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Il Cittadino sullo spettacolo “Odio gli indifferenti”

In quali ambiti è inapplicata, se non addirittura tradita, la Costituzione italiana? Che Italia sarebbe quella in cui la politica, tutta, si ripromettesse di applicare la Costituzione? E come sarebbe un Paese fondato sulla rendita se domattina dovesse svegliarsi fondato davvero sul lavoro?

Parte da Lodi il tour della nuova “giullarata politica” firmata da Giulio Cavalli. Questa sera (ore 21) l’attore, giornalista e scrittore lodigiano sarà in scena al teatrino San Rocco in via Padre Granata 14 con “Odio gli indifferenti – Che Paese saremmo se si rispettasse la Costituzione”, anteprima dello spettacolo che dal 12 al 21 gennaio sarà al teatro della Cooperativa di Milano. Cavalli dividerà il palco con Luigi De Magistris, una lunga carriera come pubblico ministero prima dell’entrata in politica, culminata nell’incarico di sindaco di Napoli. L’anteprima lodigiana è organizzata in collaborazione con il BarZaghi (per info e prenotazione biglietti, 339 6535017), il locale nell’omonimo piazzale sempre più protagonista della vita culturale cittadina.

«”Odio gli indifferenti” è una giullarata in cui si immagina che nel 2048 esca un decreto che obblighi a rispettare la Costituzione in tutte le sue parti. Si tratta di uno spettacolo fondamentalmente comico, sullo stile di Dario Fo – racconta Cavalli che da pochi giorni ha pubblicato anche il suo nuovo romanzo, “I mangiafemmine” (Fandango libri) -. Mi serviva un pubblico ministero, da qui l’idea di invitare Luigi De Magistris, in scena da ex magistrato senza alcuna inclinazione politica. Abbiamo organizzato un “numero zero” a Foggia, una tappa andata decisamente meglio del previsto, mentre a gennaio inizierà il tour al teatro della Cooperativa di Milano. Il BarZaghi ha deciso di entrare come coproduttore dello spettacolo, chiedendoci di realizzare una prova aperta a Lodi». Cosa succederebbe in Italia se si rispettasse davvero la Costituzione? «Alcune professioni, per esempio, non esisterebbero: solo per dirne una, la rendita non è considerata una professione. Durante lo spettacolo affrontiamo passaggi storici, attraverso video della fase costituente, e gli articoli fondamentali della carta. Si parla di ambiente, di preservazione della cultura e della bellezza. Essendo una giullarata, il canovaccio ci permette di improvvisare molto. In tour, a Milano, sul palco saliranno anche alcuni ospiti, ognuno dei quali porterà un articolo sulla Costituzione: tra loro Cecilia Strada che affronterà il tema dell’immigrazione»

Transfuge.fr recensisce “Nuovissimo testamento”

In una nuova distopia profetica, L’ultimo Testamento, Giulio Cavalli descrive un mondo privato di sensibilità dove i cittadini sono robotizzati per essere meglio governabili

Immaginiamo un paese dove i sentimenti non sarebbero più in corso, lo Stato inoculando ai cittadini, dalla nascita, “un vaccino che impedisce loro di esprimere le loro idee, la loro personalità e le loro inclinazioni, instaurando di fatto una dittatura che trae vantaggio da un popolo assonnato incapace di rendersi conto della sua letargia, e permettendo al governo di sopprimere ogni possibilità di scambio democratico”. Amorfo, atrofizzato, appiattito, questa nazione ha perso fino alla nozione di libertà incondizionata. Tutte le forme estetiche sono state smussate o cancellate per anestetizzare gli spiriti; la sensibilità si è attenuata così tanto nel corso degli anni che abbiamo dimenticato la musica e i libri, quei “testi che raccontavano altri mondi”. La vitalità e l’immaginazione sono vietate; ad ogni cittadino viene assegnato un coniuge per un tempo limitato, per scopi strettamente procreativi, e i bambini sono curati da un Centro speciale dove sono “svezzati, svezzati, istruiti, nutriti, vestiti, istruiti, rimproverati, iniziati alle esperienze affettive e sessuali e poi promossi o bocciati”. Abbiamo istituito una nomenclatura per

comunicare le sensazioni e si ricorre a una scala digitale per parlare degli stati d’animo.

