Vai al contenuto

La Regione sepolta sotto la Cava di Cantello

A sera tarda Rocco Cordì mi segnala un suo ordine del giorno presentato in commissione ambiente di Varese sulla discussa riapertura della cava di Cantello. E’ interessante vedere come la Lega (al solito, del resto) abbia votato a favore in un ordine del giorno che smentisce in toto un atto della Provincia (di Varese) dove si trova al governo: è il solito saliscendi che ha accompagnato il movimento verdastro per questi ultimi quindici anni in Italia. Evidentemente l’unico vero federalismo che riescono ad esercitare sta nella divergenze di voto a seconda del diverso ente locale. Fuoriclasse della schizofrenia di voto. Leggendola con attenzione si nota anche che l’unico partito che si è astenuto è il Popolo della Libertà (dei cavatori): quindi in Regione Lombardia abbiamo la maggioranza. Perché sarebbe proprio di cattivo gusto che ancora una volta la Lega non rispettasse i patti con sé stessa. O no?

Dimissioni in bianco, onta grigia

Una proposta di legge regionale per contrastare il fenomeno delle dimissioni in bianco. E’ stata presentata oggi dal consigliere regionale Mauro Romanelli, ex Fds-Verdi ora passato a Sel, insieme a Marisa Nicchi, prima firmataria di una legge nazionale in materia, la 188 del 2007, che fu approvata dal Governo Prodi e abrogata nel 2008 da quello Berlusconi e all’ex consigliere regionale Alessia Petraglia. Presente anche Bruna Giovannini di Sel, firmataria di un’apposita proposta di legge regionale durante la scorsa legislatura. Bravi in Toscana, noi dopo la nostra mozione ora confischiamo la proposta di legge per la Lombardia. Perché in politica la citazione delle buone leggi è una pratica consigliata, una virulenza necessaria.

Quando la politica cede al potere

Il 17 febbraio sono stato a Borgarello per un incontro su mafie, politica e corruzione insieme al Circolo SEL Nord Pavia e al sindaco Nicola Lamberti. E’ stata una bella serata perché Borgarello è la dimostrazione di come i piccoli centri sono spesso esposti ai reati peggiori senza la copertura della stampa nazionale e dell’opinione pubblica. Ammetto che a Borgarello temevo di trovare il risultato dell’isolamento (geografico e politico) che mi è capitato di incrociare in giro per l’Italia. E mi sbagliavo. Perché la serata è stata il manifesto di un modo di intendere la cosa pubblica che ha il respiro lungo della svolta che si vuole imprimere. Gli amici del sito Vivi Borgarello (che sulle ultime vicende avvenute sta rischiando querele e minacce di chiusura, per questo vi invito a sfogliarlo per rendersi conto di cos’è successo lì in questi ultimi anni) hanno realizzato un mio sogno: una cronaca (con la perfezione della “sbobinatura”) della serata. Per questo li ringrazio e la incollo qui. Introduzione cromatica sulla giacca verde inclusa. 

di Alberta Samuele, 23 febbraio 2012
Aspetto in apparenza imberbe e fanciullesco, casacca verde-giullare che si intona eccentricamente col vermiglio dominante in sala, il tutto imperlato da ironia dissacrante ed eloquenza di rara elevazione, che rimandano alla professione di autore irriducibile e narratore di testi impegnati per teatro di inchiesta. Con grande naturalezza, nonostante la presenza guardinga della scorta d’ordinanza, si è presentato venerdì sera ad una platea calorosa e accogliente presso il C.T.E Auser di Borgarello il consigliere regionale Giulio Cavalli, dal 2010 sui banchi del Pirellone in rappresentanza del movimento di Sinistra Ecologia e Libertà (SEL), dopo una breve ma significativa esperienza di orientamento nelle file indipendenti dell’Italia dei Valori.

