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No al ritorno del nucleare


Il Governo ha deciso di tornare al nucleare.

Senza consultare i cittadini, calpestando i risultati di un referendum su questo tema.

Ai cittadini è negato addirittura il diritto di sapere. Il deficit d’informazione è impressionante. Non vogliono che si sappia che il nucleare potrebbe essere pericoloso per la salute, per l’ambiente, oltre ad essere antieconomico, per di più in regioni come la Lombardia, già autosufficienti dal punto di vista della produzione di energia. Non ci fanno sapere i siti ufficialmente scelti per le centrali, perché sono consapevoli che nessun elettore anche di centro destra, piacerebbe ritrovarsi una centrale nucleare sotto casa.

Gli attuali governanti concentrano il potere decisionale svilendo le autonomie degli enti locali e delle giunte regionali anche del loro stesso colore politico, che fanno finta di niente per non dover prendere una decisione magari impopolare.

Noi ci opporemo a qualsiasi ipotesi di ritorno al nucleare e chiediamo fin da ora in campagna elettorale che ci sia un’informazione corretta, trasparente, e un dibattito ampio in consiglio regionale per un tema così determinante nel futuro dei cittadini.

http://www.youtube.com/watch?v=LzL1InLmIyE

ELEZIONI REGIONALI LOMBARDIA 2010 IL 28 E 29 MARZO VOTA IDV
—————————-SCRIVI CAVALLI———————

Dal diario di MICROMEGA: Io rivendico il diritto di essere allarmista

Io rivendico il diritto di essere un allarmista. Un allarmista e, se serve, anche un professionista dell’antimafia. E perfino giustizialista.

Rivendico il diritto (ma soprattutto il dovere) di essere un portatore allarmato di allarme in un Paese dove oltre a rubare le borse e i motorini si sono messi a rubare le regole. Un gioco senza regole è un gioco truccato. E di fronte ai bari di pancia mi è sempre venuto di rovesciare il tavolo.

Il decreto “interpretativo” del Governo (che, per un gioco curioso di parole, il tribunale amministrativo ha dichiarato poco “interpretabile” e ancora meno applicabile) ha tutto il sapore dell’imbarazzo di un bambino chiuso in bagno che mentre entra la mamma si rialza i pantaloni.

Io rivendico il diritto di essere disgustato e poco contenuto in un paese governato da una pratica onanista che si trastulla sulle regole. Rivendico il diritto di essere incazzato nero. Mica alterato, o nervoso, o sfiduciato, o agguerrito o tutti i buoni sinonimi del vocabolario della buona educazione. Proprio incazzato come una vela arrampicata sull’albero.

Io rivendico il diritto di essere abbarbicato sull’albero maestro in un Paese che guardato dall’alto (ma mica tanto, appena appena in punta di piedi) ha la faccia di un piatto a prezzo fisso in cui ci hanno mangiato con le mani.

Io rivendico il diritto di non farmi disarmare da un decreto d’urgenza come una toppa sul grembiulino che annulla il percorso democratico del diritto di voto. Un diritto che, guardato alle spalle, ha la schiena dritta del dovere: proporsi come rappresentante dei cittadini con le competenze minime per concorrere a rappresentarli. Fogli, firme, carte bollate: minuzie tiratardi che si risolvono in un problema di forma. Come le minuzie per il mutuo della prima casa. Per contestare la cartella esattoriale. Per aprirsi una linea telefonica. Per scegliersi un medico di base. Minuzie di vita quotidiana che, quaggiù, si deve imparare ad usare per guadagnarselo il panino.

Io rivendico il diritto di non essere un moderato. Rivendico il diritto di dichiararmi intollerante ad una “mediazione” che da trent’anni ci viene rifilata come intelligenza politica. Rivendico il diritto di una politica semplice senza essere semplicistica, che sui principi fondamentali se ne frega delle intese e che sia leggibile e partigiana: che coerentemente manifesta da che parte sta.