Questo paese sanificato, amputato delle sue emozioni e controllato da un vaccino, Giulio Cavalli lo chiaddeò DF, un acronimo che dà molte interpretazioni, sia in francese che in italiano. Il suo presidente, Andrea Bussoli, assicura il mantenimento dell’ordine attraverso una ‘polizia affettiva’, ma un focolaio di resistenza si diffonde in clandestinità a favore del contrabbando. Refrattari alle amicizie ‘robotizzate’, ricoverati a causa di una ‘retenzione affettiva fallita’, i ‘malati seriali’ si ribellano al ‘genocidio emotivo’ di questo regime spartano costituendo Brigate sentimentali che organizzano attentati. Grazie a un antidoto al vaccino, provano dubbi, rabbia e indignazione. Sebbene considerati terroristi, questi eccentrici ottengono di poter discutere in televisione con il presidente che concede loro un referendum sul diritto all’empatia.

Sia divertente che inquietante, il paradigma suggerito dal romanziere italiano ricorda gli anni di piombo e l’era berlusconiana, ma anche la propaganda paranoica delle politiche di contenimento a cui hanno portato le recenti crisi sanitarie. Di capitolo in capitolo, questo romanzo di anticipazione densa e fluida si diffonde come una profezia intrisa di una visione sovversiva la cui portata evoca classici come Fahrenheit 451 di Ray Bradbury o L’arancia meccanica di Anthony Burgess. Le sue molle retoriche sono l’iperbole e l’ironia, ma l’esito, che era già quello di La voce della luna, l’ultimo film di Federico Fellini, rimane comunque pessimista: “I cittadini di DF erano solo un mucchio di idioti e cosa ci si può aspettare da un popolo peloso che vede la sicurezza nella speranza che nulla si muova intorno a lui? »

L’Ultimo Testamento di Giulio Cavalli, romanzo tradotto dall’italiano da Lise Caillat, alle Edizioni dell’Osservatorio, maggiori informazioni

Lollobrigida sulla graticola a Montecitorio

“Non mi dimetto, andavo al lavoro”. Ieri alla Camera il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha risposto durante il question time alla Camera sul caso della fermata ad personam del treno Frecciarossa in ritardo fatto fermare a Ciampino per permettere al ministro dell’Agricoltura di prendere un auto blu e raggiungere Caivano.

Il ministro dell’Agricoltura Lollobrigida ha risposto durante il question time alla Camera sul caso della fermata ad personam del treno Frecciarossa

“L’interrogazione che avete scritto se la mia condotta sia ascrivibile alla normale attività del mio dicastero e la risposta è sì. Giudico le polemiche in merito completamente pretestuose”, ha detto Lollobrigida in Aula. “Il treno risultava in ritardo di pochi minuti ma poi è stato deviato sulla linea ordinaria con un ritardo, alla fine, di 100 minuti. Si è fermato più volte e a lungo, e a quel punto la percorrenza ha messo a rischio la mia presenza agli eventi concordati” ha sottolineato Lollobrigida, spiegando che le conseguenze sarebbero andate a danno degli organizzatori: “Ho chiesto una fermata straordinaria senza la pretesa di un trattamento di favore ma in osservanza del regolamento di Fs. Non c’è stato alcun disagio, tutti passeggeri potevano scendere a Ciampino, come da informazione diramata dal capotreno e come previsto dal regolamento ferroviario”.

Il ministro si dice “certo che se fossi rimasto comodamente sul treno, tra quelli che hanno polemizzato per il mio operato in questi giorni, avrei trovato sicuramente qualcuno che avrebbe cercato il modo di accusarmi perché lo Stato non era presente a Caivano. Per fortuna con il governo Meloni quel tempo è finito, lo Stato c’è e rispetta i suoi impegni”. La risposta del ministro però ha scatenato l’opposizione che chiede a questo punto che sia il ministro ai Trasporti Matteo Salvini a riferire in Parlamento sulla liceità del suo collega.

