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Settimana in movimento: senza fermarsi

Tre giorni di sedute di Consiglio importanti per il bilancio, la vergognosa legge sui parchi e i nostri ordini del giorno (tutti gli argomenti scaricabili qui). E poi:

martedì 26 luglio, ore 21 alla Festa Provinciale Sinistra Ecologia Libertà di Monza e Brianza Area feste via Aldo Moro Brugherio (MB): presento il mio libro “Nomi, cognomi e infami”, intervengono:Valerio D’ Ippolito, referente LIBERA Monza/Brianza, Daniele Cassanmagnago, Assessore all’urbanistica comune di Desio e Alfredo Luis Somoza, presidente ong ICE.

giovedì 28  ore 19 “Antimafia a Milano: Commissione o Comitato?” Intervengono: NANDO DALLA CHIESA Professore di Sociologia della Criminalità Organizzata, Università Statale di Milano,  GIULIO CAVALLI Scrittore, Politico, Consigliere Regionale di SEL, MIRKO MAZZALI Avvocato, Consigliere Comunale, Presidente della Commissione Sicurezza di Palazzo Marino. Libreria del Mondo Offeso Corso Garibaldi 50Milano.

giovedì 28 ore 21  “Chi paga la crisi?”con Alfonso Gianni (nazionale SEL), Giulio Cavalli (consigliere regionale SEL), Damiano Galletti (segretario provinciale SEL), Donatella Albini (consigliere comunale SEL). Festa Provinciale Sinistra Ecologia e Libertà, Centro Civico Collebeato Via San Francesco 1 Collebeato (BS).

venerdì 29 ore 21 “La linea della palma” con Antonio Ingroia, Salvatore Borsellino e Giulio Cavalli, moderatore Pierluigi Senatore. Piazza Spallanzani Porto Venere (SP).

sabato 30 ore 20.30 in scena con lo spettacolo “Nomi, cognomi e infami”, organizza l’ Associazione Antiracket  1° chiostro abbazia benedettina S.M.Arcangelo – Montescaglioso (MT).

Il Giornale che si redime

La notizia potrebbe anche fare ridere se non fosse l’emersione delle tecniche che hanno avvelenato questi ultimi decenni: Il Giornale pubblica una prima pagina islamofoba sulla strage di Oslo ritirando fuori dal cassetto niente popò di meno che Al Qaida. Con tanto di editoriale “La guerra dell’Islamismo contro la nostra civiltà è feroce e aggressiva”. Poi si accorge della mastodontica falsità (come se non ci fossero abituati) e svolta su una più moderata apertura “Strage in Norvegia”. E’ la nudità della sistematica bugia che serve per concimare la paura e dividere in modo manicheo i buoni dai cattivi, il bianco dal nero, dove i peggiori sono sempre gli altri. Qualcuno la chiama macchina del fango invece sarebbe più banalmente un’associazione giornalistica a delinquere se il favoreggiamento culturale al falso fosse un reato (se non nel Paese almeno per l’Ordine dei giornalisti). Le due prime pagine di questa povertà intellettuale da copertina le potete trovare e leggere qui.

Qualcuno lo vorrebbe leader

Nel quartier generale del Grande Centro, Casini espone la sua proposta politica:«Sostantivo femminile. Assumersi, prendersi la erre delle proprie azioni; la erre di quanto è accaduto è tutta tua; ognuno deve accettare la sua parte di erre». «Bravo Pierferdinando, illuminante!». Grandissima Francesca Fornario sull’Unità. Me l’ero perso.

Genova, 20 luglio 2001, secondo Erri De Luca

Anche quest’anno ho letto molto per l’anniversario di Genova. Le diverse posizioni, più o meno condivisibili, che tutti gli anni ciclicamente escono con affetto o con bile, con lucidità o con strumentale ignoranza. Non ho riguardato i filmati. Quest’anno no. Mi si crea un dolore e un disgusto che non riesco a dissimulare. Quest’anno ho letto, tra le tante cose, tanti verbi al passato, come se quella Genova non fosse la madre abusata di nuovo che ha partorito le vicende recenti, dalla Val di Susa fino ad ogni piazza dove si confonde volutamente la richiesta con la rabbia, il diritto con la ribellione e l’ordine pubblico con la desertificazione sistematica della manifestazioni di idee. Poi ho trovato questo pezzo di Erri De Luca. E mi ci sono ritrovato a nuotare dentro pensando che una buona memoria si può provare a ripulire, a martellare, a costruire. Almeno per noi.

20 luglio 2001 di Erri De Luca

Un proverbio persiano dice: «Se vuoi farti un nome,

viaggia o muori». Lui non voleva un nome,

quel mattino di luglio voleva andare al mare.

La strada era già un mare,

le ondate di migliaia dietro migliaia dentro le piazze,

i vicoli, nei viali, allagavano Genova città.

Pensò ch’era Venezia, liquida di canali.

Cercò di navigarla, però l’alta marea

di molta umanità se lo portava via nella corrente.

Più logico seguirla. Era lo stesso una giornata al mare.

 

Montava il terzo giorno di acqua alta, a Genova e di luglio,

tre giornate di onde di persone.

 

C’era l’appuntamento di otto presidenti

con la scorta delle gendarmerie assortite,

pure le guardie forestali e di penitenziario.

C’erano i paracadutisti e i palombari.

A parte queste frotte, Genova conteneva

la formula migliore di popolo riunito dalla rosa dei venti.

Su qualunque mezzo, compreso nave, bicicletta e a piedi:

evviva i viaggiatori, sudati, intransigenti, lieti.

 

Quel giorno terzo il cretino al potere, incretinito appunto dal potere, scagliò la truppa addosso all’alta marea. Era marea di quelle che non possono defluire a mare. Nella città compressa tra la collina e il porto non aveva uscita, sfogo, scappamento. Aggredita, si riformava ovunque, scossa e scombinata dal suo stesso formato innumerevole. Sbatteva contro i muri, i manganelli, i calci in faccia e gli insulti della truppa arroventata dal sole e dal cretino.

 

Lui si mischiò dentro l’acqua agitata.

Pensò che il mare non andava preso a calci.

Il mare quando è fatto di persone, va ascoltato e basta.

Il mare quando è pieno di sale di ragione, va in salita

scavalca dighe e moli. Oggi io sono il mare,

pensò all’ingresso del piccolo slargo di piazza Alimonda,

nome che finisce con un’onda.

Gli venne il sorriso veloce di quando scorgeva

la strizzatina d’occhio di una coincidenza.

 

Amava il latino, traduceva Catullo stordito d’amore,

Ovidio spedito in esilio, Virgilio col biglietto

per visitare l’aldilà, il gran museo dei morti.

Amava il latino. Nel mazzo di carte da studio un ragazzo

ci vuole vedere in qualcuna il suo settebello.

Mare: in latino al plurale fa mària.

Decise quel giorno e quell’ora che avrebbe sposato

una di nome Marìa e le avrebbe spiegato perché.

 

Su piazza Alimonda il sole batteva a tamburo,

la luce bruciava negli occhi.

Un carabiniere coi calci

sfondò il vetro del suo quattroruotemotrici.

Di solito i vetri si rompono da fuori.

Quello si ruppe da dentro. Il carabiniere

tolse così l’ostacolo alla mira e la sicura all’arma.

Lui pensò di dover raccogliere i vetri,

non vanno lasciati sul fondo del mare.

Chinato a levarli, un estintore gli rotolò vicino.

Lo prese, gli venne l’impulso di gettarlo via,

s’accorse del carabiniere, del vetro sfondato, del braccio,

con l’arma, col dito. Che fai disgraziato?

Non vedi che io sono il mare?

 

Il mare lanciò l’estintore con tutta la forza

del braccio e dell’onda di piazza Alimonda.

In volo incrociò la pallottola calibro nove.

