Vai al contenuto

Sovranisti nel… pallone. Addio Ius soli sportivo

Cantava Francesco De Gregori che “non è mica da questi piccoli particolari che si giudica un calciatore”, ma il decreto che abroga il cosiddetto “ius soli sportivo” – che dal 2016 permetteva ai minori stranieri residenti in Italia, almeno dal loro decimo anno d’età, di potersi tesserare nelle società sportive con le stesse procedure previste per i loro coetanei italiani – dice molto di chi governa.

Qualcuno minimizza spiegando che è “solo un problema di burocrazia”. Il risultato comunque è raggiunto

Finora un minorenne poteva tesserarsi alla federazione di un Paese non suo rispettando alcune condizioni, come un trasferimento dettato da motivi umanitari o per seguire un programma di scambio studentesco o dopo avere vissuto per almeno cinque anni nel Paese in cui desidera essere tesserato. Ora ai ragazzi viene richiesta una documentazione aggiuntiva e le pratiche non sono più gestite dal comitato regionale, ma da una commissione minori della Figc, istituita a Roma, allungando enormemente i tempi di risposta e le autorizzazioni che ne consentono l’iscrizione al campionato.

A Reggio Emilia, nel quartiere Santa Croce, la Progetto Aurora, ha ritirato la propria squadra dal campionato dilettanti non potendo iscrivere i suoi 8 ragazzi extracomunitari. “Avevamo inviato i tesseramenti dei nostri otto atleti dieci giorni fa – spiega a Il Resto del Carlino il presidente del Progetto Aurora, Gianni Salsi – come da vecchia normativa, alla federazione regionale. Ma poi ci hanno detto che per effetti della nuova legge dovevamo mandarli a Roma. Così ci hanno bocciato i tesseramenti per i quali ora ci vorranno mesi prima di recuperare la documentazione utile e prima che venga dato il nullaosta dalla Figc”. Qualcuno minimizza spiegando che è “solo un problema di burocrazia”. Il risultato comunque è raggiunto.

L’articolo Sovranisti nel… pallone. Addio Ius soli sportivo sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui

Gnegneismo unica strategia

Stilare un breve e veloce riassunto di questi ultimi dodici mesi forse risulta utile per avere le proporzioni del vittimismo, unica via strategia che accomuna tutti i partiti al governo e che infetta i suoi protagonisti principali.

Se la sono presa con i frequentatori di rave party come emergenza nazionali, non avevano ancora avuto il tempo di sfilare i cappotti. Se la sono presa con le banche colpevoli (hanno ragione) di lucrare sulla difficile congiuntura economica (e quindi sulle difficoltà dei cittadini) per poi ritirarsi presto dopo una telefonata della famiglia Berlusconi. Se la sono presa con il “gender”, con le famiglia gay e hanno partorito nuovi organi per decreto. Se la sono presa con l’Unione europea centinaia di volte in un solo anno per poi tornare sempre sui loro passi. Se la sono presa con la Germania, con la Francia (questo è un classico da quelle parti) per poi ammorbidirsi. Se la prendono con i giudici. Se la prendono con i poveri accusandoli di non voler lavorare poi hanno scoperto che sono poveri anche quelli che lavorano e quindi se la sono presa con i lavoratori poveri che non sono disposti a soffrire. 

Se la sono presa con gli italiani che vanno in vacanza all’estero, se la sono presa con i benzinai, se la sono presa con gli intellettuali, se la sono presa con i cantanti, se la sono presa con i migranti, se la sono presa con i giudici, se la sono presa con la Wagner colpevole dell’esplosione delle partenze poi quando hanno scoperto che le partenze arrivano dal loro amico Saied se la sono presa con il FMI perché non paga Saied. 

L’ultima puntata, di questi giorni, è prendersela con chi vorrebbe “un governo tecnico” ma non c’è nessuno che abbia mai pronunciato una frase del genere. “Non lo dicono ma noi sappiamo bene chi sono i nostri nemici”, dicono. E certo, come no. 

Buon lunedì.

L’articolo proviene da Left.it qui

Ignoranti in legge scrivono leggi nulle

Ogni volta si stupiscono – o fingono di stupirsi – che non si possa scrivere una legge che permetta di non rispettare le leggi. Siamo alle solite: oltre che pericolosi sono anche incapaci e sono ancora più pericolosi proprio perché incapaci.

