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Ora manca solo qualche anonimo che passi il video in cui Salvini brinda con i magistrati

Quelli che pretestuosamente da settimane parlano di conflitto tra poteri per abbattere la giudice Iolanda Apostolico che a Catania ha giudicato illegittimo (come altri suoi colleghi) il decreto Cutro ieri hanno scritto un comunicato stampa per ringraziare pubblicamente una corrente della magistratura.

La Lega di Salvini si è congratulata con Magistratura indipendente per non avere votato il documento dell’Anm che ha espresso solidarietà alla giudice Apostolico

La Lega guidata da Matteo Salvini ieri ha preso carta e penna per congratularsi con Magistratura indipendente, la componente delle toghe riferibile alla destra, per non avere votato il documento dell’Associazione nazionale magistrati che ha espresso solidarietà a Apostolico dopo gli attacchi ricevuti da membri del governo accusato di voler “intimorire ogni giudice che dovesse assumere un’interpretazione non gradita o allineata ad un certo indirizzo politico“.

La magistrata catanese era stata attaccata frontalmente anche dalla diffusione di un video pubblicato dal ministro alle Infrastrutture e leader della Lega Matteo Salvini. In quel filmato Apostolico è presente a una manifestazione di protesta contro lo stesso Salvini – allora ministro all’Interno – per la sua gestione di migranti a bordo della nave Diciotti.

A poche ore dal voto dell’Anm la Lega ritiene “doveroso ringraziare Magistratura indipendente per la saggezza e l’equilibrio a commento del documento dell’Anm che esaspera la contrapposizione istituzionale. Una posizione, quella di Mi, che certamente è condivisa dai giudici che non operano in base a pregiudizi o ideologia e che hanno provato imbarazzo per i colleghi che invece ignorano valori come sobrietà, autocritica, responsabilità“. Ora manca solo qualche anonimo che passi il video in cui Salvini brinda con i magistrati.

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L’inflazione in calo non è merito suo: ora Meloni smentisce se stessa

Hanno consapevolmente mentito, ancora, e ancora una volta è il sito Pagella Politica a trovare nero su bianco la riga in cui il governo smentisce sé stesso. Da mesi Giorgia Meloni e componenti del governo ripetono la manfrina dell’inflazione che rallentava grazie alle politiche dell’esecutivo.

Nel documento programmatico di bilancio per il 2024, pubblicato il 17 ottobre dal ministero dell’Economia e delle Finanze, l’esecutivo ha però cambiato idea, scrivendo che l’inflazione è rallentata non per l’operato del governo.

Tra palco e realtà

Pagella Politica sottolinea la frase: “Le evoluzioni interne all’area dell’euro sono, tra i fattori di livello internazionale, quelli in grado di condizionare in modo più rilevante l’economia italiana e la sua finanza pubblica. In questa fase si riscontrano dinamiche molto simili a quelle italiane”.

La si può leggere nelle righe iniziali del documento in cui il governo italiano spiega le misure di legge contenute nella finanziaria del 2024 inviato alla Commissione europea. “L’inflazione di fondo, in rallentamento da aprile, si è portata al 5,5 per cento in settembre”, scrivono da Palazzo Chigi, riferendosi agli ultimi dai Istat.

“Il calo dei prezzi dell’energia e la postura restrittiva della politica monetaria sembrano quindi favorire la convergenza dell’inflazione verso i valori giudicati coerenti con la stabilità dei prezzi”, sottolinea il Documento programmatico di bilancio, aggiungendo che “la Banca centrale europea (Bce) prevede che nel 2025 il tasso di inflazione scenda a un livello grossomodo in linea con l’obiettivo del 2 per cento”.

Sono dichiarazioni dal tenore opposto rispetto a quelle sentite per settimane nelle interviste e nei comunicati stampa. Il rallentamento dell’inflazione italiana è dovuto principalmente all’abbassamento dei costi dell’energia (indipendenti dalle scelte politiche del governo) e per l’alzamento dei tassi della Banca centrale europea.