La mafia non è una “categoria dello spirito” o, come molti erroneamente reputano, un fenomeno astratto associato al folclore del meridione – introduce il coordinatore locale del movimento, Mauro Cavicchioli – ma una realtà di comportamenti subdoli e insidiosi, di connivenze che intaccano a vari livelli il tessuto politico ed economico della società civile, proliferando ad ogni latitudine con maggiore incidenza ove ci siano giri di affari vorticosi e cospicue risorse finanziarie. Il movimento SEL tenta fin dalla sua recente fondazione di informare ed educare le coscienze civili, in particolare delle nuove generazioni, promuovendo cicli di incontri e dibattiti presso enti pubblici, scuole, università che abbiano come filo conduttore la “battaglia sul territorio”, che al di là dei richiami epici insiti nell’espressione, deve intendersi come pratica quotidiana e incessante contro l’illegalità, che fiorisce e attecchisce dove l’esercizio della legalità è invece indebolito dall’indifferenza, dalla compiacenza, dall’ignoranza dei capisaldi costituzionali e dall’erronea interpretazione del concetto di libertà individuale.

Come tristemente rappresentato nello spettacolo teatrale A Cento Passi dal Duomo ideato e scritto dallo stesso Cavalli con il giornalista Gianni Barbacetto, direttore di O.m.i.c.r.o.n. (Osservatorio Milanese sulla Criminalità Organizzata al Nord), dichiarare da parte di chi ricopre incarichi politici o di sorveglianza istituzionale che in regioni come la Lombardia, da sempre ritenute immuni alle infiltrazioni mafiose, il fenomeno criminale sia oggi in improvvisa emersione e che nessun intervento è da proporsi se non l’attesa che le cause giudiziarie facciano il loro corso, è un atto di grave responsabilità morale, di indifferenza e di disonestà intellettuale che vanificano 50 anni di storia costituzionale: non rievocare la memoria storica del nostro Paese, gli attentati, i traffici, le inchieste ancora irrisolte per insabbiamenti ignominiosi infatti, è già di per sé segno di collusione, come pure non riconoscere che la mafia attecchisce da sempre come sotterranea metastasi sociale e morale ovunque ci siano disponibilità economiche, attrattive finanziarie, imprenditori, fornitori di servizi, clienti, funzionari di polizia, prefetti e tecnici comunali compiacenti, nel ricco Nord più che altrove; mostrarsi miopi o non avere il coraggio di denunciare anche nel piccolo della propria professione significa essere clienti poco vigili e indulgenti alla corruzione; vuol dire contribuire a drogare il sistema, favorendo quel federalismo culturale cui alcuni partiti politici particolarmente fiorenti nel facoltoso settentrione inneggiano, impedendo di guardare al di là dei propri confini territoriali e ravvisare per tempo i segnali purtroppo evidenti di infiltrazione. Il fenomeno criminale ha dunque radici sociali e politiche nella predisposizione alla reticenza e nell’omertà di ognuno di noi; la pars destruens della società non è controbilanciata da una sana e prevalente pars costruens.

La mafia tuttavia non ha mai avuto odore di polvere da sparo – i morti ammazzati sono sempre stati incidenti di percorso – e tantomeno si avvale di grandi capacità intellettuali; piuttosto assolda le classi dirigenti e la munifica imprenditoria cementizia, come si serve di predoni finanziari che comprano tutto pur non necessitando di clienti e che si arricchiscono sempre più sul commercio dei beni primari. La mafia non sa intervenire sulle ristrutturazioni, che richiedono particolare ingegno e capacità progettuali, ma sulle costruzioni di megastrutture, come ponti, strade, piste di aeroporti di pressoché scarsa utilità. La ‘Ndrangheta in Lombardia è purtroppo già proiettata verso il futuro: i traffici di droga o di armi, lo sfruttamento della prostituzione un tempo circuiti fiorenti e altamente remunerativi, non costituiscono più oggi canali appetiti dalle associazioni criminali, che invece preferiscono manovrare gli imponenti flussi finanziari e la cessione di appalti per le costruzioni di grandi infrastrutture, comprando la compiacenza di imprenditori e funzionari; esse hanno, infatti, compreso qual è il settore produttivo che esporta maggiori profitti e che consente di occultare in modo semplice e poco dispendioso somme smisurate di denaro illecito; con questa pratica riescono così a convertire moneta in mattone di qualsiasi forma. Basti pensare al pullulare di capannoni destinati ad essere in breve tempo dismessi, al susseguirsi di villette e residenze senza potenziali acquirenti, al fiorire di megacentri commerciali privi di futuri clienti. Speculazioni edilizie per materializzare contanti di provenienza illegale.