Siamo alle solite: oltre che pericolosi sono anche incapaci e sono ancora più pericolosi proprio perché incapaci

Che il decreto migranti fosse illegittimo l’hanno scritto tutti coloro che si occupano di leggi. Non è questione di disumanità (componente comunque spaventosamente presente in questo governo) ma si tratta soprattutto di una ricerca della soluzione semplice che serve a scaldare gli intestini dei propri elettori senza nessuna base giuridica.

Il decreto migranti salutato con gioia e soddisfazione da Meloni, Salvini, Piantedosi e compagnia cantante è illegittimo in più parti e per questo motivo il tribunale di Catania ha accolto il ricorso di un cittadino tunisino sbarcato a metà settembre a Lampedusa – nei giorni di boom di arrivi – e poi portato al centro di Pozzallo.

Non è l’unico caso: in totale il giudice non ha convalidato il provvedimento di trattenimento per quattro migranti del centro in provincia di Ragusa. Quel decreto illegittimo alla luce del diritto comunitario e della Costituzione italiana. Come scrive Asgi “trattenere chi chiede protezione senza effettuare una valutazione su base individuale e chiedendo una garanzia economica come alternativa alla detenzione è illegittimo”.

Non si tratta di “toghe rosse” come scrivono alcuni giornalacci: i giudici fanno rispettare le leggi. Ai giudici non è consentito vaneggiare per accontentare gli istinti più bassi. A questo punto resta da chiedersi quanto possa valere un governo incapace di scrivere leggi che rispettino le norme e la Costituzione. Questo è il punto.

L’articolo Ignoranti in legge scrivono leggi nulle sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui

Dal Tricolore ai neonati al diritto di rissa: leggi matte da legare

Accade in ogni legislatura, ma non per questo è un alibi. Nell’ultima, quella tra il 2018 e il 2022, solo l’1% delle proposte di legge depositate hanno visto la luce. Dal 13 ottobre dell’anno scorso, da di inizio della legislatura in corso, sono centinaia le proposte presentate o ripresentate che non vedranno mai la luce e che si distinguono per originalità, celando un certo “divertimento” nella loro ideazione che saranno poi gli elettori a giudicare. Come tutti gli anni il sito Pagella Politica ha spulciato tra le stranezze.

Leggi e proposte strambe: il primo anno di legislatura

Si scopre così che il partito della presidente Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, spinge sul patriottismo dei nuovi italiani proponendo la “consegna dei simboli nazionali alla nascita”. Il primo firmatario dell’iniziativa, il senatore meloniano Paolo Marcheschi, ha dichiarato di voler regalare a ogni nuovo nato una bandiera italiana e una copia della Costituzione. Dalle parti del Movimento 5 Stelle invece si sono dedicati alla morte con la proposta di piantare un nuovo albero per ogni cittadino deceduto prima dei 50 anni.

La proposta si affianca alla legge già vigente di piantare un albero per ogni nato nelle città con più di 5.000 abitanti. Per valorizzare il territorio che l’ha eletto, il senatore leghista Manfredi Potenti propone un nuovo museo a Castiglioncello (in provincia di Livorno) per celebrare i “personaggi del teatro e del cinema italiano che per il periodo delle loro vacanze amavano stazionare nella nota località marittima di Castiglioncello”. Costo previsto: 3 milioni di euro per costituirlo e 100mila euro all’anno per la gestione.

Per tutelare le risse tra contrade nei palii in giro per l’Italia, sempre Fratelli d’Italia propone una legge per perseguire il reato di rissa, se commesso durante le manifestazioni storiche autorizzate, solo se chi è coinvolto presenta una denuncia. Il diritto di fare rissa tra contrade e tra rioni così sarebbe salvo. Sul fronte dell’animalismo spicca, al solito, l’onorevole Michela Vittoria Brambilla di Forza Italia: la forzista propone una legge per promuovere la cultura alimentare vegetariana e vegana nelle scuole, una legge per istituire l’anagrafe dei gatti per combattere il randagismo.

Sul tema la affianca la collega Maria Chiara Gadda, deputata di Italia Viva per regolamentare l’attività di toelettatura degli animali di affezione. Silvana Comaroli (Lega) ripropone (accade dal 2015) “disposizioni in materia di porto del kirpan da parte dei cittadini e degli stranieri di confessione sikh” per “trovare un accordo che permettesse agli indiani sikh di poter indossare il loro tradizionale kirpan: un pugnale ricurvo al quale apparentemente non possono rinunciare”.