Sull’inflazione il governo smentisce se stesso

Eppure lo scorso 28 giugno proprio Giorgia Meloni alla Camera in vista del Consiglio europeo dei giorni successivi pronunciò parole opposte: “La semplicistica ricetta dell’aumento dei tassi intrapresa dalla Bce non appare agli occhi di molti la strada più corretta da perseguire”, disse la presidente del Consiglio, aggiungendo che “non si può non considerare il rischio che l’aumento costante dei tassi finisca per colpire più le nostre economie che l’inflazione, e cioè che la cura si riveli più dannosa della malattia”.

Anche il ministro agli Esteri, Antonio Tajani, in quei giorni era intervenuto sul rialzo dei tassi deciso dalla Bce definendosi “deluso”, mentre il ministro alle Infrastrutture Matteo Salvini parlò di una scelta “contro il buonsenso”. Anche sui meriti del governo le voci erano di ben altro tenore.

Come ricorda Pagella Politica lo scorso 9 agosto, in un episodio della videorubrica Gli appunti di Giorgia, Meloni aveva dichiarato che gli aumenti dei tassi di interesse decisi dalla Bce avevano generato una situazione “nella quale aumentano i prezzi” e pochi giorni dopo il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso (FdI), aveva detto che il governo Meloni aveva “dimezzato” l’inflazione.

Solo lo scorso 5 ottobre il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Tommaso Foti, aveva scritto che “grazie al Governo Meloni l’inflazione è passata dall’11,8% a 5,3%”. “Le iniziative messe in campo dal Governo, per consentire alle famiglie meno abbienti di fronteggiare il caro vita, funzionano”, scriveva il partito. Ora ci hanno ripensato. O forse più banalmente ora sono stati costretti a scrivere ciò che hanno sempre saputo e taciuto.

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Meloni può lasciare chi vuole, ma la sua maggioranza non dia lezioni di virtù – Lettera43

Sul fatto che la sfera personale e privata sia o no anche “politica” si dibatte ogni volta. Quanto possa essere “personale”che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si separi via social un venerdì mattina dopo due giorni in cui una rete televisiva legata a un partito di governo ha evidenziato i censurabili comportamenti dell’ormai ex dimenticabile compagno Andrea Giambruno, è tutto da vedere.

Com'è nata la storia d'amore, ormai naufragata, tra Giorgia Meloni e l'ex compagno Andrea Giambruno? Ecco il racconto.
Giorgia Meloni e Andrea Giambruno (Instagram).

Figli e bambini di serie A  di serie B

Dicono che non ci debbano finire in mezzo i bambini. L’affermazione tagliata così appare pressoché incontestabile. Eppure di minorenni dati in pasto dalla politica ne abbiamo visti decine. Ci sono ad esempio i figli delle coppie omogenitoriali presi a calci dalla politica con l’iter parlamentare della controversa proposta di legge, presentata da Fratelli d’Italia, che intende rendere la gestazione per altri reato universale, ossia perseguibile se commesso all’estero da un cittadino italiano. Trentatré certificati di nascita relativi a 33 coppie di mamme registrati dal sindaco Sergio Giordani dal 2017 a oggi sono state impugnate a Padova, dopo Milano, e potrebbero provocare dei figli orfani per decreto perché la politica si è interessata del “personale” proprio “mettendo in mezzo dei minori che non c’entrano nulla”. Non lo diciamo noi, lo dice chiaramente il Parlamento europeo che condanna le istruzioni impartite dal governo italiano al Comune di Milano di non registrare più i figli di coppie omogenitoriali. Ritiene che questa decisione porterà inevitabilmente alla discriminazione non solo delle coppie dello stesso sesso, ma anche e soprattutto dei loro figli, ritiene che tale azione costituisca una violazione diretta dei diritti dei minori, quali elencati nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989 ed esprime preoccupazione per il fatto che tale decisione si iscriva in un più ampio attacco contro la comunità LGBTQI+ in Italia. Questo è “personale” o “politico”?

Definire usa e getta i matrimoni finiti degli altri è personale o politico?

Nel 2019 Giorgia Meloni votò contro la legge cosiddetta “sul divorzio breve” dicendo «no al matrimonio usa e getta soprattutto in presenza di figli. I bambini non sono un dettaglio: vanno tutelati sempre». Definire “usa e getta” i matrimoni finiti degli altri è “personale” o “politico”? Credere che la tutela dei figli passi per il mantenimento di relazioni che non funzionano solo per incagli burocratici è “personale” o “politico”?

