Vai al contenuto

A destra litigano pure su Dio. Ormai non c’è più religione

La Lega di Salvini deposita alla Camera una proposta di legge, a prima firma della bresciana Simona Bordonali, che prevede l’obbligo di esporre il crocifisso “in luogo elevato e ben visibile” in tutte le scuole, negli uffici della pubblica amministrazione, nelle carceri, negli ospedali, nelle stazioni, nei porti e negli aeroporti. Previste sanzioni da 500 a mille euro per chiunque lo rimuova “in odio ad esso” o lo “vilipende” nonché per il pubblico ufficiale o l’incaricato che rifiuta di esporlo nel luogo d’ufficio.

La Lega di Salvini deposita alla Camera una proposta di legge che prevede l’obbligo di esporre il crocifisso in scuole, uffici, carceri e porti

Che Salvini ciclicamente ritorni ai crocifissi è cosa nota. Che ci ritorni proprio ora che la sua amica-nemica Giorgia Meloni abbia promesso di “difendere Dio” è qualcosa che stimola una malinconica tenerezza. Ma la proposta di legge depositata dai leghisti dimostra plasticamente come per loro stare in Parlamento (peggio: al governo) sia un gioco al livello di una partita ad acchiapparella nel cortile condominiale. Si divertono anche, c’è da scommetterci.

Peccato che come al solito non abbiano trovato un minuto per leggersi quella stessa Costituzione su cui hanno giurato e che scrive a caratteri cubitali come l’Italia sia un Paese laico. La laicità del resto è un tema troppo complesso per chi concima la propaganda baciando rosari mentre conia politiche che annegano bambini, o per chi fa a gara con i suoi alleati di governo per piacere all’Orbàn di turno.

Quest’anno sono partiti prima del solito, non hanno nemmeno aspettato il tempo della polemica sui presepi. E alla fine per la loro superficiale cretineria politica ottengono l’effetto opposto: a qualcuno vien voglia di bestemmiare.

L’articolo A destra litigano pure su Dio. Ormai non c’è più religione sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui

Cappato ora ci crede. “Con l’asse giallorosso la sfida è aperta”

Per le elezioni suppletive al Senato nel collegio di Monza e Brianza il nome di Marco Cappato incassa l’appoggio anche del Movimento Cinque Stelle con Giuseppe Conte che si aggiunge al Partito democratico di Elly Schlein, ad Azione di Carlo Calenda e a Sinistra Italiana di Nicola Fratoianni.

Cappato, con con quale spirito ha ascoltato le parole con cui Conte ha annunciato l’appoggio del Movimento 5 Stelle alla sua candidatura
“Sono felice. Perché sembrava più difficile ottenere questo risultato. Io lo vedevo possibile non tanto per i perimetri degli schieramenti o delle coalizioni ma per elementi di metodo nel fare politica che sono alla base della mia storia e che credo che possano essere in sintonia con molte delle ragioni fondanti dello stesso Movimento 5 Stelle. Poi sulla realizzazione e sul merito delle questioni ci siamo trovati molte volte con differenze anche aspre, ma io sono 14 anni che faccio lotta politica con gli strumenti della partecipazione popolare, dai referendum alle leggi di iniziativa popolare”.

In altre parole, un elemento di convergenza con il Movimento 5 Stelle?
“Per la partecipazione democratica, ai tavoli abbiamo trovato spesso militanti e dirigenti M5S. Eravamo con Chiara Appendino quando abbiamo depositato la legge di iniziativa popolare per la legge regionale in Piemonte sulla morte volontaria”.

Si aspettava l’appoggio del Partito democratico o aveva perso le speranze? Crede che i dem la possano appoggiare compatto nonostante le critiche interne dal fronte dei cattolici?
“Basta confrontarsi sui temi e sugli obbiettivi. Mi sembra che le più grandi sofferenze nel Partito democratico siano sul “come” si è scelto di convergere sul mio nome e io non entro nella loro discussione. Nel merito, anche con i cattolici: discutiamone. Penso che i cattolici italiani siano per la stragrande maggioranza persone che dal divorzio in poi hanno dimostrato di sapere valorizzare la libertà delle persone. Se si parla si riesce a trovare un terreno di lavoro comune. Se ci si limita alle etichette diventa più difficile”.

