La doppia morale di Matteo e Giorgia, vedono l’antisemitismo ovunque tranne che in casa loro
Che Matteo Salvini avrebbe usato l’antisemitismo come clava per poter accusare di antisemitismo tutti gli altri, qualcuno lo aveva previsto da tempo. Era gennaio del 2020 quando il leader della Lega per rispondere alle accuse di intolleranza religiosa che si intravedevano nella sua opposizione all’insediamento della cosiddetta Commissione Segre decise di lanciare una grande “campagna in difesa di Israele”. La senatrice Liliana Segre in quell’occasione declinò l’invito del leader della Lega al convegno tenuto in Senato cogliendo già tre anni fa il punto.
Era scritto
La senatrice a vita disse di apprezzare l’iniziativa ma anche di ritenere “che non si debba mai disgiungere la lotta all’antisemitismo dalla più generale ripulsa del razzismo e del pregiudizio che cataloga le persone in base alle origini, alle caratteristiche fisiche, sessuali, culturali o religiose. Questa visione mi pare tanto più necessaria in questa fase storica, in cui le condizioni di disagio sociale spingono tanti a indirizzare la propria rabbia verso un capro espiatorio, scambiando la diversità per minaccia”.
A quel convegno rifiutarono di partecipare Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane, e Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica romana. Poi anche Salvini è riuscito a normalizzarsi. Accanto all’antisemitismo complottista e di antica data (che è infiltrato anche nel partito di Giorgia Meloni, poi ci arriviamo) c’è anche chi utilizza la questione ebraica – come Salvini e molti altri in questi giorni – per stemperare nell’amicizia con lo Stato ebraico ogni sospetto di razzismo e di criminalizzazione della diversità etnica e religiosa.
Così dispensando amicizia con lo Stato di Israele ci si può impunemente inventare un Piano Kalergi di sostituzione etnica per conquistare l’Occidente molto simile nei meccanismi all’architettura di odio che fu riversata contro gli ebrei. Così nel corso degli ultimi anni il governo di Netanyahu ha incassato l’amicizia e la solidarietà di pezzi della peggiore destra xenofoba del mondo accettando il ruolo di alibi. Contraria alla commissione Segre era un’altra novella sacerdotessa protettrice dell’antisemitismo, la presidente del Consiglio Meloni che parlò di “speculazione” di una certa “propaganda politica” quando si trattò di astenersi in Parlamento.
A novembre del 2019 l’attuale presidente del Consiglio si avventurò addirittura a teorizzare che la senatrice Segre avesse accettato di diventare uno “strumento di censura”. In un’intervista a Repubblica, Segre aveva commentato l’astensione del centrodestra con una battuta proprio su Meloni: “Ma come può venirle in mente? Mi ha telefonato l’altra sera: ‘Sa, ci siamo astenuti perché noi difendiamo la famiglia’. Le ho risposto: ‘Cara signora, io difendo così tanto la mia famiglia che sono stata sposata per sessant’anni con lo stesso uomo’. Qualcuno mi dovrà spiegare cosa c’entri tutto questo con la Commissione contro l’odio”.
Dalla Shoa alle Foibe
Sembra che nessuno in questi giorni ricordi la battaglia di Salvini e Meloni per equiparare con una legge la Shoah alle Foibe. Fratelli d’Italia presentò una proposta di modifica dell’articolo 604 bis del codice penale che punisce “la negazione, sulla minimizzazione in modo grave o sull’apologia della Shoah” o “dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra”. Il capogruppo al Senato,Luca Ciriani e FdI volevano aggiungere, dopo Shoah, “e delle foibe”.
Quando il governo a gennaio di quest’anno ha nominato il prefetto Giuseppe Pecoraro nuovo Coordinatore nazionale per la lotta all’antisemitismo (per corroborare la strategia iniziata da Salvini tre anni fa) qualcuno gli suggerì di dare un’occhiata al sito dell’Osservatorio antisemitismo che riporta numerosi episodi di esponenti di Lega e Fratelli d’Italia come i meloniani che si fecero fotografare con il saluto fascista, oppure un neonazista candidato consigliere comunale a Latina a sostegno del candidato di Fratelli d’Italia e decine di storie di questa solfa.
Oppure basterebbe tornare alle elezioni europee del 2019 quando proprio Meloni, a proposito del finanziere ungherese George Soros, finanziatore di Emma Bonino, diceva: “Tenetevi i soldi degli usurai, la nostra forza è il popolo italiano”. Nella frase c’è la doppia infamia del filantropo che in quanto ebreo è automaticamente usuraio e in quanto ebreo è un ricco che complotta.
Heil Hitler
Vale la pena ricordare per l’ennesima volta il sottosegretario Galeazzo Bignami che nel 2005 veniva immortalato in una foto travestito da nazista con la svastica al braccio e con lui anche l’ex consigliera comunale a Milano per Fratelli d’Italia candidata anche in Regione Lombardia che l’inchiesta di Fanpage ha ripreso nelle sue frequentazioni con le frange più estreme del mondo della destra, tra saluti romani, gladiatori, “patriota tra i patrioti”, insieme al “barone nero” Roberto Jonghi Lavarini.
Nei messaggi di posato cordoglio di Meloni e Salvini nel Giorno della memoria non vengono mai citati esplicitamente i responsabili nazisti e fascisti. Sono passati solo due anni da quando Meloni e Salvini hanno candidato come sindaco di Roma Enrico Michetti che nel 2020 si chiedeva perché “si girano e si finanziano 40 film sulla Shoah e non su altro”. E si rispondeva così: “Forse perché non possedevano banche e non appartenevano a lobby capaci di decidere i destini del pianeta”. Questi sono i nuovi difensori degli ebrei.
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