Vai al contenuto

INTERVISTA – Giulio Cavalli, autore teatrale che vive sotto scorta

Nuovasesto – 22 gennaio 2010
Con le mie parole sfido la mafia silenziosa
Da sempre porta in scena teatro civile e di denuncia, da due anni si è concentrato sull’antimafia, e da nove mesi vive per questo sotto scorta. Le minacce sono arrivate dopo lo spettacolo “Do ut Des”. Giulio Cavalli, 32 anni, autore teatrale prima che attore, è l’animatore di quello che sta diventando un  punto di riferimento per il dibattito e l’informazione anti-mafia.
E’ il Teatro Nebiolo, a Tavazzano con Villavesco (LO), di cui Cavalli è direttore artistico e dove opera con la sua compagnia, la Bottega dei Mestieri Teatrali. E dove si svolgono incontri e presentazioni: magistrati di rilevanza nazionale come Giancarlo Caselli, Alberto Nobili e Antonio Ingroia e protagonisti in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata come I.M.D. (agente del reparto Catturandi della polizia di Palermo). Questi gli ospiti solo delle ultime due settimane.
Lo scorso 11 gennaio Cavalli ha annunciato la sua candidatura come indipendente nella lista dell’Italia dei Valori per le elezioni regionali: “Ho quelle due caratteristiche che nella politica italiana probabilmente ti tutelano più di tutto: non essere ricattabile e non essere a disposizione” dice. Tra le proposte, un’agenzia regionale per i beni confiscati e una commissione antimafia che prenda atto di quello che il prefetto aveva consigliato al sindaco Moratti. “Oppure – aggiunge – estendere, almeno nel periodo dell’Expo, i controlli sulle attività a maggiore rischio d’infiltrazione, come la movimentazione terra e il nolo a freddo”.

Lo scorso 5 gennaio hai ricevuto il premio “Pippo Fava” [giornalista catanese ucciso dalla mafia nel 1984, ndr] per la categoria giovani. Cosa ha significato per te?

E’ particolarmente significativo perché Fava era un teatrante, così com’era un giornalista, un pittore, un drammaturgo, uno scrittore, e così come fondamentalmente era Pippo Fava, qualsiasi cosa facesse. E allora rispetto a essere paragonato al Paolini, al Celestini, al Fo di turno – che comunque fa sempre piacere -, se c’è un personaggio particolarmente vicino alla non identificabilità, alla non etichettabiltà era lui. Ricevere quel premio dai suoi figli è abbastanza una soddisfazione.

Com’è vivere sotto scorta?

Normalissimo. In Italia sono 660 le persono sotto scorta, c’è gente che lo fa da quaranta anni. Siamo il paese in cui gente come Caselli, Chinnici ha vissuto con i sacchi di sabbia davanti alla porta. Forse il cambiamento più grosso è di sapere che ci sono delle istituzioni che credono che tu abbia il diritto di continuare a fare quello che fai. Non la vedo la notizia sinceramente.

A chi e perché dai fastidio con i tuoi spettacoli, qui al Nord?

Tutte le mafie sono anche al Nord, loro qui hanno bisogno di essere carsici, del silenzio e nel momento in cui qualcuno alza la voce e soprattutto viene ascoltato allora è inevitabile. Sul campo della cultura, dell’arte, della bellezza, della parola che vive nella relazione – come il teatro – non sanno rispondere, sono dei sub-culturati, e allora reagiscono in questi modi.

Questo dimostra la forza dell’anti-mafia culturale.

La sconfitta della criminalità organizzata sta nella solidarietà, e quindi è un lavoro culturale. Perché la mafia è l’espressione del non essere solidali, quindi dell’interesse per pochi a scapito della comunità. Quello che è incredibile è che siamo un paese che considera eroi gente come me o Roberto [Saviano ndr] ma poi considera un vizio desueto la solidarietà. Non è un caso che il portatore sano dell’anti-mafia in Italia sia Don Ciotti.

Come è nato l’interesse sulle mafie al Nord?

In realtà abbiamo cominciato a parlare di mafie. Nel momento in cui cominci a parlare succede quello che è successo a me e sembra quasi che qui al Nord tu debba giustificarti. Allora fai uno spettacolo in cui dici: attenzione, “cosa nostra” non è “cosa loro”, a Milano sono 60 anni che esiste. Ambrosoli è stato ammazzato a Milano, Calvi è di Milano, Sindona è di Milano, Raul Gardini è di Milano, quindi c’è una storia che ogni tanto è bene ricordare.

Sembra che una consapevolezza rispetto a questo fatto manchi ancora nell’opinione pubblica. Come la pensi a riguardo?

Il problema fondamentale è che tutti i consapevoli non si auto-ghettizzino, e invece è una cosa che si è portati a fare. Borsellino diceva: parlatene ovunque, l’importante è che se ne parli. La Lombardia probabilmente non è pronta a una commissione o un movimento antimafia, nel senso largo della sua popolazione, semplicemente perché non ha alfabetizzazione sulla mafia. La mia domanda è: un processo di alfabetizzazione è l’obbligo culturale della politica?

Matteo Del Fabbro

Martedì 2/02 conferenza stampa Giulio Cavalli e Dario Fo

e determina quindi un nuovo inizio, allora può trasformarsi in una catarsi salvifica.
In scena Cavalli racconterà di una città dove all’alba di un certo giorno tutta la produzione energetica va al collasso.
E tutti si risvegliano in un ambiente che ha fatto un passo indietro di almeno un secolo”.
Dario Fo

————————————————————————————————————————

Carissimi

Il 4 febbraio 2010, alle ore 21, debutta in prima milanese al Teatro Oscar
“L’apocalisse rimandata ovvero benvenuta catastrofe” con Giulio Cavalli
dal romanzo omonimo di Dario Fo e Franca Rame.

Si tratta di un potente testo di denuncia, strampalato e lucido al tempo stesso. Un bell’esempio di teatro civile,
documentato e coraggioso, interpretato da un “portatore sano di parole”, come ama definirsi Giulio Cavalli.

Lo spettacolo sarà presentato martedì 2 febbraio alle ore 11,30 presso la sala stampa di Palazzo Reale
Ad intervenire saranno il Premio Nobel Dario Fo, il regista e attore Giulio Cavalli,
il presidente di Legambiente Lombardia, Damiano Di Simine e il direttore artistico del TieffeTeatro Emilio Russo.

Maddalena – 3406968133 -0236592538
stampa@tieffeteatro.it

Giullarata d’inchiesta
dal 4 febbraio al 28 febbraio 2010
L’apocalisse rimandata ovvero benvenuta catastrofe
di e con Giulio Cavalli
L’inchiesta su Napoli è realizzata da Giulio Cavalli con la collaborazione di Emiliano Fittipaldi
Disegni di Dario Fo
Teatro Oscar  – Via Lattanzio, 58 – Milano
Orari spettacolo:   mar. ore 21 – mer. ore 19.30  da gio. a sab. ore 21 – dom. ore 17
lun. riposo – durata 1h15’
Orari biglietteria: dal lunedì al sabato dalle ore 16 alle 19
Prenotazioni allo 0236503740 – info@tieffeteatro.it –
Info spettacolo: www.tieffeteatro.it
Bottega dei mestieri teatrali: www.teatronline.com – info@bottegadeimestieriteatrali.it

________________________________________

Il doppio gioco del doppio incarico

Ieri si è ufficialmente deciso che per un deputato è legittimo esercitare il doppio incarico di parlamentare e sindaco o presidente negli enti locali. La giunta per le elezioni della Camera ha dichiarato a maggioranza (8 voti contro 3) compatibili i 9 onorevoli-amministratori targati Pdl e i 3 leghisti. Mettendo la parola fine all’istruttoria aperta nel 2008. Intanto i nomi: gli infaticabili sono i pidiellini Maria Teresa Armosino, presidente della Provinica di Asti, Luigi Cesaro, presidente della Provincia di Napoli, Edmondo Cirielli, quello della omonima legge sulla prescrizione, presidente della Provincia di Salerno, Nicola Cristaldi, sindaco di Mazara del Vallo, Antonello Iannarilli, presidente della Provincia di Frosinone, Giulio Marini, sindaco di Viterbo, Antonio Pepe, presidente della Provincia di Foggia, Marco Zacchera, sindaco di Verbania. E infine altri due leghisti, Ettore Pirovano, presidente della Provincia di Bergamo e Roberto Simonetti della Provincia di Biella. Daniele Molgora nel campo invece risulta addirittura un fuoriclasse: è deputato del Carroccio alla Camera, sottosegretario all’Economia al fianco di Giulio Tremonti e presidente della Provincia di Brescia. Il tutto condito (manco a dirlo) con la triplice compensazione economica. Del resto i bonifici (a differenza degli intestatari dei conti correnti) hanno, loro sì, la capacità di essere onnipresenti comunque.

Del resto a Milano abbiamo già il fulgido esempio di Lucio Stanca che (nonostante il cognome) si sdoppia tra la sua attività di parlamentare e quella bazzeccola di impegno come amministratore delegato della SoGe (la società di gestione di Expo). Da quando è ad infatti le presenze in aula del deputato sono crollate. Nel 2008 ha partecipato al 98,26% delle votazioni in aula, 113 su 115. A ottobre 2009 Stanca è mancato al 95,78% delle votazioni. Alla domanda  posta da una giornalista di Repubblica ha risposto: “Devo rispondere ai miei elettori e al gruppo del Pdl, non certo a Repubblica. Lo scriva, lo scriva bene ‘non certo a Repubblica’” aggiungendo “Certo che sprecate molta carta, eh? Queste sono le mie responsabilità: gli elettori del Pdl e il gruppo del Pdl, non Repubblica”.

Il doppio ruolo è uno scippo all’impegno. Il gioco tutto in difesa di occupare poltrone per non avere il problema di dovere scegliere a chi cederle. Il gioco infame di occupare togliendo spazio alla partecipazione, elemento essenziale della libertà.

Mentre i cacicchi continuano a spandersi come gelatina sulle poltrone prevedibilmente si alzerà l’ennesima levata di scudi ma poichè l’esercizio dell’osservazione non è strumentale nè strumentalizzabile, sarebbe meglio che alcuni professionisti dell’indignazione facile si guardassero le tasche prima di dare fiato alle trombe. Accanto a questi esempi più eclatanti infatti ne esistono di più sommersi ma non per questo meno infimi: il gioco di occupare gli spazi con truppe cammellate per impedire la partecipazione e l’iniezione di energie nuove è una malattia presente anche nella pratica del partitismo italiano, nella costruzione coatta di “gradimento obbligatorio a cascata” e nel “divide et impera” della vecchia politica dei politicanti ciclicamente riciclati.

La responsabilità della solidarietà si annaffia con l’apertura. Comunque. E in tutti i campi.

Giulio Cavalli con L'APOCALISSE RIMANDATA di Dario Fo in scena a Milano

Dallo strampalato e lucido testo teatrale, tragico e comico al tempo stesso, ispirato all’omonimo romanzo pubblicato nel 2008 da Guanda Editore del premio Nobel Dario Fo, un potente spettacolo di denuncia: e se un giorno nel mondo finisse il petrolio? Le lampadine smetterebbero di illuminare, i frigoriferi di raffreddare, niente più benzina per le auto e per i mezzi di trasporto. In un batter d’occhio crollerebbero le borse e il denaro non avrebbe più valore. Uno scenario apocalittico, ma forse anche l’occasione per una rinascita…

Giulio Cavalli, “portatore sano di parole”, come ama definirsi, dopo il successo allo scorso Napoli Teatro Festival, mette in scena al Teatro Oscar in prima milanese dal 4 febbraio 2010 questa “giullarata d’inchiesta”, violenta e livida come urgenti sono gli argomenti trattati.

Solo in scena per poco più di un’ora, con alle spalle una “città-macchina” futurista, simbolo della Terra ansimante, che si blocca smettendo di inquinare. Su uno schermo, l’incessante susseguirsi di dipinti, acquerelli e schizzi realizzati proprio da Fo, paesaggio visivo e sonoro su chi si muove questo “teatro d’inchiesta”.

Con graffiante ironia ma basandosi su una documentazione puntuale e accurata, dopo lavori come “A 100 passi dal Duomo”, “Linate, 8 ottobre 2001”, “Bambini a dondolo” e “Do ut des”, Cavalli, giovane lodigiano senza peli sulla lingua, parte dall’inquinamento per poi toccare anche altre tematiche con tecnica teatrale, ottimo utilizzo dello spazio e appassionata verve.

 

dal 4 al 14 febbraio

Teatro Oscar, Milano

Indirizzo: Via Lattanzio, 58 | Mappa

Come arrivare: MM3 Lodi – 90-91-92 – tram 16

PER ACQUISTARE I BIGLIETTI CLICCA QUI

Un impegno per l’ambiente da portare in Regione

Come mi è capitato spesso di ripetere durante questo inizio di campagna elettorale sono convinto che la mia candidatura e il mio eventuale ruolo in Regione Lombardia debbano significare soprattutto l’essere il portatore responsabile delle proposte del mondo dell’associazionismo e della cittadinanza attiva che da anni lavorano per il territorio. Per questo ho studiato con attenzione il progetto di legge degli amici di Legambiente Lombardia e, fin da subito, ho deciso di assumermi l’impegno di garantire il mio personale sostegno perchè possa diventare quanto prima legge a tutela dell’ambiente. della qualità della vita e delle generazioni future della Lombardia. Credo che le associazioni siano l’espressione più democratica delle “primarie” tra i cittadini poichè si costruiscono la propria credibilità solo con il consenso del territorio. Questa sarà la prima di una serie di proposte di legge che annunceremo in campagna perchè sia scritta chiaramente la nostra attività all’interno del Consiglio Regionale, riprendendo l’invito che fece già Micromega di dichiarare fin dalla campagna elettorale i propri obbiettivi senza proclami, slogan o linee guida confuse e inconsistenti.

PROGETTO DI LEGGE N. 0409
di iniziativa di Damiano Di Simine Presidente LegambienteLombardia

______
“Norme per il contenimento del consumo di suolo e
la disciplina della compensazione ecologica preventiva”.

Per lungo tempo l’attività edilizia, in un passato ormai lontano, è stata strettamente associata ad una contestuale attività di costruzione di spazi urbani di convivenza e di socialità, nonché di produzione e scambio economico connesso ad una attività agricola e forestale di cura del suolo.

Da tempo questa contestualità è venuta meno: gli edifici spesso si appoggiano alle infrastrutture come oggetti isolati, senza costruire spazi urbani e l’attività edificatoria è ormai totalmente separata dall’attività di cura del suolo. Le stesse infrastrutture si appoggiano alla terra senza che ci si domandi quali rapporti mutano e quali effetti producono.

E’ quindi urgente riattivare un circuito virtuoso tra attività edilizia e ricostruzione della natura, non solo per ragioni ecologiche, di per sé già sufficienti, ma anche perché gli spazi aperti con forte contenuto naturalistico sono oggi più che mai elementi decisivi per definire l’abitabilità, la vivibilità e la qualità di un territorio. Essi, combinandosi con la conduzione agricola nel disegno di un territorio, devono concorrere a ripristinare un paesaggio in cui le comunità ritrovino le coordinate di una identità smarrita nella crescita senza freni degli ultimi decenni.

L’obiettivo di questo progetto di legge è pertanto duplice:

– da un lato limitare l’uso edificatorio del suolo, evitando di produrre in tutto il territorio disponibile livelli di urbanizzazione che in alcune parti della regione hanno già raggiunto la non sostenibilità,

– dall’altro legare ogni attività edificatoria su suolo libero ad una contestuale attività di costruzione di natura e di ambiente negli spazi aperti.

La presente proposta di legge intende informare l’attività edilizia ad un principio di responsabilità: ogni trasformazione territoriale che determini alterazione o copertura permanente di suolo deve farsi carico dell’impatto determinato sull’ambiente in cui viene consumata una quota di risorsa-suolo. Ogni ipotesi di trasformazione si accompagna così ad un processo di valutazione della sostenibilità dell’intervento che la richiama.

Questo processo, riferito al momento della pianificazione, si traduce in una attenta valutazione sulla reale necessità di trasformare irreversibilmente un determinato suolo, anziché localizzare la funzione prevista in aree dismesse o sottoutilizzate.

Quando, alla fine del processo di valutazione, si giunge alla conclusione che l’occupazione di suolo libero sia inevitabile, interviene, nel progetto di legge, l’obbligo a carico del trasformatore di controbilanciare tale impatto a carico del trasformatore (pubblico o privato che sia), cedendo alla collettività – in altri lotti, in un intorno territoriale limitato al Comune – un credito ecologico.

Questo credito ha la funzione di compensare quella sottrazione di valori ambientali e paesaggistici connessi all’esistenza di una data porzione di suolo e che, pur con tutte le soluzioni mitigative poste in essere in fase progettuale, rimane da risarcire.

La compensazione ecologica preventiva agisce su due fronti: da un lato disincentiva il consumo di suolo e dall’altro trasferisce risorse al potenziamento e al consolidamento delle funzioni ambientali dei suoli liberi.

Il processo compensativo appena descritto è assimilabile a quella che fu l’introduzione degli oneri di urbanizzazione per la realizzazione dei servizi pubblici urbani. Se nel passato vi è stata necessità di condizionare il permesso di costruire alla fornitura di beni sociali (infrastrutture e servizi) necessari per l’abitare, oggi – in un periodo di evidente deficit ambientale ed ecologico e di risorse territoriali in genere – è indispensabile attribuire ad ogni trasformazione di suolo libero una responsabilità ambientale che si traduca in una sorta di onere ecologico, attraverso il quale si possa generare nuova natura, altrove rispetto alla trasformazione, concorrendo a generare una dotazione ambientale.

L’esigenza di minimizzare il consumo di suolo, spesso associata all’idea di migliore utilizzo dell’esistente, è già contenuta in diverse fonti legislative. Non esiste però una norma che, in tal senso, vada oltre il valore di indirizzo o orientamento.

La presente proposta di legge scaturisce dalla necessità di conferire cogenza a idee ormai ampiamente condivise, la cui attuazione pare non più eludibile. Infatti oggigiorno l’espansione urbana avviene a spese di territori che in molte zone della regione sono le ultime aree disponibili e che, più in generale, l’erosione di valori ecologici e identitari, connessa alla compromissione di suolo e paesaggio, genera seri problemi ambientali, ma anche di coesione sociale e riconoscimento comunitario, traducibili anche in un danno economico. Siamo di fronte ad una progressiva perdita di patrimonio comune non ripristinabile, rispetto alla quale il legislatore è chiamato ad introdurre regole nuove, a tutela delle attuali e delle future generazioni.

Trattando di consumo di suolo, appare utile completare questa relazione con una definizione di “suolo”, che tra le tante disponibili, ci sembra la più pertinente: ‘il prodotto della trasformazione di sostanze minerali e organiche, operata da fattori ambientali attivi per un lungo periodo di tempo sulla superficie della Terra, caratterizzato da specifica organizzazione e morfologia, capace di provvedere allo sviluppo delle piante superiori e, pertanto, di assicurare la vita all’uomo e agli animali’. Tale definizione, tratta dalla vasta letteratura di scienze del suolo, ha oggi, nel nostro Paese, rilevanza meramente accademica, in quanto a tutt’oggi la nostra legislazione non attribuisce al suolo uno specifico ‘statuto’, che ne giustifichi una tutela in quanto risorsa ambientale limitata, non rinnovabile e pienamente ascrivibile alla categoria dei beni comuni, e che pertanto informi, tra le altre, la disciplina relativa alle trasformazioni delle superfici fondiarie.

Questa proposta di legge si muove nella direzione di un riconoscimento anche culturale prima che formale del bene suolo, con la consapevolezza che riconoscere a questa risorsa il pieno significato di ‘patrimonio comune’ (in questa sede come appannaggio della comunità regionale ma estendibile all’intera umanità, ferma la definizione di cui sopra) costituisce un imperativo non più rinviabile di riforma legislativa, che deve poggiare su adeguati principi di diritto nazionale e internazionale.

Non si tratta di introdurre nella legislazione lombarda una innovazione assoluta, poiché in Europa operano già da tempo leggi che attuano i medesimi principi, affrontando la tutela del suolo su un piano di regole, azioni e obiettivi, e dove il principio della compensazione ecologica preventiva è già strumento pienamente operativo.

LA PROPOSTA DI LEGGE COMPLETA QUI

Wakeupnews intervista Giulio Cavalli

Ed ecco a voi il saltimbanco della modernità

di Claudia Landolfi

Teatrante, attore, regista, scrittore. Sono tante e sempre limitate le definizioni che possono circondare la figura di Giulio Cavalli. Nella sua vita sembra quasi esserci un connubio totale con la parte artistica, e non si parla di una coerenza etica che si traspone nelle sue opere ma quasi di una missione, una strada intrapresa dalla quale probabilmente non si può fare ritorno. Sul palco, prima ancora di presentare un attore,  presta il suo volto e le sue idee.

Per questo gli chiediamo se crede che questo percorso, nel suo caso, sia davvero inscindibile e lui ci risponde, con massima chiarezza, che non può esistere, nel suo lavoro costante, una scissione tra il personaggio che sale sul palco e la persona che ogni giorno porta avanti una battaglia che si chiama “onestà prima di tutto”. È onestà e coerenza il lavoro quotidiano che in primis impegna il suo mestiere. Un percorso lungo e difficile che non può essere insegnato né appreso da maestri o uffici ufficiali. Questo è il percorso di una vita che si trasmette e si riceve ogni giorno dalla strada, nello scenario che fa da sfondo a questa Italia e non solo.

Ecco da dove proviene il teatro di Giulio Cavalli, il suo spirito nel raccontare e risvegliare le vicende che ci circondano. E come lui stesso dice : “Io non ho mai studiato recitazione, il mio mestiere non è quello dell’attore e di certo non è questo che sto inseguendo” . Proprio in quest’ottica dobbiamo cogliere il volto della scena: un palcoscenico come mezzo o come piazza per continuare a raccontare realtà e fatti che si incontrano in un’unica voce.

Più volte definito “Teatro civile”, Cavalli insiste come non sia nella forma ma nei contenuti che si sceglie il proprio posto. Se si vogliono utilizzare definizioni allora meglio quella di “Teatro partigiano”, e non perché si scelga uno schieramento ma perché ci si schiera, si sceglie d’essere e la parola, allora, diventa azione.

Non ci stupisce, quindi, la reazione forte e le intimidazioni provenienti dal mondo mafioso arrivate dopo la messa in scena del suo spettacolo Do Ut Des, riti e conviti mafiosi, debuttato nel maggio del 2008. Se la parola scavalca la narrazione ed esce dai giochi romanzeschi allora anche il teatro può diventare un luogo di minaccia; e Giulio Cavalli risulta essere il primo artista posto sotto scorta a seguito delle intimidazioni ricevute a fronte del suo spettacolo.

Ma è questa “la bellezza dell’impegno”. Un tutt’uno sulla scena e nella vita, senza mai rinunciare alla propria integrità e coerenza, anche quando la prepotenza prova a mettere silenzio e a bendare gli occhi. Siamo lontani dal teatro d’intrattenimento, dai trucchi di scena e dallo spettacolo del fuoco d’artificio.

Oltre al teatro Giulio Cavalli prosegue il suo lavoro d’informazione e denuncia tramite un programma d’emittente radio, Radio Mafiopoli.  Ma la novità più forte e di poco recente è la scelta della candidatura alle elezioni regionali in Lombardia, nelle province di Milano e Varese. Perché “se la bellezza dell’impegno non è un concetto teorico o una frase ad uso della stampa o delle televisioni” – come scrive lo stesso Giulio Cavalli- è giusto, allora, trasformare la teoria nei fatti.

“La politica è il mezzo con cui si può creare un cambiamento reale e profondo. La politica è la possibilità di elevare la qualità di vita di tutti, è la possibilità di creare una solidarietà che non compare solo per le emergenze ma è costante come l’avvicendarsi delle stagioni. Può essere vista come impopolare la candidatura? Può essere vista come contaminazione o addirittura corrosione di una mia integrità artistica ed esistenziale? Bene, che lo sia”.

http://www.wakeupnews.eu/public/wordpress/?p=8061

A Giulio Cavalli il premio "Campione per la Cultura"

Giulio Cavalli, “campione” di cultura. È andata all’attore lodigiano “anti-cosche” la statuetta di vetro della sezione cultura del premio Campione, riconoscimento ideato dai City Angels di Mario Furlan e arrivato alla nona edizione. Premiato ieri mattina a Palazzo Isimbardi, su di lui è caduta la scelta di quattordici direttori di prestigiosi quotidiani, tra cui Ferruccio De Bertoli del «Corriere della Sera», Ezio Mauro de «La Repubblica», Mario Calabresi della «Stampa», Gianni Riotta de «Il Sole 24 ore» e Carlo Verdelli della «Gazzetta dello Sport». Una sorta di “Oscar” della solidarietà, che ritrae la sagoma di uomo con un grande cuore in mano, realizzato da una cooperativa che dà lavoro a persone svantaggiate e destinato a chi lancia un esempio positivo attraverso i mass media. Tra i premiati per la sezione Scienza anche il premio Nobel Rita Levi Montalcini, mentre la statuetta in vetro alla Memoria è andato a Teresa Sarti, cofondatrice dell’associazione umanitaria Emergency. Il sindaco di Cassinetta di Lugagnago, Domenico Finiguerra, si è aggiudicato il premio Ambiente per il primo piano regolatore a crescita zero, il giornalista del Tg1 inviato in Abruzzo, Francesco Votano, ha ritirato il premio Comunicazione, Giustino Parisse, del quotidiano «Il Centro» di Pescare, che in quel terremoto ha perso i due figli e il padre, è andato quello per l’Informazione. Premiati anche la direttrice del carcere di Bollate, Lucia Castellano, e il provveditore lombardo delle carcere Luigi Pagano (Integrazione), Rosanna Banfi (Spettacolo), il calciatore Sidibe Moussa (Sport), la scuola elementare «Elsa Morante» per l’aiuto agli alunni rom. Il merito di Cavalli, secondo il direttore del free press «DNews» Gianni Cipriani, che gli ha consegnato la preziosa statuetta, sta tutto nel coraggio di «un attore anti-cosche partito da Lodi per portare la denuncia a casa loro – ha detto Cipriani, accennando alla tournée dell’attore in Sicilia con il suo Do ut des, spettacolo che ha scatenato le intimidazioni della criminalità organizzata fino all’escalation di minacce che ha portato Cavalli a essere il primo attore italiano sotto tutela fissa dello Stato – e che non ha piegato la testa». Per lui, dopo l’invito al Quirinale da parte del capo dello Stato lo scorso ottobre, l’ennesimo riconoscimento al lavoro di denuncia che ogni giorno porta avanti con i suoi scritti e i suoi spettacoli. «È un premio che mi fa davvero molto piacere – ha commentato a caldo Cavalli – anche perché arriva dai City Angels, una realtà che avevo già avuto modo di conoscere e apprezzare». Una statuetta che l’attore lodigiano sceglie di dedicare, «alle oltre 600 persone sotto scorta, magistrati, giornalisti, scrittori». Rossella Mungiello

DA IL CITTADINO L’ARTICOLO QUI

"CASA NOSTRA" – INCONTRO CON GIULIO CAVALLI

L’associazione giovanile “Fuori La Voce” invita tutti a
“Casa Nostra”, una serata in compagnia dell’attore, scrittore e regista teatrale Giulio Cavalli, autore di diversi spettacoli tra cui “A cento passi dal Duomo”, testo di condanna incentrato sulla presenza e l’attività delle cosche mafiose nell Nord Italia.
Con il suo aiuto cercheremo di capire come agisce la criminalità organizzata nella nostra provincia.

Vi aspettiamo numerosi il 28 gennaio, nell’Aula Consiliare del Comune di Cassina de’ Pecchi, a partire dalle h 21.00.

Messina, il fango e l’obbligo di non dimenticare Arte, teatro e poesia si incontrano al “Nebiolo”

Una cordata di artisti perché dal fango di Messina possa nascere un museo come centro propulsivo del tessuto economico e culturale di tutta la riviera jonica. Primo atto, venerdì sera al teatro Nebiolo di Tavazzano, per il “Museo del Fango”, un segno di speranza per ricominciare, tra le case inagibili e le strade che portano ancora i segni del disastro del primo ottobre scorso. Nella frana che travolse i centri abitati di Scaletta Zanclea e di diverse località del comune di Messina, tra Giampilieri Superiore e Marina, Altolia, Molino, Santo Stefano di Briga, Briga Superiore e Pezzolo, persero la vita 31 persone. A tre mesi dalla sciagura, il silenzio, mentre gli abitanti iniziano a tornare nelle loro abitazioni nonostante gli scarsi interventi per la messa in sicurezza dell’area.A testimoniare la protesta del mondo dell’arte per il «silenzio immediato» su quella tragedia, il pittore Michele Cannaò, il poeta Guido Oldani (entrambi nel direttivo del Museo della Permanente di Milano), la giornalista Angela Manganaro e l’attore Giulio Cavalli. Assente invece Marco Dentici, noto scenografo del cinema e della tv, impegnato nella preparazione di un lungometraggio sulla tragedia di Messina dal titolo I° Ottobre – una giornata caldissima, di cui sono stati proiettati in apertura i bozzetti video. «Ci siamo ritrovati per la prima volta il 5 ottobre, a pochi giorni dalla tragedia – ha raccontato Cannaò – non solo per riflettere su quanto accaduto, ma anche per capire come poter intervenire nell’immediato. Abbiamo capito da subito che le raccolte di fondi non sarebbero bastate. Serviva un’iniziativa che diventasse un vero e proprio punto di partenza per la rinascita». Da qui l’idea di raccogliere opere di pittori, fotografi, musicisti e scrittori in un unico centro culturale che inizierà le esposizioni il prossimo 30 gennaio. Una mostra a cui hanno aderito circa 70 artisti (tra loro, anche il premio Nobel Dario Fo), organizzata nel Palazzo dei Duchi di Santo Stefano a Taormina fino al 13 febbraio. Una sede provvisoria, in attesa della ristrutturazione di un monastero del Seicento a Giampielieri. Un’iniziativa circolare, «che parte da un piccolo paese come Tavazzano per arrivare in un altro piccolo paese come Giampilieri – ha detto la giornalista Angela Manganaro, che ha anche spiegato come il silenzio sia quantomeno sospetto in un’area interessata dal progetto del ponte sullo Stretto di Messina – : è un’area non coltivata da anni, una terra che, abbandonata a se stessa, non regge. Come molte altre terre della Sicilia. Su cosa lo costruiamo questo ponte? Su una terra che non regge?». Di grande pathos, l’excursus linguistico di Oldani sul tema del fango, poiché «in un mondo che soffre di una scellerata tradizione di gioire delle disgrazie e in cui tutti fanno beneficienza, ma solo dall’altra parte del globo, fare un “fango museale” è trovare un elemento primigenio della nostra filosofia». Oldani, prima di leggere due poesie composte per l’occasione, ha poi aggiunto, non senza ironia, qualche parola sull’incontro con il direttore del Nebiolo Cavalli: «Sapevamo che a Giulio era capitata qualche disavventura e noi siamo arrivati come cavalieri senza macchia e senza paura». Ros. Mun.

DA IL CITTADINO L’ARTICOLO QUI

 

Quelle cosche invisibili all’ombra del Duomo

A Tavazzano lo spettacolo-denuncia di Giulio Cavalli contro la ’ndrangheta. Se a Lonate Pozzolo la statua di Sant’Ambrogio può essere sostituita con quella di San Cataldo, se i Morabito possono permettersi di entrare con un «ferrarino» nell’«Orcomercato» di Milano, la Livigno dell’ndrangheta del Nord, se i «molto poco onomatopeici fratelli Porcino» possono vantare il controllo assoluto di un intero quartiere tra via Sarca e via Fulvio Testi, allora quei cento passi che separavano i boss da Palazzo Marino non ci sono più: «Non serve andare lontano, Gomorra è già qui». Applausi e indignazione per la prova dell’attore e autore lodigiano Giulio Cavalli, in scena sabato sera al Nebiolo con il suo «A cento passi dal Duomo», scritto a quattro mani con il giornalista Gianni Barbacetto, anche direttore di Omicron, osservatorio milanese della criminalità organizzata al Nord. Accanto a lui, a scrivere tempi e note di questa «favola scomoda» che è la mafia al Nord, il pianoforte di Gaetano Liguori. Ad aprire la piéce, la denuncia di Vincenzo Macrì, sostituto procuratore della direzione nazionale antimafia: «Milano è la vera capitale dell’ndrangheta, lo dico da anni e ora che c’è l’Expo non so più come dirlo», proiettata sul sipario chiuso, nel buio della sala. Inascoltata dalle istituzioni, ignorata dai cittadini: è Giulio Cavalli a dar voce a quella denuncia scavando negli atti dei maxiprocessi per mafia celebrati in Lombardia, annusando indagini e protagonisti, ricostruendo i legami «osceni» tra mafia e colletti bianchi, una zona grigia che coinvolge pezzi della criminalità organizzata e pezzi delle istituzioni.Una storia antica che Cavalli, coltivando un’urgenza di verità, porta in scena con ironia, poesia e pietas per l’uomo, solo una pedina nel grande monopoli a cui l’ndrangheta gioca da tempo nel cuore di Milano. Imprese edili che sfornano case e soldi puliti, rette da esponenti di spicco della seconda generazione, che però non possono cancellare l’odore di «ricotta e merda» dalle mani.Sono i figli trentenni dei boss nel confino dorato del Nord, quelli che girano in Suv, che forse hanno imparato ad azzeccare qualche congiuntivo, che non si abbuffano agli aperitivi, ma che non hanno perso l’abitudine di collezionare bazooka; è questo l’identikit dei mafiosi che ci circondano. «Una storia che non vuole sentire nessuno», fatta di nomi, cognomi e infami, fatta di indagini da cui emergono politici e insospettabili. Una storia che Cavalli sceglie di concludere assumendosi in pieno l’impegno della denuncia: con una sfilata di volti, sulla note di una celebre canzone popolare calabrese.

Rossella Mungiello

DA IL CITTADINO L’ARTICOLO QUI