La soluzione contenuta nella proposta di legge prevede l’autorizzazione a indossare un pugnale sostitutivo, fabbricato “in modo da assicurarne l’inidoneità a produrre ferite da taglio e l’impossibilità di affilarlo”. Eugenio Zoffili (Lega) ripropone anche in questa legislatura “disposizioni per la promozione dell’impiego del lievito madre fresco” mentre la Lega dal 2006 insiste nel presentare “disposizioni per la valorizzazione delle attività artigianali di interesse storico e degli antichi mestieri”.

Tra le leggi riproposte dal Movimento 5 Stelle c’è quella per “riservare appositi spazi ambientali, quali ad esempio prati fioriti e siepi, agli insetti e uccelli” mentre il Partito democratico ci riprova con la sua proposta “in materia di rilancio della produzione di autocaravan” per esaudire il “desiderio di spostarsi liberamente e di pernottare indipendentemente dalla presenza di strutture alberghiere”. Tra le giornate che vorrebbero istituire spicca la “Giornata della vita nascente” proposta da diversi esponenti del centrodestra e la “Giornata nazionale dei figli d’Italia” che Fratelli d’Italia vorrebbe fissare per ogni 15 giugno. La Lega vorrebbe la Giornata nazionale della meraviglia ogni seconda domenica di ottobre. “Un bimbo a cui si regali meraviglia sarà portatore sano di pace”, spiega la senatrice Pirovano.

L’articolo Dal Tricolore ai neonati al diritto di rissa: leggi matte da legare sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui

Un anno di governo Meloni: tempo di pagelle per i leader

Un anno di governo Meloni. Draghi è ormai soltanto un ricordo e all’orizzonte ci sono le elezioni Europee della prossima primavera. Tempo di pagelle.

Giorgia in retromarcia a trecentosessanta gradi
Il/la presidente del Consiglio è come quegli oggetti che vedi su internet, sono bellissimi e convenienti e poi ti deludono quando ti arrivano a casa. Qualcuno la chiama “crescita” ma i primi dodici mesi di Giorgia Meloni sono una vera e propria inversione a U (anche se lei sbagliando direbbe “a 360 gradi”): chi l’ha votata per il suo antieuropeismo e antiatlantismo se l’è ritrovata in ripetute gite con von der Leyen e l’ha vista sorridente e ligia con Biden. Chi l’ha adorata per il vigore con cui stilettava Draghi ora l’ascolta proporre le stesse identiche ricette con molta meno autorevolezza, chi non vedeva l’ora che chiudesse i porti ora si sente dire che era solo una “metafora” e chi l’ha scelta per quel fantastico video in cui se la prendeva con le accise della benzina ora deve accendere un mutuo per fare il pieno. Giorgia Meloni è l’esempio più lampante del trasformismo per il potere che legittima tutto e il suo contrario. Ci si potrebbe chiedere come possa funzionare un così sguaiato tradimento delle promesse. Semplice: con il vittimismo. Ciò che più conta per Meloni è convincere i suoi elettori che non sia colpa sua. Così i primi dodici mesi in cui avrebbe dovuto governare la leader di Fratelli d’Italia li ha passati a opporsi all’opposizione, a lamentarsi di un’egemonia culturale della minoranza, a vedere nemici immaginari sulle coste dell’Africa e a prendersela con quelli che hanno governato prima di lei. Voto 4: sembra Draghi.

Dodici mesi di nulla: è Capitan declino
Il leader leghista l’hanno parcheggiato al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti pensando che non potesse fare troppi danni. Si sbagliavano. Dopo essersi ribaltato da solo in un parcheggio deserto nella precedente legislatura Matteo Salvini ha mancato anche quel ministero dell’Interno che almeno gli avrebbe lasciato un’ombra di sorriso. Così da dodici mesi rosica per l’occasione persa che non gli capiterà mai più e con la slealtà che gli è naturale gioca sottobraccio per erodere l’alleata presidente del Consiglio. Nelle stanze della Lega ormai tutti sanno che le prossime elezioni Europee potrebbero sancire anche il suo declino all’interno del partito così Salvini faticosamente sta tentando di recitare ancora il vecchio copione che aveva fatto esplodere i consensi. Vuole sembrare “l’uomo del fare” ma dal suo ministero di competenza non è arrivato nessun segnale di un sensibile cambiamento. Si è buttato sul Ponte sullo Stretto che denigrava fino a qualche mese fa per inseguire il sogno di un’Ottava meraviglia da lasciare a futura memoria. Quando si è sentito all’angolo ha estratto il suo tormentone preferito: i migranti. L’opportunità politica suggerirebbe di non litigare ogni giorno con qualche leader europeo per non mettere in difficoltà la sua presidente del Consiglio, ma lui lo fa proprio per quello. Solo a settembre, secondo il report di Arcadia, ha pubblicato su Instagram ben 192 contenuti. Voto 3: infedele.