Meloni può lasciare chi vuole, ma la sua maggioranza non dia lezioni di virtù
Giorgia Meloni al villaggio Coldiretti (Imagoeconomica).

Attaccare la giudice Apostolico tirando in ballo il figlio è personale o politico?

Ancora. I recenti attacchi alla giudice Iolanda Apostolico di Catania presa di mira dalla maggioranza di governo per avere applicato leggi che smontano il decreto Cutro hanno riguardato anche un risibile processo (finito in un’assoluzione) di suo figlio: sono un aspetto “personale” o “politico”? E questo è solo uno delle decine di casi di magistrati che sono stati attaccati dalla politica su aspetti personali e non nel merito delle loro decisioni. Il caso del calzino turchese del giudice Mesiano che solo un giorno prima aveva condannato la Fininvest a pagare una multa milionaria per danni alla Cir di Carlo de Benedetti è un caso-scuola: ripreso mentre andava dal barbiere e giudicato per il colore delle calze. È “personale” o “politico”?

I consigli per evitare di essere stuprate erano politica o paternalismo d’accatto?

Ancora. I membri dei partiti di maggioranza che per settimane hanno giudicato le scelte personali della scrittrice Michela Murgia ritenevano che fosse un aspetto “politico”? Ancora: tutte le volte che i partiti di maggioranza (ma anche lo stesso Giambruno con il noto lupo) hanno spiegato alle donne come dovrebbero comportarsi per non essere molestate o peggio ancora stuprate hanno fatto “politica” o paternalismo intervenendo nella sfera privata? Un esempio recente: la presidente del Consiglio che interviene sui suoi social su uno spot pubblicitario entrando nel dibattito sulla rappresentazione delle coppie separate è un atto “personale” o “politico”? Ma soprattuto: decidere quale sia la formula giusta della famiglia che rispetti le tradizioni e decidere chi possa amare chi e in quale modo è una questione “personale” o “politica”?

Ognuno è libero di vivere come crede, a disturbare è l’ipocrisia

Questa maggioranza ha costruito la sua propaganda su tre aspetti che non hanno nulla a che vedere con il ruolo istituzionale. Dio rientra in una sfera religiosa e quindi privata all’interno di uno Stato che si definisce laico per Costituzione. La famiglia è il risultato di volontà (e incidenti, come la presidente del Consiglio ha appena provato sulla sua pelle) che non hanno nulla a che vedere con la politica. La Patria tanto decantata è inserita, per Costituzione, all’interno di ordinamenti di legge sovranazionali. Non funzionerà l’ipocrisia dei moralisti di governo. Giorgia Meloni è libera di prendere le decisioni personali che preferisce e come preferisce, Matteo Salvini è libero di avere figli con chi preferisce. Nessuno li giudica. Molto semplicemente stiamo facendo notare che è l’ipocrisia che ci disturba perché lancia falsi segnali virtuosi.

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Mollato da Giorgia e Rete 4: Giambruno paga pure i conflitti d’interessi

La politica sta nell’ultima frase con cui Giorgia Meloni annuncia sui social l’addio al compagno Andrea Giambruno dopo 10 anni e una figlia: “Tutti quelli che hanno sperato di indebolirmi colpendomi in casa, sappiano che per quanto la goccia possa sperare di scavare la pietra, la pietra rimane pietra e la goccia è solo acqua”.

Nei corridoi del Parlamento e nei messaggi dei suoi compagni di partito non ci vuole troppo a capire che quel “tutti” non si riferisce all’opposizione ma ha un indirizzo preciso: è la strada che collega Mediaset di Pier Silvio Berlusconi a quel che rimane di Forza Italia.

Già in occasione del secondo fuori onda trasmesso da Striscia La Notizia – era l’altro ieri sera quando la presidente del Consiglio ha deciso di mettere un punto – da Palazzo Chigi è partita un’immediata richiesta di spiegazioni agli alleati di governo che attraverso l’asse Tajani-Confalonieri hanno delicatamente chiesto spiegazioni a Berlusconi Jr.

Giambruno e l’ipotesi ritorsione: la partita di Mediaset

La risposta ufficiale è di un “Antonio Ricci che da sempre non si può controllare” e che autonomamente avrebbe deciso di colpire Meloni. Dall’azienda fanno sapere che la ritorsione potrebbe essere contro Berlusconi per avere compresso il programma, ma Meloni e i suoi non ci hanno creduto nemmeno per un attimo.

Riaffiorano a molti le istantanee del governo che si stava per insediare con Berlusconi padre che ai suoi diceva: “Il compagno di Meloni lavora per noi”. In quei giorni convulsi Meloni disse apertamente di “non essere ricattabile” ma i berlusconiani hanno imparato sulla propria pelle che un avversario lo si logora anche di sponda usando gli affetti. Chiedete a Gianfranco Fini sbriciolato passando dalla compagna, dal suocero e dal cognato.

Una cosa è certa: le televisioni di Berlusconi fanno molta più politica di quanto riescano a fare i suoi reduci in Parlamento. Nel centrodestra in queste ore si prova la scottatura di un conflitto di interessi irrisolto per decenni e che sembra avere ancora colpi in canna.

Qualcuno avanza l’ipotesi che questo sia il contraccolpo per le mosse del governo agli eredi di Silvio, dalla tassa sugli extraprofitti alle banche al taglio delle produzioni cinematografiche. Altri fanno notare che “l’uomo un passo indietro alla compagna premier” sarebbe stata la soluzione migliore per tutti, se Giambruno non avesse voluto invece scalare posizioni all’interno di Mediaset. I più fantasiosi bisbigliano che tutto sia accaduto in modo così pulito da poter essere concordato.

Un reality show

Nei palazzi del potere, anche quelli che sostengono Meloni, fanno notare che non si può sbrigativamente bollare come “relazione” un rapporto che ha dato alla luce una figlia, ancor di più dopo la lagna sulla famiglia “tradizionale”. Che Striscia La Notizia abbia altri video, perfino peggiori, di Giambruno è un segreto di Pulcinella.

Si dice che Ricci abbia deciso – per ora – di non mandarli in onda. Per aspettare cosa Meloni piantando in asso Giambruno è riuscita a ottenere un sostegno bipartisan che allontana l’attenzione dalla Legge di Bilancio deludente e dal suo scippo al Parlamento con lo stop agli emendamenti.

Ancora una volta l’agenda della politica è stata distolta da altro. Giambruno dovrà passare sotto le forche caudine di Mediaset che l’ha sospeso e che promette di valutare i comportamenti alla luce del suo codice etico. “Sono questioni personali”, ripetono dalla maggioranza ai giornalisti. Ma il personale è politico e la politica è un reality show. L’ha inventato Silvio il metodo. Solo un deputato di maggioranza si lascia scappare una frase: “Io non esagererei troppo con Giambruno nella punizione. Non sappiamo quante cose sa”.

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Detenuto morto a Oristano: un altro caso Cucchi?

Se c’è una cosa che ci ha insegnato la morte di Stefano Cucchi, barbaramente ucciso di botte il 22 ottobre del 2009 mentre si trovava in custodia cautelare, è che le morti in carcere a volte non sono come sembrano. Stefano Dal Corso aveva 42 anni quando è stato ritrovato morto nella sua cella del carcere Massama di Oristano, in Sardegna.

Primo responso: suicidio, impiccato a una finestra. In fretta arriva l’archiviazione senza nemmeno l’autopsia. Non ne sono convinte la sorella Marisa e l’avvocata Armida Decina che invece sottolineano ostinatamente di pestaggi, punti di sutura, lividi e strangolamenti. In particolare una telefonata ricevuta da Marisa Dal Corso da parte di una persona “ben informata” sui fatti accaduti all’interno del carcere: “Tu devi andare avanti. Devi fargli fare l’autopsia, assolutamente. Gliela devi far fare!”.

A Stefano mancavano poche settimane per la scarcerazione. Sarebbe tornato dalla compagna e dalla figlia. Che senso avrebbe avuto uccidersi proprio quando iniziava la discesa L’avvocato Decina parla di testimonianze contrastanti, acquisite in ritardo o mai raccolte, così come di guasti alle telecamere di sicurezza del reparto di infermeria del penitenziario. C’è poi il cappio del suicidio, ricavato dal lenzuolo di un letto che tuttavia era perfettamente rifatto, con un taglierino che l’avvocata Decina non ha mai potuto vedere, oltre al problema principale della prima indagine, ovvero l’autopsia mai effettuata. “Le urla di dolore di Stefano si sentivano per tutta la sezione dove era recluso. Mio fratello, la sera prima del 12 ottobre del 2022, quando venne trovato morto in cella, subì un pestaggio da parte delle guardie”, dice la sorella. Abbiamo imparato la lezione di Cucchi?