Io rivendico il diritto di essere un allarmista. Di gridare “al fuoco” anche se non si vede la fiamma per questi ultimi vent’anni di puzza di bruciato.

http://temi.repubblica.it/micromega-online/giulio-cavalli-io-rivendico-il-diritto-di-essere-allarmista/

LIBERTA' intervista a Giulio Cavalli: «La cosa che mi fa più paura? L’indifferenza. L’ignoranza intenzionale come arma di difesa»

Intervista a Giulio Cavalli: «La cosa che mi fa più paura? L’indifferenza. L’ignoranza intenzionale come arma di difesa»

Libertà COPERTINA CULTURA 31 venerdì 5 marzo 2010

“A cento passi dal duomo” cosa c’è? Cosa dobbiamo aspettarci da questo spettacolo? Dati, storie, rivelazioni?

«E’ uno spettacolo molto analitico, nel senso che è una messinscena di nomi e di fatti. E nasce da un’esigenza personale. Negli ultimi tre anni mi sono trovato in questa situazione, in cui oltre alla vita sotto scorta e alle minacce, sono quasi costretto a giustificarmi per quello che mi è capitato. Trovo desolanti soprattutto i riflessi della mia storia sul territorio in cui vivo, più che la vicenda in sé. E’ quasi uno spettacolo di “legittimazione”, in cui provo a dire come mai mi sono ritrovato in questa situazione. In cui parlo di una criminalità organizzata presente in Lombardia ormai da 60 anni. E di come tutto ciò che abbiamo visto accadere in Sicilia, Campania, Calabria, ha sempre avuto le sue teste pensanti qui da noi. Partiamo dal funerale di Ambrosoli e arriviamo a raccontare le famiglie della ‘ndrangheta di oggi».

Di questi argomenti non si parla granché, se non nelle pagine di cronaca nera.

«In effetti sono cose di cui magari i giornali scrivono, ma senza effetti pratici su chi legge. Il problema è la ricezione. E’ l’idea che questa storia non si possa raccontare, perché si è sviluppata una sorta di impermeabilità in chi dovrebbe conoscere i fatti. Rivendico il diritto di essere “allarmista”, se questo può servire a qualcosa».

Come è nata l’idea di occuparsi proprio di mafia?

«In realtà abbiamo affrontato temi anche molto diversi (il G8 di Genova, la strage di Linate del 2001, il turismo sessuale infantile… ndr). E spesso abbiamo avuto dei problemi e delle reazioni pesanti. Quando poi si arriva a parlare di gente che agisce in modo barbaro, è inevitabile che sia barbara anche la reazione. Definire la nostra  attività “teatrale”, è un po’ limitarla. Perché è fondamentale il lavoro di studio, di coordinamento delle notizie e dei fatti».

Da quando vivi sotto scorta, ormai si parla di te come “dell’attore anti-mafia”. Immagino che la definizione ti vada un po’ stretta…

«Vivere sotto scorta non è un merito. Fa paura una società che dà patenti di credibilità a seconda della scorta che hai dietro. In Italia ci sono 670 persone che vivono in questa situazione, alcune delle quali sono davvero in prima linea. Siamo in un Paese in cui chiunque abbia il coraggio di esporsi viene minacciato. Io faccio semplicemente il mio lavoro, la cosa in cui credo. In alcuni ambiti mi considerano un attore, in altri un giornalista. Chi fa teatro pensa che io mi dedichi troppo al giornalismo di inchiesta per essere un attore. E i giornalisti mi ritengono un teatrante. La cosa scomoda è doversi ogni volta definire per evitare le definizioni degli altri. Faccio il mio lavoro con la scrittura, il giornalismo, il teatro, e ora anche la politica, cercando di non lasciare che certe azioni criminali rimangano impunite».

Cos’è che ti fa più paura nell’Italia di oggi?