La grave responsabilità dei governatori regionali è la parimenti aberrante convinzione che le infrastrutture da incentivare come utili al progresso civile siano proprio quelle cementizie e non i servizi sociali; questa disattenzione, associata spesso all’accondiscendenza al dolo, è risultata terreno fertile per gli interessi criminali. La banalità del male o, meglio, dei mezzi di cui esso si avvale smaschera la scarsa consapevolezza del bene da parte di chi amministra, ma anche di noi cittadini miopi. “La lotta alle mafie è impegno ordinario di tutti, non impegno straordinario di pochi”, affermava Giovanni Falcone.

Il delitto contro l’ordine pubblico perpetrato da due o tre persone che accrescono il proprio privato ai danni della collettività, sancito dall’art. 416 del codice penale come “reato di mafia”, sembra una costruzione teatrale allestita da quegli stessi soggetti politici che non esitano ad affermare che l’apertura alla solidarietà in seno alle proposte di riforma sociale è un punto di disarmante debolezza; sono gli stessi che sostengono la necessità di promulgare una legge regionale che imponga il rispetto delle leggi; come nella grottesca visione circolare della società in cui lo stolto del villaggio staziona accanto al genio, si tratta degli stessi personaggi che sull’onda delle “liberalizzazioni”, attuano una politica di certo non premiante nei confronti di aziende oneste e cedono enti pubblici assegnandoli a privati con gare pilotate; sono gli stessi che non raccontano alle nuove generazioni il motivo per cui la mafia agisce ed è stata lasciata finora operare, che permettono che la proposta di legge contro il consumo del suolo venga affossata dalla solita logica di spartizione del potere e di appartenenza faziosa.

Quelle “vedette” politiche incaricate decenni or sono di vigilare sul tessuto sociale perché non diventasse vulnerabile alla mafia, ma che non si sono accorte, né sono riuscite a scalfire generazioni multiple di clan criminali, sono le stesse che oggi dichiarano con uscite sensazionalistiche che la mafia si è infiltrata in Lombardia.

La mafia in questa regione è prevalentemente attività di riciclaggio e, come tale, asservisce dirigenti ASL, questori, banchieri, prefetti, segretari e tecnici comunali, funzionari di polizia e di istituti di credito, non perché essi non siano potenzialmente in grado di compiere atti eroici, ma perché non hanno svolto il loro dovere. La politica locale oggi è meno funzionale agli uffici tecnici in quanto la struttura democratica in cui sono conformati gli enti amministrativi locali non sa più esercitare quel potere di controllo su questi operatori intermedi, fondamentale pontile di ormeggio per le organizzazioni criminali; la grande politica dal canto suo opera abilmente dall’alto accoppiando i vari sistemi criminali insorti localmente.

Le associazioni mafiose, anziché corrompere chi ha già una poltrona assegnata, hanno nel frattempo imparato a sfruttare con grande profitto l’esercizio delle preferenze elettorali e riescono a piazzare nelle posizioni politiche di prestigio, con uno strumento elettorale tanto semplice quanto banale, i loro uomini, pur non avendo in partenza i numeri vincenti in termini di impatto elettorale. Questi personaggi così sponsorizzati costituiscono la nuova classe dirigente totalmente al servizio. La mafia non stipula accordi con i perdenti, non compra il favore di chi non governa, ossia dell’opposizione.