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Assicurazione scolastica gratuita. Ma lo spot del governo è una fregatura

Una pubblicità ingannevole si aggira per le radio, sulle reti televisive a tra i social network. La firma il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, guidato da Maria Elvira Calderone, che avvisa festoso: “Sai che quest’anno le famiglie avranno una spesa in meno? Non dovranno pagare l’assicurazione per la scuola. Lo farà lo Stato”. Solo che le cose non stanno esattamente così e i genitori degli studenti, gli insegnati e i dirigenti scolastici ora devono far fronte al caos.

Pubblicità ingannevole del ministero del Lavoro. L’assicurazione scolastica la paga lo Stato. Invece è a carico dei genitori

Come spiega Davide Leo su Pagella Politica la nuova impostazione della tutela assicurativa all’interno delle scuole fa riferimento alle norme contenute nel cosiddetto decreto “Lavoro” dello scorso maggio che, dice il ministero, estende “l’ambito di applicazione dell’assicurazione contro gli infortuni nei settori dell’istruzione e della formazione, finora limitata agli ambienti di laboratorio e alle palestre è stato esteso a ogni ambiente di istruzione e formazione, comprese le attività di orientamento al lavoro”.

Finora un alunno che si infortunava a scuola, ma al di fuori delle attività scolastiche, non aveva nessuna copertura. Ora l’estensione della copertura tutela tutti gli infortuni scolastici che causino un’inabilità temporanea superiore a tre giorni. Solo che quest’assicurazione non ha nulla a che vedere con quelle che autonomamente ogni istituto scolastico ogni anno stipulano per coprire le eventualità che solitamente l’assicurazione Inail non copre. L’assicurazione integrativa che viene fatta pagare normalmente ai genitori copre gli eventuali infortuni e danni civili provocati per coprire la responsabilità civile degli insegnati dai danni provocati a terzi dagli studenti.

Come sottolinea la Flc (il sindacato della scuola della Cigl) l’assicurazione pagata dallo Stato è scoperta anche relativamente agli infortuni, i pacchetti previsti dalle assicurazioni integrative prevedono generalmente, a seconda dei costi individuali scelti e del grado di scuola, la copertura di tutti gli infortuni occorsi agli alunni anche di lieve entità, il rimborso di tutte le spese sostenute a causa dell’infortunio, compreso il danneggiamento di protesi, occhiali o in alcuni casi del vestiario, spese odontoiatriche diarie da gesso, danno estetico, lezioni private e rimborsi per la perdita del bagaglio e l’assistenza sanitaria all’estero per i viaggi di istruzione.

Il Fact checking di Pagella Politica smaschera l’esecutivo. E la Cgil attacca: “Danno alle scuole e famiglie beffate”

Si tratta di prestazioni che, come ben sanno le scuole, evitano nella maggior parte dei casi il contenzioso giudiziario conseguente alla richieste di risarcimento dei danni subiti dagli alunni durante le attività, con benefici a vantaggio delle scuole stesse e soprattutto delle famiglie, specie di quelle meno abbienti che non possono permettersi spese legali. Così in questi giorni molte scuole hanno chiesto il pagamento dell’assicurazione aggiuntiva ingenerando confusione tra le famiglie che hanno visto il fuorviante spot del ministero. A Pagella Politica una lettrice ha mandato una lettera inviata a tutti i genitori dalla preside dell’istituto scolastico frequentato dalle sue figlie.

Nella lettera la dirigente scolastica chiarisce ai genitori che hanno comunicato che non pagheranno l’assicurazione integrativa perché “già pagata dal ministero”, che la campagna pubblicitaria del ministero “non ha chiarito a sufficienza che le coperture delle due assicurazioni non sono equivalenti”. Dura la Cgil: “Ancora una volta, dunque, la propaganda politica prende il sopravvento sulla corretta informazione, – scrive il sindacato – questa volta a danno delle scuole e della loro credibilità, delle famiglie e della stessa amministrazione scolastica”. Al momento dal ministero non è arrivata nessuna risposta.

