Stefano Meloni su CagliariPost recensisce “i mangiafemmine”
(Stefano Meloni per CagliariPost recensisce – velocissimo – il mio romanzo #IMangiafemmine. Lo ringrazio e appoggio il suo pezzo qui)
Viaggio nei labirinti della mente e del cuore, tra inspiegabili e soprattutto ingiustificabili esplosioni di violenza contro le donne e sottili intrecci fra politica e società ne “I Mangiafemmine”, il nuovo romanzo di Giulio Cavalli, pubblicato da Fandango Edizioni (in libreria da martedì 14 novembre) che affronta in una chiave surreale e grottesca il tema scottante e attuale dei femminicidi: la parola all’autore, protagonista mercoledì 15 novembre alle 18 nel Foyer del Teatro Massimo di Cagliari insieme con il giornalista Michele Pipia, per un nuovo appuntamento sotto le insegne di Legger_ezza 2023 / Promozione della Lettura – V edizione a cura del CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna in collaborazione con la Libreria Edumondo.
Tra le voci più interessanti e originali della letteratura italiana contemporanea, l’eclettico attore e scrittore milanese (classe 1977), dal 2007 sotto scorta per il suo impegno nella lotta contro le mafie, disegna un affresco di varia umanità, schierandosi consapevolmente dalla parte delle vittime di abusi, imprigionate in un ruolo tradizionale di mogli e madri, miti e sottomesse, mettendo l’accento sulle varie forme di crudeltà fisica e psicologica, fino al delitto.
Una cronaca spietata resa con toni quasi fumettistici, nel mettere in risalto la metamorfosi di un individuo (quasi) perbene dietro la cui correttezza formale, con la consumata abilità di gestire situazioni complicate e cavarsi dagli impicci, rifugiandosi in una rassicurante mediocrità, si cela una bestia ripugnante, abbietta e volgare, capace delle peggiori nefandezze o anche la “banalità” di una casa degli orrori in cui un altro personaggio tormenta per anni la moglie, coprendola di insulti e botte, finché costei non trova la forza di reagire, per pagare la ritrovata consapevolezza e la necessità di riaffermare la propria dignità con la sua stessa vita.
Una amara fotografia del presente, una antologia di storie differenti ma con lo stesso terribile finale, in cui l’aspetto più drammatico è dato da una sorta di generale assuefazione davanti alla freddezza dei numeri, che non fanno (quasi) più notizia, come se le donne maltrattate, ferite e uccise non fossero persone, ma dati di una statistica, in un bilancio di morti (in)naturali.
Una strage silenziosa, uno stillicidio feroce che si diffonde come un’epidemia, quasi per contagio, una terribile escalation da cui riaffiora il retaggio di una arcaica civiltà patriarcale, dove le figure femminili – figlie, mogli, madri e sorelle – appaiono necessariamente in secondo piano, come sfocate, pallidi angeli del focolare, sante oppure prostitute in un’antitesi che ne stigmatizza morale e comportamenti.
Dopo secoli di oscurantismo, in cui è stata loro negata perfino l’anima, a sancire una presunta superiorità maschile, le donne anche quando, grazie alle battaglie per l’emancipazione femminile e all’evoluzione culturale e sociale, siano diventate brillanti e apprezzate professioniste, imprenditrici, scienziate, finiscono spesso per ritrovarsi, proprio dentro le mura di casa, sminuite e oltraggiate, costrette a combattere contro i pregiudizi e l’ingiustificata gelosia di padri e fratelli, mariti e amanti.
Ne “I Mangiafemmine”, Giulio Cavalli costruisce una sorta di montaggio incrociato tra le vicende di coppie più o meno (in)stabili, in cui le donne che semplicemente aspirino o tentino di infrangere o ribellarsi all’egemonia maschile, oppure improvvisamente si ritrovino a essere testimoni scomode del fallimento dei loro compagni, vengono massacrate da coloro che dovrebbero invece proteggerle, secondo il modello patriarcale, ma comunque amarle e soprattutto rispettarle e la situazione politica, dove l’approssimarsi del voto fa esplodere, inaspettatamente, la questione dei femminicidi come emergenza nazionale.
Il poliedrico artista, che spazia fra teatro e letteratura, spinge il suo sguardo nell’intimità domestica, fin dentro la testa dei suoi personaggi, per rivelarne pensieri e impulsi inconfessabili, e fornisce una inedita chiave di lettura per un fenomeno che in Italia – ma nel libro tutto si svolge a DF, e ogni altro accostamento dipende del lettore – sta assumendo dimensioni sempre più ampie e trasversali, in parte come effetto collaterale del lockdown e della pandemia, con convivenze forzate e prolungate da cui sono emersi anche conflitti latenti, amplificate dalla crisi economica e dal disagio sociale.
Uno stile brillante e vivace, che offre molteplici spunti all’immaginazione, caratterizza una narrazione che si dipana tra studi televisivi e luoghi più appartati, nell’alternarsi dei dibattiti tra esponenti della politica, della società e della cultura e delle riunioni al vertice in cui si analizzano e decidono le strategie di comunicazione, accanto agli spietati ritratti di famiglia in un inferno, dove emergono, intramontabili, i più “classici” luoghi comuni sui rispettivi ruoli, specialmente laddove le mogli abbiano rinunciato a lavorare per occuparsi delle faccende domestiche e dei figli, oltre che di accudire il consorte.
Il marito resta quello che fatica per portare a casa il pane, l’eroe da accogliere con ogni riguardo al termine di una giornata densa di responsabilità e ostacoli, ma trovano posto anche la vergogna e l’imbarazzo all’idea di far sapere a vicini, parenti e conoscenti che oltre la soglia si consumano violenze e abusi, la riluttanza ad ammettere di avere sposato un uomo sbagliato, di aver amato (e sopportato) un mostro.
Giulio Cavalli descrive con sottile humour nero il dilemma del candidato, indeciso se dare ascolto alle richieste delle associazioni in difesa delle vittime o minimizzare il problema, se cercare delle soluzioni sicuramente complesse per porre fine a quella strage annunciata o rifugiarsi dietro la considerazione che in fondo i femminicidi sono una sorta di tradizione, le donne che sono morte e continuano a morire per mano degli uomini sono le “altre”, le più ribelli e trasgressive, quelle che non sanno stare al loro posto, mentre «le donne per bene, normali, le madri di famiglia, le fidanzate discrete non corrono rischi».
Quali saranno le conseguenze del massacro sulle scelte di Valerio Corti, nome di punta del partito dei conservatori, come sullo scenario politico, si potrà scoprirlo solo leggendo il romanzo: “I Mangiafemmine” è un libro avvincente, che offre attraverso una chiave di lettura paradossale molteplici spunti di riflessione sulla realtà. Giulio Cavalli – si legge nella presentazione – «firma la sua opera più radicale e provocatoria, con lo stile riconoscibile di un narratore raffinato che non ha paura di raccontare un mondo che già c’è. DF è ora più che mai lo specchio oscuro di una società in cui non vorremmo mai guardarci»