“La difesa a prescindere del ministro Lollobrifida da parte dei parlamentari di FdI per la fermata ad personam nella stazione di Ciampino fa male al Governo e al Paese – scrive in una nota il deputato Andrea Casu, della presidenza del Gruppo Pd alla Camera -. Se davvero non ha niente da nascondere, la maggioranza dovrebbe essere la prima a chiedere al ministro competente di venire subito in Aula a fare chiarezza. Invece dopo oltre una settimana ancora non abbiamo la data per l’informativa del Ministro Salvini, e anche oggi in Aula il ministro Lollobrigida non ha risposto a una semplice domanda: chi ha chiamato per fare fermare il suo treno in ritardo? È un numero a disposizione di tutti i cittadini o solo dei Ministri del Governo Meloni come lui?”. Dello stesso avviso è anche il presidente dei deputati di Italia viva Davide Faraone che sottolinea come “ogni ulteriore ritardo svela il tentativo di affossare la verità”.

Le opposizioni vanno all’attacco. Ora chiedono che anche il ministro dei Trasporti Salvini vada in aula a riferire

Il leader di Azione Carlo Calenda, commentando la difesa del ministro ospite a Tagadà su La 7, sottolinea come Lollobrigida abbia torto “perché sono cafoni e nessuno gli ha insegnato lo stile che si deve tenere quando si assume una carica”: “non si dispone di un servizio pubblico privatamente, facendolo dai un segno di mancanza di stile personale e dici che il Paese ed i suoi mezzi sono a servizio della politica”, aggiunge Calenda.

Il deputato M5s Alessandro Caramiello, autore dell’interrogazione alla Camera, sottolinea che il ministro “come previsto non ha risposto alla domanda” e sottolinea come “due esponenti di rango della Lega” abbiano “preso le distanze dal suo comportamento nel silenzio assordante del ministro dei Trasporti Salvini”. “Chi di voi è mai riuscito a fermare un treno?”, ha chiesto in Aula il pentastellato Riccardo Ricciardi, accodandosi a coloro che chiedono un’informativa urgente del ministro Salvini.

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Delmastro e le bugie in fila per sei

Il sottosegretario alla Giustizia di Fratelli d’Italia Andrea Delmastro è stato rinviato a giudizio dal gup di Roma, Maddalena Cipriani, nell’ambito del procedimento che lo vede accusato di rivelazione di segreto d’ufficio in relazione alla vicenda di Alfredo Cospito, l’anarchico detenuto al 41-bis e protagonista nei mesi scorsi di un lungo sciopero della fame. Delmastro, che in via Arenula ha la delega alle carceri, aveva rivelato al compagno di partito Giovanni Donzelli il contenuto di una relazione della polizia penitenziaria sui dialoghi di Cospito con alcuni boss mafiosi suoi compagni di reparto nel penitenziario di Sassari. E il 31 gennaio, durante una seduta della Camera, Donzelli aveva usato quelle informazioni per attaccare quattro parlamentari del Pd, Debora Serracchiani, Walter Verini, Andrea Orlando e Silvio Lai accusandoli di essere “vicini alla mafia” per avere visitato tra gli altri detenuti anche lo stesso Cospito. 

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro alla Giustizia Carlo Nordio avevano ripetuto in più occasioni che quel documento non fosse segreto. Al di là della conclusione giudiziaria di questa storia Meloni e Nordio hanno ripetuto un’ignorante bugia. L’imputato Delmastro dopo avere negato le sue responsabilità ora si dice “straordinariamente fiero” di quello che ha fatto. Nel suo mondo dei sogni vede come una battaglia antimafia avere rivolto un segreto d’ufficio al suo compagno di partito. Ecco qui la carota che Nordio sventolava contro la magistratura. 

Buon giovedì. 

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Il sillogismo di Piantedosi. Cecchettin come Senna

Perennemente concentrati nel distogliere l’attenzione dal patriarcato in merito al femminicidio di Giulia Cecchettin, la compagine di governo si misura ogni giorno con dichiarazioni a raffica per convincerci che gli uomini che ammazzano le donne siano un evento che non ha nulla a che fare con una mala cultura generale.