Basterebbe, quindi, che i piccoli Comuni in occasione delle elezioni a livello locale applicassero un sistema altrettanto scrupoloso ed efficiente di convoglio delle preferenze su candidati seri e onesti per scardinare a monte i presupposti di questo meccanismo criminoso e degenere. Infatti non è affatto vero che tutti gli amministratori sono collusi: il monito autoironico “siamo tutti ladri” mutuato dal Mistero Buffo di Dario Fo, è, in realtà, pretesto per lavarsi la coscienza e uscirne tutti indistintamente ripuliti e indenni.

Nella difesa di alcuni principi fondamentali della convivenza civile, bisogna essere invece estremisti, distinguersi, eccome: la differenza di condotta sta proprio nella capacità di reazione, nel coraggio di alzare la voce, di osare e di non attendere che la giustizia faccia il suo corso, che il più delle volte richiede anni di dibattimenti e requisitorie inconcludenti, per poi esitare in assoluzione al terzo grado dell’attività giudiziaria.

La politica, come affermavano Pertini e Borsellino, deve essere condotta senza ombre, non può attendere i tempi della magistratura o temporeggiare e favorire attraverso “toni di grigio” le infrastrutture criminali; queste scelte di comodo rendono il welfare statale sempre più inefficiente e lasciano spazio ad una società parallela e aberrante, che garantisce invece tutela, stabilità economica e ricadute sociali a totale danno delle future generazioni.

Le autostrade oggi vengono spesso costruite, come già ribadito, per riciclare il denaro sporco delle mafie e, poiché in alcuni casi sono di totale inutilità, allora vengono corredate di faraonici centri commerciali, cattedrali nel deserto per giustificare la realizzazione delle prime.

Il vero luogo del potere in Lombardia al giorno d’oggi è il punto di incontro tra imprenditoria spregiudicata e amministratori compiacenti; ciò nonostante, questa regione è anche in grado di sviluppare e favorire una rete di associazioni potenzialmente sane di persone non corrotte e impegnate a combattere la criminalità organizzata, non con i mezzi della politica di pancia o addirittura con l’antipolitica, ma promuovendo da veri professionisti – nel senso etimologico di professione di un credo –  il valore essenziale del bene comune. Questo tipo di politica va attuata con i numeri e attraverso dibattito aperto in aula, disarticolando le azioni amministrative errate degli altri.

Battaglie perse, come di recente è accaduto con il referendum sull’acqua, sono da ricondursi ad una certa debolezza di intenti e scarsa perseveranza, alla tendenza cioè ad abbassare le difese, a non insistere con una pressione ideologica, sana e continuata, sul plusvalore del bene comune. Se un problema è in reale emergenza, bisogna essere “partigiani”, vale a dire decidere da che parte stare e fissare obiettivi comuni da perseguire. Non restare indifferenti, dunque, ma decidere di interessarsi; il cittadino disinteressato alla politica è inutile, affermava lo statista Pericle secoli fa, anticipando i contenuti dell’articolo 4 della nostra Costituzione per il quale il cittadino ha il dovere con la propria funzione e professione di concorrere alla crescita materiale e spirituale del proprio Paese. Maggiore è la distanza e l’entità del divario tra amministratori e cittadinanza, più la politica rischia di inquinarsi; il miglior controllo sulla funzione pubblica è proprio quello esercitato da ogni singolo cittadino con la sua partecipazione alla vita amministrativa, con l’impegno civile e l’offerta delle proprie competenze al servizio della collettività. Spesso, tuttavia, questa attenzione per la cosa pubblica si manifesta in modo temporaneo e utilitaristico per pura visibilità solo durante i periodi di campagna elettorale, per risolversi in una totale eclissi non appena il mandato è assegnato ad altri.

Chi spara sui caccia F35: per capire

Patrizia mi segnala un dossier sull’acquisto dei caccia F35 che ha sollevato giustamente un’onda di sdegno. Vale la pena leggerlo e farci una riflessione tutta politica: le priorità di spesa in questo momento sono il segnale più chiaro sulla predisposizione di questo Governo alla mediazione che in alcuni campi non è giustificabile. Perché le caste sono diverse e a volte armate.