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Gli “amichevoli” (con gli evasori)

Di fronte a una platea di commercialisti riuniti al Lingotto di Torino il viceministro dell’Economia Maurizio Leo ha strappato applausi alla platea con il grimaldello più facile della politica fiscale: «le sanzioni vanno ridotte», ha dichiarato Leo, come racconta Diego Longhin su Repubblica in edicola oggi. 

Leo ha promesso due «decreti per la revisione dello Statuto del contribuente e per la revisione degli adempimenti e dei versamenti» per «adeguare le sanzioni alla media Ue» ma soprattutto il viceministro l’ha detto chiaro e tondo: «sulla lotta all’evasione occorre cambiare verso o saremo sempre al solito punto di partenza visto che il tax gap oscilla tra 80 e 100 miliardi. Cambiamo rotta, anche perché fino ad ora non è stato fatto nulla. Ora proviamo con la politica del dialogo».

Quindi il governo che si inalbera quando viene definito “amico degli evasori” dichiara apertamente di voler utilizzare con gli evasori un approccio amicale. Non male.

Sia chiaro: ogni governo ha il legittimo diritto di applicare le modalità che ritiene più opportune. È stato votato proprio per quello. A noi da fuori però rimane il diritto di sottolineare almeno un paio di cose: la prima è che la schizofrenia di voler apparire “sceriffi con l’evasione” mentre regolarmente si favoriscono gli evasori è una contraddizione che non funziona e non funzionerà; poi c’è quella vecchia regola delle opportunità secondo cui ogni governo decide nei paraggi della Legge di Bilancio dove prendere i soldi e soprattutto dove non prenderli.

Varrebbe la pena almeno assumersi le proprie responsabilità. 

Buon venerdì. 

Nella foto: il viceministro dell’Economia e finanze Maurizio Leo durante l’incontro governo-sindacati per la riforma fiscale, 14 marzo 2023 (governo.it)

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Cattivi maestri in cattedra. Il libro di Vannacci adesso si studia a scuola

Che un libro come quello del generale Roberto Vannacci rischiasse di diventare un best-seller in questo particolare momento storico era prevedibile, ma che potesse diventare addirittura materiale scolastico è la definitiva certificazione dell’abisso.

In una classe del liceo scientifico “Ribezzo” di Francavilla Fontana il libro del generale Roberto Vannacci è stato adottato come strumento per dibattere di attualità

In una classe del liceo scientifico “Ribezzo” di Francavilla Fontana , in provincia di Brindisi, il libro Il mondo al contrario del militare ormai idolo della destra più becera è stato adottato come strumento per dibattere di attualità. Secondo la docente di Lettere Giulia Schiavone, che ha deciso di dedicare alcune ore di educazione civica proprio al contestato libro, il testo (prima autopubblicato e ora riedito dalla casa editrice riminese Il Cerchio) aiuterebbe “a sviluppare il pensiero critico”.

“Le tesi del generale sono pensiero critico”

“Il libro consente di parlare di diversi campi, dalla famiglia alla patria, dall’ambiente all’energia, questi sono i capitoli del libro – precisa la professoressa Schiavone -. I ragazzi hanno la possibilità di confrontarsi con un libro dal quale possono prendere le distanze, perché per prendere le distanze da un libro bisogna leggerlo”. In un servizio della rete televisiva Antenna Sud alcuni studenti sembrano essere d’accordo: “Sviluppa il pensiero critico – dice un ragazzo -. A giugno dovremmo sostenere un esame e un colloquio orale, dovremmo ragionare su vari argomenti”. Un suo compagno gli fa eco: “Possiamo fare collegamenti pluridisciplinari, troviamo la tesi e l’antitesi. Poi soprattutto le fonti, tendenzialmente non sono molto affidabili”.

Sarebbe curioso sapere quali siano le fonti affidabili nella frase “lo straniero che non si integra nel tessuto della terra che lo accoglie non è più un immigrato, ma diventa un invasore” o nel rivendicare “termini che fino a pochi anni fa erano nei nostri dizionari: pederasta, invertito, frocio, ricchione (…) sono ormai termini da tribunale”. Sarebbe curioso conoscere anche la ricerca scientifica che giustifichi la descrizione delle femministe come “le moderne fattucchiere” che “sostengono che solo il lavoro e il guadagno possono liberare le fanciulle dal padre padrone e dal marito che le schiavizza”.