Dovrà vedersela contro Galliani nello storico feudo di Berlusconi. Aspettative?
“Agli elettori bisogna prospettare delle azioni. Il vero problema delle elezioni suppletive è il tasso di astensionismo. Io vorrei mobilitare le persone con il dibattito”.

Però Galliani viene dato per favorito e vincitore senza troppi problemi. Che ne pensa
“Con lo stesso realismo si diceva ‘figurati se Calenda, Schlein e Conte appoggeranno lo stesso candidato’. Io penso che l’elemento che ha reso questo possibile potrà convincere anche gli elettori”.

Qualcuno dice: “Cappato non può rappresentare un territorio a cui non appartiene”. Come risponde?
“Ho passato la prima metà della mia vita a Vedano al Lambro. Un pezzo della mia famiglia è lì – abito ad appena 15 chilometri -. Io sono radicato e connesso con il territorio. Quello che è vero è che non ho fatto parte del ceto politico locale”.

Un proposta da portare urgentemente in Parlamento?
“Spostare le tasse dal lavoro alle emissioni di Co2 e al consumo di risorse ambientali. È un appello di 27 Premi Nobel di qualche anno fa. Spostare tasse dal lavoro povero al consumo di risorse ambientale può centrare due obiettivi: la drastica riduzione del CO2 (e quindi la difesa degli ecosistemi) dall’altra la difesa della coesione sociale in un momento in cui è sotto pressione per la robotica, l’automazione, l’intelligenza artificiale. Altrimenti la destra rischia di fare il pieno di voti proprio su questo, fingendo che la lotta ai cambiamenti climatici sia una roba da radical chic mentre invece colpisce le persone nelle periferie e devasta le popolazioni più povere”.

In poche parole: qual è il programma con cui si candida per entrare in Parlamento?
“La prima motivazione è portare le mie battaglie dentro il Parlamento. Più che promesse presento una storia fatta di azioni, dopodiché sto preparando proposte più specifiche, anche questioni sul territorio come la follia di volere allungare la Pedemontana, nuova infrastruttura di trasporto su gomma quando in Brianza è assolutamente assente il trasporto pubblico trasversale da est a ovest”.

E che altro?
“La Brianza è la seconda provincia italiana per consumo di suolo dopo Napoli. È chiaro che su questi temi ho solo da imparare da chi si è mobilitato su queste questioni quindi mi metterò a disposizione di coloro – comitati e associazioni – che stanno lavorando su questo fronte. Ovviamente, tra le priorità c’è anche la difesa della sanità pubblica”.

L’articolo Cappato ora ci crede. “Con l’asse giallorosso la sfida è aperta” sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui

Ursula toglie Draghi dalla naftalina. Ed esulta pure la Meloni

E fu così che tornò Mario Draghi. L’annuncio arriva dalla voce della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, nel suo discorso sullo stato dell’Unione alla plenaria del Parlamento europeo. Von del Leyen parla di tre sfide – lavoro, inflazione e ambiente commerciale – che “arrivano in un momento in cui chiediamo anche all’industria di guidare la transizione pulita. Dobbiamo quindi guardare avanti – ha detto la politica tedesca – e stabilire come rimanere competitivi mentre lo facciamo. Per questo motivo ho chiesto a Mario Draghi di preparare un rapporto sul futuro della competitività europea”.

La presidente della Commissione Ue ha chiesto a Draghi di preparare un rapporto sul futuro della competitività europea

“Perché l’Europa farà whatever it takes per mantenere il suo vantaggio competitivo”, ha detto citando la famosa frase di Draghi pronunciata nel giugno 2012. Un annuncio inaspettato, che riporta l’ex-premier italiano al centro della scena a Bruxelles e su cui, ieri pomeriggio, è arrivata perfino la benedizione di Giorgia Meloni.