“Giulia ha incontrato nella sua vita un criminale, che è stato il vero artefice del tragico epilogo della sua vita”

Ieri, tra i tanti, si segnala per capacità di analisi e per virtuosismo nella sintesi il ministro all’Interno, Matteo Piantedosi, che ospite della moritura trasmissione Avanti Popolo di Nunzia Di Girolamo su Rai 3 ci spiega che “Giulia ha incontrato nella sua vita un criminale, che è stato il vero artefice del tragico epilogo della sua vita. Sul resto c’è un approfondimento in corso”, spiega il ministro, con un’evidente desiderio che la questione si chiuda qui. Dopo l’illuminante uscita in occasione della strage a Steccato di Cutro in cui accusò le madri “di mettere in pericolo i propri figli” perché accettavano il rischio di morire per scappare da un luogo dove sarebbero sicuramente morti ora Piantedosi si ripete.

Agevoliamo una bozza per il calendario dei suoi prossimi comunicati stampa: Ayrton Senna se non avesse scelto di essere un pilota di Formula 1 non sarebbe morto; se John Fitzgerald Kennedy avesse fatto il panettiere molto probabilmente sarebbe ancora vivo; se le vecchiette non uscissero di casa per ritirare la pensione sicuramente non sarebbero scippate; se le gare di discesa libera fossero in salita non le vincerebbe nessuno; se Roberto Baggio non avesse sbagliato quel rigore saremmo stati campioni del mondo. E poi l’ultima, la più importante: se le donne fossero uomini finalmente non ci sarebbero più femminicidi.

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Piantedosi celebra i suoi successi. Un giovane egiziano espulso

Un’esemplare giornata di propaganda. Ieri con il decreto Migranti in discussione alla Camera l’ordine impartito dall’alto deve essere stato chiaro: signori oggi si torna a parlare di immigrazione. Così il tema magicamente scomparso dalle cronache politiche e dai dibattiti giornalistici in un uggioso lunedì di fine novembre torna alla ribalta. Il retrogusto, manco a dirlo, è quello di una vittoria da celebrare, un nuovo invidiabile successo del governo Meloni e quella solita tiritera replicabile per qualsiasi argomento.

Giornata di ordinaria propaganda del governo. Che esalta la frenata invernale degli sbarchi già triplicati

In realtà non è successo nulla di nuovo: gli sbarchi sono diminuiti come diminuiscono ogni volta in questo periodo dell’anno per il peggioramento delle condizioni atmosferiche, il memorandum stanco con il presidente tunisino Saied non ha ricevuto nuovi impulsi, il Piano Mattei di Giorgia Meloni è una letterina dei desideri sotto l’albero di cui si parlerà nel 2024 e l’Albania in subaffitto come bidone dell’umido è sotto la lente dei regolamenti e delle leggi internazionali. Per questo l’antropologia della vittoria cantata in un giorno qualsiasi è un viaggio affascinante che vale la pena ripercorrere. A suonare l’adunata di prima mattina è ovviamente il ministro all’Interno Matteo Piantedosi.

“L’analisi dei flussi migratori che giungono sulle nostre coste dalla sponda Sud del Mediterraneo fa emergere un dato significativo: – dice il ministro nel suo intervento alla Conferenza dell’Alleanza globale contro il traffico di migranti a Bruxelles – i trafficanti hanno dato prova di saper adattarsi rapidamente al contesto, spostandosi in luoghi di partenza meno presidiati dalle Autorità. Nelle ultime settimane abbiamo registrato un calo degli sbarchi provenienti dalla Tunisia, compensato tuttavia da un incremento delle partenze dalla Libia”. Applausi fragorosi.

Nella capitale belga si sono riuniti 450 delegati, provenienti da circa 60 nazioni, con l’idea di costituire “un’alleanza internazionale contro il traffico di esseri umani”, qualsiasi cosa voglia dire. Poco prima del ministro italiano la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel suo discorso di apertura ha aggiunto un ulteriore tassello verso destra nel tentativo di rimanere in sella alle prossime elezioni europee: “Oggi ci ritroviamo a Bruxelles da continenti e contesti diversi. – ha detto la presidente -. Ma sia che rappresentiamo Paesi di origine, di transito o di destinazione dei migranti, condividiamo tutti lo stesso desiderio. Siamo qui per combattere questo business criminale e fermare questa indicibile sofferenza. Siamo qui per costruire un’alleanza globale contro il traffico di esseri umani”.

Il ministro dell’Interno Piantedosi difende l’accordo con Tunisi che non c’è. Mentre aumentano le partenze dalla Libia che foraggiamo

È chiaro, lo spot funziona. Il problema di fondo però resta sempre lo stesso: i “trafficanti” nella retorica destrorsa (e purtroppo sempre di più anche in quella di von der Leyen) sono un’entità astratta che pochi hanno voglia di approfondire. C’è da capirli, basterebbe studiare le relazioni delle organizzazioni umanitarie (anche della stessa Ue) per scoprire che sono gli stessi referenti a cui si appalta il lavoro sporco. Il ministro Piantedosi che esulta per la riduzione di sbarchi dalla Tunisia e che si lamenta degli arrivi della Libia ne è un paradigma: stringere accordi con chi usa le partenze come rubinetto per aumentare la pressione per chiedere ancora più soldi significa avviarsi al patibolo con le proprie gambe.

Ci sarebbe anche il non trascurabile tema del rispetto dei diritti umani (su cui Libia, Tunisia e Albania non sono proprio fortissimi) ma evitare le violenze è un obiettivo largamente secondario. “Il miglior modo per evitare morti è impedire viaggi pericolosi”, ha detto ieri von der Leyen in versione sempre più sovranista. Anche lei – come tutti i sovranisti – si è scordata di spiegare come sia possibile viaggiare non pericolosamente verso l’Europa. Nella foga contro “i trafficanti” il ministro Piantedosi lancia l’asso: “Ho espulso un giovane egiziano, presente sul nostro territorio dal 2016”, scrive sui suoi social come uno sceriffo di provincia. Un ministro che esulta per l’espulsione di una singola persona è il termometro dello spessore della discussione.

Ci si sarebbe aspettati anche un parola del ministro sulla condanna che la Corte europea dei diritti umani ha inflitto all’Italia per la detenzione illegale di “diversi minori stranieri non accompagnati” nell’hotspot di Taranto (art. 5, parr. 1, 2 e 4 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo), per avere utilizzato trattamenti inumani e degradanti nel predisporre le loro misure di accoglienza (art. 3 della Convenzione), per non avere nominato un tutore né avere fornito loro alcuna informazione sulla possibilità di contrastare in giudizio tale condizione (art. 13 della Convenzione, in relazione all’art. 3). Nulla. Si tratta, come ricorda l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, dell’ennesima sentenza contro l’Italia relativa alla gestione del fenomeno migratorio e, in particolare, dei cittadini stranieri minorenni ma la notizia scompare sotto i fasti della festa.

Al governo si festeggia, anche se non si capisce bene il perché. Il Sottosegretario di Stato alla Giustizia Andrea Delmastro delle Vedove (Fratelli d’Italia) dimentica i suoi guai giudiziari per un giorno, festeggia la promessa della Commissione europea di inasprire le pene contro i trafficanti (che non sono quelli che Delmastro crede che siano) e si scaglia contro “la sinistra italiana ormai isolata nel suo talebanesimo immigrazionista”. Il co-presidente del gruppo ECR al Parlamento Ue, Nicola Procaccini, sempre di Fratelli d’Italia, si spinge addirittura a dire che “la diminuzione degli sbarchi premia l’approccio di Giorgia Meloni”.