Chi ha voluto il testo del generale rivendica la scelta. Guarino e Vittorino si rivoltano nelle tombe

Si possono serenamente bollare come antiscientifiche molte dichiarazioni del sedicente intellettuale sull’omosessualità e sulla fantasiosa idea delle “razze”. Del resto proprio il dirigente di un altro liceo (lo scientifico “Filippo Brunelleschi” di Afragola) aveva annullato la presentazione del libro di Vannacci “per motivi contingenti – spiegò ai giornali – soprattutto perché, lo ha detto lo stesso Generale nella prefazione: ‘…questo libro è destinato ad un pubblico adulto e maturo…’. E noi abbiamo dodicenni/diciottenni”. La dirigente scolastica di Francavilla Fontana invece rivendica la scelta: “I ragazzi sono stati inseriti in un ambiente e in un contesto che gli permette la libertà di trattare degli argomenti e di trarne delle considerazioni proprie ma indirizzate attraverso l’approfondimento delle fonti, verso un senso critico che devono acquisire verso quello che gli arriverà nella loro vita”, ha spiegato difendendo la scelta della professoressa.

Qui sta il punto sostanziale: essere controversi perché omofobi, razzisti e barbari nei valori è uno spunto? Basta mettersi d’accordo. Nella pedagogia l’esempio è stato sempre considerato come provvisto di una grande forza dimostrativa ed educativa. I nostri grandi maestri ed educatori del Quattrocento, Vergerio e Vegio, Guarino e Vittorino, facevano dipendere per gran parte l’efficacia dell’educazione dall’esemplarità del maestro e del padre. Ora siamo arrivati all’esempio inverso. Protagonista: l’ex generale e futuro candidato Roberto Vannacci.

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Mr. Giambruno in Meloni. Un perno per l’opposizione

Potrebbe sorgere il dubbio che il giornalista Andrea Giambruno, compagno della premier Meloni, sia un infiltrato dell’opposizione. Di sicuro ogni volta che le sue gesta diventano pubbliche riesce a scalfire un po’ l’autorevolezza che Giorgia con tanta fatica si sforza di simulare. L’ultimo video che impazza è stranoto: in un fuori onda durante la sua trasmissione “Diario del giorno” su Rete 4 il giornalista riesce a condensare una sfilza di figure barbine.

Giambruno è la reincarnazione del maschilismo berlusconiano e di molti uomini molesti nei luoghi di lavoro: un capolavoro di uomo fanfarone

In mezzo a una sequela di parolacce dà sfoggio del suo ciuffo con vanità adolescenziale da tiktoker: “Ma non mi rompessero il ca** con il ciuffo, ho 42 anni e ce li ho i capelli, qua dentro sono tutti pelati, non mi rompessero i cog**”, dice Giambruno evidentemente divertito dal suo bullismo ostentato. Nel frattempo cammina avanti indietro per lo studio, alternando passi da sciantosa con i capelli al vento e ravanate sui genitali come da decalogo del perfetto macho.

Poi il tono cambia avvicinandosi alla sua collega che definisce “acculturata” (mica colta, non sia mai) con cui gigioneggia a metà tra l’uomo “lupo” (sua definizione) e l’esperto di moda. Così il siparietto di incaglia sul blu “Estoril” che secondo Giambruno sarebbe meglio del blu “Cina”. Non è un caso che l’estoril sia una tonalità da carrozzeria.

Infine non poteva mancare il pat pat sulla testa della collega, visibilmente imbarazzata dal corteggiamento sbruffone. Giambruno è la reincarnazione del maschilismo berlusconiano e di molti uomini molesti nei luoghi di lavoro: un capolavoro di uomo fanfarone. Non c’è dubbio, Giambruno è l’uomo “tradizionale” che sarebbe ora di dismettere. Ma in compenso è un perno dell’opposizione.