Un whatever it takes necessario perché “l’economia dell’Ue è in un momento particolarmente delicato e serve tutto il miglior arsenale europeo” per evitare una nuova crisi. Nel giro di pochi minuti si riaccende l’antica passione per il banchiere ex presidente del Consiglio. Scattano i renziani di Italia Viva, che su Draghi hanno montato la loro (fallimentare) ultima campagna elettorale: “Ancora una volta l’Europa si affiderà a Draghi. – dice l’eurodeputato di Italia Viva Nicola Danti, vicepresidente di Renew Europe La presidente Von der Leyen ha appena annunciato che chiederà a lui di preparare un rapporto sul futuro della competitività europea. Ancora una volta si conferma come il nostro, purtroppo, ex premier sia stimato e giochi un ruolo centrale nella politica europea e internazionale”.

A ruota arriva Carlo Calenda che confessa il sogno di vedere Mario Draghi “prossimo presidente del Consiglio europeo”. Sandro Gozi, eurodeputato di Renew Europe e segretario generale del Partito democratico europeo, sente profumo di chiamata alle armi: “Dobbiamo rispondere alla chiamata della storia e agire come figli rifondatori, con più dialogo e meno polarizzazione. Ma dobbiamo anche mostrare più coraggio e procedere con determinazione per una vera riforma dell’Unione europea, attraverso una ambiziosa revisione dei trattati, per trasformare l’Ue in una vera potenza sovrana e democratica”, dice, definendo “straordinaria e lungimirante” l’idea che Draghi torni sul palcoscenico europeo.

Dal Partito Democratico esulta il deputato Piero De Luca: “È estremamente positiva la decisione di affidare a Mario Draghi il compito di preparare un rapporto sul futuro della competitività europea. È un motivo di orgoglio per tutti noi e uno stimolo a continuare il cammino intrapreso in questi ultimi anni per un’Europa sempre più solidale, forte e dinamica”.

Plaudono Pd e Azione, critico il M5S

Critici invece dal Movimento 5 Stelle: “Mario Draghi sicuramente grande economista, avrà un nuovo compito” per redarre un rapporto sulla competitività dell’Ue. “Mi auguro lo sappia redarre meglio rispetto a come ha redatto il decreto sugli extraprofitti delle aziende energetiche”, dice a La Notizia la capodelegazione M5S, Tiziana Beghin. Anche un acerrimo nemico delle politiche draghiane come il segretario dei Verdi Angelo Bonelli rimarca come Draghi “sia persona autorevole e rispettata, di fatto ha salvato l’euro e ha salvato molte economie” e pensa che Draghi possa fare bene “nonostante noi non abbiamo condiviso alcune politiche, a partire da quelle ambientali fatte dal suo ministro Cingolani”.

Per Mara Carfagna, presidente di Azione, “Draghi ha competenze, autorevolezza e prestigio internazionale per ricoprire qualsiasi ruolo, spero che l’Ue ne tenga conto il prossimo anno”. Squillano le trombe, il draghismo sopito tra i politici e gli editorialisti può tornare a squillare. L’uomo della salvezza è tornato, dicono in coro. E a nessuno che venga lo stimolo di andare a leggere i sondaggi del prossimo Parlamento europeo per riconnettersi con la realtà.

L’articolo Ursula toglie Draghi dalla naftalina. Ed esulta pure la Meloni sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui

Meloni muta sui migranti. Deve aver finito i giga

Ospite nel salotto Rai di Bruno Vespa, la “terza camera” del Parlamento italiano dove qualsiasi potente può dormire tra due guanciali senza il rischio di domande che possano irritarlo, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha potuto pubblicizzare il suo ultimo libro mentre là fuori migliaia di disperati si cucinavano sotto il sole di Lampedusa con Croce rossa e forze dell’ordine sfinite nel tentare di mantenere un briciolo di dignità.

Quest’anno la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, ha fatto solo due tweet sul tema, mentre nel 2019 erano stati più di 200

 

Nemmeno il telespettatore più ottimista avrebbe potuto sperare che Vespa in un sussulto di professionismo gliene chiedesse conto. L’unico giornalista in studio era Alessandro Sallusti, l’autore del libro intervista alla premier. Mancavano solo i due liocorni. Se venisse voglia di trovare qualche dichiarazione della presidente del Consiglio sull’immigrazione spulciando sui suoi social si rimarrebbe ugualmente delusi: quest’anno la leader di Fratelli d’Italia ha fatto solo due tweet sul tema, mentre nel 2019 erano stati più di 200.