«L’indifferenza. La disaffezione nel coltivare la propria coscienza. Al di là delle politiche più o meno colluse, la cosa che veramente mi preoccupa è l’ignoranza intenzionale come arma di difesa. Mi piacerebbe vivere in una paese in cui fosse obbligatorio prendere una posizione. Su questa cosa dovremmo essere tutti d’accordo, trasversalmente. Non è possibile che chi prende posizione diventa un eroe. Dovrebbe essere una cosa normale. L’eccezione dipende dalle azioni di chi denuncia o dalla pavidità di tutti gli altri?».

Fabrizio Tassi

 

Sabato 6 marzo: Giulio Cavalli al convegno "Mafia & Antimafia in scena"

Promosso dal Consorzio Cooperativo “O. Romero” nell’ambito del Prog. “Percorsi di Cittadinanza e Legalità”Patrocini: Ass.to Scuola e Formazione Regione E. R/Prov. di R. E./ USP di Reggio Emilia

Con il sostegno di Confcooperative prov.le di R. E.

SABATO 6 MARZO 2010 – ore 10.15/12.45

REGGIO EMILIA Centro Malaguzzi – Via Bligny, 1/R. E.

Mafia & Antimafia… in scena

LEGALITA’, CINEMA E TEATRO. TRA SAPERI E TESTIMONIANZE

Incontro fra punti di vista diversi e “interessati” al ruolo del cinema e del teatro di impegno civile.

Professionalità dedicate all’analisi, alla produzione e alla diffusione della cultura, dialogano e propongono

una modalità diversa di leggere la mafia e la sua penetrazione nei diversi settori della società.

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Ore 10.15: SALUTO DELLE ISTITUZIONI

Mauro Ponzi / Presidente del Consorzio Coop.vo “Oscar Romero” di R. E.

Introduzione: Rosa Frammartino, direzione scientifica del Progetto

INTERVENTI

  • Cinema e Teatro civile in un quadro culturale europeo

Cristofer Gordon, docente alla London City University e Prof. ospite Università di Torino e Bologna

  • Mafia, cinema, streotipi. La mafia nel cinema di Pietro Germi e “Il figlio della prof.ssa Colomba” ovvero: Storia di un film mai nato

Claudio Bondì, docente all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Regista e scrittore

  • I linguaggi di scena: strumenti di costruzione della democrazia

Enrico Bernard, Regista e drammaturgo. Critico e storico del teatro

  • Il palcoscenico: luogo di cittadinanza, di racconto, di denuncia

Giulio Cavalli, regista e attore

Info:

dr.ssa Rosa Frammartino (cell. 338 3873640 / mail: rosa.frammartino@alice.it)

Consorzio Oscar Romero – tel 0522440981 mail: info@consorzioromero.org

 

Dal diario di MICROMEGA: Formigoni rimandato e il lombardismo del carciofo

Tira sempre un vento di traverso nei mercati tra i gazebi con manifesti e santini che si sparpagliano tra le mani e si piegano in quattro per entrare nelle borse. In questi giorni Milano è un vento di sbieco tra la campagna elettorale che finge di alzare la voce ma lascia solo un po’ di chiasso, buoni propositi e carta straccia. La gente ai mercati ascolta le voci elettorali e prende i volantini senza nemmeno rallentare il passo; automi dalle proposte tutte intorno. Ai piedi delle edicole gli strilloni ci urlano dello sbando del “Celeste” Formigoni che probabilmente sclerotizzato dal comando regionale si incaglia tra i fili banali di un listino: come un Sultano da Grande Impero che si arrende sconsolato al coperchio di una scatoletta di tonno.

Ci sarebbero tutti gli ingredienti perché questo vento di traverso sia una folata aspra che si infila dentro il collo. Ma il mercato non rallenta nemmeno il passo e discute dei carciofi troppo dolci e di questo inverno che sembra lungo un anno. Se fa il tonfo il re – sembra dire- che lo faccia in silenzio e senza alzare troppa polvere.

Dall’altro angolo dell’incrocio arrivano le chiacchierate ruvide tra catarro e sciarpe di un manipolo di sdegnati. Borbottano che non si può mica non votare per un inghippo della legge. La politica non si può rallentare per la legge. Il concetto è malsano ma esibito con la pancia del venditore che ama sé e il suo banchetto. Se non fosse Milano questa piazza sotto il vento potrebbe essere una città autistica di un paese qualunque.

Dovrebbe essere l’alba della campagna elettorale questa mattina all’angolo. Ma ha il sapore sporco della sera come se niente fosse. Ha gli sguardi persi del treno nel vagone che ti riporta a casa. Formigoni, il listino, il ricorso, i litigi tra le faide, Lega e PDL, l’applauso colluso a Di Girolamo ambasciatore senza pena, La Russa intruppato senza truppe che ammonisce, Berlusconi e la sua banda amatoriale che strimpella male come alla sagra del Paese, il ballo di Roberto e Letizia come un valzer delle cere: tutti arresi. All’angolo del mercato tutti arresi al lombardismo del carciofo.

Sono quasi le sei del pomeriggio. Mentre scrivo Formigoni è stato respinto. E tra un quarto d’ora il brodo è sul fuoco.

http://temi.repubblica.it/micromega-online/elezioni-regionali-il-diario-elettorale-di-giulio

6 marzo: A 100 PASSI DAL DUOMO a Cinisello Balsamo

Sabato 6 marzo 2010 alle h21:00 si terrà lo spettacolo teatrale di Giulio Cavalli “A cento passi dal Duomo” a Cinisello Balsamo (Mi). L’evento avrà luogo in una splendida sala di Villa Ghirlanda, sita in Via Frova 14. L’ingresso è libero. Dopo lo spettacolo si terrà un breve dibattito alla presenza del candidato indipendente Idv al Consiglio Regionale Giulio Cavalli e Giuseppe Civati, candidato del Partito Democratico.

Anch’io sto con Sergio Nazzaro

Sottoscrivo completamente l’appello di Pietro Nardiello per ARTICOLO21 a sostegno dell’amico Sergio Nazzaro. Contro questo uso strumentale e intimidatorio dell’arme della querela per zittire l’informazione e l’opinione intellettualmente onesta.

di Pietro Nardiello

In queste ore i giudici sostengono che “le mafie sono entrate a pieno titolo in Parlamento” e, mentre accade tutto questo, un’altra espressione dello Stato pensa a querelare e a cercare di mettere il bavaglio a quei giornalisti che quotidianamente raccontano, onorando il diritto di cronaca e d’informazione, i territori del nostro Paese affamati e resi schiavi proprio dalla criminalità organizzata presente e attiva nelle espressioni più varie.

Il caso specifico riguarda il giornalista e scrittore Sergio Nazzaro querelato (si può leggere il documento allegato) dall’onorevole del PDL Mario Landolfi. Scorrendo le pagine del documento si legge che Sergio Nazzaro avrebbe, con i suoi articoli, “costituito una vera e propria campagna diffamatoria” con cinque articoli pubblicati rispettivamente sul settimanale Left e su siti internet tra il 25 maggio del 2006 e il 27 gennaio del 2009. Tutto in apparenza normale se non fosse per la data, febbraio dell’anno in corso, riportata dalla richiesta di risarcimento di 25.000, 00 notificata a Nazzaro. Dunque, secondo l’onorevole Mario Landolfi un giornalista pone in essere con i suoi articoli una campagna diffamatoria nei suoi confronti in un arco temporale di oltre tre anni e lui ritiene opportuno querelarlo dopo un anno dalla pubblicazione dell’ultimo articolo in questione?

Un’azione del genere mi crea stupore perché a poche settimane dalle elezioni, un appuntamento molto importante anche per la regione Campania e la provincia di Caserta, un’azione del genere non può che essere letta come l’ennesimo atto intimidatorio di una politica incapace di difendersi nei luoghi indicati, il Parlamento, ma dispotica e arrogante che utilizza l’arma della querela per intimorire chi cerca, con difficoltà, di svolgere questa professione mantenendo la schiena dritta.

Non sono più accettabili atteggiamenti del genere. I giornalisti hanno il dovere di raccontare i fatti, di descrivere le vicende di questo Paese dove le mafie sembra siano diventati voce autorevole e in più di un caso addirittura classe dirigente.

Raccontare le storie che avvengono in terra di camorra è diventato molto pericoloso, ed è per questo che dobbiamo far sentire a Sergio Nazzaro la nostra vicinanza.

Io sto con Nazzaro perché voglio un Paese dove si possono, finalmente, raccontare i fatti; io sto con Nazzaro perché voglio un Paese dove i Politici cacciano dal Parlamento gli inquisiti e i condannati senza se e senza ma; io sto con Nazzaro perché sono stanco di vedere la gente del mio Sud emigrare a causa della morsa criminale; io sto con Nazzaro e chiedo alla Direzione di Articolo 21 di aprire sul sito del quotidiano una raccolta di firme dei tanti, che in queste ore, vorrebbero esprimere la propria solidarietà a Sergio.

Lettera aperta a Mario Calabresi, direttore de La Stampa

Caro direttore,

ho avuto modo questa mattina di leggere il Suo giornale, come ogni mattina e mi sono ritrovato citato nell’articolo “Torna la Binetti ma e’ con Casini” a firma del giornalista Carlo Bertini in cui vengo inserito tra le candidature appartenenti al mondo dello “Show business” a fianco dell’igienista berlusconiana Nicole Minetti e altri “colleghi”.

Le confesso, direttore, che sono più che abituato alle diverse e banalizzanti etichette che in questi anni mi sono meritato da semplicistiche penne che hanno incrociato la mia storia; non ultima quello dell'”attore minacciato dalla mafia” che anche il Suo giornalista e’ andato a ripescare. Per questo Le confesso che sono preparato a leggere in gran quantità accostamenti più o meno in malafede con “uomini di spettacolo” che dovrebbero essere solo note di colore e di costume di questa prossima campagna elettorale.

Non riesco pero’ (per la stima che ho per Lei, la Sua storia, e il Suo giornale) a trattenermi dall’esprimerle il mio rammarico nel scoprire che proprio Voi avete aperto questa strada.

Chieda a mia moglie o ai miei figli o ai miei collaboratori quanti lustrini delle show business hanno in una giornata che e’ scandita dalla scorta e dalla mancanza di libertà e serenità. Chieda ad Addiopizzo, Libera e le altre associazioni con cui mi onoro di collaborare da anni nelle piazze, nelle scuole e nei convegni, quanto ci sia di “spettacolare” nelle nostre attività. Chieda ai famigliari delle vittime di mafia con cui abbiamo elaborato testi e progetti quanto la preservazione della memoria sia un lavoro carbonaro e non certo merce da palcoscenico.

Le etichette banalizzanti e gli accostamenti incauti sono molto più sconfortanti delle pallottole anonime, caro direttore. E Lei questo dovrebbe saperlo bene. Accostare il mondo che con umiltà e fatica cerco quotidianamente di rappresentare a vallette o quant’altro e’ perlomeno ardito.

Certo di un Suo riscontro.

Con immutata stima

Giulio Cavalli

Quanto è stata privata la scuola pubblica?

La Lombardia è una delle regioni più ricche d’Italia. Lombardia è la patria del capitalismo italiano, del benessere, del liberismo e delle opportunità. Dicono. Eppure questa opulenta Regione non riesce ad assicurare ai suoi studenti un sistema scolastico dignitoso e accessibile a tutti. Prima di analizzare la situazione delle istituzioni scolastiche lombarde, mi preme citare e ricordare due articoli della Costituzione Italiana:

  • Art. 33: L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali. È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale. Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
  • Art. 34: La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.

Gli artt. 33 e 34 della Carta Costituzionale dovrebbero essere i pilastri sui quali edificare il sistema scolastico regionale, invece in Lombardia ci si trova di fronte a situazioni opposte al modello costituzionale.

Il comma 3 dell’art.33 è quello che mi colpisce di più, in quanto assolutamente disatteso dall’esecutivo della nostra Regione. Si afferma che enti e privati possono istituire scuole senza oneri per lo Stato. Il bonus scuola dato “per la libertà di scelta” dalla Regione Lombardia per pagare le rette delle scuole private non è un onere per lo Stato? Gli 827 milioni di Euro erogati dal 2001 sotto forma di bonus scuola non pesano sul bilancio regionale?

E poi mi chiedo quale sia la libertà di scelta di cui continua a parlare Gianni Rossoni, l’Assessore all’istruzione della Regione Lombardia. Quale famiglia può scegliere di pagare 8.000, 9.000 Euro all’anno per una scuola paritaria o privata con un contributo regionale di soli 1.050 Euro? Non vi è alcuna libertà di scelta in questo, bensì il bonus rappresenta un dono per famiglie che non ne hanno bisogno.

Vorrei, a questo punto, chiarire che non sono contrario alle scuole private, sono contrario al fatto che i soldi pubblici debbano finanziarle, soprattutto in un momento in cui le istituzioni scolastiche pubbliche stanno crollando. Il crollo della scuola pubblica non è una semplice immagine suggestiva, è quello che realmente accade. Il Liceo classico Rebora di Rho (zona Fiera) quando piove si allaga, sul tetto vi è l’amianto e ci sono tegole di eternit rotte. Da dieci anni alunni e insegnanti aspettano una nuova sede. A Milano in zona San Siro cinque anni fa è stata rasa al suolo una scuola media ad indirizzo musicale, perchè vi era il progetto di ricostruirla in chiave più moderna. La scuola non è stata mai ricostruita e al suo posto vi è un enorme buco di acqua stagnante. Sono solo due esempi, tuttavia rappresentano perfettamente la situazione delle istituzioni scolastiche in Lombardia. Mi chiedo come sia possibile finanziare scuole private, seppur in modo indiretto, e lasciare la scuola pubblica in queste situazioni di estrema difficoltà. Mi chiedo quanto risponda ai principi della politica per la collettività la scelta che uno studente di una scuola privata costi circa 478 Euro, mentre il suo collega alla scuola pubblica solo 3,31 Euro.

Mi sembra fondamentale erogare finanziamenti alla scuola pubblica per farla sopravvivere, vivere, crescere e renderla competitiva anche a livello internazionale. Le risorse che si gettano a fondo perso per i bonus, ovvero per una libertà di scelta che in concreto non esiste, dovrebbero essere opportunamente erogate per le scuole pubbliche.

Molti demagoghi della politica continuano ad affermare che vi è equiparazione tra scuola pubblica e privata, si sdegnano di fronte alle critiche parlando di libertà di scelta. Eppure se vi fosse equiparazione ci dovrebbero essere gli stessi diritti e gli stessi doveri per le scuole pubbliche e per quelle private. Ebbene non è così. La scuola pubblica, ad esempio, non può rifiutare l’iscrizione di un bambino portatore di handicap, mentre le scuole paritarie possono. La direttrice de “La zolla”, scuola privata di Milano, afferma: “ci sono scuole che per scelta non accettano i bambini disabili perché, comunque, accettare un disabile richiede delle risorse finanziarie, perché un disabile richiede un insegnante di sostegno pagato interamente”. E’ forse il riflesso di una libertà di scelta il fatto che nelle scuole private i disabili siano l’1% e gli extracomunitari in numero pari allo 0%?

La scuola ex art. 34 c.1 Costituzione non dovrebbe essere aperta a tutti?