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Meloni fabbrica di balle. Inattendibili o quasi il 59% degli interventi

Non ha certo valore statistico ma indica un’innegabile tendenza: dal 22 ottobre 2022, giorno dell’insediamento dell’esecutivo, ad oggi il 59 per cento delle dichiarazioni della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che il sito Pagella politica ha sottoposto a fact-checking, è risultato impreciso o poco o per nulla attendibile.

Ad oggi il 59 per cento delle dichiarazioni della premier Meloni è risultato impreciso o poco o per nulla attendibile

Pagella Politica ha verificato 200 dichiarazioni della presidente del Consiglio Meloni: a 26 dichiarazioni sono stati dedicati articoli singoli di fact-checking, mentre le altre 174 dichiarazioni rientrano in articoli con più affermazioni verificate, pronunciate per esempio durante i discorsi in Parlamento o in conferenze stampa. Il sito le ha suddivise in tre categorie: e dichiarazioni “attendibili”, quelle “imprecise” e quelle “poco o per nulla attendibili”. Le dichiarazioni “attendibili” – scrive Pagella Politica – sono quelle corrette o con lievi omissioni, le dichiarazioni “imprecise” sono quelle in cui Meloni ha commesso alcuni errori o ha omesso alcuni dettagli importanti, mentre le dichiarazioni “poco o per nulla attendibili” sono quelle quasi o del tutto scorrette”.

Fact-checking alla mano, le dichiarazioni “attendibili” sono state 82 (il 41 per cento sul totale), quelle “imprecise” 51 (il 25,5 per cento), mentre quelle “poco o per nulla attendibili” 67 (il 33,5 per cento). Sostanzialmente in più della metà dei casi Meloni non ha detto la verità e forse sarà per questo che nel corso del suo mandato ha sviluppato un evidente fastidio per i giornalisti. Nel suo libro La versione di Giorgia, scritto con Alessandro Sallusti, Meloni scrive: “Governare dicendo sempre la verità è fondamentale: chi non lo ha fatto, e sono stati tanti, alla fine ha sempre pagato un conto salato. Mentire, o tacere, è un’opzione furba nel breve termine e stupida nel medio periodo”. Ma soltanto in quel libro su 27 dichiarazioni ben 7 sono “poco o per nulla attendibili” mentre 11 sono imprecise.

La premier ha mentito anche quando nega di avere promesso il taglio delle accise

Ha mentito sul non avere mai rilasciato “un’intervista a un giornale straniero per attaccare il governo italiano in carica” (sono almeno quattro), ha mentito anche quando nega di avere promesso il taglio delle accise, e ha mentito ancora sullo “speronamento”, mai avvento, della capitana della della nave Ong Sea Watch 3 Carola Rackete, solo per citare gli esempi più lampanti. Nel 2022 nei video della rubrica “Gli appunti di Giorgia”, Meloni è stata più imprecisa e a volte poco attendibile.

Nelle ultime settimane, per esempio, la leader di Fratelli d’Italia ha ripetuto varie volte, in maniera fuorviante, che “la moneta elettronica è una moneta privata” e che nella scorsa legge di Bilancio non c’era un condono fiscale, un’affermazione non supportata dai fatti. Sempre nel corso del 2022, sia prima che dopo aver assunto l’incarico di presidente del Consiglio, nel mese di ottobre, le imprecisioni maggiori di Meloni hanno riguardato, tra le varie cose, anche le regole sul funzionamento del Reddito di cittadinanza e gli effetti di questa misura sul mercato del lavoro.

Su 200 dichiarazioni della presidente del Consiglio esaminate da Pagella Politica solo il 41% risulta pienamente realizzato

La maggior parte delle 200 dichiarazioni verificate durante il suo mandato ha riguardato l’economia (88 dichiarazioni, pari al 44 per cento del totale), seguita dall’immigrazione (23 dichiarazioni, 11,5 per cento) e dal lavoro (19 dichiarazioni, 9,5 per cento). Con un particolare: la presidente del Consiglio ha fatto dichiarazioni più attendibili durante i discorsi ufficiali. Per esempio il 25 ottobre 2022, in occasione del discorso alla Camera in cui ha chiesto ai deputati di dare al governo la fiducia, Meloni ha fatto 13 dichiarazioni attendibili sulle 18 che sono state verificate da Pagella Politica. In situazioni di responsabilità la presidente del Consiglio è molto più accorta. Forse anche per questo non ama i giornalisti.

 

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