Nel 2019, tanto per dare un’idea, gli sbarchi erano un terzo di oggi. Evidentemente il numero di tweet è direttamente proporzionale alla propaganda, mica alla realtà. La strategia dello struzzo è adottata anche dal vicepremier Salvini che nel 2023 ha trovato la forza di scriverne per 8 volte.

Nel 2020 aveva pubblicato più di 800 contenuti sui social strillando contro gli sbarchi. Se dovessimo trovare un termine per identificare questo atteggiamento potremmo chiamarlo tranquillamente vigliaccheria a doppia mandata. La vigliaccheria di lucrare sui migranti mentre si sta all’opposizione (prima) e la vigliaccheria di tacerne quando si è al governo (dopo). Non hanno finito i giga, hanno finito la dignità.

L’articolo Meloni muta sui migranti. Deve aver finito i giga sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui

Dio, famiglia e vittimismo. Altra gita di Meloni da Orbán

Incurante del disastro umanitario sulle nostre coste, del fallimento del memorandum con la Tunisia e della catastrofe sulle coste e nel Mediterraneo Giorgia Meloni ha deciso di prendersi un pomeriggio di scampagnata sovranista nell’Ungheria di Viktor Orbán, uno dei principali attori della politica internazionale in Europa. Innamorata di chiunque la elogi, Meloni incassa da Orbán i complimenti “per la vittoria italiana” di un anno fa, in clima di festa permanente dimenticandosi di governare.

Così ieri al summit sulla famiglia e la demografia di Budapest (un ritrovo di ultraconservatori che ancora non si accorgono di essere fuori dal tempo) la presidente del Consiglio e leader dei Conservatori europei sfoggia tutto l’armamentario per le occasioni sovraniste in un intervento di quasi mezz’ora in cui si lancia in una delle sue solite battaglie immaginarie: “Alcuni anni fa – dice Meloni – sono diventata un po’ più popolare durante un discorso. Ho detto: ‘Sono Giorgia, sono una madre, sono una donna, sono italiana e cristiana. Non me lo potete togliere’. Qualcuno l’ha messo in musica. Era un modo per attaccarmi. Non ha funzionato. Gli avversari non hanno capito quante fossero le persone che hanno ritenuto quelle parole buone. Quello che volevo dire con quelle parole è che viviamo in un’epoca in cui tutto ciò che ci definisce è sotto attacco”.

La premier Meloni trova la forza di governare guardando la figlia. Ma dai nidi ai congedi per i figli degli altri ha fatto ben poco

Eccolo qui il vittimismo della destra che governa, che occupa ogni posto disponibile e che imperversa su giornali e televisioni eppure immagina un’egemonia culturale di altri. Novella Giovanna d’Arco Meloni si lancia in battaglia per difendere “la famiglia e Dio”, calando la carta della maternità nel consueto gioco di mischiare pubblico, politico e privato per poi lagnarsene quando le ritorna indietro: “Sono diventata più forte quando mia figlia è nata – dice Meloni al Budapest Demographic summit -. E quando sono stanca e penso ‘mi arrendo, questa non è vita’, la guardo e so che sto facendo qualcosa per lei. I figli rendono le donne più forti, anche nel loro ambiente di lavoro”.

Un’epica narrativa che respinge con forza il deputato del Pd, Alessandro Zan, responsabile diritti nella segreteria dem che sottolinea come la presidente del Consiglio si erga “a paladina della famiglia, quando non ha fatto nulla su nidi, congedi paritari, occupazione femminile, caregiver. Si è occupata di famiglie solo per togliere diritti a quelle arcobaleno, iniziando una vera e propria persecuzione, in pieno stile Orbán”. La questione dei migranti a Budapest è solo l’occasione per accarezzare da lontano la solita panzana della “sostituzione etnica”, con Meloni che ripesca la retorica dell’estrema destra per scagliarsi contro “chi dice che l’immigrazione porta un contributo in termini di welfare che altrimenti non potremmo più offrire”.