Ormai Silvio non c’è più, ma è più vivo di Tajani
Dicono in Forza Italia che alla morte di Silvio Berlusconi non erano pronti perché “Silvio è insostituibile”. Così il leader di Forza Italia e ministro agli Esteri ha preso la decisione più semplice: non sostituirlo. Antonio Tajani non è un leader di partito, Tajani è diventato il sacerdote di un funerale cronico ed è diventato il terapeuta di un gruppo incapace di elaborare il lutto. L’azione politica di Forza Italia è l’ologramma di Berlusconi che si aggira tra i banchi del governo. È tutto un inventare azioni “in memoria”, cercare parchi e sale da intitolargli e agitare feticci e vedove. Anche lo scontro interno che aveva spaccato il partito con Berlusconi in vita sembra essersi progressivamente sopito. Il leader di Forza Italia si alza ogni mattina con il terrore che il partito si sia dissolto e con l’onere di gestire un gruppo parlamentare composto da persone con un solo chiodo fisso: riposizionarsi, senza sbagliare tempi e destinazioni. Una cosa è certa: la memoria politica di Silvio Berlusconi è più attiva di Tajani da vivo. Così a guardarlo da fuori sembra di assistere a una lenta e lunga agonia. A Tajani spetta la terapia del dolore. Voto non classificato: ologramma.

Elly ci prova ma… Nel Pd il problema è il Pd
La segretaria del Partito democratico ha un grosso problema: il Partito democratico. Elly Schlein nel giorno della sua vittoria contro Stefano Bonaccini per la guida del Nazareno ha promesso di rivoluzionare il partito ma per ora la rivoluzione sembra legnosa e poco comprensibile all’esterno, soprattutto tra i suoi sostenitori non organici al Pd che si ritrovano spesso gli stessi caporali locali sotto nuove e mentite spoglie. Con un lavoro paziente sta cercando di rimettere i Dem all’interno di un’alleanza larga e credibile che possa evitarci un ventennio delle destre. Certo non è facile ricucire con chi (da Conte a Fratoianni a Calenda) sulla differenziazione dal Pd costruisce molta della propria identità politica e quindi lo bombarda spesso e volentieri. Il punto sostanziale è che fare opposizione a questo governo sembra davvero facilissimo: si potrebbe sottolineare la disumanità degli accordi sull’immigrazione se non ci fosse qualcuno all’interno del Pd che li rivendica come un colpo di genio di Minniti; si potrebbe sottolineare il disastro di un mondo del lavoro con sempre meno tutele e meno diritti se non ci fosse qualcuno all’interno del Pd che rivendica con nostalgia il Jobs Act e l’abolizione dell’articolo 18; si potrebbe sottolineare la questione umanitaria che sta dietro ogni guerra se non ci fosse qualcuno all’interno del Pd che sogna di fare il chierichetto con l’elmetto. Insomma, Elly Schlein sarebbe un’ottima segretaria del Pd se non ci fosse un certo Pd. E il tempo stringe. Voto 6: 6 politico.

L’avevano dato per finito ma Conte ha rilanciato i 5S
Il Movimento 5 Stelle guadagna consensi. C’è chi accampa il dubbio che più che di merito di Giuseppe Conte si tratti di un guadagno fisiologico ottenuto per il solo fatto di stare all’opposizione. Quel che è certo è che Conte ha salvato il Movimento 5 Stelle dalla dissolvenza che molti presunti esperti analisti prevedevano (o forse si auguravano) tenendo la barra dritta sulla vera urgenza italiana: la povertà. I suoi detrattori dicono che lo faccia in modo strumentale. Immaginiamo invece che coloro che difendono i ricchi e i potenti lo facciano per una predisposizione. In questo anno all’opposizione Conte ha rafforzato il suo ruolo di riferimento di quel pezzo di Paese che fatica ad arrivare alla fine del mese. Ma rimangono, all’interno della politica del Movimento 5 Stelle, alcune ambiguità da chiarire. Non si capisce se sull’immigrazione il terzo Conte sia il Conte I o il Conte II. Non si capisce perché su certe partite, come quella sulla Rai, sia sembrato troppo accondiscendente rispetto ai piani delle destre (peraltro senza ottenere niente in cambio). Dubbi che vanno necessariamente sciolti se davvero vuole assumersi la responsabilità di costruire un’alternativa a questa destra aprendo a vecchie e nuove alleanze. Voto 6,5: resistente.

Calenda ha rotto con tutti e un po’ forse pure lui
Il leader di Azione ha vinto il premio di ingenuo del 2023 scoprendo che Renzi fa il Renzi e non riuscendo a trattenere Calenda che fa il Calenda. Così ha passato gli ultimi mesi a svelarci concetti di cui eravamo già tutti consapevoli come se fossero un’incredibile scoperta. Nel giro di poco tempo ha rotto con il Pd, con +Europa, con Italia viva. Dice che è sempre colpa degli altri. In compenso non ha perso quel suo fare da maestrino tipico degli ossessionati “dal merito” di cui vorrebbero essere unici depositari. La politica è un’arte comunitaria e il fare comunità non è propriamente un pregio di Calenda. “Diciamolo”, direbbe D’Alema. Voto 5: in attesa di redenzione.

Renzi paladino del centro che sbanda a destra
Come lo scorpione che punge la rana rimettendoci la pelle perché incapace di trattenere la propria natura, Matteo Renzi continua a fare il Matteo Renzi con il suo partito che ormai si è trasformato in una piccola Ungheria. Sarà l’unico candidato al prossimo congresso di cui ha deciso le regole e continuerà, c’è da scommettere, a sognare di far fallire le feste degli altri. L’ultima invenzione è un’altra bugia: chiamare il suo partito “il centro” per andare a destra. Rimane fermo sotto l’albero del berlusconismo aspettando che cada qualche frutto. Gli va riconosciuto però il coraggio di mettersi in gioco per le Europee, un’elezione in cui si devono prendere le preferenze. Sempre che una volta tanto faccia quel che dice. Voto 5: il solito.

Sinistra e Verdi, pesa il caso Soumahoro
Dalle parti di Alleanza Verdi-Sinistra pesa innegabilmente in questo primo anno la gestione del caso Soumahoro. Fratoianni e Bonelli sono riusciti a scontentare sia coloro che gli imputano l’aver candidato il sindacalista senza dare ascolto alle criticità segnalate sia quelli che ritengono che il deputato non sia stato abbastanza difeso. Il gruppo parlamentare presidia i temi identitari dell’ambientalismo, del lavoro e dell’antifascismo. Qualcuno all’interno dei due partiti vorrebbe usare l’occasione delle prossime elezioni Europee per una resa dei conti all’interno. Stanno nell’opposizione non brillante a livello generale. Voto 5,5: non brillano.

Più Europa e… più diritti: un presidio prezioso
Sia benedetta +Europa che pungola la politica sui diritti civili, nella migliore tradizione radicale. Sulla gestazione per altri e sul fine vita qualche settimana fa Magi ha incalzato il Pd dicendo: “I dem tirano fuori scuse e pretesti, la verità è che hanno una maggioranza conservatrice. Manca coraggio politico, su questi temi i sedicenti partiti progressisti non decidono”. Molti lo accusano di voler fare “delle forzature”. Per fortuna, viene da dire. Voto 6: utile.

L’articolo Un anno di governo Meloni: tempo di pagelle per i leader sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui

Perché nessuno parla dell’arresto di Khaled El Qaisi – Lettera43

Ci vuole fortuna anche nelle sventura, anzi soprattutto nelle sventure. Così accade che uno sventurato ora finalmente salvo, Patrick Zaki, debba usare la sua luce per illuminare il buio che ha intorno un altro studente misto come lui. Khaled El Qaisi, arrestato il 31 agosto da agenti di polizia israeliani al valico di Allenby mentre, al termine di una vacanza a Betlemme con la famiglia, si apprestava a rientrare a Roma passando per la Giordania. La moglie Francesca Antinucci e la madre Lucia Marchetti continuano a sapere poco, quasi niente. Il figlio di Khaled di quattro anni lo aspetta nella loro casa a Centocelle, Roma.

La denuncia di Amnesty International

Lo studente di lingue alla Sapienza di Roma, cofondatore del Centro di Documentazione Palestinese dell’Ateneo, ha già subito ben quattro udienze nelle quali non è stato formulato nessun capo di accusa. L’ultima, il 21 settembre, ha prorogato la custodia cautelare fino al primo ottobre, giorno nel quale si deciderà se far iniziare il vero e proprio processo penale e, in quel caso, dovrebbero essere formulate delle accuse. Il suo avvocato, Flavio Rossi Albertini, fa notare come un eventuale rinvio a processo sarebbe comunque viziato dagli interrogatori a cui El Qaisi è stato sottoposto, viziati a monte dal fatto di non essere stati resi in presenza di un difensore. Secondo il legale, «le autorità israeliane non hanno elementi per processarlo» e per questo «tentano di rinvenirli attraverso questi interrogatori: nell’ordinamento italiano sarebbero affetti da nullità assoluta» vista l’assenza del legale. Amnesty International sottolinea come «la sospensione del diritto alla difesa e il diniego di giusto processo» siano «inaccettabili e costituiscono gravi violazioni dei diritti umani». Inoltre, dichiara Amnesty, le condizioni di detenzione a cui Khaled El Qaisi è sottoposto, tra cui privazione del sonno, minacce, offese verbali e imposizione prolungata di posizioni di stress, «sono potenzialmente riconducibili a un crimine di diritto internazionale».

Khaled, un italiano meno italiano di altri

Khaled El Qaisi è un cittadino italiano ma la cacofonia del cognome è il colore troppo scuro della sua pelle lo inseriscono di diritto tra gli italiani meno italiani degli altri. Sono quelli che “vengono dopo” secondo un diffuso pensiero che giudica l’appartenenza a un “razza” in base ai connotati convenzionali che ci si potrebbe aspettare. Così la storia di Khaled El Qaisi rimane sotto traccia, roba da attivisti dei diritti umani, esattamente come fu in principio quella di Zaki. C’è da scommettere anche che attiverà presto le stesse antipatie. Anche per questo a Roma il Comitato #FreeKhaled ha organizzato una mobilitazione per informare l’opinione pubblica e scuotere i media, come la Rai e altre emittenti televisive, che, scrive il Comitato, si mostrano indifferenti verso la sorte di un cittadino italiano detenuto da un mese in Israele senza alcuna accusa.

Dal governo nessuna richiesta di scarcerazione né di rendere pubblici i motivi dell’arresto

Per difendere Khaled bisognerebbe anche avere lo stomaco di ammettere che la detenzione amministrativa consentirebbe a Tel Aviv di mantenerlo in questo status per periodi rinnovabili di sei mesi in sei mesi senza incriminarlo formalmente. La misura di sicurezza è concepita per consentire alle autorità di trattenere i sospetti mentre continuano a raccogliere prove, con l’obiettivo di prevenire attacchi o violazioni della sicurezza, ma per le organizzazioni per i diritti umani è solo un modo per consentire arresti arbitrari e senza prove. Per Amnesty sono oltre 5 mila i palestinesi detenuti in Israele (165 dei quali di età compresa tra 12 e 17 anni), tra i quali almeno 1.260 sono in carcere senza accusa né processo. La politica? Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, fa sapere che il ricercatore «è seguito e assistito dalla nostra rappresentanza in Israele». Ma finora dal governo non sono arrivate chiare richieste di scarcerazione né di rendere almeno pubblici i motivi dell’arresto. Il deputato di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli, dimostrando di averci capito ben poco, ha sibillinamente detto che «Israele ha il diritto di difendersi dal terrorismo». Khaled El Qaisi è palestinese in Israele e troppo poco italiano per l’Italia. Ci vuole fortuna anche nelle sventura, anzi soprattutto nelle sventure.

L’articolo proviene da Lettera43 qui https://www.lettera43.it/khaled-el-qaisi-arresto-israele-la-sapienza-tajani-donzelli/

Seduta spiritica in Fi: happy birthday Silvio!

Il deputato forzista Alessandro Cattaneo su Berlusconi dice: “Pensiamo a lui per fare le scelte migliori”. E gli fa gli auguri di buon compleanno “con la certezza per chi crede che ci rivedremo un giorno”. Adriano Galliani, candidato per sostituirlo in Senato ieri all’inaugurazione del Belvedere di palazzo Lombardia intitolato proprio a Silvio Berlusconi l’ha definito “un cittadino fantastico”. Il fratello Paolo dice che per Silvio “Forza Italia era il suo sesto figlio”.

Il ministro della Pubblica amministrazione e senatore di FI, Paolo Zangrillo, dice che costruiranno “il futuro di Forza Italia nel suo ricordo”. Letizia Moratti prova a distinguersi: “intitoliamogli l’aeroporto di Malpensa”, dice riuscendo a rimanere seria. Matteo Salvini dice che “Silvio è un uomo che ha fatto tutto e vinto tutto” e paragonandolo alla Madonnina del Duomo di Milano nota come il Belvedere che gli hanno intitolato domina pure San Siro.

Antonio Tajani a Paestum, dove è riunito il partito, legge una lettere dei figli di Berlusconi che dicono ai deputati “siamo al vostro fianco”. Sembra quasi una minaccia. “Oggi avrebbe compiuto gli anni un grande combattente, un amico, un alleato e un leader instancabile per la nostra Nazione. Tanti auguri da tutti noi, Silvio!”, scrive la premier Giorgia Meloni. Ieri nella politica italiana si è vissuta una giornata da seduta spiritica dove in molti si sono strizzati per festeggiare il compleanno di un uomo che non c’è più. Il processo di santificazione del resto passa dal nascondimento dei rapporti con la mafia e dalla pervicacia con cui si coglie ogni occasione per riscrivere la storia. Chissà se alla fine non riusciranno a capovolgere la realtà prendendoci per sfinimento.

L’articolo Seduta spiritica in Fi: happy birthday Silvio! sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui

Italiani nostalgici in trasferta

A proposito di italiani all’estero. Due giovani di 24 anni hanno avuto la formidabile pensata di andare in Germania, fare il saluto nazista, riprendersi ovviamente con il loro cellulare e credere che le regole siano lasche come quelle italiane. Il fatto è accaduto all’Oktoberfest di Monaco di Baviera dove, come riporta il sito Tz, sono stati fermati dagli addetti alla sicurezza intorno alle 17.45 locali su uno dei viali dell’evento dopo essere stati sorpresi a fare l’Hitlergruss, il saluto nazista. 

La sicurezza ha trattenuto i due giovani per consegnarli alla polizia locale che ha denunciato i giovani italiani in trasferta per aver utilizzato simboli anticostituzionali. Poiché da quelle parti i nostalgici nazisti vengono presi tremendamente sul serio i due giovani sono stati trasferiti in custodia cautelare in attesa di incontrare il giudice che deciderà se confermare la detenzione.

I contorni della vicenda stridono con il lassismo italiano, dove negli ultimi mesi abbiamo assistito a diverse assoluzioni per lo stesso gesto e dove la politica e un certo pensiero diffuso credono che i simboli nazisti (e fascisti) siano sciocchezze da affrontare con il sorriso.

La differenza sostanziale tra l’applicazione della legge in Germania e ciò che accade qui in Italia consiste nella consapevolezza della vergogna di un periodo storico su cui no, non c’è niente da ridere. 

Anche perché se dovessimo applicare la legge tedesca dalle nostre parti il primo a poter finire sotto processo sarebbe un presidente del Senato, pensandoci bene.

Buon venerdì.

L’articolo proviene da Left.it qui

Giustizia, dopo il bavaglio sulle intercettazioni nel mirino c’è la legge Bonafede

Alla fine hanno dovuto mettere la fiducia, la diciannovesima del 2023. Anche se di fiducia, sul decreto omnibus sulla Giustizia passato ieri alla Camera, ce n’è poca perfino nella maggioranza. Il punto più rilevante del decreto riguarda l’estensione dell’uso delle intercettazioni oltre i reati di mafia: il tema, sollevato da una sentenza della Cassazione del 2022, ha spinto il governo ad allargarne l’uso anche ai reati aggravati dal metodo mafioso.

Il punto più rilevante del decreto giustizia riguarda l’estensione dell’uso delle intercettazioni oltre i reati di mafia

L’opposizione ha alzato la voce sul divieto di trascrizione delle intercettazioni non rilevanti ai fini delle indagini. Il Pd aveva avanzato dubbi sull’incostituzionalità della riforma che metterebbe in discussione il diritto alla difesa. Forza Italia ha ottenuto l’accordo su due emendamenti: uno sulla non trascrizione delle conversazioni irrilevanti e un altro sulla necessità da parte dei pm di motivare in maniera specifica i motivi per i quali si chiede di intercettare un indagato.

Paolo Emilio Russo, deputato di Forza Italia, intervenendo nell’Aula di Montecitorio, durante le dichiarazioni di voto di fiducia esulta: “Abbiamo migliorato il testo in senso garantista perché il garantismo è uno dei valori fondanti di Forza Italia, un principio che consideriamo inderogabile. Questo successo non è piaciuto a un pezzo dell’opposizione perché riafferma il ruolo che Forza Italia ha nel Paese da trent’anni”, ha detto all’Aula.

Così il decreto nato per blindare l’utilizzo delle intercettazioni nei processi di mafia è finito sotto una pioggia di emendamenti che di fatto renderà ancora più complicato indagare. Il messaggio politico è semplice: usare le intercettazioni per un’indagine sarà sempre più difficile. Esulta l’onorevole forzista Pietro Pittalis per la scomparsa, anche dei verbali, delle intercettazioni non rilevanti e per la limitazione “delle possibilità di utilizzo dei risultati delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli per cui sono stati disposti” a meno che “non risultino rilevanti e indispensabili per l’accertamento di reati per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza”.

Blitz delle destre con Azione e Iv sulla prescrizione. L’obiettivo è resuscitare la ex Cirielli cara a Berlusconi

Nel frattempo, sempre alla Camera, la destra (con Azione e Iv) piazza l’ennesimo blitz in Commissione Giustizia dove è stato adottato come testo base la proposta dello stesso Pittalis che prevede il ritorno alla legge ex Cirielli del 2005, una delle tante norme ad personam dell’era Berlusconi: se approvata il tempo di estinzione dei reati tornerebbe a correre in tutti i gradi di giudizio. Con l’effetto di cancellare la riforma Bonafede, che interrompe il decorso della prescrizione con la sentenza di primo grado. Contemporaneamente verrebbe eliminato anche il meccanismo dell’improcedibilità introdotto dalla riforma Cartabia.

Un blitz andato a buon fine anche grazie alla spinta della Lega di Matteo Salvini. E pazienza se quella norma – la ex Cirielli, appunto – fu a suo tempo già bollata come incostituzionale. Resta da vedere se l’atteggiamento sia da inserirsi più in una trattativa interna alla maggioranza o sia un reale proposito. Una cosa è certa: mentre il Governo mostra il pugno duro contro i minorenni, i genitori con figli che non vanno a scuola o contro i disperati che arrivano dal mare stona la mollezza con cui fanno di tutto per garantire l’impunità suii reati commessi dai “colletti bianchi”.

Accade così che nel Paese in cui si inaspriscono le pene per un rave party si ammorbidisca l’attenzione sui delittii contro la pubblica amministrazione, spesso spia di reati di matrice mafiosa. In attesa ovviamente di arrivare a un attacco diretto alla magistratura, appena la maggioranza troverà la quadra.

L’articolo Giustizia, dopo il bavaglio sulle intercettazioni nel mirino c’è la legge Bonafede sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui

Salvini gioca con il Ponte. Come un bimbo con i Lego

Come capita a chi ha il terrore di avere idee troppo labili per diventare memoria, il ministro alle Infrastrutture Matteo Salvini ha deciso che il Ponte sullo Stretto debba essere l’eredità da lasciare agli italiani. Che l’opera gli interessi per una mera soddisfazione personale lo dimostra la sfilza di dichiarazioni dei tempi passati in cui il leghista definiva quest’opera inutile, costosa e perfino dannosa.

Il ministro alle Infrastrutture Salvini ha deciso che il Ponte sullo Stretto debba essere l’eredità da lasciare agli italiani

Nel ruolo della mamma che limita il bimbo cattivo c’è la presidente del Consiglio Giorgia Meloni che due giorni fa ha fatto sapere all’alleato del governo che no, i soldi per il gioco del Ponte non ci sono. Anzi, a ben vedere, di soldi non ce ne sono nemmeno per stilare una Legge di Bilancio degna di questo nome. “Governare vuol dire fare delle scelte e darsi priorità. Il nostro scopo non deve essere quello di inseguire il consenso, ma di raggiungere risultati concreti”, ha detto Giorgia.

La traduzione è fin troppo semplice: caro Matteo smetti di cincischiare e impara a diventare un ometto. Ieri Salvini di tutta risposta ha deciso di adottare la tattica del mulo. Finge di non capire, strizza gli occhi sperando che la realtà intorno svanisca come un brutto sogno.

“Sul finanziamento all’opera non sono sereno, di più, sono assolutamente soddisfatto di quello che abbiamo pianificato”, ha detto Salvini ieri a Milano, garantendo che i cantieri si apriranno nell’estate del 2024 (la stagione dei parchi dei divertimenti) e che nel 2032 ci saranno i primi treni. “Io sono convinto che gli italiani 10 anni di tempo ce li daranno”, ha detto Salvini, sicuro di essere ancora ministro per allora. E qualcuno gli avrà detto accarezzandolo “sì certo Matteo, certo, ma adesso fai il bravo”.

L’articolo Salvini gioca con il Ponte. Come un bimbo con i Lego sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui