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Italia capitale europea dello smog. Ogni giorno 140 morti premature

In Italia c’è un’emergenza di cui si parla poco, pochissimo, per non assumersene la responsabilità: i più di 140 morti ogni giorno per il particolato fine (il Pm2.5). L’Italia è il Paese Ue dove ogni anno si registrano più decessi prematuri a causa di questa sostanza. Come riporta Openpolis secondo l’organizzazione mondiale della sanità (Oms), nel mondo quasi 7 milioni di persone ogni anno muoiono a causa dell’inquinamento atmosferico, presente sia nell’ambiente esterno che dentro casa.

Il particolato fine è una delle sostanze più nocive. E il nostro Paese detiene il primato negativo

In Europa esso rappresenta il principale fattore di rischio per la salute. Tra le sostanze più pericolose, l’Oms individua il particolato (Pm), il biossido di azoto (No2), il biossido di zolfo (So2) e l’ozono troposferico (O3). Il particolato fine però rappresenta un fattore di rischio particolarmente rilevante per via delle dimensioni estremamente ridotte delle sue particelle (inferiori ai 2,5 micrometri di diametro), che gli permettono di raggiungere in profondità il sistema respiratorio umano. Entrando anche nel sangue, si sparge in tutti gli organi e i tessuti. Al momento risulta accertata la relazione con infarti, ischemie, tumori ai polmoni e patologie respiratorie acute e croniche come l’asma, ma il particolato fine può anche avere effetti sul sistema nervoso e riproduttivo.

In Europa nel 2020, l’ultimo anno per cui sono disponibili i dati, circa 238mila persone sono morte prematuramente a causa del Pm2.5. Un dato in calo da alcuni anni (nel 2011 il valore era pari a oltre 392mila), ma in aumento rispetto al 2019. Parliamo, complessivamente, di 2,4 milioni di anni di vita persi a causa degli effetti del particolato fine. Tra i vari paesi membri dell’Unione, l’Italia detiene il record negativo. Seguono la Polonia con quasi 37mila e la Germania con circa 29mila.

Rapportando il dato con la popolazione, vediamo che è soprattutto nell’Europa orientale e centrale che si registrano i valori più elevati. Prime la Bulgaria e la Romania con rispettivamente 153 e 112 decessi ogni 100mila abitanti. Soltanto in Italia sono più di 462mila anni di vita persi, un dato a cui si avvicina solo la Polonia con quasi 416mila. In Bulgaria, Romania, Polonia e Ungheria sono oltre 1.000 ogni 100mila abitanti. Complessivamente in tutta l’Ue la situazione è migliorata e tra il 2011 e il 2020 il numero di decessi prematuri causati dal Pm2.5 è diminuito del 39,4%.

L’Italia, oltre a essere il Paese con più morti, è anche uno di quelli dove la situazione ha visto il miglioramento più contenuto, registrando un calo delle morti premature pari al 21,3% tra 2011 e 2020. Ci precede solo la Spagna con una riduzione di entità ancora inferiore: 18,8%. Valori molto più marcati li riportano invece vari stati dell’Europa settentrionale e occidentale. Inoltre il nostro Paese ha riportato un nuovo aumento nel 2020, probabilmente anche a causa della pandemia da Covid-19 che, essendo una patologia respiratoria, ha un legame con l’inquinamento atmosferico.

La situazione rimane critica in tutta l’area Ue. Ma gli altri Stati fanno più progressi di noi

Un problema che si è presentato soprattutto nel nord Italia, la zona più colpita sia dal virus che dall’inquinamento. L’Italia ha registrato costantemente valori superiori rispetto agli altri grandi paesi dell’Ue, dal 2011 al 2020. Si tratta anche dello stato che ha visto il maggior aumento tra il 2019 e il 2020, arrivando a 88 decessi ogni 100mila abitanti, una cifra più che doppia rispetto agli altri grandi paesi europei. Per intervenire presto e bene sulla riduzione di smog sarebbe necessaria una reale consapevolezza ambientale e la volontà di accelerare la transizione ecologica. Nel Paese dove il ministro ai Trasporti approfitta di una strage come quella di Mestre per attaccare i mezzi elettrici le speranze sono ridotte al lumicino.

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Il video della giudice Iolanda Apostolico e l’ipocrisia dei garantisti a targhe alterne – Lettera43

Siamo in quei giorni in cui nauseabondo si annusa intorno l’odore dell’ipocrisia che cancella qualsiasi discussione, che annulla qualsiasi considerazione e che concorre ad aumentare la disaffezione verso la politica. I fatti sono noti, non vale nemmeno la pena di ripeterli. Anni dopo rispunta un video di una giudice malvista dal potere esecutivo poiché ha annullato di fatto gli effetti di un decreto del governo sui migranti. Non è questo ora che ci interessa: Iolanda Apostolico è semplicemente il nemico di turno di un filotto che già domani avrà qualcun altro nel mirino. Sembra che ci sia dimenticati in fretta di come funzioni la “Bestia” del Matteo Salvini che fu, quando Luca Morisi rintuzzava la brace degli elettori leghisti individuando un “nemico della Patria” al giorno. Possono essere giornalisti, intellettuali, cantanti, calciatori, insegnanti, impiegati e quindi anche giudici. L’eterogeneità degli avversari serve per dipingere un complotto vasto, infilato in tutti i campi e in tutte le professioni.

Il video della giudice Iolanda Apostolico e l'ipocrisia dei garantisti a targhe alterne
Matteo Salvini (Imagoeconomica).

Che fine fa la privacy se un video di qualcuno di noi viene dato a un ministro?

Quello che è disgustosamente interessante nel dibattito di questi ultimi giorni è la composizione degli indignati contro la giudice catanese. Tolto Salvini e la sua pletora di salviniani (convinti di avere fatto lo “scoop”) ai rimestatori si sono aggiunti gli stessi che fino a un minuto prima rivendicavano il marchio di “garantisti doc”. Incredibile a dirsi: i liberali fautori del garantismo che ogni giorno indaga sulle indagini stavolta si sono fissati sul dito. A nessuno di loro è scappata una parola sui fotogrammi archiviati per anni con fini andreottiani. «Vengono sempre filmate le manifestazioni», dice qualcuno. Fingiamo di crederci. Dovremmo quindi credere che negli ultimi giorni qualcuno (chi? Pagato da chi? Dove? Perché?) abbia passato ore a spulciare nei cassetti delle manifestazioni di questi ultimi anni con un talento mnemonico e visivo fenomenale per estrarre il video dal cassetto? Anche se fosse, per i garantisti dovrebbe essere un delitto, no? Che fine fa la privacy se un video di qualcuno di noi viene dato a un ministro (che è stato di stanza dal Viminale) per agitarlo a fini politici?

Dunque X è il luogo in cui la politica si occupa della magistratura?

I garantisti doc rispondono: «È una questione politica». Perfetto. Qui ci sta un’altra considerazione: è X (l’ex Twitter) il luogo in cui la politica si occupa della magistratura? Basta saperlo. Così magari la Commissione Giustizia la usiamo per organizzarci altro, magari una bella festa a sorpresa. Fenomenale la voce di chi, membro del Senato ed ex presidente del Consiglio e proprietario di un partito, trova «scandaloso che un magistrato vada in piazza», mentre ciclicamente viaggia per fare da sponsor a un’autarchia emiratina (sì, è Matteo Renzi). È scandaloso manifestare per il rispetto dei diritti umani, ma non è scandaloso intascare lauti compensi per legittimare un Paese che taglia i giornalisti a pezzi. Dico, lo sentite il tanfo dell’ipocrisia?

Chi e a che titolo si è occupato della archiviazione di quelle riprese?

La strategia dei garantisti di casa nostra che garantiscono solo gli amici è banalissima. Secondo le tecniche più cretini dello “straw man argument” da giorni li ascoltiamo mentre ripetono in coro che «le riprese video rientrano nelle facoltà delle forze dell’ordine». La domanda sul tavolo è un’altra (chi e a che titolo si è occupato della loro archiviazione?), ma loro fingono di non sentirla. «Non mi sembra una gran notizia scoprire che un agente filmava», scriveva una giornalista che la mancanza di garantismo l’ha pagato sulla pelle della sua famiglia. È vero, la notizia infatti è tutt’altra: l’eventuale dossieraggio.

Il video della giudice Iolanda Apostolico e l'ipocrisia dei garantisti a targhe alterne
Matteo Salvini con Matteo Piantedosi al Viminale nel 2018 (Imagoeconomica).

Le intercettazioni però erano considerate «invasione di campo»…

Qui torniamo al punto di partenza. In politica si possono sostenere tutte le posizioni, purché siano legittime e all’interno della Costituzione. Che qualcuno sia molto felice di un Paese che archivi i movimenti di ogni suo cittadino per garantire sicurezza è un’idea che liberamente qualsiasi leader di partito potrebbe proporre agli elettori e inserire nel suo programma elettorale (ci sarebbero dei seri problemi di Costituzione – è vero – ma ormai questo è un problema facilmente scavalcabile). Ma che gli stessi che da anni piagnucolano sulle intercettazioni come «invasione di campo» della magistratura per difendere i propri interessi e i propri amici (spesso sono la stessa cosa) ora gridino allo scandalo contro la persona e non contro la modalità è una giravolta oscena che inevitabilmente ha a che fare con la credibilità. Se avessimo anche noi i soldi e il tempo per pagare un topo d’archivio affinché collazioni i video e le dichiarazioni dei garantisti negli ultimi anni sottolineandone il farisaismo, c’è da scommettere che questi griderebbero alla schedatura. Gli si potrebbe chiedere: e quest’altra? Loro risponderebbero a un’altra domanda che nessuno gli ha posto.

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Baldino: “Dal governo un nemico al giorno. Mancava la giudice di Catania”

Onorevole Vittoria Baldino (M5S), cosa ne pensa del chiasso alzato dal ministro Salvini con la pubblicazione del video della giudice Apostolico?
“Credo che il governo debba chiarire assolutamente da dove provenga quel video. Se si tratta di immagini di repertorio, schedatura o un dossieraggio da usare al momento debito. Trovo piuttosto grave che quel video sia girato dalla parte opposta dei manifestanti: come ha fatto il ministro dei trasporti a venire in possesso in maniera così veloce di un video a suo dire così compromettente della giudice? C’è stato scambio da parte dei dicasteri?”.

Sembra di essere tornati ai tempi berlusconiani dell’attacco continuo ai magistrati…
“Io allargherei il perimetro e il contesto. Qui non abbiamo solo uno scontro tra politica e magistratura ma abbiamo un governo che non riesce ad assumersi le responsabilità delle proprie azioni e ogni giorno cerca un nemico da additare all’opinione pubblica. L’abbiamo visto con la Corte dei Conti quando ha espresso dubbi sulla gestione del Pnrr ed le è stata tolta la funzione di controllo. Lo stesso è accaduto con Anac quando ha espresso il suo parere sul codice degli appalti ed è stata tacciata di ingerenze. Lo stiamo vedendo adesso con un membro della magistratura che si sarebbe permesse la disapplicazione di una norma in contrasto con normativa comunitaria e internazionale. Non c’è stato sconfinamento, abuso di potere”.

Non stupisce che anche i presunti garantisti si concentrino sulla giudice?
“A me sembra che non esista il garantismo. Esistono delle etichette che si attribuiscono per circostanze e convenienza. Qualcuno in passato diceva: “il nemico del mio nemico è mio amico”. Io non voglio entrare nel merito dell’opportunità che un magistrato partecipi, questo è opinabile, però qui stiamo parlando di un governo che appare davvero allergico a qualsiasi tipo di contestazione: questo è il vero problema. È talmente allergico da usare il proprio potere per screditare gli organi che hanno l’ardire di alzare il dito nell’esercizio delle loro prerogative. L’azione della giudice non è stata contro il governo, ha solo esercitato le sue funzioni, tra l’altro riprese da un magistrato di Firenze. Ci sarà un ricorso, e poi deciderà la Corte costituzionale”.

Il silenzio di Nordio la stupisce?
“Non mi stupisco più di niente. Soprattuto da quando Nordio ha detto che i mafiosi non parlano al telefono”.

Armi di distrazione, quindi, per distrarre da cosa
“È evidente che le stiano provando tutte, in maniera anche efficace, per distogliere l’attenzione mediatica dai problemi reali, e dico mediatica perché i cittadini invece hanno consapevolezza dei veri bisogni. Vorrei ricordare che qualche mese fa lo stesso Salvini aveva dichiarato che avrebbe preso provvedimenti per benzina sopra i due euro. Abbiamo rate di mutui saliti oltre il 70% per cui non ha mosso un dito. Famiglia colpite da inflazione e caro libri. Hanno sbandierato la tassa extraprofitti che hanno fatto sparire con un gioco di prestigio, come scoperto ieri nel decreto Asset. Siamo alla vigilia di una manovra che non porterà nulla per aiutare le persone in difficoltà di fonte a una crescita dello 0%. Per questo conviene parlare di migranti, di Vannacci e dei nemici di turno: rimangono confinati nella loro confort zone di propaganda e non si sposano le mani”.

Cosa può fare l’opposizione?
“Credo che in questo momento il contributo dell’opposizione sia quello di suggerire al governo alcune proposte, come abbiamo fatto riguardo al salario minimo. Con il salario minimo abbiamo imposto un tema, tant’è che hanno provato a metterci una pezza dandola al CNEL. Ma sono stati in difficoltà, perché hanno scoperto che la maggioranza dei cittadini era favorevoli. Ora serve connettersi al popolo, ai problemi reali e proporsi come alternativa credibile, e questo si costruisce con il tempo. Segnalo anche che questo è un governo che sta operando a colpi di fiducia, si riesce a fare poco in Parlamento.

Sul tavolo ora ci sono le riforme (premieranno e autonomia differenziata) che mettono in discussione la Costituzione. Può essere anche quella un’occasione per allargare i fronte dell’opposizione?
“Credo di sì. Come abbiamo avuto modo di vedere anche con il referendum di Renzi si crea un asse molto trasversale. Però credo sia anche un’occasione per distogliere l’attenzione dalla politica economica. Noi abbiamo già messo in conto la road map del governo: immigrazione fino all’estate, poi legge Bilancio, poi vedrai, da gennaio metteranno sul tavolo le riforme. E si tratta di riforme deleterie. L’autonomia differenziata completerà il delitto iniziato con la riforma del Titolo V. Sarà il delitto perfetto. Abbiamo visto con la regionalizzazione della sanità come non abbiano funzionato le cose, e a pagarne le spese non saranno solo le regioni più povere ma l’intero Paese che non potrà più immaginare di competere con gli altri Paesi europei che andranno ad altra velocità. Specie davanti alle grandi sfide della transizione ecologica, nel loro progetto, sul tema dell’energia, le regioni chiederanno più autonomia, le nostre imprese avranno un problema enorme di fronte a una normativa non uniforme. Non sarà solo un problema sociale e delle regioni più povere. Intaccherà l’intero Paese”.

Sulla costruzione di un’agenda di distrazione di massa che responsabilità ha la stampa
La stampa ha un valore fondamentale nel sistema democratico: dovrebbe avere la forza di non inseguire l’agenda del governo e dei ministri di turno. Siamo stati un’intera estate dietro a Vannacci e Meloni in masseria mentre gli italiani avevano problemi più grossi. In questo momento, lo dicono anche i sondaggi, agli italiani interessa il lavoro, la sanità, la stabilità economica, e quindi una crescita del Paese. In questo momento il governo non ha una visione di Paese con una prospettiva di crescita. Il sistema mediatico dovrebbe e incalzarli su questo.

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Meloni dice che non è isolata. Ma se la fila solo Suniak

Da giorni la presidente del Consiglio Giorgia Meloni insiste: “Non sono isolata in Europa”, ripete ogni volta che gli capita un microfono o un taccuino sotto il naso. C’è da capirla: “L’autorevolezza dell’Italia nel mondo” è un caposaldo della sua propaganda e il travestimento da statista è servito proprio per legittimarla nei consessi internazionali.

La premier non trova nessun leader europeo che sia disposto a seguirla sulla balzana idea che la questione umanitaria possa essere secondaria alla questione politica

In Europa Meloni è talmente poco isolata che nonostante i ripetuti incontri e confronti di questi ultimi giorni con i capi di Stato europei l’unico risultato è una letterina d’intenti consegnata alla stampa con un leader che guida un Paese che nell’Unione europea non c’è più: la Gran Bretagna di Rishi Suniak. Meloni e Suniak hanno preso carta e penna per spiegarci che “solo impedendo il flusso di migranti irregolari possiamo ripristinare la fiducia dei cittadini britannici e italiani nei nostri confini nazionali e nella cooperazione internazionale”.

A nessuno dei due è balenato il dubbio che uno Stato nel cuore del Mediterraneo che si affaccia sull’Africa abbia problemi molto diversi dallo Stato britannico. A nessuno dei due è venuto il dubbio che dopo giorni in cui la presidente del Consiglio italiana ripete dappertutto che l’immigrazione è “una questione europea” suona piuttosto stonato che se ne parli con uno Stato extra Ue.

La ragione fondante di quella missiva è chiara: Meloni non trova nessun leader europeo che sia disposto a seguirla sulla balzana idea che la questione umanitaria possa essere secondaria alla questione politica. Avrebbe potuto firmare quella lettera con qualche suo amico ultra sovranista, ma avrebbe aumentato l’isolamento. Così s’è rifugierà da Suniak.

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Screditare la giudice Apostolico. L’ultima spiaggia di Salvini

Incapace di rispondere nel merito a un decreto migranti che viola il diritto internazionale e la Costituzione, Matteo Salvini ha sguinzagliato i suoi per trovare ulteriori elementi per delegittimare la giudice del Tribunale di Catania Iolanda Apostolico e ieri, soddisfatto, ha dato in pasto ai suoi un video, girato al porto di Catania il 25 agosto 2018, in cui la magistrata compare tra la folla di manifestanti che chiedeva lo sbarco dei migranti dalla nave Diciotti della Guardia costiera, bloccata proprio dal leader leghista.

Il vice premier Salvini non ha argomenti per smontare la sentenza di Catania. E così parte la macchina del fango contro la giudice Apostolico

“La giudice Apostolico nei giorni scorsi ha disapplicato il decreto Cutro sull’immigrazione rigettando il trattenimento nel centro di Pozzallo di quattro richiedenti asilo tunisini. 25 agosto 2018, Catania, io ero vicepremier e ministro dell’Interno. L’estrema sinistra manifesta per chiedere lo sbarco degli immigrati dalla nave Diciotti: la folla urla ‘assassini’ e ‘animali’ in faccia alla Polizia. Mi sembra di vedere alcuni volti familiari…”, scrive Salvini. E in effetti in prima fila di quella manifestazione c’è proprio la giudice che pacificamente manifesta il suo dissenso, tra l’altro silenziosamente. Tant’è che pochi minuti dopo dalla Lega interviene il deputato catanese, Anastasio Carrà.

“Sono certo di riconoscere la magistrata Iolanda Apostolico, che in quel 25 agosto 2018 era su un molo del porto catanese durante la manifestazione dell’estrema sinistra. Mi rivolgo pubblicamente alla dottoressa: mi può smentire?”, scrive con il sorriso sardonico delle domande retoriche. In breve tempo dalla Lega di Salvini accorrono tutti. “Chiediamo al ministro Guardasigilli Carlo Nordio di intervenire quanto prima e fare chiarezza sul video pubblicato oggi da Matteo Salvini. La presenza di un magistrato tra le fila di estremisti di sinistra è garanzia della terzietà che un giudice deve assicurare?”, scrive la capogruppo in Commissione Giustizia a Montecitorio, Ingrid Bisa.

Matone: “Inaccettabile che esistano dei video che ritraggono un giudice che partecipa a una manifestazione di piazza contro la Polizia”

L’ex giudice Simonetta Matone, ora onorevole per il Carroccio, alza il tiro: “Un magistrato non deve soltanto essere imparziale, ma lo deve anche sembrare”. “È inaccettabile che esistano dei video che ritraggono un giudice che partecipa a una manifestazione di piazza contro la Polizia. Il Csm, invece di aprire un procedimento a protezione della Apostolico, dovrebbe aprire un procedimento per proteggere i cittadini da questo magistrato”, conclude Matone. A quel punto interviene il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia: “Si accentua la tendenza a giudicare la terzietà del giudice, che va valutata dentro il processo, andando dalla critica del provvedimento, che è legittima, allo screening della persona, cioè vedere chi è il giudice anziché guardare quello che ha scritto. Sono preoccupato dalla china che si imbocca”.

Ma alla Lega proprio non lo capiscono, e controbattono: “Quanto sta succedendo nelle ultime ore non è un preoccupante screening sui giudici e sulla loro vita privata come sostiene l’Anm: siamo di fronte a una manifestazione pubblica al porto di Catania. Piuttosto, devono essere preoccupati i 58 milioni e 851mila italiani che possono essere giudicati da toghe la cui terzietà e imparzialità sono gravemente compromesse”. Contemporaneamente il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro (FdI) se la prende con il Tribunale di Firenze che ha accolto il ricorso di un migrante tunisino a cui il Viminale aveva rifiutato la protezione umanitaria spiegando che la Tunisia non può essere considerata sicura, nonostante compaia nella lista aggiornata (e ampliata) dal ministero degli Esteri a marzo 2023.

Emerge un video in cui la dottoressa Apostolico manifestava per i profughi trattenuti in mare

“Non spetta a un giudice decidere se la Tunisia è un Paese sicuro o meno. Quel giudice di Firenze ha esondato dalle proprie prerogative”, tuona Delmastro. Il sottosegretario meloniano punta il dito contro “singoli soggetti che si fanno influenzare da pregiudizi ideologici”: “prima voglio leggere l’ordinanza, ma se fosse vero che un giudice decide se un Paese è sicuro o no vuol dire che va oltre i propri compiti“. Come nei fiorenti tempi del berlusconismo l’attacco personale per infangare una scelta giuridica ormai è una pratica quotidiana. Il consigliere indipendente togato del Csm Roberto Fontana ne spiega i contorni: “l’iniziativa del ministro Salvini vuole confondere i piani. La giurisdizione si esprime attraverso i provvedimenti, che ovviamente possono essere criticati e impugnati sulla base di ragioni tecnico-giuridiche. Spostare l’attenzione sulla vita del magistrato e le sue eventuali attività esterne a quella giudiziaria, è un modo per eludere il confronto sul merito del provvedimento e un tentativo di delegittimare l’attività giurisdizionale”.

La libertà di opinione dalle parti del governo continua a essere un diritto che vale solo per le opinioni su cui sono d’accordo. Così da settimane ci sorbiamo un pittoresco generale dell’esercito come Vannacci che spande razzismo e omofobia a reti unificate mentre a una giudice non è concesso non disistimare un leader politico. Alla fine si è liberi solo di essere d’accordo.

Leggi anche: Il video sulla giudice Apostolico pubblicato da Salvini diventa un caso. Le opposizioni temono attività di dossieraggio e chiedono a Piantedosi di chiarire chi l’ha diffuso

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Schlein in piazza con la Cgil. Sfida al governo e ai renziani del Pd

Alla direzione del Partito democratico ieri la segretaria Elly Schlein ha alzato lo scontro con il governo e ha annunciato una manifestazione per l’11 novembre. “Per un anno il governo ha piantato solo bandierine identitarie negli occhi dei più fragili”, ha detto Schlein, annunciando che la mobilitazione estiva non cessa, anzi si rilancia. “Per mesi il governo ha negato la realtà. Ora si sono accorti che la coperta è molto corta, ma sono stati loro a accorciarla con14 condoni e non contrastando l’evasione fiscale”, ha detto la segretaria aggiungendo che anche “la Nadef presentata dall’esecutivo è molto tirata e inadeguata ad affrontare una situazione difficile. Le previsioni di crescita per il 2024 sono sovrastimate. Le previsioni sul debito incorporano 20 miliardi di privatizzazioni in tre anni, un obiettivo irrealistico. Basta poco per far saltare i conti”.

La segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, detta l’agenda alla direzione dem. Dal fisco ai salari la convergenza con il M5S

Schlein ha ricordato che l’Unione europea è stata immaginata “in una piccola isola da antifascisti al confino ai quali la privazione della libertà non impedì di sognare in grande e costruire un manifesto visionario e ancora attuale” ma oggi rischia di essere irrilevante “in un mondo sempre più multiplurale. C’è un nuovo protagonismo di Cina e India – dice – e l’Europa deve saper leggere con occhi diversi il Mediterraneo e l’Africa”. Per Schlein occorre “seguire con grande attenzione la situazione in Nord Africa, Libia e Tunisia, che oggi non è un porto sicuro né per i migranti che la attraversano né per i suoi stessi cittadini, a causa della torsione autoritaria di Saied”. Per la segretaria la soluzione è solo una: “L’Europa salvi vite nel Mediterraneo con una Mare Nostrum europea”.

Ritenendo le prossime elezioni europee “uno spartiacque, uno snodo decisivo per le politiche di domani” Schlein chiede che non siano una “conta per i rapporti di forza con il governo o tra le opposizioni, come un derby per contendersi a suon di distinguo i voti con gli alleati”. Stringere i bulloni dell’opposizione, dunque, ma anche dei Socialisti Europei. Per questa ragione, Schlein annuncia, “i primi di dicembre, una grande conferenza sull’Europa con le forze sindacali, politiche e sociali che vogliono difendere con noi il patrimonio costituzionale comune nato dalla lotta al nazifascismo”. Assieme a questo, dice, “stiamo lavorando alla risoluzione del congresso del Pse che si terrà a Malaga”.

Tra le priorità anche le Europee. Per la segretaria del Pd vanno stretti i bulloni delle opposizioni e dei Socialisti Ue

Durante la relazione, poi, la segretaria introduce anche il tema della sostenibilità sociale della transizione ecologica. Ovvero, di come accompagnare lavoratori e lavoratrici attraverso i cambiamenti dei modelli di sviluppo. “Serve un green deal con un cuore rosso”, è la sintesi offerta da Schlein La seconda tappa di avvicinamento all’undici novembre è rappresentata dalla manifestazione della Cgil di sabato a cui i Pd parteciperà perché “con la destra l’Italia frena, noi vogliamo che ricominci a crescere con nuove politiche industriali”. Una piazza, quella del sindacato, che sotto lo slogan “La via maestra, insieme per la Costituzione” si propone di lanciare le proprie proposte su salari, pensioni, giovani, pace, Costituzione. Una piattaforma sovrapponibile in larga parte con quella del Pd.

Non a caso, il giorno successivo, partirà il Firma Day sul salario minimo per il quale Schlein conta di rimettere assieme i pezzi dell’opposizioni “per arrivare più forti all’appuntamento con l’Aula”, il 17 ottobre, quando la proposta unitaria sul salario minimo approderà all’assemblea di Montecitorio. Le parole della segretaria del Pd hanno incassato gli applausi anche dei membri della minoranza interna. Bonaccini dice di avere apprezzato l’atteggiamento di Schlein sulla battaglia per il salario minimo e per la chiamata a raccolta della società. Dal M5S Giuseppe Conte assicura “sostegno e presenza”.

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Ce ne rendiamo conto?

Nella legislatura con il Parlamento più bistrattato dalla decretazione come strumento legislativo (sette decreti solo nell’ultimo mese) le uniche vere riforme che rimangono sul tavolo e su cui puntano i leader dei partiti di maggioranza sono il presidenzialismo (o il premieranno) e l’autonomia differenziata. 

Entrambe sarebbero evidentemente uno stravolgimento dello spirito con cui la Costituzione ha immaginato gli equilibri e i contrappesi della nostra democrazia repubblicana. L’elezione diretta del presidente della Repubblica – come se fosse un presidente del Consiglio – modificherebbe una figura di garanzia in una figura di governo, eliminando di fatto un contrappeso istituzionale. In entrambe le ipotesi su cui si sta discutendo (un presidente della Repubblica “governante” o un presidente della Repubblica ridotto alla funzione di “simulacro”) l’attuale presidenza si svuoterebbe dei suoi poteri di controllo. 

Gli esempi di Francia e Usa sventolati per rassicurare perdono molta efficacia in queste settimane dove lo scontro tra poteri (esecutivo e giudiziario) è ai vergognosi livelli del più vergognoso berlusconismo. Basta scorrere i giornali in edicola stamattina per rendersi conto che in questo Paese si sta consumando una guerra pericolosissima non solo per questo o quel giudice ma anche (e soprattutto) per la tenuta dei ruoli e dei poteri in campo.

Accanto a tutto questo resta il progetto di autonomia differenziata nella fase più acuta delle disuguaglianze nel Paese. Toccare l’Italia “una e indivisibile” in questo momento storico, con questo governo, significa prendersi la responsabilità di mettere mano all’articolo 5 della Costituzione. Ne siamo consapevoli, vero?

Buon venerdì. 

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Giorgia, sei la migliore! Firmato Abdullah Qamar

Marco Zonetti, sempre curioso e vigile, ha notato che sui social la presidente del Consiglio Giorgia Meloni “vanta una marea sconfinata di follower indiani, bengalesi, indonesiani, mediorientali, ma anche sudamericani e in generale extracomunitari. Una quantità di seguaci stranieri tale da surclassare quasi quelli italiani”.

Sui social la premier Meloni vanta una marea sconfinata di follower indiani, bengalesi, indonesiani e mediorientali

A differenza di quello che potrebbe pensare qualche elettore ottimista, siffatta platea non appare essere frutto di una enorme riconoscibilità internazionale di Meloni (che anche ieri ripeteva di “non essere isolata in Europa”): sono in molti, come scrive Zonetti, a trovare un filino sospetta – sulle pagine social dell’inquilina di Palazzo Chigi – la massiccia presenza di profili stranieri, molti dei quali con pochissimi o addirittura zero follower, e perlopiù blindati o visibilmente fake.

“Tanto che molto spesso – spiega Zonetti – sotto i post della presidente del Consiglio, al profluvio di messaggi di utenti extracomunitari, si alternano quelli ironici dei commentatori italiani che sospettano si tratti di bot. Ovvero di profili social ai quali corrisponde un nome, una foto profilo, spesso perfino una mini biografia, ma che di fatto sono fittizi e manovrati da software e programmi che li fanno interagire con gli utenti reali”.

I bot indiani o bengalesi sono profili finti che servono alla presidente del Consiglio per rendere popolare qualsiasi dichiarazione. Si trova per esempio tale Abdullah Qamar che lascia qualche commento in inglese, per poi sentenziare in perfetto italiano: “Giorgia, sei la miglior premier di sempre!”. Qualcuno sospetta che sia Giambruno in incognito, altri temono che in Bangladesh le notizie arrivino parecchio distorte. Come piacerebbe a Giorgia.

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Via all’ispezione giudiziale. Si stringe il cerchio intorno alla Santanchè

È rimasta solo la ministra al Turismo Daniela Santanchè a ritenere “chiarite” le sue vicende imprenditoriali prima di entrare a fare parte del governo. Il Tribunale di Milano ha deciso ieri di dare il via libera all’ispezione giudiziale della sua ex società, Visibilia Editore, e a Palazzo Chigi si dice che anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni stia perdendo la pazienza.

Il Tribunale di Milano ha deciso di dare il via libera all’ispezione giudiziale dell’ex società della ministra del Turismo Santancè, Visibilia Editore.

Nella camera di consiglio dopo l’udienza del 28 settembre i giudici Amina Simonetti, Maria Antonietta Ricci e Alima Zana, con un lungo dispositivo che elenca diverse irregolarità, hanno decretato l’ispezione giudiziale della holding quotata del disastrato gruppo editoriale-pubblicitario in base all’articolo 2409 del codice civile. L’iniziativa era stata chiesta dagli azionisti di minoranza, guidati da Giuseppe Zeno, che vogliono vederci chiaro sugli opachi assetti societari dell’azienda capitanata dalla ministra Santanchè fino a due anni fa.

Sotto la lente dei magistrati sono finiti la conversione in azioni di due prestiti obbligazionari convertibili (Poc) del 10 ottobre 2017 con il fondo Bracknor, successivamente ceduto a Negma Group, e l’anomala esecuzione di tali contratti, per l’esecuzione nel 2020 di operazioni con società correlate “di dubbia economicità in un contesto di conflitto di interesse” relativa ad “acquisti di testate e domini da Visibilia”. Per i giudici il “nuovo organo gestorio di Visibilia Editore spa” non può “dirsi sia posto in decisa discontinuità con il precedente consiglio di amministrazione”.

Nel provvedimento i giudici scrivono dei “gravi episodi relativi alle violazioni della normativa inerente le comunicazioni al pubblico delle partecipazioni azionarie che può avere gravi ricadute sull’esercizio del diritto di voto in assemblea (violazione che parrebbe sia stata compiuta da chi stava a presiedere il nuovo Cda della società)”, ossia Ruffino, che era alla guida anche di Sif Italia, maggiore azionista di Visibilia In più, il Tribunale tratta dei “gravissimi fatti, dannosi sotto più livelli, relativi alla violazione della disciplina della Cassa integrazione durante il periodo Covid, noti alla società fin dal 2022”.

I rilievi dei giudici: “Nessuna iniziativa presa verso i vertici precedenti nonostante fatti gravissimi”

Per i giudici, nella gestione di Visibilia nulla è cambiato perché il bilancio 2022 è stato presentato “all’assemblea di maggio 2023 in continuità con il bilancio 2021 e così a dirsi per la semestrale al 30 giugno 2023”. Nessuna “iniziativa” è stata presa nei confronti dei “precedenti componenti del consiglio di amministrazione in relazione ai gravissimi fatti” relativi alla gestione della Cig Covid, su cui è in corso un filone di inchiesta per truffa aggravata allo Stato. E l’aver affidato, scrive il Tribunale, “per altro tardivamente ad uno studio specializzato l’interlocuzione con Inps per sanare la posizione contributiva non esaurisce certo le possibili iniziative della società a riparazione dei gravi fatti di mala gestione”.

I nuovi amministratori, poi, non hanno “preso chiara e convincente posizione” sulle “ragioni che hanno portato la società con i precedenti amministratori ad accordare a Visibilia srl in liquidazione una dilazione nel piano di rientro del suo debito con saldo portato dal 2023 al 2025”.

Per queste ragioni il Tribunale ritiene necessari accertamenti sulla “situazione patrimoniale della società fin dall’esercizio 2022 in relazione alle poste di bilancio”, soprattutto sulla “voce avviamento e imposte anticipate”. E serve un “approfondimento istruttorio, in relazione al sospetto della violazione da parte degli amministratori dei propri doveri”. Il vice capogruppo del Pd alla Camera, Toni Ricciardi, ha chiesto alla presidente Meloni di chiedere le dimissioni di Santanchè “per difendere le istituzioni”. L’ipotesi è molto più vicina di quel che sembra.

La Procura di Milano ha ritirato l’istanza di liquidazione giudiziale

Intanto la Procura di Milano ha ritirato l’istanza di liquidazione giudiziale, ossia la richiesta di fallimento, per Visibilia Concessionaria, una delle società del gruppo fondato dalla ministra del Turismo. Nelle scorse udienze gli avvocati della senatrice di Fratelli d’Italia avevano sottolineato che la società, che raccoglie la pubblicità per le riviste del gruppo, non avrebbe più “alcun debito scaduto e non pagato”. E che solo “finalità precauzionali” hanno portato alla scelta di aprire la procedura stragiudiziale della “composizione negoziata della crisi”. Ne resta ancora pendente un’ultima che riguarda Visibilia in liquidazione, società per cui è in corso un procedimento per l’omologa della ristrutturazione del debito.

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