Cadendo pensò che il mare così abbatte le sue ondate

addosso alla scogliera e quando si sollevano gli spruzzi

vengono giù e l’onda non c’è più.

Il mare nell’urto da azzurro si rompe nel bianco.

Gridarono le ali e le lenzuola stese,

gridò lo zucchero, la farina, il sale,

il marmo, la pagina e la schiuma delle onde vicine,

gridò il bianco dell’uovo e delle voci.

 

Pensò: non è così che sposerò Maria.

Un accento si sposta e si scombina il legittimo destino,

può darsi che c’entri il latino,

o un giorno violento di luglio, lo scambio di un mare per l’altro.

Pensò ch’era arrivato a riva,

dove il mare riabbraccia la sua onda schiantata

e la riassorbe. Pensò al respiro di sua madre, il mare.

Poi scivolò sul fondo, senza peso di vita.

 

Dice il proverbio persiano: «Se vuoi farti un nome,

viaggia o muori». Dieci anni più tardi il suo nome viaggia

insieme alle onde che sono la maggioranza del mondo.

Il lodo della pacatezza democratica

Ha una fotografia nella pacatezza della politica spessa di Stefano Menichini. Peccato che sia pacatamente fallito il progetto del “C’è però un modo solo per “tenere” rispetto a questi pericoli. Rigore interno, selezione feroce, semplificazione delle procedure (nelle cui complicazioni si annida il virus della corruzione) e soprattutto mai, mai, anteporre l’appartenenza politica o di gruppo nella valutazione dei casi singoli”. E che ci si aspetti reazioni giuste oggi. Prima della proposte giuste. (Per inciso, l’autosospensione dalla vicepresidenza tecnicamente non esiste. Ad oggi è vicepresidente ma non esercita).

Se sapessi Sandro, come siamo messi

Perché il popolo italiano ha sete di onestà. Su questo punto dobbiamo essere intransigenti prima verso noi stessi, se vogliamo poi esserlo verso gli altri. Non dimentichiamo, onorevoli colleghi, che la corruzione è nemica della libertà. (Sandro Pertini)

Pietro Foroni

Sono in viaggio e mi segnalano che il Presidente della Provincia di Lodi, Pietro Foroni (LEGA), mi attacca sul quotidiano Il Cittadino. Il trucchetto di cercare la sponda più alta per rimbombare meglio è un giochetto da partitella all’oratorio (lo sanno tutti i piccoli e verdi Foroni del mondo). Spiace che gli sia sfuggito come sponda il suo compagno di partito Renzo Bossi che potrebbe fargli guadagnare qualche riga in più, ma fa niente. Del resto un giorno mi piacerebbe parlare con lui dell’inopportunità (indagata e altro) dei fedelissimi componenti della sua Commissione Antimafia (alti componenti). Ma avremo tempo. Il tempo è galantuomo, diceva Totò. Per il resto non sapevo che l’incancrenimento del più becero federalismo mi costringesse ad occuparmi solo del mio collegio elettorale e non di tutta la Lombardia. Si vede che Lodi è cosa loro.

Claudio lo spiega in modo chiaro

Claudio Fava spiega in poche righe il progetto nitido: “Sinistra Ecologia e Libertà non è un vecchio partito che si è dato una mano di vernice. Sel sta tentando di superare vecchie appartenenze e vecchi percorsi per costituire una nuova idea forte, popolare, moderna di governo della sinistra. Piuttosto che rispondere a quelli del Pd che ci chiedono di fare un grande partito o a quelli a sinistra del Pd che vogliono costituire una federazione,  noi abbiamo provato a costruire un luogo politico a disposizione di tutti. Sel è davvero una grande famiglia politica che può accogliere senza difficoltà chi a sinistra sente faticose e strette le vecchie appartenenze. Fare le federazioni è una scorciatoia che ha un sapore di politicismo elettorale che abbiamo già pagato e non c’è stato perdonato dagli italiani. Per cui eviterei  di ricaderci”.