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Attaccò Monti che rifiutò le Olimpiadi. Ma ora Giorgia ce lo fa rimpiangere

Forse aveva ragione l’ex presidente del Consiglio Mario Monti quando nel 2012 spiegava che per organizzare le Olimpiadi (in quel caso si parlava di un’ipotetica candidatura di Roma per il 2020) “non si possono correre rischi” e bisogna essere consapevoli che si tratta di “un’operazione che potrebbe mettere a rischio i denari dei contribuenti”. In quell’occasione l’attuale presidente del Consiglio Giorgia Meloni non ebbe dubbi nel sottoscrivere l’appello di 60 sportivi dichiarando che Roma 2020 avrebbe potuto “rappresentare per l’Italia una grande opportunità di rilancio, di sviluppo e di crescita, che dobbiamo cogliere per guardare al futuro con rinnovata fiducia”.

L’ex premier Monti ritirò Roma dalla corsa per le Olimpiadi del 2020. Adesso Meloni apre quelle del 2026 con una figuraccia

Undici anni dopo la figuraccia è completa: le gare di bob, slittino, skeleton e parabob dei Giochi olimpici e Paralimpici invernali di Milano-Cortina 2026 non si svolgeranno a Cortina come inizialmente previsto dal masterplan della candidatura nel 2019 ma si dovrà andare in Svizzera, a St Moriz. Giovanni Malagò, presidente del Coni, nonché membro Cio e presidente della Fondazione Milano-Cortina, ha precisato che “a questo proposito, è importante ricordare che una decisione come questa avrà conseguenze sul budget del Comitato Organizzatore e sull’intera operazione”.

Saltata la gara d’appalto per la costruzione di la pista da bob a Cortina

Il futuro è fosco. Saltata la gara d’appalto per la costruzione di un pista in Italia il governo avrebbe dovuto mettere un’altra cinquantina di milioni sperando che il bando non andasse deserto di nuovo. A questo si aggiunge l’enorme ritardo accumulato sull’organizzazione (fino a poche ore fa negato praticamente da quasi tutti i componenti del comitato organizzatore) e le proteste delle associazioni ambientaliste.

Il 14 febbraio del 2012, Meloni stava nella comoda posizione dell’opposizione. Da ex ministro della gioventù fu durissima con la scelta di Monti: “Il no alla candidatura di Roma ai Giochi Olimpici e Paralimpici del 2020, é un danno considerevole all’immagine della nostra Nazione nel mondo, in termini di credibilità, solidità e coesione”, disse. E aggiunse: “Mi domando come sia possibile chiedere a un qualsiasi investitore internazionale di credere nell’Italia se un governo chiamato a rilanciare la nostra economia decide di bloccare una candidatura forte, autorevole e condivisa da tutte le Istituzioni”. “I Giochi – spiegava Meloni – avrebbero rappresentato una grande occasione di crescita e sviluppo economico, per guardare al futuro con ottimismo. L’Italia ha perso oggi un’irripetibile opportunità”.

Dall’opposizione la leader FdI firmò l’appello di 60 atleti contro la decisione di Palazzo Chigi. Oggi invece tace

Oggi i ruoli si sono invertiti. Ad accusare Meloni con parole non dissimili è la leggenda dello slittino azzurro con sei medaglie consecutive ai Giochi Olimpici tra Lillehammer 1994 e Sochi 2014, Armin Zoeggeler, che ai microfono di La Presse parla di “una delusione e un’occasione persa, l’Italia rischia adesso in tutte e tre le discipline. Se non abbiamo una pista in futuro è difficile immaginare di tenere il passo della concorrenza”. “Le medaglie noi le vogliamo, – spiega Zoeggeler – anche la federazione e anche il Coni. Tutti vogliamo le medaglie, ma non vogliamo una pista. È una follia”.

È l’ennesima dimostrazione di come la presidente del Consiglio e il suo governo non riescano a dare seguito alle promesse e alle rivendicazioni sbandierate quando si trovavano dall’altra parte della barricata, sempre pronti a rintuzzare i governi degli altri. Chissà se oggi Meloni firmerebbe un appello contro sé stessa. A pensarci bene almeno sarebbe coerente.

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L’antimafia neomelodica

Oltre alla mafia in Italia sempre di più assistiamo all’antimafia neomelodica.  Il cantante neomelodico siciliano Tony Colombo e la moglie Tina Rispoli sono stati arrestati martedì 17 ottobre 2023 a Napoli e portati in carcere nell’ambito di una vasta operazione anticamorra. L’ipotesi d’accusa è che i due siano stati soci in affari del boss Vincenzo Di Lauro, figlio del capoclan di Secondigliano e Scampia Paolo Di Lauro (quello cui è ispirato il ruolo di don Pietro Savastano in “Gomorra”), da tempo in carcere al 41 bis. 

L’operazione dei Ros sta in un faldone di 1.800 pagine che descrivono minuziosamente le attività della camorra in ottima salute e va ad aggiungersi a decine di operazioni antimafia che quasi quotidianamente in Italia raccontano come le mafie continuino a infestare diversi settori economici, politici, imprenditoriali e sociali. Ma le mafie in questo Paese – da un bel po’ – fanno notizia solo nei loro aspetti più pittoreschi: le avventure amorose di Messina Denaro, il coinvolgimento di qualche politico di basso bordo e il cantante famoso su TikTok. 

Il tema complessivo è scomparso. Scompaiono anche coloro che ai tempi accusarono Roberto Saviano e i giornalisti di Fanpage per avere “criminalizzato” Colombo e la moglie: le trasmissioni televisive che irresponsabilmente iconizzarono la coppia fingendo di dargli l’opportunità di difendersi sono corresponsabili della banalizzazione.

Intanto si leggono i messaggi di Massimo Giletti ai colleghi e agli amici in cui ammette di essere stato bloccato con la sua trasmissione per essere arrivato “troppo vicino a Berlusconi”. Ma di quello non parla quasi nessuno. 

Buon mercoledì. 

Nella foto: Tony Colombo (dalla pagina ufficiale Fb)

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Bavaglio al Parlamento. E pure alla maggioranza

Il senso della democrazia e del Parlamento di Giorgia Meloni si è evidentemente involuto da quando si è accampata a Palazzo Chigi. Le vibranti proteste mentre era all’opposizione si riferivano a comportamenti che ora mantiene senza battere ciglio. Così dopo essersi alzata di tutta fretta per non rispondere ai giornalisti sulla prossima Legge di Bilancio, lasciando la comunicazione a qualche cartolina esultante da pubblicare sui social, la presidente del Consiglio ha deciso di blindare la manovra in Parlamento senza la possibilità di presentare nessun emendamento, nemmeno della sua maggioranza.

Il senso della democrazia e del Parlamento di Giorgia Meloni si è evidentemente involuto da quando si è accampata a Palazzo Chigi

Gli alleati di Lega e Forza Italia hanno accettato il loro ruolo di parlamentari ridotti alla liturgia dell’unico pulsante in nome della “compattezza” che da quelle parti è il sinonimo di “mantenimento del potere”. Così Meloni potrà presentarsi sorridente con la finanziaria in tasca alla festa dicembrina del suo partito ad Atreju. L’opposizione da canto suo promette “battaglia” ma è difficile immaginare di opporsi se il Parlamento viene usato come semplice ceralacca delle scelte del governo.

Siamo messi così, con le raccomandazioni del Presidente della Repubblica che valgono come una letterina a Babbo Natale e con il prossimo Decreto Milleproroghe di gennaio che verrà riempito di prebende per i deputati e i senatori della maggioranza che hanno accettato di “fare i bravi”. In mezzo ci sarebbe il rispetto della Costituzione e del ruolo del Parlamento che avrebbe dovuto essere “sovrano” ma a certi giornalisti di quest’epoca interessa non dare dispiacere al re. Non si sa mai che prima o poi un regalino spunti anche per loro, oltre che per gli oppositori che non si oppongono.

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Le destre danno lezioni di antisemitismo. E poi intitolano strade ad Almirante

Ci deve pur essere un limite alla decenza. In Italia le lezioni di antisemitismo arrivano da coloro che vorrebbero intitolare una via al sottoscrittore de La difesa della razza Giorgio Almirante e dagli amici di Casapound. L’occasione è stata ieri l’ottantesimo anniversario del rastrellamento del ghetto di Roma, quando truppe tedesche appartenenti alle SS o alla polizia d’ordine (Ordnungspolizei), con la collaborazione dei funzionari del regime fascista, arrestarono 1.259 persone, di cui 689 donne, 363 uomini e 207 bambini, quasi tutti appartenenti alla comunità ebraica romana.

Tante le iniziative per celebrare il leader del Msi, Giorgio Almirante. Organico alla rivista filofascista “La Difesa della razza”

Ieri la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ricordato il tragico evento augurandosi “che non accada mai più”. Il suo compagno di partito, il deputato di FdI Luciano Ciocchetti, ci ha tenuto a dirci che quella vicenda “assume oggi un valore ancora più significativo di fronte ai nuovi e atroci delitti efferati in nome dell’antisemitismo”. “Mai più” tuona anche il ministro alla Difesa Guido Crosetto, pure lui di Fratelli d’Italia. Il partito scrive una nota: “L’antisemitismo sia debellato per sempre”. E così via. Anche in casa Lega l’europarlamentare Anna Cinzia Bonfrisco dice “che oggi più che mai abbiamo il dovere di ricordare, alla luce del vile attacco che il popolo di Israele sta subendo dagli estremisti di Hamas” e che bisogna onorare “la memoria di chi perse la vita in quella pagina buia e violenta della nostra storia”. La segue a ruota il vicepresidente leghista del Senato Gian Marco Centinaio: “è un nostro dovere condannare senza ambiguità chi ancora manifesta sentimenti antisemiti e mette in dubbio o minaccia la sopravvivenza di Israele”, dice.

Fiumi di peana sul rastrellamento nazista al ghetto di Roma. Ma da Salvini a La Russa, flirtano con Casapound e con il Duce

Il leader della Lega Matteo Salvini già di primo mattino ieri ha parlato di “pagina buia, violenta e disumana della nostra storia che deve tenere accesa, oggi più che mai, la memoria dell’orrore portato dall’antisemitismo”. Tutto bello, tutto bene, ma davvero basta così poco per diventare difensori degli ebrei confidando che il recente passato dei partiti italiani e dei loro leader venga dimenticato? Cosa pensasse degli ebrei Giorgio Almirante non c’è nemmeno bisogno di ricordarlo. Del viceministro alle Infrastrutture di questo governo che si travestiva da nazista “per gioco” (Galeazzo Bignami, Fratelli d’Italia) s’è detto e scritto.

A fine del 2021 i compagni di partito di Meloni a Napoli hanno brindato con sorrisi e saluto fascista. Il 18 febbraio di quest’anno per l’inaugurazione della nuova sede di Fratelli d’Italia a Cremona alcuni presenti al taglio del nastro hanno scandito il motto fascista Credere, obbedire, combattere, innescando esultanza e applausi. A maggio il segretario di Fratelli d’Italia di Lavello (Potenza), Antonio Di Vietri, è stato rimosso dal suo incarico dal responsabile nazionale organizzazione del partito della Meloni, Giovanni Donzelli.

Questi sono solo alcuni dei molti casi. Inutile dire delle innumerevoli uscite del presidente del Senato Ignazio La Russa. In casa Lega, dal 2014 al 2016, Salvini è andato serenamente a braccetto con Casapound: con loro fa raduni anti-immigrati, ci va a cena, indossa i loro giubbini allo stadio. Ci scappa persino un libro. I milanesi Igor Iezzi e Max Bastoni sono entrambi vicini ai neonazisti di Lealtà Azione che si ispira a Leon Degrelle e a Corneliu Zelea Codreanu. In corteo con Forza Nuova è stato anche l’attuale presidente della Camera, Lorenzo Fontana. A giugno 2022 al tribunale di Cuneo l’editore di Domani Carlo De Benedetti è stato assolto dopo avere dato dell’antisemita a Salvini: “Il giudizio critico, a carattere soggettivo, espresso dall’imputato faceva riferimento a eventi accaduti”, scrisse la giudice. Davvero abbiamo dimenticato tutto?

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Parla l’ex br Giordano: “È ripartita la gogna mediatica. Nel mirino c’è la pace in Palestina”

Francesco Emilio Giordano (ex militante della Brigata XXVIII marzo, condannato per l’omicidio di Walter Tobagi, e oggi educatore) che effetto le ha fatto vedersi sulle pagine dei giornali?
“Devo dire che davvero non me lo aspettavo. Quando un amico al mattino mi ha avvisato di aver visto la foto ho pensato fosse una delle tante foto che si fanno durante i cortei. Non mi aspettavo una aggressione di tale portata, così raccogliticcia che solo Il Giornale poteva fare, evidentemente ordinata da altri”.

Una precisazione, per iniziare: è vero, come si legge, che lei non ha mai rinnegato le azioni violente per cui è stato condannato e quegli anni?
“Nell’azione più grave eravamo in sette, ben cinque si sono dissociati dopo solo poco tempo, e solo per poter uscire dal carcere; quindi, non potevo evitare di rivedere criticamente quel percorso. Mi hanno arrestato il 7 ottobre 1980 su una delazione di uno dei sette, un amico fino ad allora. Arrestato e torturato sono stato tenuto in isolamento per 38 giorni. Il Dottor Spataro durante il primo interrogatorio mi ha proposto di ammettere tutto quello che gli altri avevano dichiarato, e che siccome ero quello con meno responsabilità “me la sarei cavata” con meno di 3 anni a fronte dell’ergastolo o 30 anni. Come ho già scritto in altre occasioni, subito dopo quel fatto non ho più frequentato quelle persone ed ero ritornato a lavorare in Fabbrica (Mtm di Rho). Mi avevano proposto di scappare in Francia ed ho rifiutato. Forse sarei rimasto libero, ma non era quello che mi interessava”.

Ieri in alcune trasmissioni televisive e nel dibattito politico è stato detto che “un ex brigatista non ha il diritto di partecipare a manifestazioni”. Molte di quelle parole arrivano da coloro che si professano “garantisti” e alcuni di loro hanno assunto posizioni pubbliche a favore di persone con condanne per terrorismo nero sulle spalle. Che effetto le fa questo doppiopesismo?
“A mio parere dimostra semplicemente che hanno una moralità molto scarsa e che tutto quel che fanno è strumentale perché pensano che quel “pensiero” li aiuti nella carriera politica, giornalistica. Poi vero che ci sono “due pesi e due misure”, infatti sono molto meno severi con elementi fascisti. In questi anni è venuto meno non solo l’antifascismo, ma anche quella idealità che ha caratterizzato la sinistra e di conseguenza – rotto quell’argine – è emerso tutto il liquame che vediamo anche nella vicenda di questi giorni”.

Ma è vero – come scrive qualcuno – che lei è per l’eliminazione fisica degli israeliani?
“Assolutamente falso, anche perché mi sono sempre assunto le mie responsabilità. Da sempre la mia posizione è quella di uno Stato palestinese dove possano vivere in pace ebrei, musulmani, cristiani ed anche noi atei, che non sarebbe una novità. Si tornerebbe a quel tempo in cui in Palestina si viveva così, prima dell’arrivo dei sionisti, quelli che ancora oggi vorrebbero una Grande Israele che arriva fino al mare, esattamente quello che è la Palestina”.

Cosa ne pensa del violento attacco di Hamas?
“Penso che sia frutto di decenni di occupazione, gli ultimi 17 anni sono stati di completa chiusura, di numerose aggressioni come quella di questi giorni, eppure prima non si erano verificati episodi come quello del 7 ottobre: Piombo Fuso (2008), Margine Protettivo (2014). No, io sono convinto che l’obiettivo di Israele sia esattamente quello di scacciare in qualsiasi modo i palestinesi e costruire quello che avevano già prefigurato un decennio prima che arrivasse Hamas”.

Da anni si occupa della causa palestinese. Perché?
“Credo sia perché, come ebbe a scrivere un intellettuale palestinese, la questione palestinese è così ingiusta che ogni essere umano non può che difenderla. Sono stato più volte a Gaza, ho conosciuto compagni e compagne, Vittorio Arrigoni, ed altri. Insomma, non posso né voglio tirarmi indietro finché la Palestina non sarà libera, e come dicevo prima, finché possano vivere in pace ebrei, musulmani, cristiani e atei. Aggiungo che fino a poco tempo fa i cristiani non venivano toccati, solo i palestinesi venivano repressi; invece, ultimamente i coloni sono un loro obbiettivo”.

Riscenderà in piazza
“Assolutamente sì, credo sabato prossimo ci sarà ancora una manifestazione dato che la mattanza a Gaza prosegue. Ed io sarò con le migliaia di giovani a chiedere la fine dei bombardamenti e la fine dell’occupazione. Sarò in piazza anche per non tradire il mio passato di comunista internazionalista che vuole restare umano”.

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Giorgia Meloni e l’acchiapparella con i giornalisti

Carlo Canepa di Pagella Politica fa notare come per la prima volta in dieci anni la presidente del Consiglio non abbia risposto alle domande dei giornalisti sulla Legge di bilancio. Sottolinea Canepa come tra l’altro lo scorso 27 settembre 2023 il governo Meloni ha approvato la Nadef di quest’anno, ma la presidente del Consiglio non ha partecipato alla conferenza stampa di presentazione del documento, a cui ha presenziato invece il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti.

Chi ha avuto la sfortuna di assistere in diretta alla scena ha potuto apprezzare la presidente del Consiglio che scocciata si è limitata a un saluto iniziale e ha poi lasciato la parola al ministro Giorgetti, in modo più che brusco. Nel frattempo il ministro agli Esteri Antonio Tajani ha spiegato agli altri di “dover andare anche lui”. Uno scambio di battute simile a quelli di un raduno di alpini quando c’è da scegliere chi deve pagare la bottiglia di vino. 

Già l’anno scorso, il 22 novembre 2022, Meloni era stata criticata per la gestione della conferenza stampa sulla legge di Bilancio per il 2023. In quell’occasione la presidente del Consiglio aveva avvisato che la conferenza si sarebbe dovuta concludere dopo poche domande perché doveva presenziare all’Assemblea nazionale di Confartigianato, creando malumori tra i giornalisti presenti in sala.

Al di là del poco rispetto per la stampa che non è certo una novità la strategia è fin troppo facile: oggi Meloni e compagnia potranno dire che i giornalisti “strumentalizzano” o “fraintendono”. E via con il prossimo giro. 

Buon martedì.

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Lascia l’ebreo Ovadia. Un altro scalpo per la destra

Per difendere Israele hanno cacciato Moni Ovadia dal Teatro Comunale Abbado di Ferrara. Se vi era apparsa assurda l’idea di accusare di antisemitismo colui che ha reso popolare la cultura ebraica sui palcoscenici italiani oggi potete stare tranquilli: è andata a finire perfino peggio. Moni Ovadia ha annunciato che venerdì presenterà le sue dimissioni poiché non gode più della fiducia del consiglio comunale cittadino e del consiglio di amministrazione del teatro. Un teatro che aveva reso ancora più grande, attirando pubblico e finanziatori.

Per difendere Israele hanno cacciato Moni Ovadia dal Teatro Comunale Abbado di Ferrara

Ma nella foga politica italiana non è bastato. Il senatore di Fratelli d’Italia Alberto Balboni – quelli che vorrebbero una via Almirante in ogni città, ha scatenato il putiferio per le posizioni critiche dell’attore nei confronti della politica israeliana (che loro confondono con Israele). Inutile dire che la critica sempre argomentata dell’artista sia da anni un atto d’amore per la storia e per la terra di Israele.

A questi non interessa, forse non hanno nemmeno il vocabolario per comprendere qualsiasi cosa che vada al di là della propaganda spiccia sulla pelle delle vittime delle guerre. Nella sua intervista al Corriere della Sera Ovadia dice: “Per citare Simone de Beauvoir, io accetto la grande avventura di essere me stesso”. E aggiunge: “Spero che questo mio piccolissimo gesto serva a mettere in avviso cittadini italiani: quando attacchi le opinioni inizi a prefigurare la tirannia”. In difesa di Ovadia non sono arrivate le altisonanti voci di quelli che difendono il diritto di opinione. “Registro anche che l’Italia è il Paese con il più alto tasso di vigliaccheria che si possa concepire”, dice Ovadia. Difficile dargli torto.

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“Fascisti e ridicoli codardi”: brutte figure dalla Spagna per Matteo Salvini

Ieri è accaduto – come spesso gli capita – che il ministro alle Infrastrutture nonché leader della Lega Matteo Salvini abbia pensato bene di utilizzare una guerra che sta trucidando civili in Israele e a Gaza per lucrare elettoralmente. Al centro dello scontro c’è la guerra tra Israele e Hamas, con un tweet della ministra dell’Uguaglianza in Spagna Irene Montero che prende le distanze dalla stretta di mano tra Ursula Von der Leyen e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu: “Not in my name”, scrive Montero.

Il leader della Lega come al solito non si trattiene dall’attaccare l’esponente di un altro governo europeo. “Prima ancora di provare a nascere, il (forse) nuovo governo socialista spagnolo già litiga su Hamas e Israele, con la ministra dell’Uguaglianza (!) contraria all’unità contro il terrorismo islamico…”. Dura la replica Montero: “Vicepresidente, lei sta legittimando le violazioni del diritto penale internazionale, come le punizioni collettive, e difendendo l’impunità per i crimini di guerra L’Europa – conclude la ministra – è nata dalla vittoria dell’antifascismo sui colpevoli di genocidio”.

Il sigillo finale lo mette il marito della ministra e storica guida di Podemos Pablo Iglesias che scrive: “Mentre in Italia c’è un governo con fascisti e ridicoli codardi come te. Ti auguro il meglio”. In allegato c’è la foto di Salvini con la maglietta di Putin, quella che qui abbiamo dimenticato in fretta. 

Peccato per Salvini che non possa trascinare in tribunale gli avversari di turno. Oltre a dare lezioni di democrazia avrebbe potuto insegnarci a “dibattere senza offendere”, come si è permesso di dire a Roberto Saviano. 

Buon lunedì.

Nella foto: il tweet di Pablo Iglesias

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Gino Strada conviene ripeterlo, anche se non sta bene a molti

Sembra non esserci spazio da nessuna parte per il pensiero che fu nel nostro Paese di Primo Mazzolari, sacerdote che dovette sfuggire dai nazisti e dalla Chiesa di Pio XII prima di essere accolto da Papa Roncalli. Non siamo più nemmeno il Paese di Aldo Capitini, intellettuale e filosofo liberale, laico, perugino, organizzatore della prima marcia della Pace tra Perugia e Assisi che portò per primo in Italia la figura di Gandhi.

Gino Strada diceva di essere “contro la guerra perché la guerra non si può umanizzare, si può solo abolire”

Siamo stati la terra di Danilo Dolci, processato per sovversivismo e difeso da Piero Calamandrei con un’arringa che andrebbe riletta oggi, mentre l’accusa di sovversivismo vergognosamente sopravvive nelle penne di qualche opinionista, di qualche politico e di qualche editorialista. Siamo stati il Paese di Lucio Lombardo Radice, matematico, regista, militante del Pci, partigiano, che portò il partito a marciare per la pace.

Ieri il segretario della Difesa USA ha detto che “Hamas non è il popolo palestinese” e che “non pensa che il popolo dovrebbe pagarne il prezzo”. Sui nostri giornali (quelli che sputano sondaggi in cui appoggiare la Palestina significa appoggiare i terroristi) finirebbe per essere considerato un “amico di Hamas”, aggiunto alle liste di proscrizione.

Il popolo palestinese non è Hamas come (per fortuna) gli israeliani non sono Netanyahu e il popolo russo non è Putin (a differenza del passato di alcuni leader di partito) e gli ucraini non sono Zelensky. Chi confonde un popolo con il suo governo dandolo in pasto ai suoi errori e alle sue atrocità è un sobillatore. Gino Strada diceva di essere “contro la guerra perché la guerra non si può umanizzare, si può solo abolire” perché “ignorare la sofferenza di un uomo è sempre un atto di violenza, e tra i più vigliacchi”. Conviene ripeterlo, anche se non sta bene a molti.

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Buio pesto sul video della Apostolico. Solo Salvini sa chi l’ha girato, ma tace

Ora è nero su bianco tra le carte della Procura: il carabiniere indicato come l’autore del video in cui si vede la giudice Iolanda Apostolico partecipare alla manifestazione di protesta al porto di Catania contro le politiche migratorie del governo avrebbe negato ai pm di essere l’autore del filmato. Il militare, sentito come persona informata sui fatti per oltre 90 minuti dal procuratore facente funzioni, Agata Santonocito, avrebbe detto di non avere girato lui il video.

Di conseguenza anche di non avere confessato e quindi ritrattato alcunché. Secondo la tesi del carabiniere, che non è indagato, esposta più volte al suo legale, l’avvocato Petrina che lo assiste sull’eventuale fronte disciplinare, da prima della deposizione in Procura, il suo coinvolgimento sarebbe scaturito dopo un incontro conviviale con altri colleghi.

I quali, conoscendo la sua amicizia personale e professionale con il luogotenente dell’Arma in congedo Anastasio Carrà, sindaco di Motta Sant’Anastasia e deputato nazionale della Lega che ha riconosciuto per primo la giudice Apostolico nel video pubblicato dal ministro Matteo Salvini, lo avrebbero preso amichevolmente in giro. E lo avrebbero più volte e pressantemente invitato ad ammettere che il video era suo. Il carabiniere di fronte alle insistenze dei colleghi avrebbe detto qualcosa come “va bene, come dite voi…”, ma, ha spiegato, solo per chiudere il discorso e non per ammettere qualcosa che non aveva fatto.

La sua affermazione sarebbe stata interpretata come una conferma da un collega che ha presentato una relazione ai superiori che ha fatto scattare gli ulteriori accertamenti.

Bocca cucita

“Il video postato da Salvini, dunque, non lo ha fatto il carabiniere, non è della polizia – ha scritto ieri il senatore del Pd Filippo Sensi -. E allora Come ci è finito nella timeline del vicepresidente del Consiglio? Da chi l’ha avuto? Chi lo ha girato? Non bastano audizioni e question time a far emergere la verità. Che vergogna”.

Dal canto suo Salvini che ha pubblicato il video sui suoi social decide di non rispondere spiegando ai giornalisti che l’unica sua preoccupazione “è quello che si vede in quel video”: “Aver visto un giudice essere in piazza in mezzo a gente che dava degli assassini e animali ai poliziotti non mi lascia tranquillo – dice Salvini -. Chi ha girato il video non mi interessa, mi stupisce che questo giudice continui a fare il suo lavoro sullo stesso dossier liberando immigrati che i questori vogliono trattenere”. A Salvini (che non ha rinunciato a lucrare sull’accaduto augurandosi ieri “che questi clandestini liberati non compiano violenze”) continua a sfuggire che sono le leggi a determinare le decisioni e che ai giudici spetta semplicemente applicarle.

Ieri il Tribunale di Catania ancora una volta non ha convalidato il trattenimento di cinque migranti a Pozzallo disposto dal Questore di Ragusa. Il provvedimento è stato adottato dal giudice Rosario Cuprì, il collega della giudice Apostolico che ha già emesso nei giorni scorsi un analogo dispositivo per sei tunisini. In tutte le sentenze si legge chiaramente che il cosiddetto decreto Cutro configge con disposizioni di legge superiori che non possono certo essere cancellate con un colpo di spugna dal governo di turno.

Proprio ieri Laura Cucinelli, presidente di Civicozero onlus che si occupa di minori stranieri non accompagnati, ha spiegato che “il nuovo decreto introduce la possibilità che dei minori stranieri soli, a partire dai 16 anni, vengano mandati in centri destinati agli adulti ledendo principio di uguaglianza sancito dalla nostra Costituzione e della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia”.

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