– F-35: inizio della storia. Chi decise di comprare …
– Perchè proprio gli F35 americani? Ecco i motivi dichiarati …
– F35: Un progetto fallimentare e pieno di problemi …
– L’Italia potrebbe sottrarsi all’acquisto degli F35? …
– Gli sviluppi del governo Monti sugli F35: il gioco delle 3 carte …
– 30.000 militari di carriera da riposizionare in 20 anni: F35 salvi …
– Tutti i rischi dell’operazione F35: – lavoro, + armi …
– I costi della difesa italiana: 23 miliardi di euro, F35 esclusi …
– Partiti politici: la mappa dei pro e dei contro gli F35 …
– Le reazioni di cittadini e società civile: il fronte del No F35 …

Le buone pratiche del Teatro. Domani a Genova.

Domani a Genova, come tutti gli anni, gli infaticabili Mimma Gallina e Oliviero Ponte di Pino organizzano il consueto incontro per fare il punto sullo stato dell’arte del Teatro italiano. E vista la situazione lombarda credo che l’occasione torni utile per tutti anche per interrogarci su quanto come operatori teatrali (eh, lo so, questo milionario conflitto di interessi…) stiamo facendo per alzare la voce. Domani ci vediamo lì.

Le Buone Pratiche del Teatro – Ottava edizione  Movimenti e istituzioni  a cura di Mimma Gallina e Oliviero Ponte di Pino
Genova, Sala delle Grida del Palazzo della Borsa, piazza De Ferrari (di fronte a Palazzo Ducale)  sabato 25 febbraio 2012, ore 9.30-18.30  In collaborazione con Genova Palazzo Ducale – Fondazione per la Cuitura e Camera di Commercio – Genova Per seguire le Buone Pratiche  Diretta streaming su www.studio28.tv  Collegamenti “live” con Piazza Verdi (Radio Tre)L’evento su Facebook http://www.facebook.com/events/120239078091401/ (partecipate e condividete)  Segui e partecipa alla diretta su twitter con lo hashtag #ateatro

Cultura: dopo le firme le risposte

“Oltre 1300 tra operatori della cultura in Lombardia e cittadini hanno firmato l’appello che abbiamo lanciato lo scorso dicembre a sostegno di un settore letteralmente massacrato dall’azzeramento dei fondi regionali.

Pensiamo si tratti di un numero significativo di persone mobilitate in difesa di un bene primario, che non è soltanto strumento di diffusione della conoscenza, ma significa ben più concretamente anche lavoro e produttività, oltre che consapevolezza e democrazia.

E pensiamo che, dopo l’assordante silenzio di Massimo Buscemi e il recente rimpasto di Giunta, ora il nuovo assessore alla partita, Valentina Aprea, sia rapidamente chiamato a intervenire al riguardo.

Da uno stanziamento di 51 milioni di euro nel 2010, si è passati per l’anno in corso a neanche 8. Il che significa per Regione Lombardia non riuscire nemmeno a mantenere le convenzioni con gli enti teatrali attualmente in essere. Una situazione drammatica e inaccettabile, che colpisce la promozione culturale e che mette a rischio imprese con migliaia di lavoratori.

Occorre uno sforzo immediato per restituire fiato al settore. In tal senso chiediamo che il neoassessore dia un segnale forte e che apra quanto prima un tavolo di confronto con gli operatori, impegnandosi a dare risposte, a reperire, pur nel quadro generale di crisi, le risorse necessarie per un rilancio della cultura in Lombardia e a impostare una programmazione di ben più ampio respiro”.

Giulio Cavalli (SEL)

Pippo Civati (PD)

Rai, Fiat, Formigli e l’amianto

C’è qualcosa che mi sfugge nella condanna al giornalista di Anno Zero Corrado Formigli e alla Rai per il servizio “denigratorio” sull’Alfa Mito: 7 milioni di euro la cifra del risarcimento per la Rai. Un cifra impressionante che rischia veramente (come scrive Corrado) di essere un atto di intimidazione nei confronti di chi si azzarda a criticare un prodotto industriale. Ma il punto non sta solo qui. Pochi giorni fa, sempre a Torino, nella sentenza Eternit il tribunale condanna due dirigenti a 16 anni di reclusione per disastro doloso e omissioni di misure infortunistiche, e ai responsabili civili impone il risarcimento di 30 mila euro ad ogni famiglia che ha avuto un morto in casa per amianto. Il tribunale civile di Milano, nel 2011, ha aggiornato le tabelle che fissano i danni per perdita parentale.La morte di un figlio, di un genitore, della moglie o di un marito viene liquidata con tetto massimo di 308.700 euro. Per la perdita di un fratello o di un nipote il tetto massimo è di 134.040. Qualcosa non mi torna.

La lingua lunga della Marcegaglia

La Marcegaglia ha perso una buona occasione per non inasprire un dibattito sul lavoro che ha bisogno di contenuti (e posizioni chiare) piuttosto che frasi pop. Ecco, oggi Nichi ha usato le parole giuste per risponderle: “L’idea che i diritti sociali siano una macchia di fango, un luogo di protezione di atteggiamenti indecenti e malavitosi è un’idea caricaturale, drammaticamente caricaturale. Bisogna avere rispetto per il mondo del lavoro, rispetto per le organizzazioni sindacali e, forse, da parte della Confindustria qualche volta bisognerebbe avere anche qualche aspetto autocritico su cio’ che nel sistema di impresa non funziona, su cio’ che nel sistema d’impresa parla di penetrazione della malavita e corruzione”. Perché slegare il mondo dell’impresa in Italia dai dati su corruzione e riciclaggio è un trucco a cui veramente comincia a non credere più nessuno”.

Una ferita di nome Lea (Garofalo)

Carlo Cosco poco dopo ha deciso di parlare e, direttamente dalla cella, ha ricordato come in questo processo “noi vogliamo la verità su Garofalo Lea, mica su tutto”. A questa dichiarazione ne è seguita una dell’imputato Massimo Sabatino che, dal banco dei testimoni, ha letto una dichiarazione scritta in cui chiede che vengano ascoltate le registrazioni dei suoi interrogatori e non siano solo letti i verbali, poiché in esse sarebbe possibile rintracciare il suo animo spaventato. L’imputato ha asserito che gli sembrava “che si volesse dire a tutti costi delle cose su circostanze non vere durante gli interrogatori.” A Milano si svolge il processo sull’omicidio della collaboratrice di giustizia Lea Garofalo. Tutto sotto un sinistro silenzio come se nessuno volesse sapere per evitare di farsene carico. L’uccisione di Lea Garofalo mi ha sempre lasciato stordito e spaventato: stordito dall’efferatezza dell’omicidio e spaventato dalle risposte che un giorno dovremo dare alla figlia di Lea, Denise. Se noi siamo stati abbastanza vivi. I ragazzi di Stampo Antimafioso seguono tutte le udienze del processo. Vale la pena passarci.

Quando Ada telefona a Veltroni

EBBASTA CO’STO CAZZO DE RIFORMISMO! Ogni vorta co’ ’sto riformismo e riformismo. Quanno apre bocca deve ricordà a tutti da quaa vorta c’ha perso. Ma nun s’è mai visto che ’ntervistano uno, e quello ogni vorta disce «Te ricordi quanno ho perzo che meraviglia?! Te ricordi quanno me l’hanno date forti, che so’ uscito caa faccia piena de sangue? Te ricordi che record de pugni in faccia me so’ preso, amo vinto la gara de’ litri de sangue!». Ma quello se deve ricoverà! Nun è normale! Sor Vertroni, io so’ preoccupata pe’ lei. Matteo Bordone geniale su Veltroni.