Dalle parti dei partiti di governo funziona così: quando gli sbarchi aumentano non se ne parla, quando diminuiscono (anche se per le sfavorevoli condizioni climatiche) allora si sventolano. Si arriva a sera. Il ministro Piantedosi esausto nel suo ruolo di “entusiasta del giorno” ci dice che l’Albania come colonia italiana per i richiedenti asilo sarà “un modello pilota”. Forse questa è troppo anche per lui. Finalmente è notte, si può finire con la propaganda di arte varia.

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La “ritrovata credibilità internazionale”

La “ritrovata credibilità internazionale” di cui si sente spesso parlare sta nei voti che l’Italia ha collezionato ieri nel momento in cui si è deciso che Expo 2030, l’esposizione universale, si svolgerà a Riad. La capitale dell’Arabia Saudita ha battuto la concorrenza incassando ben 119 voti dai 165 delegati che si sono espressi all’assemblea generale del Bureau International des Expositions a Parigi, mentre il progetto di Roma è stato sonoramente bocciato finendo perfino dietro a Busan con appena 17 preferenze contro le 29 per la città della Corea del Sud. 

Scriveva ieri il giornalista Enrico Mentana: “Questa non è una sconfitta, è una figuraccia. Non di Roma soltanto, ma di tutto il sistema Italia. Quando un Paese come il nostro spinge la candidatura della sua capitale fino al round decisivo, e al momento della scelta porta a casa solo 17 voti su 165, evidenzia un fallimento. Tutti sapevano che Riad, per mille motivi, era la favorita, e che l’Italia aveva già ospitato l’Expo solo otto anni fa, con ciò dovendo ancor più inseguire. Ma come ci si è potuti illudere, per poi ritrovarsi con solo il voto nostro e dei nostri amici?”.

Prevedibile anche la reazione – con il solito vittimismo condito da complottismo – dell’ex Segretario generale del Ministero degli affari esteri nonché direttore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza che vigila sull’attività dei Servizi, l’ambasciatore Giampiero Massolo, che parla di “deriva mercantile” e “metodo transazionale, non transnazionale”. Che bin Salman sia pronto a comprare “anche seggi dell’Onu” alcuni lo scrivono da anni. Ben svegliati. 

Buon mercoledì. 

foto by Rawan92 – Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=141523964

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La terzietà secondo Gasparri riguarda tutti tranne lui

Ieri il “presidente dei senatori di Forza Italia” (si fa chiamare così) Maurizio Gasparri ospite di una trasmissione televisiva è accorso in difesa del ministro Guido Crosetto spiegando che “se un cittadino che non la pensa allo stesso modo domani dovesse essere giudicato da uno di quei magistrati, potrebbe legittimamente avere il dubbio che non ci sia quella terzietà richiamata proprio ieri dal ministro Nordio rispondendo a una mia interrogazione”.

Un ex vicepresidente del Senato presidente di una società di sicurezza informatica è già una barzelletta

Gasparri da giorni si divincola come un’anguilla dalla notizia (che avete letto prima di tutti su questo giornale) della sua presidenza dell’azienda Cyberealm, società che si occupa di sicurezza informatica, in contrasto con l’articolo 18 del regolamento per la verifica dei poteri del Senato. Come ha spiegato il giornalista di Report Sigfrido Ranucci “Gasparri ha di fatto tessuto per loro relazioni istituzionali per l’assegnazione di commesse tenendo all’oscuro il Senato. Commesse che riguardano tutti i suoi ruoli istituzionali”.

Un ex vicepresidente del Senato presidente di una società di sicurezza informatica è già una barzelletta. Che Gasparri dica che il suo “non è un ruolo operativo” perché si limita solamente a “dei pareri, dei consigli su quelle che possono essere le scelte strategiche” è un’aggiunta tragicomica. Ma che Gasparri pontifichi sulla terzietà dei giudici è il re del paradosso. Sapete chi giudicherà il senatore in merito alla sua mancata comunicazione agli uffici del Senato? Lo stesso Senato di cui era vicepresidente fino a qualche giorno fa. Anche noi possiamo “legittimamente avere il dubbio che non ci sia quella terzietà”. O no?