È lo stesso concetto del cognato e ministro Lollobrigida, semplicemente raccontato in modo più accorto. “Parlare di politiche per ‘difendere Dio’ evoca epoche buie in cui nel nome di dio sono state commesse le peggiori atrocità”, ricorda Marco Cappato, mentre il deputato di +Europa Della Vedova parla di una “Meloni ostaggio di Polonia e Ungheria”. Meloni e Orbán, “si sono impegnati ad una stretta collaborazione tra i rispettivi governi in vista della presidenza ungherese del Consiglio dell’Unione europea nel secondo semestre del 2024”, si legge in una nota di Palazzo Chigi. Poi oggi Meloni indosserà il costume della moderata europeista e si scandalizzerà perché non la prende nessuno sul serio.

Leggi anche: “Meloni colleziona disastri. Con gli slogan non si governa”. Parla il vicepresidente dei Cinque Stelle, Gubitosa: “L’immigrazione è un tema su cui non si può giocare”

L’articolo Dio, famiglia e vittimismo. Altra gita di Meloni da Orbán sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui

La Tunisia straccia l’accordo sui migranti e spinge l’esodo dei disperati

Ennesimo grande successo del magnifico memorandum tra Ue e Tunisia con l’Italia di Giorgia Meloni in prima fila: il presidente tunisino Kaïs Saïed chiude le porte in faccia all’Europa. Ieri una delegazione di eurodeputati avrebbe dovuto arrivare in Tunisia per salutare la situazione politica e economica del Paese, sull’onda del Memorandum che il Paese ha firmato per “controllare” i flussi migratori: “A questa delegazione non sarà permesso di entrare nel territorio nazionale”, recita il documento ufficiale tunisino.

La lettera alla delegazione dell’Ue a Tunisi porta la data dell’altro ieri: la missione, nota, è stata confermata, malgrado il governo del Paese nordafricano avesse già espresso “più riserve al riguardo”. La missione era prevista da ieri al 16 settembre e faceva seguito a quella dell’aprile 2022. La commissione Afet intendeva “promuovere e sostenere un dialogo nazionale inclusivo” in Tunisia e “guardare nel memorandum d’intesa recentemente firmato tra Ue e Tunisia”.

Invece gli eurodeputati Michael Gahler, Dietmar Koster, Salima Jenbou, Mounir Satouri ed Emmanuel Maure (di Ppe, S&d, Renew, Verdi, Sinistra) non hanno potuto fare altro che cancellare gli incontri programmati con i sindacati locali, membri della società civile e protagonisti dell’opposizione. Dal presidente Saïed nessuna motivazione ufficiale al diniego anche se fonti tunisine parlano di un “risentimento” per una conferenza stampa tenuta dagli eurodeputati a luglio in cui era stato criticato il Paese per il suo presunto arretramento.

Gli autocrati, si sa, sono terribilmente suscettibili. Di certo ora è difficile per Ursula von der Leyen evitare l’imbarazzo: l’episodio cade poche ore dopo il suo discorso sullo stato dell’Unione in cui aveva elogiato l’accordo con Tunisi e aveva proposto il Memorandum come modello ripetibile con altro Paesi africani. Il Memorandum di Tunisi, siglato lo scorso luglio dal presidente Saied, dalla premier italiana Meloni, dalla presidente della Commissione Europea von der Leyen e dal primo ministro dei Paesi Bassi, Mark Rutte, rappresenta l’assunzione, da parte dell’Ue, di impegni politici e finanziari verso la Tunisia che comprendono, soprattutto, l’avvio di un partenariato strategico nella gestione dei flussi migratori in partenza dal paese nord-africano.

Come già accaduto per la Libia anche la Tunisia è stata messa nella condizione dalla dissennata politica del governo italiano e quello europeo di ricattarci utilizzando i migranti

La Tunisia ha raggiunto un accordo provvisorio per il prestito concesso dal FMI con sede a Washington nell’ottobre 2022. In quell’accordo il FMI prevede un “programma di riforma economica globale” che eliminerebbe gradualmente i sussidi per il carburante e l’elettricità ma il presidente Saïed aveva bollato le richieste americane come “diktat stranieri” che avrebbero “portato ancora più povertà”. “La Tunisia è una nazione in estrema difficoltà e lasciarla chiaramente al suo destino può avere conseguenze molto gravi”, ha dichiarato lo scorso 23 luglio la presidente del Consiglio Meloni alla Conferenza su sviluppo e migrazioni a cui hanno preso parte Saïed e altri leader del Mediterraneo, Medio Oriente e Africa.

