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Il 2 ottobre a Roma, Circolo Montecitorio, estratti dallo studio "Nomi, cognomi e infami"

Il 2 Ottobre alle ore 20 presso il Circolo Montecitorio in Roma – Via dei Campi Sportivi, 10 Giulio Cavalli presenterà alcuni brani dallo studio per uno spettacolo “Nomi, cognomi e infami”.

La lettura scenica di Cavalli sarà preceduta da un dibattito sul tema “Informazione, cittadinanza e legalità” al quale prenderanno parte: Andrea Purgatori, giornalista e autore per il cinema e per la televisione, nonché coordinatore del gruppo dei Cento autori, Sergio Nazzaro, giornalista e scrittore, autore di Io, per fortuna c’ho la camorra e in uscita con Dubai Confidential (Elliot Edizioni) e MafiAfrica (Fazi Editore)Giulio Cavalli.

A moderare l’incontro Michele Mezza, vice-direttore di Rai International.
Un rinfresco allieterà la serata.
In allegato l’invito per tutti i nostri autori, lettori, amici, interessati a venire.

Per motivi organizzativi saremmo lieti se chi fosse interessato potesse inviarci una email di conferma della presenza all’indirizzo redazione@agoravox.it

 


 

NOMI COGNOMI E INFAMI (scheda provvisoria)

Di e con Giulio Cavalli
Musiche in Scena Di Davide Savaré
Produzione:
Bottega Dei Mestieri Teatrali
con il sostegno di
Fondazione Cariplo-Etre
Progetto realizzato in collaborazione con Verdenero

Storie eccezionali e persone normali, almeno così dovrebbe essere. Storie che dovrebbero verificarsi di rado, eccezionali appunto, e di persone come tante, normali appunto.
Ma così non è.  Perché ci sono storie che ci raccontano fatti che accadono troppo spesso e persone che per scelta o per forza si ritrovano ad essere meno comuni di tante altre.
Allora forse sono le storie ad essere diventate normali e le persone eccezionali, perché queste storie ci raccontano di mafia e di camorra, di soprusi, di ingiustizie, di violenza. Ma ci raccontano anche di persone che hanno scelto di non piegarsi agli ‘uomini d’onore’ perché l’onore, quello vero, è tutta un’altra cosa e a non farcelo dimenticare qualcuno ci deve pur pensare.

Uno spettacolo che è racconto, cronaca e discussione per scoprire alcune di queste storie. Giulio Cavalli narra in prima persona i fatti, i nomi, le facce di una vita che non ci appartiene e che non ha né onore, né dignità, una vita che stride di fronte a quella di persone come Don Peppe Diana, il prete ucciso a Casal di Principe per il suo impegno contro la camorra. Storie, per cercare di fare chiarezza intorno ai fatti che stanno dietro ad un omicidio tristemente noto, quello di Paolo Borsellino. O ancora per riportare alla luce fatti forse meno conosciuti, ma non per questo meno carichi di significato, come quelli che hanno per protagonista il magistrato Bruno Caccia, ucciso a Torino dall’ndrangheta per le sue indagini ‘troppo concentrate’ sulle attività illegali sviluppatesi in Piemonte.
Uno spettacolo fatto di vari episodi, interviste e ricostruzioni di chi questi fatti li ha davvero vissuti, come i testimoni di giustizia con le storie di Piera Aiello e Rita Atria, o come la vicenda dell’ assassinio mafioso di Giuseppe Fava riletto attraverso gli occhi di suo figlio Claudio.
Un percorso che attraversa le tante facce della malavita, anche con l’aiuto di chi quotidianamente la combatte come il magistrato Antonio Ingroia o le associazioni di ‘comuni cittadini’, come Legambiente, che portando avanti il proprio lavoro si sono scontrati con un’illegalità sempre più dilagante e hanno deciso di rispondere attivando la reazione di una parte della società civile.

Un percorso legato da un unico filo conduttore per mantenere viva la memoria, certo, ma anche per informare con dati e nomi, per dare voce a chi quotidianamente combatte una battaglia che troppo spesso sembra persa in partenza, per non cadere nella ‘normalizzazione’, per risvegliare le coscienze di una società civile che non può permettersi di ignorare quanto accade, perché se ne parli sempre, non si dimentichi e non si volti mai la faccia dall’altra parte.  

… “Caro picciotto, o se preferisci, visto che hai imparato a pettinarti e vestirti pulito, caro estorsore, o, se preferisci, caro esattore. E poi caro al tuo capo ufficio, quello che sta seduto a contare i soldi quando alla sera raccoglie le mesate del mandamento, quei soldi che vi auguro che vi marciscano in mano. E poi cari a tutti i falliti, perché è da falliti mangiare sulla metastasi della paura degli altri, oppure, per capirsi meglio, cari a tutti gli uomini d’onore, così ci capiamo meglio, così vi prendiamo dentro tutti e entriamo subito in tema. Sono un commerciante di parole, a volte me le pagano bene, e arrotondo sempre il peso prima di chiudere la vaschetta. […] Questa sera apro la saracinesca fuori orario e vi vengo a cercare io, ma mica per i cinquecento euro così sto messo a posto, ma perché avrei, dico almeno, un paio di domande, una cosa da niente, mica per capire dove non c’è niente da capire, ma per togliermi il peso. Il peso di una curiosità che alla fine cercate sempre di farci pagare nel mercato della vigliaccheria di cui siete i detentori.”… G.C.

 

L'agenda rossa sotto il cielo di Roma

di ANTIMAFIADUEMILA – 27 settembre 2009
Roma. L’impatto è notevole. Un migliaio di persone con le agende rosse in mano si impossessa di una piazza di Roma. Si stima che vi siano tra le 1500/ 2000 presenze, il solito balletto delle cifre rimbalza dalle forze dell’ordine agli organizzatori.
La realtà è che sotto un sole tutt’altro che autunnale un intero popolo proveniente da tutta Italia si è ritrovato nella Capitale con una richiesta specifica. Dove è finita l’agenda rossa di Paolo Borsellino?Chi e perché l’ha fatta sparire dalla borsa del giudice assassinato dalla mafia pochi minuti dopo lo scoppio dell’autobomba in via D’Amelio? Si tratta della seconda marcia del “popolo delle agende rosse” dopo quella del 19 luglio scorso a Palermo. Organizzata anche questa volta da Salvatore Borsellino e dal Comitato 19 luglio 1992 insieme all’associazione nazionale familiari vittime di mafia. Salvatore Borsellino è l’indomito condottiero di un vero e proprio esercito pacifico formato da quell’Italia onesta che pretende verità e giustizia.
Verso le 15,30 da piazza Bocca della verità parte finalmente il corteo dietro lo striscione: “Apri gli occhi osserva non chiudere le orecchie… ascolta… solo così sentirai il fresco profumo di libertà”.
In prima fila tra gli altri anche Luigi De Magistris, Nicola Tranfaglia, Sonia Alfano, Gioacchino Genchi, Pino Masciari e Benny Calasanzio.
Centinaia di agende rosse spiccano verso il cielo mentre si susseguono gli slogan gridati da questo fiume di persone. “Fuori la mafia dallo Stato”, “Fuori Mancino dal Csm”, ma anche “Fuori Dell’Utri dal Senato”, “Fuori Mastella dall’Europa” e ancora “Paolo è vivo e lotta insieme a noi”.Ma è il grido di Salvatore Borsellino “Resistenzaaa!!” a infuocare gli animi. E’ lui che fa da apripista con la sua agenda rossa alzata in alto.Poco prima delle 17 si arriva a Piazza Navona. Al centro è stato collocato un palco per gli interventi dei relatori. Salvatore legge la lettera di sostegno alla manifestazione scritta da sua sorella Rita impossibilitata a venire per i postumi di un’influenza.
Subito dopo è il giornalista Benny Calasanzio, familiare di vittime di mafia, a prendere il microfono. Tanta rabbia e sete di giustizia nelle sue parole con l’appello finale a tenere duro e a resistere. Resistenza. Come un leit motiv echeggia in ogni angolo di questa piazza. Anche nell’intervento del giornalista pugliese Gianni Lannes quando racconta della visita di Renato Schifani alla redazione de La Stampa in merito ad un’inchiesta, da lui non gradita, condotta su una superstrada in Sicilia. L’inchiesta di fatto non è stata più pubblicata e Lannes ha fondato un proprio giornale, Terra Nostra, subendo successivamente due attentati.
Subito dopo sale sul palco il testimone di giustizia Pino Masciari. “La persona che combatte il sistema viene isolata e messa da parte – esordisce Pino – ma io griderò sempre ad alta voce, io credo nelle istituzioni e nella giustizia e se tutti vogliamo questo paese può riemergere”. “Tutti insieme possiamo farcela – conclude l’imprenditore calabrese – perché combattere le mafie non significa essere schierati con un partito o con l’altro”. E in piazza non ci sono ne bandiere ne simboli di partito. L’Idv ha contribuito all’organizzazione dell’evento ma per mantenere intatta la pluralità della manifestazione è stato deciso di evitare qualunque strumentalizzazione politica.
La caporedattrice di ANTIMAFIADuemila, Anna Petrozzi esordisce con un profondo ringraziamento a Salvatore Borsellino “per averci unito nel nome di Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e tutti i martiri del nostro stato”. Il cuore del suo intervento riguarda proprio la strage di via D’Amelio e il furto dell’agenda rossa di Borsellino dietro il quale “si nasconde la chiave per capire cosa è successo veramente in quel biennio stragista”. Siamo di fronte a quegli ibridi connubi tra criminalità organizzata, centri di potere extraistituzionale, settori devianti dello stato che avrebbero messo in forse l’esercizio della democrazia nel nostro Paese. E che oggi si ripetono con gli attacchi a giudici come De Magistris, al sistema dell’informazione libera, della giustizia e della scuola.
“Dobbiamo protestare e alzare la voce – conclude Anna Petrozzi – ma soprattutto dobbiamo informarci, studiare, leggere, capire il nesso tra tutte le stragi che sono state realizzate nel nostro Paese e che ne hanno cambiato la politica. Le emozioni salgono e scendono, la conoscenza crea invece quella consapevolezza che non può scemare”. Si susseguono le testimonianze toccanti di Martina Di Gianfelice e di una giovane studentessa di 14 anni, Cecilia. Entrambe sono state, più di ogni cosa, il simbolo di quella rivoluzione culturale nella quale credeva Paolo Borsellino.
Parte il primo collegamento telefonico, a parlare è l’attore Giulio Cavalli, sotto scorta da diversi mesi per il suo impegno di denuncia attraverso il teatro e la satira. “Siamo stufi di vedere il brodo schifoso politica-mafia compiere adulteri – sottolinea Cavalli – a differenza della tv noi facciamo sentire l’odore marcio e allo stesso modo saremo capaci di far sentire quel fresco profumo di libertà. E’ questo il lavoro di chi, come noi, ha deciso di rinnegare una vita <<normale>> come una sorta di brigantismo intellettuale”. Gli applausi della piazza continuano senza sosta mentre ci si collega telefonicamente con Marco Travaglio. “Per arrivare alla verità sulle stragi del ’92 e del ’93 – esordisce il giornalista de Il Fatto – dobbiamo tenere il fiato sul collo del potere. Noi giornalisti, ma soprattutto la società civile”.
Travaglio inizia a elencare le tante “anomalie” del nostro Paese attraversato dalle dichiarazioni di Massimo Ciancimino, di Gaspare Spatuzza e dalle strane “dimenticanze” di uomini come Nicola Mancino, Luciano Violante e Giuseppe Ayala. “Dove non c’è la cittadinanza a fare da scudo umano a protezione dei suoi magistrati migliori – ha evidenziato Marco Travaglio riferendosi ai Pm che si occupano delle indagini sulle stragi – le inchieste vengono chiuse con la violenza”.

E’ la volta di Emiliano Morrone ed Alex Cimino che con la loro canzone “Resistenza” interrompono la scaletta degli interventi riportando in musica il tema dell’incontro. Di seguito prende la parola il giornalista del Corriere della Sera Carlo Vulpio. Attraverso la sua esperienza di “epurato” a causa delle sue inchieste “scomode” Vulpio ripercorre la metodologia di un sistema di potere che dopo aver colpito Clementina Forleo, Luigi De Magistris ed altri magistrati continua con Desirèe Digeronimo “colpevole” di fare il suo lavoro. Dopo la testimonianza di Lucia Castellana del Comitato 19 luglio 1992 tocca a Beppe Grillo che interviene telefonicamente. “Questa cosa che è iniziata con Salvatore Borsellino e portata avanti da Sonia Alfano, Luigi De Magistris, Antonio Di Pietro e da tante altre persone di buona volontà – grida al telefono Grillo – pretende di sapere la verità su chi ha ucciso Paolo Borsellino”. “Noi vogliamo i nomi – rimarca il comico genovese – perche questo è un omicidio di Stato e non molleremo mai finché non sarà fatta luce su queste cose”. La gente continua ad applaudire anche quando sul palco sale Luigi de Magistris. “Il nostro programma politico è l’agenda rossa – afferma con convinzione l’europarlamentare – è un programma perché se noi riusciamo a far sì che i magistrati che stanno indagando sulle stragi arrivino alla verità capiremo il perché la mafia delle bombe sia passata al controllo delle istituzioni”. “Dobbiamo sapere perché tutto ciò è accaduto, solo così potremo riappropriarci della nostra libertà, da quella d’informazione, al pluralismo, al diritto al lavoro”. Successivamente il parlamentare europeo accenna all’incontro avuto il giorno precedente con il Presidente della Repubblica (il 25 settembre Giorgio Napolitano ha ricevuto i neo europarlamentari italiani eletti recentemente e in quella occasione ha affermato che: “Il Parlamento europeo non può essere cassa di risonanza di polemiche e conflitti che si svolgono nei singoli Paesi e nei Parlamenti nazionali. L’Assemblea di Strasburgo non può nemmeno diventare un’istanza d’appello rispetto a quanto deciso nei Parlamenti o negli esecutivi nazionali” ndr). “Di cosa dovremo parlare al Parlamento Europeo? – replica quindi de Magistris alla piazza – in Italia non danno voce a Salvatore Borsellino e nessuno parla di queste cose anzi cercano di occupare le coscienze e narcotizzare sensibilità e cuori. In Europa invece ci ascoltano e questo dà fastidio”. “Continueremo questa lotta – conclude infine – perché lo dobbiamo a chi, come Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, ha sacrificato la propria vita. Lo dobbiamo ai cittadini che non piegano la schiena e noi saremo lo strumento per chi ha sete di giustizia”.
E’ la volta di Antonio Di Pietro che domanda alla folla il perché stia accadendo tutto questo e perché non cambi nulla “nonostante Mani Pulite e le inchieste sulla mafia nel nostro Paese”.
“Ho capito che il vero conflitto di interessi è quello che sta dentro il Parlamento, perché certi parlamentari sono disposti a fare compromessi per mantenere quelle lobby di potere che governano questo Paese”. Il leader dell’Idv dà poi un affondo sulla legge per lo scudo fiscale “fatta per permettere a chi ha capitali nascosti all’estero di riportarli in Italia pagando una tangente come se non fosse successo niente”. “Ricordatevi che chi approverà questa legge in Parlamento farà un’azione criminale”. “Oggi c’è una mafia che sta dentro le istituzioni – conclude – che le utilizza, che non ha più bisogno di commettere reati. Oggi la mafia ha sbiancato i reati”. Sale sul palco Gioacchino Genchi. “Ho avuto da poco la notizia che un nuovo ignobile provvedimento disciplinare è arrivato al capolinea – grida con rabbia ed amarezza Genchi – dopo il mio intervento a Vasto, in occasione del congresso dell’Italia dei Valori, il governo mi ha somministrato un’ulteriore sospensione dal servizio di Polizia di sei mesi, il massimo previsto dalla legge per qualunque tipo di violazione”.
“Con il provvedimento di sospensione – spiega il vicequestore della polizia sospeso – mi si è voluto impedire di aiutare Luigi de Magistris e i magistrati di Salerno a fare verità su una delle più grandi vergogne della giustizia italiana”. “E con la complicità della Corte di Cassazione, della procura generale di Cassazione, del Csm e poi del Ministero dell’Interno e della Presidenza del Consiglio si è cercato di impedire che quel funzionario di polizia potesse dare ai magistrati di Caltanissetta e Palermo quell’aiuto necessario ad arrivare al capolinea delle indagini che rappresentano lo snodo sulle verità negate. Su chi ha voluto dimostrare che nelle stragi del ’92 non c’è solo la responsabilità della mafia, su chi ha voluto dimostrare che in fondo Vittorio Mangano non era solo uno stalliere. Mangano era un mafioso pluri-assassino, che con Dell’Utri era stato accolto alla corte di Arcore di Silvio Berlusconi”. Sui maxi schermi le immagini ingigantite del palco riflettono la rabbia di chi ha lavorato per lo Stato e che ora assiste allo scempio delle istituzioni da parte di una classe politica venduta e prezzolata.
“Da oggi esiste un nuovo partito, quello delle agende rosse e non accetteremo censure e intimidazioni da parte di nessuno”. Non usa mezzi termini Sonia Alfano, figlia del giornalista assassinato dalla mafia Beppe Alfano ed ora europarlamentare una volta salita sul palco.
“Ieri, quando mi sono presentata al capo dello Stato per dargli l’agenda rossa con un pensiero scritto da Salvatore, non mi sono sentita sola, sapevo che dietro di me c’eravate voi”. Ma nelle sue parole c’è ancora tanta disillusione e rabbia per il silenzio del Capo dello Stato sulla richiesta di verità e giustizia per le stragi del ’92 e del ’93 e sul suo diniego a partecipare alla manifestazione delle agende rosse. La Alfano cita come esempio l’ex presidente della Repubblica Sandro Pertini e la sua partecipazione attiva tra la gente. “Nonostante i richiami – continua Sonia Alfano – bisogna urlarlo forte e di continuo: in questo Stato c’è la mafia, in questo governo c’è la mafia. Altrimenti fuori persone come dell’Utri dal nostro, anzi, dal loro governo”. “Questa è una manifestazione per dire alla gente come il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, il procuratore capo di Caltanissetta Sergio Lari e a tutti gli altri magistrati che noi siamo al loro fianco e, se serve, entreremo nelle aule dei tribunali per dire che siamo accanto a loro”. “Noi siamo qui per chiedere verità e giustizia. A che serve mettere il tricolore sulle bare dei magistrati e degli agenti quando la gente scende nelle piazze per commemorarli e mancano i pezzi più grossi delle istituzioni?”.
L’ultimo intervento è quello di Salvatore Borsellino. La piazza è tutta per lui.
Il suo spirito continua a sprigionare forza mentre con voce rotta dall’emozione ringrazia tutti i partecipanti. “Non mi è rimasta tanta voce ma so che anche se non riuscirò a gridare la mia voglia di resistenza lo farete voi. Vi voglio leggere una cosa che aveva annotato Paolo nella sua agenda – ha proseguito Salvatore – <<Palermo non mi piaceva ed è per questo che ho imparto ad amarla, il vero amore consiste nell’amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare>>. A me questa Italia di oggi non piace e se penso che mio fratello è morto per questa Italia mi prende lo sconforto”.
Molta commozione tra i presenti di fronte alla sete di giustizia di quest’uomo.
“Domani – conclude il fratello di Paolo Borsellino – i giornali scriveranno che qui si sarà svolta una manifestazione di partito e che Salvatore Borsellino si è fatto strumentalizzare da Antonio di Pietro, ma loro non hanno capito niente! Io sono venuto per far sì che Di Pietro faccia diventare il suo partito il partito della gente onesta, il partito della giustizia e della verità. E io dico: An
tonio se tu vuoi che questi giovani ti seguano tu devi liberare il tuo partito da quelle scorie che ancora ci sono”. C’è ancora spazio per un’ultima riflessione sull’assenza di Napolitano: “Un Presidente della Repubblica che firma il Lodo Alfano non difende la costituzione!” La piazza esplode in un lunghissimo applauso. “Spero che un giorno non firmi pure un decreto sul riciclaggio di Stato – continua Salvatore Borsellino – perché allora io non so se riuscirò ancora a chiamarlo Presidente della Repubblica”. “Paolo e i suoi ragazzi sono stati eliminati – conclude Salvatore – per mano di uno Stato deviato. Oggi purtroppo la criminalità organizzata è arrivata ai vertici di questa costituzione ed è per questo che noi dobbiamo lottare ed è per questo che noi abbiamo il nostro dovere che è solo quello di resistere!”. Terminata la frase con un salto che fa rabbrividire gli organizzatori Salvatore scende dal palco e si avvicina alle prime file. Tutti lo vogliono abbracciare, toccare, stringergli la mano. Un’ennesima tappa di un lungo viaggio alla ricerca della verità. Questa volta proprio sotto i palazzi del potere che hanno dovuto subire l’onta delle grida di un intero popolo.
Un popolo su cui grava ora la forte responsabilità di mantenere vivo questa ricerca di verità e giustizia, informandosi, ricercando i tanti pezzi sparsi di questo mosaico scomposto che è la storia del nostro disgraziato Paese. Non saranno certo i “grandi” dell’informazione a lasciare memoria di tutto questo. L’esempio lo ritroviamo in queste ore dove, salvo rarissime eccezioni, la manifestazione di ieri è stata completamente censurata.
Al popolo delle agende rosse quindi, e a tutti coloro che si riconoscono in questa battaglia di civiltà l’onere o l’onore di proseguire questo cammino.

 

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Il video della manifestazione

Lo speciale sulla manifestazione

DA ANTIMAFIADUEMILA.COM

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Nebiolo, un teatro «contro»

In cartellone anche Erri De Luca, Dario Fo e Franca Rame. UFFICIALMENTE aperta la terza stagione, intitolata “A ciascuno il suo”, del «Teatro Nebiolo». «Un anno fondamentale — confessa Giulio Cavalli, direttore artistico del Nebiolo —, l’anno della maturità. Le stagioni passate sono state quelle di nascita e di gestazione di un grande progetto, ora è arrivato il momento della resa dei conti». «Abbiamo lavorato — continua Cavalli — sulla qualità e sullo spessore delle iniziative, cercando quel radicamento territoriale che spesso, in altre realtà, viene tralasciato». Il «fil rouge» che accompagnerà l’intera stagione sarà il tema della «strada», un modo per entrare in stretto contatto con la vita quotidiana. L’inaugurazione della stagione di prosa è stata affidata allo spettacolo «Patate. Una parola senza denti sulla guerra» della compagnia Dionisi, un’opera tutta al femminile che ripropone il tema della guerra, vista con gli occhi di chi “allora” era bambino ed ora è anziano. Una guerra raccontata a partire dalle vittime, tenendo in primo piano il lato umano della situazione. La cronaca rimane sempre protagonista, così anche nello spettacolo di Michele Losi, «Scirocco. Ballata di viaggio», l’“epopea” di una vita da emigrante.

NON MANCANO le novità come «Montedidio» di Erri De Luca, prima produzione della fondazione culturale di Gallarate e della compagnia stabile del teatro del Popolo, e i successi annunciati come «L’apocalisse rimandata ovvero benvenuta catastrofe», versione teatrale di Dario Fo e Franca Rame, autori dell’omonimo libro. Ma non solo prosa al Nebiolo, i progetti sono molti e diversificati: musica, filodrammatica, il centro di documentazione e la scuola teatro per ragazzi. «Un’offerta ampia — conclude Cavalli — che speriamo il pubblico onori come e più dell’anno scorso. In un paese come Tavazzano che conta 4500 abitanti, l’anno scorso gli spettatori hanno toccato quota 3000. Decisamente un successo».

UN TAGLIO con il passato è rappresentato dalla stagione di musica; abbandonata la strada del jazz si percorre quella della musica popolare attraverso gli spettacoli della Bar Boon band (i senza tetto della stazione centrale di Milano), di Mondorchestra che proporrà musica popolare siciliana, di Contrabbanda (musicisti di strada) e il concerto di Nanni Svampa, interprete della canzone lombarda e del cabaret milanese. E ancora incontri con personaggi di spicco come Gioacchino Genchi, i magistrati Caselli e e Cantone, e il giornalista Marco Travaglio. Soddisfatto e fiducioso il vicesindaco di Tavazzano, Luigi Altieri «Sono emozionato perché un teatro di così piccole dimensioni ha tutte le carte in regole per fare grandi cose. Sono estremamente felice anche per il grande impegno civile che ha dimostrato questa direzione artistica».

Liliana Marchesi

DA IL GIORNO

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Un Nebiolo “on the road” fra impegno civile, politica e lotta all’omologazione

Dopo la «felicità facile» della nascita, le «indulgenze della gestazione», è il tempo della maturità per il teatro Nebiolo di Tavazzano. Quello che «doveva essere un teatro di provincia», dal motto della seconda stagione, «quello che non cerca di mietere spettatori al chilo né tantomeno rincorre vendemmie numeriche» chiosa il direttore artistico Giulio Cavalli, oggi presenta il terzo cartellone dal titolo “A ciascuno il suo”, «che per il primo anno vanta la collaborazione di Libera nazionale e Legambiente». Fil ruoge la strada, «luogo sconosciuto per tutti quelli che hanno deciso di mettersi in doppio petto e di stare a guardare» ironizza Cavalli; luogo noto e amato da chi sceglie l’impegno. Per la stagione di prosa si parte con la Compagnia Dionisi e il suo Patate, una parola senza denti sulla guerra (3 ottobre), a seguire Scirocco, ballata di viaggio dello Scarlattine Teatro (24 ottobre), per poi lasciare la scena a Montedidio, tratto dall’omonimo romanzo di Erri de Luca della Compagnia Stabile del teatro del Popolo di Gallarate (28 novembre). Ad aprire il 2010, A cento passi dal Duomo di Giulio Cavalli e Gianni Barbacetto (23 gennaio), «in cui non mancheranno aggiornamenti sulla geografia delle mafie al Nord, con un occhio particolare al Lodigiano e alle recenti vicende che hanno interessato lo smaltimento di rifiuti – ha spiegato Cavalli – , in cui ci asterremo dal dare giudizi legali, ma ci tufferemo con gioia e meraviglia in quelli morali». E proprio «perché il nostro è un teatro che deve arrivare per le strade, abbiamo deciso di inaugurare anche le “ronde teatrali”»: lo spettacolo Ilinx Machine. Ata traghettori di anime (6 febbraio), che fisicamente porterà sedici spettatori del Nebiolo in auto per le vie della provincia.
Risorgimento Pop di Daniele Timpano (13 febbraio), L’apocalisse rimandata ovvero Benvenuta Catastrofe (26 marzo), versione teatrale di Dario Fo e Franca Rame, adattata e interpretata da Giulio Cavalli, presentata lo scorso giugno al Napoli Teatro Festival Italia, e Hamburger del Teatro dei Limoni (23 aprile), chiuderanno la stagione di prosa. La strada e il suo popolo sono i protagonisti anche della stagione musicale: l’evento è il concerto di Nanni Svampa, storico interprete della canzone popolare lombarda (20 dicembre); a precederlo i “Randagi di cristallo” della Bar boon band (7 novembre), progetto di musica e poesia realizzato con i senzatetto della stazione Centrale di Milano, mentre a chiudere i Mondorchestra e il loro album La mafia non esiste (16 gennaio) e la Musica senza frontiere dei Contrabbanda (20 febbraio). E se a breve il Centro di documentazione per il teatro civile metterà a disposizione on line un’ampia sezione di documenti, sono tanti gli ospiti attesi sul palco di via IV Novembre nelle date organizzate dal centro nato all’interno del progetto Etre e realizzato insieme alla fondazione Cariplo. Gioacchino Genchi (14 novembre), Carlo Lucarelli (11 dicembre) sul palco per parlare dello spettacolo che sta scrivendo con Cavalli sul processo Andreotti (L’innocenza di Giulio), Giancarlo Caselli e Raffaele Cantone (Magistrati confinati e al confine, 8 gennaio), Antonella Mascali e Peter Gomez (Il processo Mills, 19 febbraio), don Luigi Ciotti (L’etica libera la bellezza, 26 febbraio). Ancora in via di definizione le date di Marco Travaglio, «ormai un amico del Nebiolo», del trio di autori del libro Capitalismo di rapina, i giornalisti Biondani, Malaguti e Gerevini («La Popolare quattro anni dopo. Per ricordarsi di ricordare senza scavalcare una storia del territorio») e dei magistrati Antonio Ingroia e Alberto Nobili.

Rossella Mungiello

DA IL CITTADINO
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Impegno e teatro civile al Popolo di Gallarate

GALLARATE Teatro civile, ricerca e innovazione trovano ospitalità nel piccolo grande spazio del Teatro del Popolo di Gallarate. Il luogo che in meno di quattro anni è diventato il polo primario per l’innovazione scenica della provincia e che sempre con maggiore convinzione oltrepassa la linea di teatro come puro intrattenimento, ha presentato, ieri sera, la prossima stagione teatrale.

Si parte il 14 novembre con la prima produzione della Fondazione Culturale di Gallarate e della Compagnia Stabile del Teatro del Popolo: «Montedidio». Uno spettacolo che nasce dalla scommessa e dalla certezza che ai ragazzi si possa e si debba parlare con rispetto e delicatezza di cose serie, senza ammiccamenti e tabù. Da questo punto di vista lo splendido romanzo-fiaba di Erri De Luca è stato magnetico: ha attratto la compagnia verso la drammatizzazione di uno spettacolo che hanno avvertito come “necessario”. Il 4 dicembre gli Eccentrici Dadarò, con «Lasciateci perdere per strada», raccontano la storia di genitori e figli allo specchio.

Il 14 gennaio il Teatro dell’Elfo mette in scena l’unico testo teatrale scritto dall’ironica e maliziosa Amélie Nothomb: «Libri da ardere». Roberto Anglicani arriva il 28 gennaio con «Giungla». E il 18 febbraio, reduce dal suo recente successo al David di Donatello, dove si è aggiudicato la statuetta di miglior attore non protagonista per il film di Zanasi, «Non pensarci», Giuseppe Battiston, porta a teatro «Orson Welles Roast». L’11 marzo Giulio Cavalli, presenta il suo nuovo testo, scritto in collaborazione al giornalista Gianni Barbacetto, con cui si dedica nuovamente all’approfondimento del tema mafia: «A cento passi dal Duomo». Il 26 marzo Libera Cena Ensemble porta sul palcoscenico «Il Labirinto», tratto dal libro di Daniel Keyes, «Fiori per Algeron», un classico della letteratura inglese del XX secolo. Poi ci sono spettacoli che hanno segnato con la loro forza e la loro bellezza la storia della scena italiana degli ultimi vent’anni. Il «Kohlhaas» di Marco Baliani, in arrivo al Popolo il 9 aprile è uno di questi, e vale la pena riproporlo alle nuove generazioni. Pur non alzandosi mai dalla sedia, Baliani inventa galoppi, battaglie, assedi e mercati, evocando sentimenti d’amore, pietà, odio, disperazione, orgoglio e rassegnazione. Il 17 aprile Antonio Tintis e Sandro Maria Campagna, attraverso la storia di «Edoardo Secondo» raccontata da Marlowe, esplorano il tema dell’amicizia che supera la morte, dell’amore eterno e della fratellanza indissolubile. Mentre «La guerra di un povero cristo attraverso la ritirata di Russia» ce la racconta il varesino Michele Bottini, il 25 aprile, nello spettacolo «La notte che il nulla inghiottì la terra».

Mattatore scomodo

C’è chi dice no – Attivisti antimafia
In scena Giulio Cavalli ha sempre il dito puntato contro mafiosi e conniventi. Di tutte le regioni.

A 100 passi dal duomo parlare di cosa nostra è un tabù, eppure è qui che si sono consumati, in meno di 10 anni, dal 1974 al 1983, oltre 100 sequestri a scopo di estorsione. A Milano in pochi hanno capito che la cintura di Comuni intorno alle città è diventata la patria ufficiale del confino delle mafie, la coltre di silenzio ideale per coprire “l’omicidio di Giorgio Ambrosoli, Sindona, i retroscena di Raul Gardini, di Calvi e dell’Expo”. A raccontarli è un “giullare” sotto scorta, Giulio Cavalli, direttore artistico del teatro Nebiolo di Tavazzano, in provincia di Lodi, che si è sempre occupato di temi scomodi, al punto da essere minacciato dalla mafia: sin da “Linate 8 ottobre 2001”, racconto che svela molti punti oscuri dell’incidente aereo che causò 118 morti, “Bambini a dondolo”, sul turismo sessuale infantile, e “Do ut Des”, show che ridicolizza i boss prodotto con il Comune di Gela.
Il suo ultimo spettacolo “A 100 passi dal Duomo” (le tappe del tour sono su teatronline.com), scritto in collaborazione con il giornalista Gianni Barbacetto, si concentra sulla presenza delle famiglie mafiose al Nord.  Insofferente alle etichette, soprattutto a quella di “teatro civile”, Cavalli ha intrapreso una lotta contro “la presunzione ebete di Milano che fa la bella addormentata. A livello di antimafia qui siamo ancora all’anno zero –spiega-. La Lombardia non vuole ammettere a se stessa di essere stata vittima di una cosa così barbara e vile come la mafia, che è siciliana”.
Anche la politica sembra miope. “Qualche deputato della Lega ha sostenuto che se decido di andare in Sicilia a farmi sparare non è un problema della Lombardia – aggiunge Cavalli -. Si dice spesso che la mafia al Nord è liquida e sotterranea, ma siamo noi che abbiamo lasciato le porte aperte negli appalti e nella cultura e non rimarremo impuniti”.
La capitale, morale, secondo l’attore, reagisce “con un’omertà più fine. L’indifferenza educata dei suoi abitanti equivale alle finestre chiuse di Cinisi (PA). Sono convinti che il pizzo sia un taglieggiamento per questioni siciliane e rifiutano ogni discorso sulle possibili complicità”.
Antonella Lombardi

DA “TERRE DI MEZZO” L’ARTICOLO QUI

POPOLARE DI LODI A LODI: “PREVISIONI METEO: DILUVIO UNIVERSALE” in scena a Lodi il 3 ottobre

Sabato 3 ottobre –  ore 21.00 presso l’Aula Magna del Liceo Verri di Lodi

L’Associazione Teatrale Duende
con il sostegno di:
Associazione culturale Adelante, Associazione culturale Bottega dei Mestieri teatrali,  Teatro Nebiolo, Associazione culturale Casa del Popolo, Centro documentazione Teatro Civile, Circoscrizione dei Soci di Banca Etica  della Provincia di Lodi, Laboratorio per la città, Legambiente Lodi, Punto Informazioni Finanza Etica, Rete Lilliput-Nodo di Lodi

presenta lo spettacolo teatrale

“PREVISIONI METEO: DILUVIO UNIVERSALE”

The rise and fall of Gianpy

di e con Eugenio de’Giorgi

PREVISIONI METEO: DILUVIO UNIVERSALE è uno spettacolo/denuncia, comico, violento, ironico, irriverente. Dopo avervi assistito immagino che la gente “normale” spererà in un “diluvio universale”. L’argomento è il “caso Antonveneta”: la famosa scalata, la banda dei furbi, le telefonate, la storia quotidiana fatta di corruzioni, banditi, manovre losche, il tutto a danno, come al solito, dei poveri risparmiatori. Nei salotti e nei locali notturni, tra tette e alcool, si costruiscono nuovi castelli di sabbia, progetti/imbrogli economici, si studia indisturbati come fregare il prossimo, con l’approvazione del potere politico e finanziario.Questo “caso” rappresenta – grazie a Dio – la vittoria della giustizia: qualche volta, raramente, funziona! Ma se le cose non fossero andate così? Se la giustizia non avesse vinto? Il fallimento di questa scalata non deve rimanere solo un caso, deve diventare la normalità! Speriamo non sia un’utopia. Io da parte mia, denuncio: “J’accuse”.

Dopo lo spettacolo interverranno: Eugenio de’ Giorgi, Giulio Cavalli direttore artistico del Teatro di Nebiolo, Mario Gerevini, giornalista e autore di “Capitalismo di rapina” e una rappresentanza delle associazioni.

Vi aspettiamo! insieme, per il diritto di espressione!
un grazie particolare a tutti i firmatari e sostenitori

Info & prenotazioni
Gli uffici sono aperti
da lunedì a venerdì
dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 18.30
Tel +39. 02.36508918
Fax: +39 02.36508918
info@atduende.it

Ingresso unico 15.00 euro
I biglietti dello lo spettacolo  si possono ritirare il giorno stesso ( sabato 3 ottobre)  presso l’Aula Magna del Liceo Verri dalle ore 18.30 alle 20.30

Gli incontri del CENTRO DOCUMENTAZIONE TEATRO CIVILE

Inizia a pieno ritmo l’attività del CENTRO DI DOCUMENTAZIONE PER UN TEATRO CIVILE con il ciclo di incontri animato da illustri ospiti. Quest’anno oltre alle presentazioni di libri, anche documentari e dibattiti.

14/11/2009
Gioacchino  Genchi

21/11/2009
“La santa” video e incontro con Ruben Oliva

11/12/2009
Carlo Lucarelli

08/01/2010
Giancarlo Caselli e Raffaele Cantone

19/02/2010
Antonella Mascali e Peter Gomez

26/02/2010
“L’etica libera la bellezza” video e incontro con Don Luigi Ciotti

data in via di definizione
Marco Travaglio

data in via di definizione
Biondani/ Malaguti/ Gerevini “Popolare 4 anni dopo”

data in via di definizione
Antonio Ingroia e Alberto Nobili

Ingresso gratuito

TEATRO NEBIOLO via 4 Novembre c/o Centro Civico Mascherpa
26838 Tavazzano con Villavesco (LO)
TRENO Stazione di Tavazzano
AUTOSTRADA da Milano uscita Melegnano poi direzione Lodi;
da Piacenza uscita Lodi poi direzione Milano

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Recessione e mafie (1). È l’Eldorado delle economie illegali?

RUSSIA-EONOMY-BUSINESS-DERIPASKAdi Carlo Ruta

È il caso di partire da un dato. Nell’attuale crisi, la sola che riesce a evocare quella drammatica del 1929, un peso non da poco hanno avuto i flussi di capitali anomali, di origine illegale, per il rilievo del tutto particolare che i medesimi hanno recato nell’estendersi delle bolle speculative. Si consideri il caso della Russia, dove la forbice delle ricchezze ha assunto ampiezze iperboliche, anche al cospetto di paesi di tradizione liberal. Dopo il trauma dell’89, uomini d’affari legati spesso all’Organizatsya, la mafia di quelle regioni, hanno potuto dettare regole, fare accordi alla pari con pezzi di stato, fino al capolinea del Cremlino. Sono andati quindi letteralmente all’assalto, puntando sull’industria metallurgica, sul petrolio, ma pure, con decisione, sul grande mercato immobiliare: tutto da ridisegnare dopo decenni di edilizia pianificata dalle burocrazie sovietiche. Con tali numeri si sono riversati altresì lungo i continenti, mettendo radici negli Stati Uniti, nell’oriente asiatico, in Israele, nell’Europa occidentale, Italia inclusa. Hanno alimentato trame speculative, incettato territori, animato paradisi già esistenti o in ascesa tumultuosa, come quello di Dubai, finendo per crearne di propri, come quello di Goa, in India, dove hanno avocato a sé, con guadagni d’oro, gran parte del territorio, combinando ad arte le suggestioni dell’effimero e il cash, la forza del contante.

Si tratta evidentemente di uno scorcio, solo rappresentativo di uno scenario multiplo, euforico, che ha visto del tutto ridisegnate le mappe delle fortune. È fin troppo sintomatico che nella lista dei più ricchi al mondo compilata da “Forbes” emergano oggi non soltanto nababbi russi dal profilo equivoco, come Oleg Vladimirovič Deripaska, notoriamente legato alla mafia moscovita dei fratelli Lev e Michail Černye, ma anche autentici gangster, come il narcotrafficante messicano Joaquin Guzman Loera, che dopo l’uccisione del colombiano Pablo Escobar ha avocato a sé il mercato della cocaina negli Stati Uniti. In sostanza, una genia riconoscibile di uomini d’affari, di radice criminale, proveniente da tutti i continenti, ha potuto partecipare a pieno titolo ai processi, li ha in parte sospinti, ha corroborato un metodo, imprimendo agli scambi velocità inconsuete, radicalizzando quindi il senso dell’azzardo. Ne sono un riscontro i paradisi del riciclaggio che, sorretti da potenti cartelli, proprio negli ultimi due decenni hanno potuto operare al massimo di giri. Se quelli della tradizione, dal Liechtenstein a Panama, dal Lussemburgo alla Svizzera, hanno guadagnato infatti in scioltezza, soprattutto i più recenti, meglio attrezzati alle situazioni, hanno fatto per certi versi il nuovo catechismo della finanza internazionale.

In sostanza, tali siti, pur connettendosi con la tradizione inesausta dell’evasione fiscale, hanno mutato carattere e modi, per certi versi specializzandosi, rendendosi sempre più organici alle economie propriamente criminali: in particolare ai traffici di narcotici, armi, esseri umani. Le contiguità, pure dirette e materiali, indotte da tali paradisi hanno contribuito altresì a superare remore e slargare gli orizzonti operativi. Evidentemente, le isole Cayman, che, come testimoniano le vicende della Bank of Credit and Commerce International e non solo, a lungo hanno costituito un punto di condensazione fra mafie ed economie ufficiali, sono solo l’emblema di un modo d’essere. Come può esserlo Lefkose, capitale della repubblica cipriota vassalla della Turchia, in cui, all’ombra di un centinaio di banche off-shore e di ben 18 casinò, da qualche decennio vengono organizzate le tratte dei migranti, e degli schiavi, che dall’oriente asiatico e dall’Africa si versano in Europa, dalle porte balcaniche, spagnole, siciliane. Dalle cose emerge insomma che i paradisi vecchio stampo, immobili, perfino riconoscibili, hanno lasciato il posto a un mondo ubiquo, mobile, al passo con i tempi, largamente impermeabile alle stesse rilevazioni dell’Ocse, e comunque irriducibile, malgrado il sommarsi di accordi, perlopiù incoerenti, fra governi dopo il varo del Patriot Act statunitense nel 2001.

Tutto questo, ovviamente, non può essere estraneo alle bolle speculative, che, impinguate pure dalla politica economica americana di questi anni, volta ad alzare valli di difesa e a pianificare assalti “preventivi”, alla fine sono esplose in modo catastrofico. E qui si innesta un paradosso. Se l’economia illegale ha contribuito, seppure da comprimaria, a generare la depressione economica dei nostri giorni, è quella che di più può beneficiarne. Le mafie del resto hanno sempre guadagnato dalle crisi, non soltanto economiche, dell’ultimo secolo. Quella italiana ha tratto vantaggi immensi dalle cesure del 1943-45. Quella russa e le altre slave hanno tratto uno slancio supremo dall’89. L’illegalità economica statunitense può essere detta figlia della grande crisi del 1929, perché proprio in quello snodo, nei primi anni trenta, i boss raccolsero maggiormente i frutti del contrabbando che aveva caratterizzato il decennio precedente, del proibizionismo: Al Capone in testa, che dall’hotel Lexington di Chicago, suo quartier generale, dettava legge alle ufficialità, mentre nei propri ristoranti offriva pasti caldi ai poveri che più erano stati colpiti dalla recessione.

In che modo, allora, gli imperi economici illegali stanno beneficiando della recessione? Il caso italiano, di certo fra i più rappresentativi per numeri e presenze in campo, consente di tracciare delle coordinate. È stato documentato che clan mafiosi stanno acquisendo proprietà d’immobili in tutta la Liguria, facendo leva sulla loro disponibilità di contante. È stato segnalato inoltre, con dovizia di dati, che è in crescita l’usura, quindi il passaggio di mano di attività economiche legali ad ambiti illegali. Allarmi in tal senso sono stati quindi lanciati dalla Direzione Nazionale Antimafia e da varie procure, oltre che da numerose associazioni, lungo tutta la penisola. Se si allarga tuttavia il quadro affiora dell’altro. Le mafie italiane, che secondo la Confesercenti muovono capitali per diverse centinaia di miliardi di euro, pari al 6 per cento del PIL, hanno sempre avuto un feeling con l’edilizia, come del resto quelle di ogni altro paese. Mai però come in questi anni, che proprio nella vicenda immobiliare hanno visto le accensioni economiche più telluriche, si sono dimostrate lungimiranti. Si sono rese artefici infatti di un importante progetto di diversificazione, che sta recando dei punti fermi in tre ambiti divenuti eminentemente economici: l’acqua, il ciclo dei rifiuti, le energie, incluse quelle che vengono dette alternative, come nel caso delle eoliche. E tali affari, a conti fatti, non possono conoscere crisi né in Italia né altrove, almeno nei modi e nei numeri che adesso, a titolo generale, si registrano.

Tale paradigma non può valere d’altronde solo per questo paese. La crisi, che ha avuto l’epicentro negli States ma si è propagata ovunque per le interdipendenze del sistema, è stata originata soprattutto dalle bolle speculative, abnormi, che hanno interessato il mercato immobiliare. Non c’è ragione quindi di ritenere che le economie illegali di stati come Colombia, Russia e Stati Uniti, non prive peraltro di nessi con quella italiana, si siano mosse diversamente. E alcuni dati ne danno conto. È documentato che la mafia russa e quella cecena sono presenti nel business del petrolio, dei materiali radioattivi, del gas. È emerso in particolare che il controllo esercitato dalla neftemafiya sulle esportazioni di greggio, ha provocato alla Federazione Russa perdite annue per miliardi di dollari. I dati delle maggiori borse internazionali, inclusa quella di Piazza Affari, confermano d’altronde che i titoli dell’acqua, del gas e dell’energia elettrica, le cosiddette Utilities, hanno retto meglio di altri, inclusi quelli del mitico Nasdaq, ai colpi della recessione. Prova ne è che i fondi EFT, contenenti i titoli delle 30 maggiori società multinazionali dell’acqua, sono fra i pochi in questi tempi a garantire degli utili. 10 mila dollari investiti in tali titoli agli inizi del 2002, sono diventati infatti 20 mila a fine 2008. Mentre altri fondi, soprattutto a causa dei rovesci del biennio 2007-2008, hanno dato di massima risultati negativi.