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Crosetto spara sulle toghe. Ma a sentirsi minacciato è lui

Nella costante inversione di ruoli operata dal governo per piegare la realtà, ieri il ministro ala Difesa Guido Crosetto ha deciso di indossare i panni del minacciato. “Una risposta al fondo di un’intervista su tutt’altro. Una risposta nella quale racconto una cosa riferitami. Una preoccupazione, non un attacco. Dico che voglio riferire al Parlamento. Vengo attaccato, insultato, minacciato, offeso. Preventivamente. Dovrei avere paura Non ne ho”, ha scritto ieri il ministro sul suo account X, riguardo alla sua intervista rilasciata domenica scorsa al Corriere della Sera in cui raccontava di un riferito tentativo di golpe giudiziario da parte di una corrente della magistratura per fare cadere il governo.

Il ministro Crosetto prima accusa i magistrati e poi fa la vittima

Accusatore e vittimista, il ministro può contare comunque sull’appoggio dei suoi alleati e compagni di governo. Interviene anche il presidente del Senato Ignazio La Russa: se l’allarme di Crosetto “riguarda il passato e la storia, – dice La Russa – lo condivido e lo capisco: la magistratura qualche volta è entrata a gamba tesa. Se guardo ai magistrati che volevano fare politica a colpi di sentenze capisco quello che dice”. La Russa è meno spericolato del ministro e specifica di non avere elementi. In difesa accorre anche il viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto con un sillogismo da bar: Crosetto è una persona seria quindi se ha fatto quelle dichiarazioni avrà i suoi motivi. Che “i suoi motivi” dovrebbero essere il vero tema della scontro politico sembra sfuggire a molti.

Prevedibili i soccorsi anche dei centristi. Da Matteo Renzi che si dice convinto che “Crosetto abbia detto delle cose di sicuro interesse perché se il ministro della Difesa, non l’ultimo arrivato, dice le cose che ha detto evidentemente c’è qualcosa di molto serio”, al calendiano Enrico Costa che sottoscrive “le parole di Crosetto sui magistrati”. Sullo sfondo rimane una riforma della Giustizia che appare bloccata e che, come sottolinea il segretario di +Europa Riccardo Magi, “si avvia nel modo peggiore”.

Conte lo sfida: “Vada in Procura e in Parlamento”

Sulle parole del responsabile della Difesa, interviene anche il leader del M5S Giuseppe Conte: “Francamente non ricordo che un ministro responsabile possa fare dichiarazioni così, in piena leggerezza, alla stampa. Se lui ha notizia circostanziata di accuse così gravi deve andare in Procura e venga a riferire in Parlamento. È il minimo – continua Conte – per un ministro che voglia svolgere responsabilmente le sue funzioni, altrimenti ricadiamo nel solito circuito dei complottismi per nascondere i fallimenti del governo, e questo non è accettabile”.

Qualcuno però nota anche una curiosa coincidenza. “Affermazioni gravi che peraltro avvengono a pochi giorni dall’udienza preliminare che si terrà a Roma a seguito dell’imputazione coatta del sottosegretario Delmastro Delle Vedove”, aveva detto l’altro ieri la responsabile Giustizia nella segreteria del Pd, Debora Serracchiani. In effetti, come osserva anche l’ex Forza Italia Elio Vito, le parole usate nell’intervista da Crosetto sull’opposizione giudiziaria sono simili a quelle di un comunicato di Palazzo Chigi del luglio scorso. Entrambe le dichiarazioni avvengono in coincidenza di sviluppi del caso del sottosegretario Delmastro.

Nel luglio scorso il comunicato di Palazzo Chigi è stato diramato subito dopo che è stata chiesta l’imputazione coatta per Delmastro, indagato per rivelazione di atti riservati a Donzelli. L’intervista di domenica a Crosetto arriva alla vigilia dell’udienza relativa a tale richiesta. Intanto alla Gip che aveva chiesto l’imputazione per Delmastro è stata tolta la tutela che aveva per minacce dai clan. A volte le coincidenze…

Leggi anche: Dopo l’attacco del governo alla magistratura, Conte incalza l’esecutivo: “Crosetto irresponsabile, da Meloni ipocrisia”

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