Ma le preoccupazioni di Washington e dell’Ue riguardano soprattutto il crescente autoritarismo del governo tunisino, a cui si affianca l’evidente sbriciolamento del rispetto dei diritti umani, Saïed negli ultimi mesi ha aperto nel Paese una vera e propria “caccia al migrante” che ha dato il via a veri e propri rastrellamenti sul territorio nazionale. Diverse Organizzazioni non governative hanno anche documentato la situazione di migranti lasciati morire di sete nel deserto al confine con la Libia.

“Il diniego del governo di Tunisi all’ingresso nel Paese di una delegazione della commissione Affari Esteri del Parlamento Europeo rappresenta un fatto molto grave e conferma l’errore di valutazione politica e strategica che la Commissione ha compiuto siglando il memorandum con Saied”, ha detto a Fanpage.it la vicepresidente del Parlamento Ue ed esponente di S&D, Pina Picierno. In una nota la presidente del gruppo Iratxe Garcia Perez ha chiesto di sospendere immediatamente il Memorandum (leggi pezzo in basso), affermando che sia “stato un errore fin dall’inizio” e che vada per questo ritirato.

Come già accaduto per la Libia anche la Tunisia è stata messa nella condizione dalla dissennata politica del governo italiano e quello europeo di ricattarci utilizzando i migranti come arma di pressione politica. “La situazione può addirittura peggiorare”, ha detto ieri il ministro agli Esteri Antonio Tajani. Pagare gli autocrati per subappaltare il gioco sporco porta sempre a questo risultato. L’avevamo visto già dai tempi di Minniti ma la lezione sembra non l’abbia imparata nessuno. Ieri il capodelegazione di Fratelli d’Italia- Ecr al Parlamento europeo, Carlo Fidanza ha tuonato che è “la sinistra a boicottare l’accordo Ue e Tunisia”: è tutto quello che c’è da dire sul senso di responsabilità e di consapevolezza.

L’articolo La Tunisia straccia l’accordo sui migranti e spinge l’esodo dei disperati sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui

La storia già scritta di Salvini e Meloni sull’immigrazione

Andrà così. Matteo Salvini in questi mesi si è tenuto a freno accumulando la rabbia per essere stato superato nelle sue elezioni che riteneva “buone” per coronare il suo desiderio (più per narcisismo che per politica) di diventare presidente del Consiglio. 

Non è un politico con molte frecce nel suo arco: sclerotizzato nella caccia allo straniero come unica arma di propaganda da quando ha perso la punta insanguinata di Morisi alla guida dei suoi social balbetta di argomenti che non scaldano gli sfinteri dei suoi elettori, veleggiando tra un ponte sullo stretto e una disordinata guerra alle auto elettriche, con un velo di negazionismo sul clima. 

Fin dall’insediamento del governo però Salvini ha saputo che proprio sui migranti avrebbe potuto logorare Giorgia Meloni e tentare una riabilitazione da leader. È in attesa, come un cane da ferma, del momento opportuno per mordere Giorgia Meloni. La strategia è già scritta: “voleva essere la donna forte ma non ne è stata capace per troppo poco coraggio”. È esattamente il sotto testo delle parole di ieri del vicesegretario della Lega Andrea Crippa. Accusare Meloni di essersi rammollita fingendo di non sapere che le regole internazionali sono queste. 

Andrà così. Matteo Salvini (lo sta già facendo) proporrà soluzioni impraticabili ma profumate chiedendo più voti per indurire il pugno. È lo stesso schema che alle ultime elezioni ha portato l’Italia sul baratro visibile a Lampedusa e nell’isolamento internazionale. 

Resta da vedere un’unica cosa: se (e quanti) gli elettori ci cascano ancora. Buon venerdì.

Foto tratta dalla mostra Altromare. Fonte: Camera dei deputati

L’articolo proviene da Left.it qui

Caro Salvini, la regia del complotto sui migranti è la tua inetta propaganda

Matteo Salvini ieri in conferenza stampa ci ha spiegato che «questo è un esodo» di migranti «pianificato dalla criminalità organizzata. È un atto di guerra». «Penso – ha detto il ministro – che sia qualcosa di voluto e organizzato anche per mettere in difficoltà un governo scomodo. Sono convinto che ci sia una pianificazione e una regia dietro a questo esodo». 

Niente di nuovo sotto il sole: quando i vittimisti che stanno al governo non hanno soluzioni da proporre non possono fare altro che immaginare nemici inventati e descrivere catastrofi imminenti. Invece ciò che sta accadendo ha un colpevole chiarissimo che risponde proprio alla politica di Matteo Salvini. È lui ad avere sdoganato la narrazione di un’immigrazione che fosse figlia del “buonismo” di qualcuno e non un ampio fenomeno umano. È lui che ha convinto un manipolo di fessi che si potesse chiudere come un rubinetto. È lui che ha iniziato a giocare al ruolo del bullo in Europa sfidando gli altri Stati a una gara di egoismo per poi frignare per l’egoismo degli altri. 

È lui, soprattutto, ad avere confuso una questione umanitaria con la politica, dimenticando che l’umanità è pre-politica in qualsiasi Paese che non sia governato da bestie o da fascisti. 

Ora che il giocattolo si è rotto e smutanda Matteo Salvini e tutti i suoi nipoti venuti dopo di lui (Giorgia Meloni è stata semplicemente l’allieva più sveglia che ha superato il maestro) inventarsi una guerra è l’atto finale della farsa. “L’intelligence” può risparmiare tempo, le basta bussare all’ufficio del ministro Salvini. 

Buon giovedì.

Nella foto: frame di un video sugli sbarchi a Lampedusa (LocalTeam), 13 settembre 2023

L’articolo proviene da Left.it qui

Non hanno nemmeno il coraggio di fare schifo

Bugiardi, incapaci e razzisti: questo sono. Bugiardi. Giorgia Meloni e Matteo Salvini parlano di “pressione migratoria insostenibile” e invece governi più capaci di loro hanno retto a pressioni maggiori. Governi anche di centrodestra, badate bene.

Germania, Francia e Spagna gestiscono più richieste d’asilo dell’Italia, senza capi di governano che frignano ogni giorno

Da quindici anni l’emergenza che non è un’emergenza (proprio perché dura da quindici anni) è stata governata con i mezzi e le risorse disponibili. Basta non essere inetti oppure basta non avere voglia di creare un’emergenza per raccogliere voti e poi comicamente finirci sepolti. Germania, Francia e Spagna gestiscono più richieste d’asilo dell’Italia, senza capi di governano che frignano ogni giorno.

Incapaci. Stringono accordi con dittatori e poi si stupiscono se quelli fanno i dittatori. Promettono i rimpatri e hanno 1.000 posti disponibili su 70 mila posti che servirebbero per attuare il loro piano. Promettono leggi che sono palesemente incostituzionali (quindi anche ignoranti, verrebbe da dire). Fingono di non sapere che le leggi italiane ed europee prevedono che chiunque possa entrare in Italia e nell’Unione Europea per chiedere asilo, a prescindere dalle circostanze del suo ingresso. Nel 2023 hanno 2500 persone contro i circa 6500 del 2018/19.

Sono stati ripresi perfino dal Garante che gli ha dovuto ricordare che “la privazione della libertà, bene definito ‘inviolabile’ dalla nostra Carta, possa attuarsi solo nella prospettiva di una chiara finalità, legalmente prevista e sotto riserva di giurisdizione”. Razzisti. Sono razzisti senza nemmeno coraggio. Così lasciano il lavoro sporco a qualche giornalaccio rimasto orfano dei complotti sulla pandemia. Non hanno nemmeno il coraggio di fare schifo.

