rimangono ancora in custodia”.

Intanto Hamas ha rifiutato la proposta di Israele di una tregua di 2 settimane con scambio di ostaggi: “Nessun accordo senza un cessate il fuoco duraturo”.

L’articolo Ok alla risoluzione dell’Onu e spuntano nuovi video che incastrano Netanyahu. Passa il testo sugli aiuti, ma senza tregua con l’astensione di Stati Uniti e Russia sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui

Violati i diritti dei migranti pure quelli dei minori

Qualche giorno fa la Corte europea per i diritti umani (Cedu), non ha avuto dubbi nell’accogliere la richiesta di scarcerazione di un ragazzino straniero di 15 anni. La Corte ha detto che la sua detenzione nel Cpr di Restinco, vicino a Brindisi (“in condizioni inumane e degradanti”), è assolutamente illegittima. E ha disposto la sua immediata liberazione il trasferimento in un luogo e in una struttura adatta, dove possa essere assistito e protetto.

Ma la realtà è peggio di quanto sembri. Asgi, Arci, Cnca, Defence for Children International Italia, Intersos e Oxfam Italia in una lettera inviata lunedì 18 dicembre 2023 alle istituzioni centrali e locali, quali la Prefettura, il Tribunale per i Minorenni, la Procura, il sindaco, il Servizio Centrale Sai e le Autorità garanti per l’infanzia denunciano: “Circa 180 minori stranieri non accompagnati vivono in condizioni gravemente inadeguate e lesive della loro dignità in una struttura di primissima accoglienza sita nel Comune di Rosolini, in Sicilia, alcuni da oltre tre mesi. Tali condizioni, oltre a non risultare conformi alle norme in materia di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, potrebbero configurare, sulla base della recente e ormai consolidata giurisprudenza della Cedu trattamenti inumani e degradanti ai sensi dell’art. 3 della Convenzione Edu”.

Le associazioni descrivono così le condizioni all’interno della struttura: “I minori dormono su brandine collocate all’interno del pallone tensostatico, senza alcuna garanzia di privacy. Non sono disponibili spazi comuni per la mensa né per svolgere attività educative e ricreative. In mancanza di tavoli e sedie, i ragazzi sono costretti a consumare i pasti in piedi o seduti sulle brandine”.

L’articolo Violati i diritti dei migranti pure quelli dei minori sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui

Esecuzioni sommarie a Gaza City. L’ombra dei crimini di guerra su Israele

L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (Unhchr) ha affermato di aver ricevuto informazioni “inquietanti” secondo cui le Forze di difesa israeliane (Idf) avrebbero ucciso sommariamente almeno 11 uomini palestinesi davanti ai loro familiari a Gaza. Un rapporto dell’Unhchr citato dai media internazionali afferma che l’incidente sarebbe avvenuto due giorni fa nel quartiere di Al Remal a Gaza City, “sulla scia di precedenti accuse riguardanti il deliberato attacco e l’uccisione di civili per mano delle forze israeliane”.

Unhchr ha ricevuto informazioni “inquietanti” secondo cui le l’Idf avrebbero ucciso sommariamente almeno 11 uomini palestinesi davanti ai loro familiari a Gaza

Secondo quanto riferito, i soldati delle Idf avrebbero circondato e fatto irruzione in un edificio dove diverse famiglie si erano rifugiate quella notte. Secondo i resoconti dei testimoni, le truppe israeliane avrebbero “separato gli uomini dalle donne e dai bambini, e poi hanno sparato uccidendo almeno 11 uomini, per lo più tra i 20 e i 30 anni, davanti ai loro familiari”, si legge nel rapporto. L’Unhchr ha affermato di aver confermato gli omicidi avvenuti negli edifici, sebbene dettagli e circostanze siano ancora in fase di verifica.

L’Onu chiede l’apertura di un’indagine indipendente

L’agenzia Onu ha avvertito che queste accuse “danno l’allarme sulla possibile commissione di un crimine di guerra” e ha chiesto alle autorità israeliane di aprire immediatamente un’indagine indipendente. Dall’inizio del conflitto tra Hamas e Israele, cominciato il 7 ottobre, a Gaza il 66 per cento delle persone impiegate ha perso il posto di lavoro. Sono circa 192 mila i posti persi in dieci settimane. Lo riporta l’Onu, che cita dati dell’ufficio centrale di statistica dell’autorità palestinese. Ma non è tutto. Nel nord della Striscia di Gaza non c’è più alcun ospedale funzionante a causa della mancanza di personale, carburante e medicinali. Lo denuncia l’Organizzazione mondiale della sanità.

In un incontro con i giornalisti a Gerusalemme collegato dalla Striscia, Richard Pepperkorn, rappresentante dell’Oms a Gaza, ha detto: “Attualmente non ci sono più ospedali nel nord che funzionino. L’ultimo rimasto era Al-Ahli, ma adesso è al minimo della sua funzionalità”. Così mentre il portavoce militare di Israele annuncia che l’esercito ha completato l’operazione nell’area sud di Gaza City contro il Battaglione Nuseirat di Hamas ed ha allargato le sue azioni nel centro della Striscia dopo che “sono stati eliminati centinaia di terroristi e trovate armi in bambole per bambini nell’area di Bakshi” sorge spontanea una domanda: cosa altro serve perché lo stato di Israele venga portata di fronte alla Corte penale internazionale per i crimini commessi in guerra Dall’uccisione di ostaggi ritenuti terroristi all’utilizzo della fame e della sete come arma di pressione di guerra lo stato id Israele ha violato il diritto internazionale ripetutamente nel corso della sua controffensiva su Gaza.

Per gli eccidi in Ucraina il Tribunale dell’Aja ha ordinato l’arresto di Putin. A Netanyahu invece tutto è concesso

Quella che dovrebbe essere un’operazione antiterroristica contro Hamas ha coinvolto a oggi circa 20mila vittime, circa 300 persone al giorno dall’inizio del conflitto, escludendo il cessate il fuoco di sette giorni. Amnesty international ha chiesto un’indagine urgente su quella che ha definito la “sparizione forzata” di decine di detenuti palestinesi di Gaza a opera di Israele, dopo le notizie di morti nei centri di detenzione militare israeliani. L’Idf ha dichiarato di star indagando sui decessi. L’Oms afferma che “un mix tossico di malattie, fame e mancanza di igiene e servizi igienici” sta aumentando la disperazione della popolazione. Sono almeno 360mila i casi di malattie infettive registrati tra gli sfollati: si teme non solo che il numero sia sottostimato, ma che sia destinato ad aumentare. Perché Putin giustamente è stato immediatamente messo di fronte ai propri crimini e il presidente israeliano Benjamin Netanyahu gode di cotanta protezione?

Leggi anche: A Gaza oltre mezzo milione di persone rischia di morire di fame, ma intanto il Consiglio di sicurezza dell’Onu rinvia ancora una volta il voto sulla risoluzione per chiedere la fine dei combattimenti

L’articolo Esecuzioni sommarie a Gaza City. L’ombra dei crimini di guerra su Israele sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui

Armi all’Ucraina, Crosetto firma l’ottavo decreto e ammette che la guerra è un flop

Il ministro alla Difesa (o alla guerra) Guido Crosetto ieri ha annunciato la firma dell’ottavo decreto aiuti militari in favore dell’Ucraina. Non potendo negare la realtà dei fatti ha però tirato il freno a mano. In un’intervista al quotidiano Il Foglio Crosetto ha assicurato che l’Italia continuerà a garantire il suo supporto ma ha precisato che “la comunità internazionale però oggi ha il dovere di pensare se sia possibile ottenere attraverso la politica ciò che non è stato finora possibile ottenere fino in fondo attraverso le armi. Bisogna partire dallo stato attuale del fronte, rendersi conto di ciò che si è riconquistato, di ciò che si è mantenuto e di ciò che la controffensiva non riesce a riconquistare – ha aggiunto -. Se si parte da questo presupposto, è chiaro che da una fase di conflitto militare sia necessario passare a una fase di negoziato politico”.

Il ministro della Difesa Guido Crosetto ieri ha annunciato la firma dell’ottavo decreto aiuti militari in favore dell’Ucraina

Passa qualche minuto e ad attaccare il ministro ala Difesa è il senatore del Partito democratico Filippo Sensi che confessa di stimare il ministro ma ci tiene a precisare che il senso e il messaggio della sua intervista sull’Ucraina penso siano profondamente sbagliati: “Un grande paese come l’Italia non può permetterselo. Lo dobbiamo agli ucraini che combattono per la nostra libertà, le nostre democrazie”. Di tutt’altro avviso sono i i parlamentari del Movimento 5 Stelle delle commissioni Politiche Ue e Difesa di Camera e Senato che sottolineano come nel nuovo accordo europeo sul Patto di stabilità i nuovi paletti di bilancio “che imporrano dolorosi tagli alla spesa pubblica e impediranno manovre espansive e anticicliche basate su investimenti per la crescita e il welfare” mentre non vincoleranno gli investimenti per la difesa in particolare quelli per nuovi armamenti.

“Su richiesta dell’Italia, infatti, queste spese, e solo queste, saranno considerate – scrive il M5S – come fattore rilevante per giustificare scostamenti dalle regole di bilancio, il che significa che la Commissione chiuderà un occhio su sforamenti dovuti a spese eccezionali in armi, garantendo a questa voce un trattamento privilegiato rispetto alle altre spese come sanità, istruzione e pensioni”. Per i parlamentari grillini Crosetto “parla di ‘grande successo’ e ha il coraggio di dire ‘in un momento difficile come questo era giusto liberare risorse per sanità, sociale, interventi per la fiscalità e per la competitività delle aziende’. E allora, gli chiediamo, perché il governo italiano non si è battuto per escludere direttamente queste spese dal patto di stabilità, puntando invece solo su quelle in armamenti?”.

Negli Usa il tema degli aiuti a Zelensky è oggetto di un acceso dibattito pubblico. In Italia invece è calato il silenzio

Una cosa è certa. Negli Usa la questione della spesa per gli armamenti è al centro del dibattito politico mentre da noi sembra riservata al ministro della Difesa, al Copasir e a una stratta compagnia di giro. Il neo-leader della Camera, Mike Johnson, ha dichiarato in una lettera all’amministrazione Biden che i legislatori hanno bisogno di maggiori dettagli sugli obiettivi degli Stati Uniti in Ucraina e ha collegato la questione a concessioni sull’immigrazione. Lo scontro politico sull’Ucraina negli Stati Uniti è acuito dalla campagna per le elezioni presidenziali di novembre 2024, iniziata da mesi, e che ha rafforzato ulteriormente la maggioranza degli elettori e dei politici repubblicani a sostegno di un ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump.

Di armi, di cifre e di tempi se ne parla sui media e nel dibattito pubblico. Qui dalle nostre parti le spese per gli armamenti sono al riparo da qualsiasi discussione parlamentare. Anzi, se il ministro prende atto del fallimento della controffensiva ucraina e si permette di accendere il dubbio che sia giunto il tempo di trattare, viene accusato di tradimento.

L’articolo Armi all’Ucraina, Crosetto firma l’ottavo decreto e ammette che la guerra è un flop sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui