Vai al contenuto

Comunicato agli ascoltatori di RadioMafiopoli

A Mafiopoli succede che la parola non mafiopilotata è a forma di una lupara dritta dritta sul gargarozzo. Succede che ridere è una concessione in mezzo a tutte queste carte bollate, animali addestrati alla minaccia barbara per niente francescana. E noi il diritto di tenere nella fondina il sorriso come arma bianca ce lo teniamo stretto e lo esercitiamo, come le panelle all’ora dell’aperitivo. Perché ci viene da non crederci e anche un po’ da ridere a pensare che l’unica via sia alluparsi di lupara o stare zitti o peggio ancora alluparsi zitti come i Lo Pippolo davanti alla tivù o come Binnu dopo il tagliando alla prostata. Però per esercitare il nostro diritto con intelligenza abbiamo bisogno di un secondo di stop (mica di quegli stop suggeriti a forza di piloni dell’autostrada o con qualche macchina al microonde). Abbiamo bisogno di stop perché ridiamo ma non siamo scemi come le loro ricotte con le biete erbette e perché ci piace fregare senza essere fregati, e perché ci viene da ridere mentre cercate la saracinesca di radiomafiopoli con in mano il tubetto di colla.
Ci facciamo carico della nostra responsabilità di avere così tanti ascoltatori e amici in questa corsa e torniamo tra poco più radiomafiopolitani di prima. Anche più belli, più alti e con gli occhi azzurri.
Perché fa ridere doversi tutelare per uno sberleffo antiracket ma Mafiopoli è una terra strana.
Ci ritroviamo tra poco con una puntatina sugosa sugosa sul percolato dei Capalesi, con una casa su misura per noi e con la stessa tragica voglia di ridere.
Intanto vi mettiamo le pecore e la staccionata e quella musichetta dell’intervallo Rai che fa venire l’orchite solo a pensarla.

Giulio Cavalli

Teatro civile?

La vertigine mi è arrivata ad un incontro organizzato contro le mafie, dopo che si era finiti come spesso mi capita ultimamente a parlare del programma di protezione nei miei confronti per il mio spettacolo Do Ut Des, riti e conviti mafiosi: una ragazza tra il pubblico mi ha chiesto chi me l’avesse fatto fare di uscire dai binari comodi delle storielle teatrali per approfondire e scontrarmi mettendo in pericolo la mia sicurezza e quella della mia famiglia. Lì per lì devo aver avuto in faccia una delle espressioni più sconsolate del mio repertorio.
C’è un malinteso di fondo in quello che è etichettato come “il teatro civile” di seconda generazione in Italia: il mezzo teatrale si è trasformato in un alibi per mediare contenuti e posizioni. Allora forse sarebbe opportuno fermarsi tutti, operatori e critici, per riconsiderare l’obbiettivo di un’orazione civile. Perché l’onda lunga del monologo in quanto commercialmente più appetibile (in un momento nero di mercato teatrale), l’abitudine della favoletta con sullo sfondo la tragedia recente e il suo bacino di affezionati, l’umorismo facile appoggiato sulla comodissima indignazione cronica, l’impacchettamento lacrimevole da scaffale o i funerali da palcoscenico non hanno nulla a che vedere con la funzione di informazione e approfondimento di uno spettacolo  intellettualmente onesto. E così si alimenta sempre di più quel teatro da cassetta che assomiglia nei tempi e nei modi alla Beneamata tivù. Quando i famigliari delle vittime dell’incidente di Linate dell’8 ottobre 2001 hanno fatto irruzione nelle fasi di scrittura e preparazione del mio spettacolo per quella strage ci siamo subito resi conto delle unicità del modus che avevamo a disposizione: il tempo e la vicinanza fisica del nostro pubblico per chiarire (uscendo da quest’informazione commerciale tutta a spot), una faccia e un corpo per accusare guardando fissi negli occhi, un posto fisico dove prendere una posizione. Per questo mi piace pensare ad un teatro partigiano piuttosto che civile dove sia obbligo morale prendere una parte, svelare una tesi e appoggiare informazioni desuete o volutamente dimenticate: un’azione teatrale di svelamento contro la normalizzazione controllata delle opinioni e delle sensazioni. Oggi noi narratori abbiamo la grande occasione di metterci in rete con tutto quel giornalismo non normalizzato che si è definito e ha preso coscienza del proprio ruolo e diventare l’uno per l’altro strumenti di amplificazione e affilatori di contenuti. Recuperare la forza rovesciatrice delle Nuvole o della Rane di Aristofane, la giullarata non mediata dei cantastorie per far fruttare il momento teatrale come occasione ormai sempre più rara di comunicazione profondamente genuina e non manipolabile.
Non è un caso che abbia scelto come compagni di studi e scrittura per i miei spettacoli dei giornalisti, per  rispettare e non sprecare  un’opportunità difficilmente ripetibile:  un palcoscenico che si prenda il lusso di fare luce. Lasciamo i compromessi ai romanzi storici da autogrill, la strumentalizzazione lacrimevole alle trasmissioni tutte da ridere, l’esibizionismo del monologo agli onanisti d’accademia  e il racconto scorrevole alle riviste da spiaggia. Noi prendiamoci la responsabilità della fiducia di un pubblico intelligente alimentandola ad ogni battuta.

RADIO MAFIOPOLI – Terza puntata: Questa Cosa (Nostra) non è un albergo

clicca qui per ascoltare mafiopoli3

Comunicato sindacale della redazione di Radiomafiopoli: a seguito di recenti informazioni pervenute presso la nostra redazione da Partinico circa le presunta fuitina non protetta di un nipote Fardazza, episodio che va ad aggiungersi ad altri paventati congiungimenti carnali avvenuti negli ultimi giorni, il comitato dei giornalai di Radiomafiopoli chiede con forza a tutti gli amici degli amici e in particolare ai rappresentanti dei sindacati della Cipielle, Cifl, Cosa Nostra, Camorra e gli aiutanti di Babbo Natale di porgere maggiore attenzione al palinsesto delle trasmissioni per un miglior coordinamento. Già in una nostra puntata precedente ci eravamo dedicati al mistero sacro della perpetuazione della specie ed eventuali spargimenti di seme fuori tempo rischiano di minare la nostra credibilità. Raccomandiamo quindi ai nostri protagonisti di inviarci mezzo fax o posta elettronica i programmi futuri evitando possibilmente segni di difficile interpretazione sui muri. Certi di una vostra risposta e di un’eventuale lettera ai Corinzi continuiamo ad essere disposti ed esposti a quella solita omertà che tiene orgogliosamente alto il nome di Mafiopoli nel mondo. Grazie. Ora proseguiamo con le nostre trasmissioni. Riassunto delle puntate precedenti: Mafiopoli è una ridente cittadine sulle rive del ponte dei sogni. I cittadini sono tutti felici. La mafia non esiste e tutto il resto è noia.
RADIOMAFIOPOLI PUNTATA NUMERO 3: QUESTA COSA (NOSTRA) NON E’ UN ALBERGO
C’è un’aria elettrica oggi a Mafiopoli per la manifestazione annuale delle mogli dei mafiosi mafiopolitani contro il rincaro della benzina e dei latticini, che pesano enormemente sul bilancio della famiglia (quella minuscola e quella maiuscola) per tutto questo via vai dei zampettanti latitanti da una casupola all’altra. Giù a Mafiopoli è pieno di casupole in mezzo ai campi, in mezzo ai campi di tabacco, in campi di finocchietto, in campi di riso, in periferia, in centro, nei montecitori e quando vengono quelle belle piogge monsoniche perfino nei palazzi di giustizia. Sono la particolarità del posto, come i nuraghi in Sardegna, i craponi all’isola di pasqua e gli ingressi dal retro delle banche popolari di lodi in Lombardia. E le donne a casa a soffiare sul focolare domestico s’intristiscono, con la tristezza tipica dell’arancino con il riso scotto, perché i mariti braccati e bracconieri non hanno più orari, casupolano di baracca in baracca, hanno la gotta da ricotta e corteggiano capre. Una vita d’inferno, quella delle mogli del latitante che non è ancora stato eletto in Pirlamento. I mariti escono a comprare le sigarette e tornano tra trent’anni e loro, femmine dolci e sevizievoli, ci tocca da sole controllare la posta (tra bollette, raccomandate, pizzini sputati e teste di cavallo), allevare i figli (con il fondo mutualistico del Mafinps), mandarli a scuola e fare tutte le settimane le prove di punciuta per il saggio di fine anno.  Poi è normale che quando i nostri pendolari tra casupole e riformatori residenziali tornano a casa, si apre un meraviglioso pantagruelico abbraccio delle donne pazienti. Per il prossimo 15 ottobre all’apertura delle gabbie per Michele Ditale, ad esempio,  è stata prenotata una torta di panna e alici a forma di bombola a gas, e il comitato di benvenuto (coordinato dalla Fardazza Eventi SPA) ha noleggiato quattro ballerine nane, quindici clown e l’almanacco del buon mafiopolitano, e i filmini pistoleri e un po’ spinti di quel maialino di Leoluca Barbarella. Ogni volta che un mafiopolitano torna a casa è un’esplosione di gioie e di colori, di sentimenti e di un paio di auto e i fuochi di artificio sfrizzano felici per le vie di Mafiopoli. Per questo tira e molla dell’amicizia e dell’onore. Totò o ‘curtu tornerà anche lui finalmente a casa tra 177 anni finito il castigo e a Corleone gli stanno preparando una festa che se la scriveranno sui calendari: una bella urna tutta diamanti e cannoli della pasticceria Vasa Vasa. Ma il fuoriclasse del vado e torno era stato il portafortuna di Mafiopoli Andrea Otti, l’elfo gobbetto e occhialuto che portava fortuna a tutti. Che gli lisciavi la gobba e improvvisamente tutto andava bene e meglio e ti si apriva una corrente democricchiana in famiglia. Andrea Otti era per mafiopoli quello che Babbo Natale è stato per la Coca Cola, quello che l’uva è per il vino, come l’acqua per la terra: Andrea Otti era la statua della libertà sul lungomare di Mafiopoli. Dove camminava crescevano petali di rosa, dove parlava non c’era mai un testimone, dove passava tutti i picciotti in festa canticchiavano come nel Mago di Oz. Un tripudio. Poi un giorno arrivò la sagra con tutti i santi in colonna e tutti i mafiopolitani sapevano che Andrea Otti con quella sua gobba avrebbe portato una fortuna perenne alla città e a tutti i suoi cittadini con quella sua gobba di fata. Perché Andrea Otti era eterno, ce l’aveva scritto sulla scadenza dell’etichetta pinzata agli occhiali e infatti era indistruttibile come il guscio Meliconi.
Ma un giorno (un giorno triste che era nato subito dopo cattivi auspici dopo che Pippadauro aveva azzeccato un congiuntivo) Andrea Otti girò i tacchi, si svitò la gobba e se ne partì. Senza dire niente. Senza neanche uno di quei suoi bei baci bavosi che dava per sbaglio. Neanche una telefonata agli amici più cari. E a Mafiopoli scese la tristezza più cupa. E tutti soffrivano, anche il suo amico Salvo soffriva come un cane. Che l’avevano dovuto abbattere.
“tornerà, tornerà!” gridava il Principe Chiaccavellico durante l’inaugurazione del nuovo ponte da Messina a Bogotà. “tornerà! Come tutti i mafiopolitani seri e certificati! State tranquilli! È solo un momento di mestruazione, un secondo di prescrizione e poi tornerà bello gobbo e funereo come prima!”
Ma Andrea Otti non tornava, e la città si faceva sempre più trista. Le mamme lo ricordavano raccontando le favole ai figli, e le raccontano così bene la favola di Andrea Otti che ancora adesso c’è chi non ci crede. Le raccontavano loro e tutta la tivù di stato: Mafiopoli 1, 2, 3 e Beghe 4 e Banale 5. Un kolossal di proporzioni proporzionali e con un pizzico di maggioritario, senza la preferenza unica.
Ma Mafiopoli non va mai in prescrizione e le leggi della natura non si spengono: se Andrea Otti non è tornato, forse è perché non è mai andato via. Noi mafiopolitani stàmo, magnàmo enon pagàmo, alla Romana.

La quisquilia mediorientale

voglio dirvi una cosa per cui noi israeliani ce l’abbiamo con Mosè: ci ha fatto camminare quarant’anni nel deserto per portarci nell’unico posto del Medio Oriente dove non c’è petrolio – Meir Golda

Alitalia: saper leggere i numeri

Documentazione: pratica civile di costruzione di un’opinione e rifiuto della comunicazione manipolata e normalizzata. Che bello leggere i numeri per fotografare un momento. Qualche numero per chiarirsi sugli “esuberi” che avrebbero ucciso Alibengodi:

ALITALIA: UN’ANALISI
Fonte: http://www.lapatriagrande.net/02_italia/notizie/notizie_2008/alitalia_2008.htm

Indice

* AEREI, DIPENDENTI E PASSEGGERI
* LOAD FACTOR E PASSEGGERI TRASPORTATI ANNUALMENTE PER AEREO
* FATTURATO – MEDIE
* SULLA FLOTTA
* IL COSTO DEL LAVORO

Fonte: http://docs.google.com/View?docid=dg6j9j4m_24f27mjqfc

AEREI, DIPENDENTI E PASSEGGERI

Al 31/12/2006 Alitalia aveva 11.430 dipendenti in servizio 186 aerei in servizio e nell’intero 2006 ha trasportato 24.090.800 passeggeri; il rapporto è quindi di 61,45 dipendenti per aereo, di 2.107,68 passeggeri trasportati annualmente per dipendente. Se aggiungiamo i dipendenti di Alitalia Servizi (manutenzione, assistenza passeggeri e bagagli, carico e scarico ed altri servizi indispensabili per una compagnia aerea) arriviamo 18.589 dipendenti portando a 99,94 dipendenti per aereo e scendendo a 1.295,97 passeggeri per dipendente.

Air France disponeva di 74.354 dipendenti per 282 aerei e 49.348.800 di passeggeri trasportati che fanno la bellezza di 288,19 dipendenti per aereo in servizio, 663,70 passeggeri trasporti per dipendente in servizio.

KLM disponeva di 36.738 dipendenti che facevano volare una flotta di 160 aerei ed ha trasportato nel corso dell’anno 22.366.200 passeggeri che si traducono in 229,61 dipendenti per aereo in servizio, 608,8 passeggeri trasportati per dipendente.

L’intero gruppo Air France KLM disponeva di 103.050 dipendenti per 418 aerei in servizio e nel 2006 ha trasportato 71.715.000 passeggeri. Air France KLM dispone quindi di 246,53 dipendenti per aereo in servizio ed ha trasportato solo 696 passeggeri per dipendente in servizio, contro i 2.107 di Alitalia e 1.295 di Alitalia più Alitalia Servizi.

British Airways disponeva di 44.645 dipendenti e di 282 aeromobili e nell’arco dell’anno aveva trasportato 36.086.900 passeggeri, quindi sono 158,31 dipendenti per aereo in servizio ed ha trasportato 808,30 passeggeri per dipendente.

Iberia contava 23.901 dipendenti a fronte di 150 aerei in servizio e 27.227.600 passeggeri trasportati; abbiamo quindi 159 lavoratori per aereo in servizio, 1.139 passeggeri trasportati per lavoratore.

La tedesca Lufthansa aveva in servizio 94.510 dipendenti per 407 aerei in servizio e 51.194.300 passeggeri trasportati; si tratta quindi di 232,21 dipendenti per aereo in servizio e 541,68 passeggeri trasportati nel 2006 per dipendente.

Virgin Atlantic aveva in servizio 8.400 dipendenti a fronte di una flotta di 37 aerei ed ha trasportato 4.906.900 passeggeri; abbiamo quindi in servizio 227 dipendenti per ogni aereo della flotta ed ha trasportato 484 passeggeri per ogni singolo dipendente.

Alla stessa data Air One disponeva di 1.549 dipendenti per 39 aerei in servizio ed ha trasportato 5.662.600 passeggeri, il che vuol dire 39,7 dipendenti in servizio e 145.194 passeggeri annuali per aereo; il rapporto dipendenti per aereo è bassissimo ma Air One affida a terzi i servizi indispensabili ad una compagnia aerea e quindi non è propriamente una full-service airlines; viste le dimensioni dell’azienda ciò è comprensibile; le compagnia aeree medio-piccole affidano in outsourcing tali servizi; il discorso che magari è conveniente ad una piccola azienda, può non essere altrettanto conveniente per una grande compagnia ed in genere non lo è affatto; i confronti con gli altri principali vettori sono abbastanza chiari ed indicano una larga propensione “a far da sé”; l’esternalizzazione nel caso della grande compagnia aerea può semmai risultare molto conveniente a chi gestisce i servizi esternalizzati; in questo contesto Air One viene citata perché parte in causa nella privatizzazione di Alitalia.

Riassumendo, il rapporto tra il numero di passeggeri trasportati annualmente ed i dipendenti in servizio vede nettamente primeggiare Air One (la quale come detto, non è un full carrier service) con 3.655 passeggeri per dipendente, seguita da Alitalia Fly con 2.107 passeggeri e poi da Alitalia fly più Alitalia Servizi con 1.295, seguite a ruota da Iberia con 1.139; le altre compagnie sono ampiamente distaccate, British Airways arriva ad 808 passeggeri per dipendente mentre Air France KLM ha trasportato solamente 696 passeggeri per dipendente in servizio ed ha un rapporto uguale alla metà di Alitalia Fly più servizi e di un terzo di Alitalia Fly; Virgin Atlantic si limita a 584 passeggeri per dipendente ed i tedeschi di Lufthansa si fermano a 541.

In termini prettamente aritmetici, il totale dei dipendenti di Alitalia ed Alitalia Servizi è in proporzione nettamente inferiore rispetto a quello delle altre principali compagnie europee “full service”, di conseguenza. In base a quanto visto fino ad ora, siamo ai vertici della produttività e quindi parlare di esuberi è assolutamente fuori luogo.

Le note dolenti certo non mancano e si presentano come rapporto tra passeggeri trasportati annualmente e numero di aerei in servizio; rapporto che vede primeggiare Air France con 191.274 passeggeri per aereo in servizio trasportati seguita da Iberia con 181.517; con forte distacco seguono Air One con 145.194 passeggeri, Virgin Atlantic con 132.618 passegeri trasportati poi Alitalia Fly (con o senza Alitalia Servizi non cambia, visto che Alitalia Servizi non dispone di aerei) con 129.520 che comunque precede i 127.967 di British Airways ed i 125.784 di Lufthansa.

LOAD FACTOR E PASSEGGERI TRASPORTATI ANNUALMENTE PER AEREO

Il Load Factor (coefficiente di riempimento degli aerei che viene calcolato sul numero dei posti occupati a fronte di quelli disponibili) vede invece primeggiare KLM che ha un Load Factor del 83,7%, Air France del 79,4%, Lufthansa del 78,6%, British Airways del 76,2% ed Alitalia si ferma al 73,6%; seguono Virgin Atlantic con il 73,1% ed Air One con il 57,8%; il load factor medio della AEA per l’anno 2006 è del 76,5%.

Sul Load Factor si può quindi lavorare per migliorare le performaces ma allo stato attuale non può far certo pensare al “disastro” che viene paventato da più parti.

In base a quanto scritto fino ad ora, il principale punto debole di Alitalia è il basso (rispetto agli altri competitors full carrier service) rapporto tra passeggeri trasportati ed aeromobili in servizio e ciò come abbiamo visto, anche a fronte di un load factor non di molto inferiore alla media; per provare a darci una risposta potremmo andare a confrontare la consistenza delle flotte aeree e vedere così che Alitalia ha 31 aerei a lungo raggio (2) contro i 117 di Air France a cui si sommano i 58 di KLM (7); British Airways ne conta 134, Lufthansa 114 (10), Virgin Atlantic 37 e 35 Iberia; Air One non dispone di aerei a lungo raggio; Alitalia quindi tra le compagnie prese in esame Alitalia è quella con il minor numero in assoluto di aerei a lungo raggio in servizio e lo stesso vale per il rapporto percentuale sul totale della flotta, anche in questo caso Alitalia è in coda.

Naturalmente gli aerei a lungo raggio, oltre ad avere maggiore autonomia, possono trasportare molti più passeggeri; per capirci meglio, se ho un aereo a medio raggio con 200 posti disponibili e li riempio tutti, ho un load factor del 100% mentre se ho aereo a lungo raggio da 400 posti e ne riempio 300 ho un load factor del 75% quindi inferiore rispetto all’aereo a medio raggio ma ho comunque un più alto rapporto passeggeri trasportati per aereo; ovvio che far volare, servire e mantenere un aereo da 400 posti costa più di un aereo da 200 posti ma meno di due aerei da 200 posti ed è pure ovvio che più passeggeri trasporto più fatturo.

L.R. Long Range – Lungo Raggio
M.R. Medium Range – Medio Raggio
S.R. Short Range – Corto Raggio

Note:

(1) Per ciò che riguarda il numero di aerei in servizio, sono stati inclusi anche gli aerei cargo poiché alcuni modelli sono “combi” e possono svolgere sia attività passeggeri che attività cargo; nelle note a seguire viene di volta in volta ne precisata la presenza e la quantità.

(2) Compresi 5 aerei cargo a lungo raggio

(3) Alitalia Servizi – Forza media retribuita anno 2006: 7.159 dipendenti

(4) Alitalia Servizi non dispone di aerei

(5) Sull’AEA Yearbook 2007 viene fornito il totale del numero dei dipendenti di Air France e KLM, fonte Air France – KLM Corporate Social Responsability Report 2006-07, pag. 48.

(6) Compresi 17 aerei cargo a lungo raggio

(7) Compresi 20 aerei cargo e 17 “combi” a lungo raggio

(8) Esclusi 35 B757 “combi” a lungo raggio ed operati da British Airways World Cargo

(9) Compresi 3 aerei cargo e 17 “combi” a lungo raggio

(10) Compresi 19 aerei cargo a lungo raggio

FATTURATO – MEDIE

Per ciò che riguarda il fatturato medio per dipendente (tabella 4), se si considera solo Alitalia Fly, abbiamo il più alto fatturato medio per dipendente in servizio, superando anche Air One e doppiando quasi Lufthansa, Air France – KLM ed Iberia che al contrario di Alitalia Fly sono full service airlines; il confronto corretto con le altre compagnie europee va quindi fatto sommando al fatturato e ai dipendenti di Alitalia Fly anche i corrispettivi di Alitalia Servizi.

Il fatturato medio diminuisce poiché i servizi di terra fatturano (e costano) meno di una compagnia aerea; in questo caso a guidare la classifica è Air One, segue Alitalia (tutta) e poi le altre full airline service: British Airways, Air France – KLM, Iberia ed ultima Lufthansa.

Discorso diverso se andiamo a vedere il fatturato sviluppato per aereo in servizio; Alitalia è comunque penultima dopo Air One ed è ben distanziata dalle altre compagnie tra le quali la Lufthansa che ha un valore quasi doppio rispetto ad Alitalia Fly.

Stesso discorso per il fatturato medio per passeggero, penultima dopo Air One ma in questo caso il dato è leggermente inferiore a quello di Iberia mentre anche questa volta rappresenta la metà del fatturato Lufthansa; se si somma anche Alitalia Servizi si riesce però a superare Iberia.

Alitalia ed Iberia utilizzano per il medio raggio macchine uguali come gli Airbus A-319, A-320 ed A-321 ed altre simili come gli MD87 ed MD88; Iberia non ha però aerei a corto raggio ma disponeva di 35 aerei a lungo raggio contro i 31 di Alitalia a cui vanno inoltre sottratti 5 aerei usati esclusivamente come cargo.

In base a quanto visto fino ad ora, appare “aritmeticamente” evidente, fatte le debite proporzioni, che parlare di esuberi in Alitalia Fly ed in Alitalia Servizi è semplicemente insensato; che la produttività dei dipendenti di tutti i lavoratori Alitalia, sia in termini di passeggeri annui trasportati che di fatturato è in assoluto la più alta tra le altre full service airlines.

Per contro, a fronte di un load factor leggermente sotto la media, tra le compagnie prese in esame, abbiamo uno dei più bassi rapporti tra i passeggeri trasportati annualmente per aereo in servizio e peggio ancora il fatturato annuo medio per aereo in servizio ed il fatturato medio per passeggero trasportato.

Il basso rapporto tra passeggeri annui trasportati ed il fatturato medio per aereo in servizio, non possono certo prescindere dalla tipologia della flotta di Alitalia che come abbiamo visto, conta solo 26 aerei a lungo raggio e ciò è confermato da un load factor che pur al di sotto della media dovrebbe comunque garantire redditività; il basso fatturato per passeggero non può non risentire anche delle diverse condizioni socio economiche delle aree servite e quindi del tipo di mercato nazionale; va sottolineato che Lufthansa ha un fatturato per passeggero doppio rispetto ad Alitalia ma un numero di passeggeri annui trasportati per aereo addirittura inferiore anche ad Alitalia; ciò deve far riflettere seriamente su quali gravi conseguenze può avere l’abbandono di Malpensa o comunque il suo depotenziamento così come il ridimensionamento della flotta a lungo raggio. In ultimo va ricordato quando dichiarato dall’ex Capo Dipartimento Aviazione Civile Bruno Salvi durante un’intervista della trasmissione Report circa “valigie” di biglietti di favore rilasciati per ingraziarsi “tutti i sistemi, il sistema dei giornalisti, il sistema dei magistrati, il sistema dei politici”; ove confermato ciò sarebbe molto grave, ben al di là del semplice danno economico diretto ma questo argomento verrà trattato successivamente.

SULLA FLOTTA

Torniamo però alla consistenza ed alla tipologia della flotta Alitalia; domanda: perché Alitalia ha così pochi aerei a lungo raggio? Azzardiamo una risposta? Che me ne faccio di una flotta di aerei a lungo raggio per collegare Genova, Trieste, Palermo, Lamezia, Pisa, Firenze e Catania a Roma e a Milano? Alitalia è nata per svolgere un servizio pubblico, non per fare business, un servizio pubblico che si doveva affiancare ed integrare ad altri, alle Ferrovie dello Stato ad esempio, che dopo aver tagliato decine di migliaia di posti di lavoro, sono sempre con l’acqua alla gola, rendono un servizio la cui qualità è sotto gli occhi di tutti e ammettono candidamente che se si vogliono servire le tratte in perdita occorre un contributo del Governo; questa vale per i treni come vale per le scuole e gli ospedali che vengono chiusi nei piccoli centri e vale anche per gli aerei e gli aeroporti; le low cost atterrano ovunque, basta che ci sia da guadagnare e ovviamente, ben vengano i contributi pubblici nelle varie forme; quando si tagliano i contributi pubblici, non si atterra più o si minaccia di non atterrare più, come la RyanAir in Vallonia, nel momento in cui la Commissione Europea ha ordinato di restituire una parte dei quattro milioni di euro ottenuti dall’aeroporto belga di Charleroi.

LA FLOTTA

Sempre in tema di flotta aerea, un altro argomento usato contro Alitalia è l’anzianità della flotta, tra l’altro definita dal Prof. Marco Ponti “tragicamente obsoleta” e “con una gamma tipologica così variegata da generare rilevanti diseconomie gestionali”; correttezza impone però di sottolineare che obsoleta non vuol dire necessariamente vecchia d’età, può esserlo solo di concezione.

In merito all’età media della flotta Alitalia, che certo giovane non è, non da buttare e spesso le differenze con le altre compagnie non sono poi così abissali (tabella 5); anche se non inserite nella tabella, la flotta della JAL (Japan Airlines) ha un’età media di 11,5 anni (e gli MD 80/90 arrivano a 14,9 anni di servizio medi), la flotta di Delta Airlines ha un’’età media di 14 anni (e la flotta di MD80/90 arriva a 17,3) e American Airlines presenta un’età media di 15,2 anni (e gli MD80/90 arrivano a un’età media di 18,4 anni, MD Alitalia arrivano a 18,3).

Le statistiche va ricordato, sono manipolabili e quindi bisogna anche stare con gli occhi aperti; ad esempio se si sommasse la flotta di Alitalia con quella di Alitalia Express, l’età media si abbasserebbe.

Il più numeroso modello d’aereo in linea con Alitalia è l’MD80 che secondo un comunicato stampa della stessa Alitalia rappresenta il 40% della flotta Alitalia, l’81% della flotta di Meridiana, il 40% della SAS, il 26% di Iberia, il 40% di American Airlines ed il 30% di Delta e rappresenta una delle tipologie di aerei più sicuri al mondo classificandosi ai vertici delle statistiche per minori incidenti (su 33,3 milioni di voli hanno un rateo di soli 0,22 fatalità rispetto ad esempio allo 0,41 del Boeing 737.

Quindi la flotta è comunque efficiente e sicura anche se, ne viene decisa la svalutazione che fa andare letteralmente in fumo 197.266 milioni di euro il chè, per un’azienda in crisi in cerca di acquirente rappresenta la classica ciliegina sulla torta o meglio, una delle ciliegine.

Per un aereo però, l’età non è tutto, basti ricordare che il bombardiere Boeing B 52 entrò ufficialmente in servizio nel 1955 nella sua versione A e che la versione H, entrata in servizio nel 1961 è ancora in servizio attivo e lo resterà almeno fino al 2020; si tratta di macchine che hanno subito lavori di rimodernamento certo ma, se l’USAF affida ad aerei “vecchi” di 47 anni compiti di bombardamento strategico evidentemente vuol dire che l’età non è tutto; senza andar lontano si potrebbe ricordare il caccia F-104 Starfighter, la cui prima versione entrò in servizio con l’USAF nel 1958 e la cui versione S, venne usata in prima linea dall’Aeronautica Militare Italiana dal 1969 al 2004; gli aerei in questione sono stati più volte sottoposti ad ammodernamenti ma erano caccia intercettori da mach 2,2 (2.330 km/h circa); fermo restando la scontata differenza di ore di volo tra un aereo militare ed un aereo di linea, rispetto all’età media della flotta Alitalia siamo a meno della metà e onestamente non ricordo che all’Aeronautica Militare siano state mosse tante critiche come nel caso di Alitalia.

Anche l’Aeronautica ha avuto i suoi “prepensionamenti” come nel caso dei caccia AMX della prima serie che sono stati ritirati ben prima dei 10 anni di servizio mentre quelli delle serie successive sono stati più volte sequestrati dalla magistratura ma a questo punto viene da pensare che sia l’intero “sistema Italia” che non va ed a questo punto si deve scegliere tra il risolvere l’individuare e risolvere i problemi oppure vendere tutto e chiudere baracca affidando ai francesi oltre al trasporto aereo italiano anche la difesa aerea e giusto che ci siamo, anche quella marittima.

Tornando alla flotta di Alitalia, cosa dovrebbe fare una compagnia “al verde” che ha aerei validi ma che stanno invecchiando? Rafforzare la propria componente manutentiva già formata e rodata oppure disfarsene? Non avendo titolo per dare una risposta adeguata ci si limita a prendere atto delle decisioni di Alitalia e successivamente di Air France-KLM: cedere.

IL COSTO DEL LAVORO

Altro cavallo di battaglia della disinformazja che da anni caratterizza le vicissitudini di Alitalia, è quello del costo del lavoro in quanto si dice in giro ed come per il troppo personale, opinione largamente diffusa, che i lavoratori hanno stipendi altissimi contribuendo così notevolmente a far collassare Alitalia.

Certo, tant’è che l’Amministratore Delegato di Air France Jean Cyril Spinetta, nel novembre del 2005, quando era ancora nel Consiglio d’Amministrazione di Alitalia, dichiarò che lo sforzo di risanamento compiuto da Alitalia per ridurre i suoi costi “è impressionante, anzi spettacolare”; sempre secondo Spinetta, “l’Alitalia è la compagnia aerea «con i costi più bassi d’Europa»”; a fronte di queste parole troviamo per Alitalia Fly un costo del lavoro medio decisamente inferiore a British Airways, leggermente inferiore ad Air France ma superiore ad Iberia e a Lufthansa.

Il costo medio del lavoro può essere ulteriormente abbassato e quindi Monsieur Spinetta ha detto una balla? No, perché come detto, al contrario delle altre compagnie prese in considerazione, Alitalia Linee Aeree Italiane S.p.A. e le altre società consolidate del Gruppo, dopo la creazione di Alitalia Servizi ed il conferimento alla stessa di assetti comprensivi di servizi indispensabili per una compagnia aerea, Alitalia Fly non può essere considerata una “full-service airlines”, lo è nel momento in cui si sommano ad essa le altre società partecipate e principalmente Alitalia Servizi con le sue controllate; la differenza quindi, sta anche nelle professionalità impiegate e nel loro numero e nelle conseguenti differenze retributive.

Se si sommano gli organici di Alitalia Fly con quelli di Alitalia Servizi cominciamo o meglio, ricominciamo ad avere organici sicuramente più equilibrati e tendenzialmente in linea con le altre full airline services anche se, l’incidenza del numero del personale di volo sul totale resta più alta rispetto alle altre compagnie.

In termini di produttività andiamo a vedere l’utile medio per dipendente, calcolato sottraendo al fatturato medio per lavoratore il costo medio per lavoratore; rispetto ad Alitalia Fly British Airways ha un utile medio che si ferma al 58,74%, Iberia arriva al 48,84% precedendo Air France – KLM che si ferma al 46,6%; Lufthansa è ultima con il 44,98%.

Il calcolo anche in questo caso non è equo poiché il confronto con le altre full service airlines deve essere fatto sommando anche Alitalia Servizi, la famosa bad company di cui ci si vuol disfare.

Sommando anche Alitalia Servizi, British Airways arriva all’84,2%, Iberia al 70%, Air France al 65,37% e Lufthansa al 64,48%.

È evidente che trattandosi di medie, i distinguo vanno fatti, come detto un pilota costa molto di più rispetto all’impiegata del check o all’operaio che si occupa dei bagagli ma allo stesso tempo “fattura” di più; per i costi medi, secondo un’Ansa del 29 Marzo che si rifà a fonti del sindacato ANPAC, i piloti Alitalia percepiscono circa il 30% in meno rispetto ad Air France – KLM, British Airways, Iberia e Lufthansa.

Secondo “il Sole 24 Ore” (9 aprile 2008) che cita fonti AEA “nel 2006 i piloti Alitalia (comandanti compresi) hanno avuto uno stipendio complessivo medio di 121mila euro al lordo delle tasse, come quello dei piloti di British Airways”; i piloti di Swiss si fermerebbero ad appena 108mila euro mentre più sono più alti gli stipendi dei piloti di Iberia che arrivano a 147mila euro, di Lufthansa che ne paga 153mila e più in alto ancora troviamo Air France con 170mila euro medi a cranio di pilota.

Se i costi sono al livello delle altre compagnie o addirittura inferiori, a fare la differenza è il numero di piloti in servizio che secondo alcuni sono troppi, addirittura secondo il Segretario della UIL Luigi Angeletti su La Repubblica del 4 aprile 2008) “Alitalia ha tanti piloti che potrebbe permettersi il triplo di aerei”; peccato non conoscere fonti e parametri a cui fa riferimento l’esperto di turno , anche perché se andiamo a fare un confronto tramite bilanci ed annual report vari con Air France – KLM ed Iberia, il rapporto tra numero di piloti ed aerei in servizio di Alitalia è leggermente inferiore ad Iberia e quasi la metà rispetto ad Air France che con 175 su 418, ha certamente molti più aerei a lungo raggio di Alitalia.

Giusto per restare ai piloti va ricordato il settore Cargo che Air France – KLM voleva smantellare e che la stampa ha attaccato anche a causa del numero eccessivo (sempre secondo la stampa) dei piloti; se sul numero dei piloti e sui loro stipendi abbiamo già detto, possiamo ricordare che si vogliono mettere a terra i 5 MD11 Special Freighters sono stati trasformati in cargo da pochissimo tempo ed il primo esemplare trasfomato è infatti rientrato in servizio alla fine del 2004; in pratica si tratta di aerei seminuovi che si vorrebbero mettere a terra e vendere (svendere?) distruggendo le capacità cargo di Alitalia e lasciando il campo libero agli altri competitors; si tratterebbe dell’ennesimo danno al sistema Italia e regalo alla concorrenza costituita tra l’altro dalla stessa Air France – KLM che schiera 20 cargo e 17 “combi” e dalla Lufthansa che dispone di 19 MD11F di cui 3 sono ex Alitalia.

Va poi ricordato che il Ministero della Difesa si rivolge spesso a vettori civili per compiti di trasporto strategico sia per ciò che concerne il personale, sia per ciò che riguarda materiali e mezzi; com’è facile intuire, in questo caso non si tratta di trasportare mozzarelle borsette o componenti industriali e l’affidabilità del vettore è fondamentale. Va rilevato che “le gare vengono aggiudicate al miglior offerente o per lo meno sulla base di criteri tecnico – amministrativi e quindi tutti gli eventuali problemi emergeranno a gara ormai aggiudicata, quando i tempi stretti imporranno di procedere sulla strada intrapresa”; inoltre nel caso di inadempimenti nel rispetto delle clausole contrattuali le leggi italiane esistenti prevedono la possibilità di applicare penali assolutamente blande”; penali più alte fungerebbero da deterrente nei confronti di vettori poco affidabili ma il danno per le Forze Armate sempre più impegnate all’estero, potrebbe essere tragicamente non monetizzabile; inoltre nel caso di aerei stranieri “è impossibile il controllo sull’affidabilità degli equipaggi e dei vettori presi a nolo (con reali rischi di infiltrazione negli equipaggi di elementi terroristici)” (Rivista Italia Difesa agosto 2007).

CRONACHE DA BENGODI: L’INTERVISTA POSSIBILE A LUISITO MODERATO UOLTER SEGRETARIO DEI DITOCRATICI

Intervistiamo Luisito Uolter Moderato, segretario dei Ditocratici, mentre atterra da Nuova Yorke all’aereoporto di Lumicino della capitale di Bengodi. È l’ultimo volo dell’Alibengodi prima che si trasformi in una joint venture transnazionale nascondendo i debiti sotto il materasso. Il nostro inviato si accorge che c’è qualcosa di malinconicamente romantico in quell’atterraggio che stride come un addio: tant’è che l’avioplano ad avioelica con il prestigioso marchio a tre fettuccine nazionali sull’ala appena atterrato viene fatto brillare in uno sbuffo di fumo al limone dietro alla toilette per signore. Luisito Uolter si avvicina con passo lento ma lesto, l’occhio vispo ma tristo, una camicia dandy ma country, un sorriso trito ma contrito e sfoggia fiero in mano la foto che lo ritrae abbracciato al dog sitter ultra novantenne dei Kennedy. È appena tornato dall’America dove ha presentato un libro jazz sulla musica popolare dei Watussi: un poetico emigrante al contrario.

NOSTRO INVIATO – buongiorno Luisito Uolter, atterra con un’Alibengodi vicina alla soluzione dicono anche grazie al suo intervento. Soddisfatto?
LUISITO MODERATO UOLTER – volevo prima parlarvi del mio ultimo studio sul jazz della Ciociaria ma rispondo volentieri a questa sua domanda. Perché credo che come mi disse il cugino di terzo grado di Gandhi, che è un mio caro amico,  quando è stato mio ospite al baretto sotto casa per un pane e salame: “chiedere è un diritto e rispondere è cortesia” [non ride nessuno la sua addetta stampa applaude]. Per risolvere la vicenda Alibengodi mi è bastato ricordare ai Pifani che conosco la password del loro conto online e dire una frase all’orecchio a Colal’inno, che è un mio caro amico.
NOSTRO INVIATO – ma il cavaliere Svitantenne dice che il merito è del governo.
LUISITO MODERATO UOLTER – Svitantenne è un mio caro amico, e quando si arrabbia gli si alza il colesterolo e mi fa’ stare in piedi tutta la notte a preparargli tisane. Facciamo che è merito mio ma anche suo: pari patta.
NOSTRO INVIATO – qualcuno l’accusa di non fare opposizione.
LUISITO MODERATO UOLTER – opposizione è una parola brutta che dicono i bambini cattivi. Io sono per la pace africana a livello istituzionale con qualche assolo jazz…
NOSTRO INVIATO – ma i vostri elettori la pensano diversamente.
LUISITO MODERATO UOLTER – i nostri elettori sono miei amici. Lo sa che anche il parrucchiere di Obama mi ha detto che di profilo ci assomigliamo moltissimo? Stiamo preparando una grossa manifestazione in piazza con l’esibizione dei più importanti muscisti introspezionisti dell’Alaska per tirare un dolcetto-scherzetto a questo governo.
NOSTRO INVIATO – e l’opposizione in aula?
LUISITO MODERATO UOLTER – mi hanno insegnato fin da bambino (lo sa che prendevo l’autobus con uno zio di Bobo Marley che è un mio caro amico?) che in aula si sta zitti e si ascolta la maestra.
NOSTRO INVIATO – il conflitto di interessi?
LUISITO MODERATO UOLTER – è ditocratico che ognuno coltivi i propri hobby senza interferenze. Io pianto gerani tutte le mattine, Svitantenne stringe alleanze commerciali internazionali e innaffia la propria impunità, Spaccapinoli dei Longombardi studia con i suoi collaboratori le mosse sul risiko federalista…..
NOSTRO INVIATO – non le sembrano interessi di pericolosità un po’ diversa?
LUISITO MODERATO UOLTER – certo che sì, caro ragazzo. Questa sua è proprio una bella domanda, io credo che possiamo diventare amici e potrei candidarla al ministero ombra delle brave persone ui chen! Comunque è ovvio che ognuno è diverso in questo meraviglioso mondo della natura dell’amore. Io non innaffio risiko e il cavaliere non impunisce gerani eheheh [non ride nessuno la sua addetta stampa applaude]
NOSTRO INVIATO – ma il lodo Alfano?
LUISITO MODERATO UOLTER – le potrei raccontare di J.J.Michael Alfano, grande jazzista jazz afroafro del secolo scorso, che è un mio grande amico.
NOSTRO INVIATO – il governo vuole dare un freno alle intercettazioni, mettendosi contro ad una parte di magistratura.
LUISITO MODERATO UOLTER – il nostro ministro ombra alle segreterie telefoniche sta studiando il disegno di legge, solo che ha avuto un impegno per il matrimonio di una cugina che non vedeva da tempo, che tra l’altro è una mia grande amica.
NOSTRO INVIATO – alcuni detrattori vorrebbero capire il reale senso del vostro contro governo, perché un governo ombra?
LUISITO MODERATO UOLTER – perché si sta al fresco.
NOSTRO INVIATO – la sinistra radicale è scomparsa?
LUISITO MODERATO UOLTER – no, no, l’ho invitata a prendere un thè domani alle 5. Tra l’altro siamo molto amici.
NOSTRO INVIATO – citando Moretti, quando direte una cosa di sinistra?
LUISITO MODERATO UOLTER – se volete vi dico la prima riga del mio prossimo libro sulle variazioni in jazz degli iceberg in Marocco. Fa’ così: “c’era una volta…” eheheh [non ride nessuno la sua addetta stampa applaude]
NOSTRO INVIATO – vuole dire qualcosa al cavaliere Svitantenne?
LUISITO MODERATO UOLTER – certo, di prendere anche un etto di cotto prima di tornare a casa. Tra l’altro il prosciutto cotto è mio amico…
NOSTRO INVIATO – grazie.
LUISITO MODERATO UOLTER – si figuri. Uì chèn!
Uolter Luisito si riassetta il papillon e s’incammina.

RADIO MAFIOPOLI – 6° (CO)MANDAMENTO: NON FORNICARE! Il video

RADIOMAFIOPOLI di e con Giulio Cavalli in diretta tutti i mercoledì alle 14.00.

Mafiopoli si sa non è altro che lo specchio della realtà. Ed è per questo che oggi vi narriamo recenti fatti dattualità. E il caso ad esempio della famiglia Raccuglia di Mimmo precisamente e di sua moglie, accade infatti ogni anno che la signora Pattuglia verso Maggio riesca a sparire dal suo territorio, Altofonte (PA) per poi farne ritorno i primi di Settembre in gravidanza. E restando in tema di procreazione come non ricordare il caso del boss Graviano a cui è stato consentito di procreare in provetta. Piccolo e breve laccenno alle coppie di fatto, ma come dimenticare che il religiosissimo Zio Binnu in latitanza è diventato tre volte papà pur non essendo sposato? Mah chissà.
Di cronaca nera parliamo quando affrontiamo il tema dei Capalesi, i Casalesi di Campania, che hanno sterminato in un giorno 7 persone di colore, perché presumibilmente avevano intenzione di inserirsi nel giro dello spaccio senza la loro autorizzazione.
Chiudendo sullattualità ricordiamo i testimoni di giustizia, molto spesso dimenticati dallo stato, è di questi giorni la notizia che a Pino Masciari non è stata assegnata una scorta poiché protetto da una rete di amici che fanno da scudo umano.

Carmelo Di Gesaro

RADIO MAFIOPOLI – 6° (CO)MANDAMENTO: NON FORNICARE!”, ore 14:00 in diretta

Mafiopoli si sa non è altro che lo specchio della realtà. Ed è per questo che oggi vi narriamo recenti fatti d’attualità. E’ il caso ad esempio della famiglia Raccuglia di Mimmo precisamente e di sua moglie, accade infatti ogni anno che la signora “Pattuglia” verso Maggio riesca a sparire dal suo territorio, Altofonte (PA) per poi farne ritorno i primi di Settembre in gravidanza. E restando in tema di procreazione come non ricordare il caso del boss Graviano a cui è stato consentito di procreare in provetta. Piccolo e breve l’accenno alle coppie di fatto, ma come dimenticare che il religiosissimo “Zio Binnu” in latitanza è diventato tre volte papà pur non essendo sposato? Mah chissà.
Di cronaca nera parliamo quando affrontiamo il tema dei “Capalesi”, i Casalesi di Campania, che hanno sterminato in un giorno 7 persone di colore, perché presumibilmente avevano intenzione di inserirsi nel giro dello spaccio senza la loro autorizzazione.
Chiudendo sull’attualità ricordiamo i testimoni di giustizia, molto spesso dimenticati dallo stato, è di questi giorni la notizia che a Pino Masciari non è stata assegnata una scorta poiché protetto da una rete di amici che fanno da scudo umano.

Carmelo Di Gesaro

Una storia da raccontare

Rita Atria.

“Rita, non t’immischiare, non fare fesserie” le aveva detto ripetutamente la madre, ma, Rita aveva incontrato Paolo Borsellino, un uomo buono che le sorride dolcemente, e lei parla, parla…racconta fatti. Fa nomi. Indica persone, compreso l’ex sindaco democristiano Culicchia, che ha gestito e governato il dopo terremoto.

“Fimmina lingua longa e amica degli sbirri” disse qualcuno intenzionalmente, e così al suo funerale, di tutto il paese, non andò nessuno. Non andò neppure sua madre, che, disamorata, fredda e distaccata, l’aveva ripudiata e minacciata di morte perché quella figlia così poco allineata, per niente assoggettata, le procurava stizza e preoccupazione. Inoltre, sia a lei che a quella poco di buono di sua nuora, Piera Aiello, che aveva plagiato a picciridda, non perdonava di aver “tradito” l’onore della famiglia.

Si recherà al cimitero parecchi mesi più tardi, e con un martello, dopo aver spaccato il marmo tombale, rompe pure la fotografia della figlia, una foto di Rita appena adolescente. Figlia di un piccolo boss di quartiere facente capo agli Accardo, Rita Atria è nata e cresciuta a Partanna, piccolo comune del Belice, una vasta zona divenuta famosa perché distrutta dal terremoto. Un territorio in cui, in quel periodo, si dice circolasse denaro proveniente dal narcotraffico, e di cui Rita non sopporta le brutture, le vigliaccherie, la tristezza. L’ignavia delle donne. “Una donna sa sempre cosa sta combinando suo marito o suo figlio” ha spiegato Piera Aiello moglie di Nicola Atria, fratello di Rita, e lei condivide con convinzione. Sensibile all’inverosimile, eppur ostinata, caparbia, fin dall’adolescenza dimostra di essere molto dura ed autonoma. Acasa sua, faide, ragionamenti, strategie, vecchi rancori, interessi di ogni tipo, erano all’ordine del giorno, perché, suo padre, don Vito Atria, ufficialmente pastore di mestiere, era un uomo di rispetto che si occupava di qualsiasi problema; per tutti trovava soluzioni; fra tutti, metteva pace, “…per questioni di principio e di prestigio…- sosteneva Rita – senza ricavarne particolari vantaggi economici…” tranne quello di rubare bestiame tranquillamente ed avere buoni rapporti con tutti quelli che contavano.

Cionostante, il 18 novembre dell’85, don Vito Atria, non avendo capito che il tempo è cambiato, e che la droga impone un cambio generazionale, è stato ucciso. Rita innanzi a quel cadavere crivellato di colpi, fra gli urli e gli impegni di rappresaglia dei famigliari, anche se appena dodicenne, dentro di sé, comincia ad rimestare vendetta. Ma la morte del padre le lascia un vuoto.

Rita, allora, riversa tutto il suo affetto e la sua devozione sul fratello Nicola. Ma Nicola era un “pesce piccolo” che col giro della droga, aveva fatto i soldi e conquistato potere. Girava sempre armato e con una grossa moto. Quello con il fratello diventa un rapporto molto intenso, fatto di tenerezza, amicizia, complicità, confidenze. E’ Nicola, infatti, che le dice delle persone coinvolte nell’omicidio del padre, del movente; chi comanda in paese, le gerarchie, cosa si muove, chi tira le fila… trasformando così una ragazzina di diciassette anni, in custode di segreti più grandi di lei.

Tutto ciò non le impedisce di innamorarsi e fidanzarsi con Calogero, un giovane del suo paese. Fino al 24 giugno del 91, il giorno in cui anche suo fratello Nicola viene ucciso e sua cognata Piera Aiello che da sempre aveva contestato a quel marito le frequentazioni e i suoi affari, collabora con la giustizia e fa arrestare un sacco di persone. Calogero interrompe il fidanzamento con Rita perché cognata di una pentita e sua madre Giovanna va in escandescenze.

Dopo il trasferimento in località segreta di Piera e dei suoi figli, Rita a Partanna è veramente sola: rinnegata dal fidanzato e dalla mamma, non sa con chi parlare, con chi scambiare due parole.
Sottomettersi come sua madre o ribellarsi?

All’inizio di novembre, ad appena diciassette anni, decide di denunciare il sistema mafioso del suo paese e vendicare così l’assassinio del padre e del fratello. Incontra il giudice Paolo Borsellino, un uomo buono che per lei sarà come un padre, la proteggerà e la sosterrà nella ricerca di giustizia; tenterà qualche approccio per farla riappacificare con la madre.

La ragazzina inizia così una vita clandestina a Roma. Sotto falso nome, per mesi e mesi non vedrà nessuno, e soprattutto non vedrà mai più sua madre. L’unico conforto è il giudice. Ma arriva l’estate del ’92 e ammazzano Borsellino, Rita non ce la fa ad andare avanti. Una settimana dopo si uccide[…]
(Graziella Proto – Casablanca)