L’articolo Non hanno nemmeno il coraggio di fare schifo sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui

Marina peggio di Silvio. Il conflitto d’interessi è di casa con i Berlusconi

Torna alla ribalta il vero partito che sostiene il governo Meloni senza nemmeno avere bisogno di mettere il piede dentro il Parlamento: i Berlusconi. A margine dell’assemblea di Confindustria a Roma Marina Berlusconi, la primogenita di Silvio, lancia una stoccata alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni: “Ho apprezzato molte mosse del governo Meloni – dice – ma tra queste non c’è la tassa sugli extraprofitti delle banche. Capisco le motivazioni, ma non sono sufficienti a superare le grandi perplessità che ho sul merito e sul metodo. Non mi piace il termine extraprofitti: lo trovo fuorviante e demagogico”.

Altra bordata di Marina Berlusconi contro la tassa sulle banche. Che colpisce pure la sua Mediolanum

Quello sulle banche “è un provvedimento che si presta a dubbi e critiche e rischia di rendere il Paese meno attrattivo per gli investimenti esteri – aggiunge la figlia di Silvio Berlusconi, che nega la volontà di candidarsi alla presidenza di Confindustria -. Mi auguro che il Parlamento possa riformulare la norma rendendola più equilibrata”. Che la norma voluta dalla presidente del Consiglio interessi anche la banca di famiglia (Mediolanum) è un particolare che sfugge a parecchi cronisti. Ma Marina ne ha anche per la Bce. Riguardo l’ennesimo rialzo dei tassi, Berlusconi dice: “Speriamo che la cura non uccida il malato”.

E poi: “È il decimo rialzo consecutivo, spero che sia l’ultimo. L’economia ha bisogno di stimoli”. Regina della narrazione la primogenita di famiglia ci tiene a precisare come la dinastia non si sia accapigliata per dividersi i beni del padre: “È giusto sottolineare – dice ai giornalisti – quanto sia bella questa dimostrazione di armonia e di unità all’interno della famiglia e quanto sia bello per il nostro papà, perché ci ha educato a quei sentimenti che sono alla base di questa sintonia”.

C’è poi il fronte politico con una carezza al ministro Tajani: “Forza Italia Stimo molto Antonio Tajani, noi abbiamo sempre dichiarato che rimarremo vicini al partito. È una questione di amore e di rispetto nei confronti del nostro papà. Tajani è una persona di grande esperienza ha accompagnato mio padre durante tutta la sua vita politica e sta guidando il partito in una fase di transizione con forte senso di responsabilità”. Che Forza Italia debba parecchie decine di milioni alla famiglia Berlusconi è un particolare che sfugge a parecchi cronisti.

La primogenita del Cavaliere non intende candidarsi. Ma resta proprietaria con i fratelli di Forza Italia

Dopo avere parlato alla nuora perché suocera intenda la figlia del fondatore di Forza Italia si dice soddisfatta del governo: “Sono contenta del fatto che finalmente il Paese abbia un governo stabile – dice – che è espressione della volontà popolare. Non accadeva da 11 anni e vi ricordate chi era allora il presidente del Consiglio. In generale ho apprezzato molto e ritengo molto positivo l’approccio responsabile del governo e di Giorgia Meloni sia nella gestione dei conti pubblici e in politica estera”.

Passa qualche ora e la coordinatrice nazionale di Italia Viva Raffaella Paita corre sentendo profumo di berlusconismo: “Non possiamo che essere d’accordo con Marina Berlusconi, la tassa sugli extraprofitti delle banche solleva grandi perplessità”, scrive in una nota, “i dubbi da noi evidenziati subito dopo il Consiglio dei ministri che ha deciso la tassa, sono stati confermati anche dalla Banca centrale europea. Una mossa demagogica e populista che andrà cambiata in Parlamento e noi lavoreremo a questo scopo”, conclude.

Prima di salutare i giornalisti la figlia prediletta di Silvio ripete per l’ennesima volta di non volere entrare in politica. In effetti dopo avere sgridato la presidente del Consiglio, avvisato un leader del partito di cui è proprietaria e avere incassato i complimenti dei renziani la domanda è legittima: a che le serve candidarsi?

L’articolo Marina peggio di Silvio. Il conflitto d’interessi è di casa con i Berlusconi sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui