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I poveri di Lollobrigida, la castrazione chimica di Salvini e il nostro analfabetismo – Lettera43

Basterebbe imparare leggere e scrivere, imparare a capire. Tutte quelle cose che si insegnano a scuola, ma che risultano poco moderne perché le scuole qualcuno le vorrebbe semplicemente come preambolo per entrare più lubrificati nel mondo del praticantato prima di svoltare sul mondo dello stage per poi finalmente essere nel circolo ufficiale dello sfruttamento. Se imparassimo a leggere – e quindi a scrivere – sapremmo per esempio che rovesciare la realtà è un gioco sporco. Ci si stupisce per esempio che il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida dica che «i poveri mangiano meglio dei ricchi perché trovano qualità a basso costo». Eppure non è niente di diverso dall’aria che tira su questo Paese ormai da anni: i poveri indolenti, i poveri colpevoli, i poveri che si lamentano ma non agiscono. Ingredienti diversi della stessa solfa: i poveri privilegiati perché hanno una “vita più facile” e “meno problemi” è una teoria proclamata sotto traccia da anni.

La corruzione di una società: disprezzare quelli che hanno fallito nella vita

Lollobrigida non ha inventato nulla: ha ripetuto lo stesso schema, semplicemente con meno padronanza delle parole dei suoi amici e dei suoi predecessori. Basterebbe avere letto Adam Smith (che dovrebbe essere un mito per la destra, se leggessero) che nel suo libro Teoria dei sentimenti morali scriveva che la corruzione del carattere consiste nell’ammirare i ricchi e disprezzare i poveri, invece di ammirare i saggi e le buone persone e disprezzare gli stupidi. Questa è la corruzione di una società, secondo Smith: quando una società disprezza quelli che hanno fallito nella vita, quelli che hanno avuto cattiva sorte. Se imparassimo a leggere, a scrivere, a capire e a studiare avremmo archiviato Lollobrigida come un pessimo esecutore di una furfanteria generale.

Non c’è nessun problema sociale, nessuna oggettificazione sessuale…

Stesso discorso per le reazioni allo stupro di gruppo di Palermo. Il tentativo di alienare un problema per non doversene fare carico. Per il ministro Matteo Salvini la proposta della castrazione chimica serve più di tutto a descrivere come patologico un maschilismo fisiologico: se quelli sono semplicemente dei “malati” allora non gli toccherà farsi carico dei diritti reclamati dai movimenti femministi. Esistono solo i reati, non esiste un problema culturale. Stesso schema per la ministra Eugenia Roccella: «Colpa della pornografia». Sottotesto: non c’è nessun problema sociale, non c’è nessuna oggettificazione sessuale. Il male, quindi, viene “da fuori”, il tessuto è sano. Se si riesce a indicare come colpevole un agente esterno sostanzialmente ci si autoassolve. Così hanno fatto.

Putin diventato “il comunista” per la stampa di destra dalla memoria corta

Altro esempio del gioco sporco, in malafede, di una propaganda che sarebbe facilissima da smontare: Vladimir Putin. Qualche giorno fa un quotidiano nazionale molto compiacente con questo governo ha titolato in prima pagina a proposito della morte di Prigozhin “I comunisti fan così, la vendetta di Putin”. Si lascia intendere che Putin sia quindi un “comunista”. Eppure la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è scusata poche ore fa (in piena febbre atlantista) per avere dato credito a Putin. Eppure è fresca nella memoria (di chi legge e di chi studia) la vicinanza tra Putin e Silvio Berlusconi (ve lo ricordate il lettone?) e Salvini che avrebbe scambiato «due Mattarella per un Putin» nel suo Paese. Quindi per la stampa di destra i leader dei partiti di governo erano follemente innamorati di un “comunista”? No, no. La malafede funziona se la memoria è corta e poco allenata. Come qui, da noi.

I poveri di Lollobrigida, la castrazione chimica di Salvini e il nostro analfabetismo
La prima pagina di Libero del 24 agosto 2023.

Camilleri e la lezione sugli analfabeti, totali o di riporto

Diceva lo scrittore Andrea Camilleri in un’intervista del 2010: «Secondo un rapporto coordinato dal linguista Tullio De Mauro, in Italia vi sono due milioni di analfabeti totali, 13 milioni di semianalfabeti, ossia che sanno fare solo la loro firma e poco più ma non capiscono ciò che leggono, altri 13 milioni di analfabeti di riporto, cioè che hanno perso un uso fluido della scrittura e della lettura. In totale, 28 milioni di italiani, su 52 milioni, sono sotto la soglia della sufficienza dell’alfabetizzazione. Nel momento in cui essi si recano a votare sulla base di che cosa esprimono il loro voto, su che cosa hanno basato le loro condivisioni? Sulla televisione. E basta. Ecco perché da parte del potere è assolutamente indispensabile che l’informazione sia univoca, indirizzata in un unico senso. Dopodiché la sparuta informazione libera dei giornali può essere limitata nella diffusione sul territorio oppure emarginata in modo che domini l’informazione condizionata». Nel 2019 Camilleri disse: «Non posso trattenermi dal dire che con il governo di oggi abbiamo un esempio lampante di mentalità fascista, quella del ministro Matteo Salvini. Quella è mentalità fascista, una delle forme di fascismo che può anche essere eletta democraticamente». Sapete cosa rispose Salvini? «Scrivi che ti passa».

I poveri di Lollobrigida, la castrazione chimica di Salvini e il nostro analfabetismo
Andrea Camilleri (Imagoeconomica).

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Sì o no? Cnel

Il salario minimo, da qualsiasi parte lo si guardi, che si sia d’accordo o meno, sarebbe una riforma impattante e immediata sulla vita di milioni di persone. Di colpo ricevere offerte lavorative che promettono stipendi orari irrisori non sarebbe più gavetta, non sarebbe più un “proviamo e poi vediamo”, non sarebbe più la giustificazione di “un momento difficile”: sarebbe illegale. È vero, siamo un Paese che spesso cammina placidamente nei sentieri dell’illegalità ma con l’istituzione di un salario minimo si spezzerebbe – questo è sicuro – la sensazione di inadeguatezza di un’intera generazione.

La decisione politica di non decidere – in questo caso passando le carte al Cnel di Brunetta usandolo come refugium peccatorum – è l’ennesimo caso di una vigliaccheria politica che è la seconda evidente matrice di questo governo. Non regge la giustificazione dell’approfondimento poiché senza nessuna remora questa stesso governo ha preso decisioni catastrofiche che hanno reso orfani bambini per decreto o che hanno scaricato sulla strada poveri accusati perché poveri.

Sono gli stessi inizi di vigliaccheria che con l’insediamento di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi hanno via via abolito le conferenze stampa della presidente del Consiglio, sostituendo le abituali domande dei giornalisti con video preconfezionati e unilaterali o letterine di Meloni ai giornali che le riservano una rubrica personale di fianco alla posta del cuore. Per questo risulta ancora più farlocco questo continuo appellarsi al “mandato popolare” ricevuto da parte della maggioranza: è vero, hanno vinto le elezioni, ma dopo un anno c’è da capire ancora “per fare cosa”.

Buon lunedì.

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L’ex senatore mandante di un attentato a un giornalista

Il 15 luglio del 2018 cinque colpi di pistola vengono sparati contro l’abitazione di Ario Gervasutti, l’ex direttore del Giornale di Vicenza, nella sua abitazione a Padova. Uno dei cinque si conficca a poca distanza dal letto del figlio.

Cinque spari contro l’abitazione di un giornalista. Per i magistrati il mandante è Alberto Filippi, ex senatore della Lega ora in FdI

Il giornalista, oggi caporedattore al Gazzettino, per anni non si spiega quell’attentato. Come dovrebbero fare tutti i giornalisti ha scritto e fatto scrivere articoli che non sono piaciuti a qualcuno ma non saprebbe indicare chi avrebbe potuto spingersi in un atto del genere.

Ora la Direzione distrettuale antimafia di Venezia, nell’ambito di inchiesta di ‘Ndrangheta che coinvolge 43 persone, ha un’ipotesi. Mandante di quei cinque colpi che hanno crivellato la casa di Gervasutti sarebbe il vicentino Alberto Filippi di 57 anni, che secondo l’indagine avrebbe “incaricato, dandogli un compenso in denaro, Santino Mercurio”.

Filippi dal 2006 al 2008 è stato deputato per la Lega nella XV legislatura. Nel 2008 fu eletto senatore e divenne vicepresidente della commissione esteri. Lasciata la Lega dopo un lungo giro approda a Fratelli d’Italia nel 2014, con il lieto annuncio dato dal presidente del Senato Ignazio La Russa e Giorgia Meloni in un bar di Vicenza.

Un paio di settimane fa Filippi ha partecipato a una cena all’Arsenale di Venezia assieme al ministro all’agricoltura Francesco Lollobrigida di Fratelli d’Italia. È tra i finanziatori del quotidiano L’Identità di Tommaso Cerno. Ora è accusato di avere pagato un mafioso per intimidire un giornalista. La vedete l’enormità della vicenda

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Sul Morandi è morta pure la decenza

Ieri la presidente del Consiglio Giorgia Meloni accodandosi alla commemorazione per le vittime del crollo del ponte Morandi di Genova ha detto: “Il nostro augurio è che la verità possa emergere con tutta la sua chiarezza e che i responsabili di quel disastro siano acclarati e accertati. Perché sarebbe davvero imperdonabile che questa tragedia nazionale possa rimanere impunita”. Qualche ora prima il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha chiesto di “fare giustizia, completando l’iter processuale, con l’accertamento definitivo delle circostanze, delle colpe, delle disfunzioni, delle omissioni“.

Ma cosa ostacola l’accertamento delle responsabilità? Il procuratore capo di Genova Nicola Piacente ieri ha avvisato che “bisogna essere chiari e leali, ci sono le ipotesi più datate di omissione di atti d’ufficio e dei falsi che sicuramente andranno in prescrizione da ottobre 2023”. Ha detto Piacente, aggiungendo che “gli imputati possono anche rinunciare alla prescrizione e optare per un accertamento giudiziario”.

La prescrizione è l’incombente pericolo che minaccia la verità. Nello stesso giorno il ministro alla Giustizia Nordio avvisa che la prescrizione verrà riportata “nell’ambito del diritto sostanziale, come causa di estinzione del reato e non di improcedibilità”. Potremmo dire che Giorgia Meloni ieri si è augurata che i famigliari delle vittime del ponte di Genova non abbiano la disgrazia di imbattersi in un governo che sostiene idee come quello che guida. Il tutto con un po’ di commozione.

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Boom di suicidi in carcere, Nordio li paragona al gerarca nazista Göring

Se fosse vero l’adagio di Voltaire secondo il quale “la civiltà di un Paese è data dalle condizioni delle sue carceri”, saremmo un Paese incivile senza possibilità di redenzione. Se a questo aggiungiamo un ministro della Giustizia, Carlo Nordio, incapace di esprimere anche il cordoglio minimo, allora siamo pure un Paese buio.

Negli ultimi giorni, come accade ciclicamente, si è tornato a parlare del binomio carcere-morte. Susan John è morta di fame e di sete. Era in carcere da febbraio, accusata di spaccio. Le carceri italiane sono zeppe di ladri di polli mentre i poteri criminali si possono permettere di lambire le pene. Aveva 42 anni, due figli, il più piccolo di 4 anni e per venti giorni (20!) si è rifiutata di mangiare e di bere e lo Stato italiano non se n’è accorto.

La morte di Susan John era evitabile. Dal carcere si giustificano dicendo che la donna avrebbe rifiutato il ricovero in ospedale. Nessuno dei garanti però era stato informato e forse se fossero stati mobilitati gli psicologi, gli educatori o i volontari sarebbe stato più facile comprendere e risolvere le motivazioni di quel gesto.

Carcere, il cinismo disumano di Nordio

Nel carcere di Torino è volato il ministro Carlo Nordio, con il piglio che s’è dipinto addosso, duro e decisionista. La preoccupazione primaria del ministro è stata quella di assicurarsi che Susan John non ce l’avesse “con il governo”.

Ha detto che le circostanze e la ragione della morte sono “dettagli tecnici” che non ha approfondito, sfoderando un cinismo disumano che aizzerebbe una rivolta popolare se questo Paese non fosse narcotizzato dalla vendetta e dal dolore.

Poi ha paragonato la morte della detenuta al suicidio di Hermann Göring, il gerarca nazista delle SS che inghiottì una capsula di cianuro durante il processo di Norimberga. Il suicidio di un gerarca nazista paragonato allo strazio di una donna sfibrata dalla fame e dalla sete perché voleva vedere il figlio è il punto più basso di un ministro che avrebbe voluto essere l’idolo del garantismo. L’orrore non sembra fare rumore.

Anche nelle minoranza, esclusi i soliti, avventurarsi a parlare di carcere viene considerato sconveniente: i nostri carcerati non portano voti, non gestiscono poteri, non hanno amicizie importanti. Di solito quelli stanno tutti fuori.

Il presidente dell’associazione Antigone, Patrizio Gonella, prova a tenere il punto: “Il Ministro Nordio, in visita al carcere di Torino dopo la morte di due donne detenute nell’istituto di pena, avvenuta nella giornata di ieri, – scrive Gonnella – è tornato a proporre alcune soluzioni che da tempo sia lui che altri non esponenti del governo avevano avanzato. In particolare il Ministro ha parlato ancora una volta di edilizia penitenziaria e, ancora una volta, va ribadito che non servono più carceri, ma servono carceri piene di attività e attenzione per le persone detenute. Oggi in tutte le strutture si registrano assenze di personale: dai direttori, agli agenti penitenziari, agli educatori, fino a medici, psicologi, psichiatri, mediatori culturali. In questo modo chi è in servizio fa fatica e le persone detenute non possono ricevere le attenzioni che richiederebbero e nei tempi certi che meriterebbero”.

Le celle infernali

Con l’arrivo dell’estate si moltiplicano i suicidi in carcere. Il caldo è uno dei fattori che impattano maggiormente sulla qualità della vita negli istituti penitenziari, qualità della vita già non elevata neanche negli altri periodi dell’anno. A questo si aggiunge poi la chiusura di molte attività e quindi una situazione di ulteriore e sostanziale isolamento. Al prossimo morto potremo semplicemente dirci che “è successo anche a Göring”. Che qui avrebbe potuto diventare sottosegretario.

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Meloni a rotative unificate: altre balle sul salario minimo

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni deve essersi accorta che ogni tanto fingere di rilasciare un’intervista, abbandonando i video preconfezionati sui social e i suoi “punti stampa” senza stampa rimane una buona idea. Ha deciso quindi di farsi intervistare contemporaneamente da La Stampa, Repubblica e Corriere della Sera per provare a recuperare il tempo perso. L’effetto straniante è di un’apparizione a giornali unificati. Ci sta, è nella sua natura.

Meloni a ruota libera

Inevitabile è il passaggio sul salario minimo, l’unico colpo finora messo a segno da un’opposizione in ordine sparso che su un punto comune sta mettendo in crisi il governo. La raccolta firme sulla piattaforma online salariominimosubito.it per sostenere la rapida approvazione della proposta unitaria firmata da Alleanza Verdi e Sinistra, Azione, Movimento 5 stelle, Partito democratico e Più Europa sta già facendo il pieno. “Metti la tua firma a supporto di una retribuzione giusta e per il salario minimo!”, si legge nel titolo della raccolta firme.

Nel testo i promotori ricordano l’articolo 36 della Costituzione, che dice “che chi lavora ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”, e il contenuto della proposta di legge unitaria delle opposizioni, ad eccezione di Italia Viva, che prevede che nessun lavoratore possa ricevere una retribuzione oraria inferiore ai 9 euro all’ora.. Il sito poche ore dopo il lancio della petizione, è andato in tilt “per i troppi accessi”, secondo quanto riferiscono i promotori (sarebbero 100mila circa le firme raccolte in sole 24 ore).

Anche ieri durante la giornata ha subito diverse interruzioni. Che dice Giorgia Meloni? “L’opposizione vuole fare politica invece che affrontare davvero la questione. Loro sono consapevoli del fatto che il salario minimo non risolve il problema del lavoro povero ma ti dicono che siccome hanno iniziato una raccolta di firme la portano avanti”, dice nella sua intervista. È la solita strategia del vittimismo: se l’opposizione si oppone il governo ci vede un sabotaggio. Alla presidente del Consiglio non basta che l’opposizione le abbia sottoposto una proposta unitaria, vorrebbe che scrivessero la sua proposta.

Solo che la proposta del governo non c’è. “Io il mandato al Cnel lo do lo stesso”, dice Giorgia Meloni, passando la palla a Brunetta per ingolfare la risposta. Il Cnel come nuova “terza camera” del Parlamento, pur di riuscire a rimandare. Ma il governo non potrà rimandare i numeri. Le previsioni dell’Ocse di un paio di mesi fa dicono che che la crescita del Pil rallenterà in Italia dal 3,8% del 2022 all’1,2% quest’anno, all’1% nel 2024. La colpa per l’Ocse, è dell’inflazione, che sta erodendo i redditi reali a causa della modesta crescita salariale e delle condizioni finanziarie si stanno inasprendo.

Carta canta

Quei dati tra l’altro non tenevano conto di una stagione turistica al di sotto delle aspettative che inciderà sensibilmente al ribasso. Tre punti percentuali sono legati ai progetti del Pnrr che il governo ha perso strada facendo. Da Palazzo Chigi assicurano che saranno tutti recuperati ma i numeri, si sa, non reagiscono alle promesse. Dal prossimo anno poi le leggi di bilancio torneranno a essere vagliate dalla Commissione europea, dopo la deroga per la pandemia. Si tornerà quindi a trattare con l’Unione europea per ogni decimale di spesa. Così il dubbio che quei 3 miliardi previsti (e già ribassati) dalla tassa sugli extraprofitti delle banche servano per mettere una pezza a una situazione che non è esattamente come la raccontano. Per scoprirlo basterà attendere.

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Tre indizi per fare una prova

Il vice presidente del Senato e senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri l’altro ieri se l’è presa prima con il sindacato di giornalisti Usigrai scrivendo: “Da buoni stalinisti voi di @USIGRai non tollerate le critiche di @ElPluralismoRai e mi insultate mentre scappate come coniglietti dalle mie domande. Fate minaccette ridicole per difendere @vditrapani e chi ha fatto operazioni vietate. Noi sappiamo tutto.Anche di più. Fate ridere”.

Poi se l’è presa con il presidente dell Federazione nazionale della Stampa italiana Vittorio Di Trapani scrivendo: “Allora era #ditrapani! Infatti tale @vditrapani invece di rispondere delle vicende che lo riguardano la butta in confusione. Il polverone patetico evoca tragedie estranee alle furbate sulle quali non gli daremo tregua. Si rassegni. Più scappa più lo inseguiremo”.

Poi ha risposto a un giornalista di RaiNews scrivendo: “Li so i particolari. Non li illustro a suo beneficio. Attento a dove parcheggia. È circondato da invidiosi. Che volevano il suo posto auto”.

Gasparri per ora è protetto dall’immunità parlamentare che tra i suoi aspetti negativi ha quello di dover sopportare linguaggi di persone che non risponderanno dei loro atteggiamenti. Ma, pensateci bene, che nome ha questo atteggiamento?

Buon martedì.

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«Maestà, il popolo ha fame». «Dategli le vacanze»

Ieri la ministra al Turismo Daniela Santanchè ha assestato un colpo alla propaganda di governo producendo un video che la ritrae in Versilia, lì dove ha cofondato lo stabilimento Twiga da 600 euro al giorno e di cui ha venduto le quote al compagno per non avere “conflitto di interessi”. «Oggi», ha detto, «mi auguro che tutti possiate passare una giornata serena e di spensieratezza. Vi faccio veramente tanti auguri e vi dico che il governo sta lavorando per avere tutte le offerte turistiche, perché tutti devono poter fare le vacanze», ha detto in un video, in cui alle sue spalle si vedono decine di persone in piscina. E poi: «Auguro buon Ferragosto anche a coloro che magari quest’anno le vacanze non le hanno fatte. Li voglio rassicurare, perché il governo sta lavorando perché le vacanze devono essere accessibili a tutti e perché bisogna lavorare sulla destagionalizzazione».

Il video (finito al telegiornale della televisione pubblica, come notizia) conferma alcuni aspetti di questo governo. Il primo, più evidente, è che i ministri intendono il proprio ruolo come influencer del proprio settore. Più del “fare” ritengono indispensabile “dire” e “fare parlare”, come se il ministero di cui si occupano sia semplicemente il momentaneo cliente da soddisfare. Ne esce un’accozzaglia in cui uno dice che «l’agricoltura salverà l’economia italiana», questa dice che «l’industria del turismo deve essere la prima della nazione», quell’altro che «solo le infrastrutture potranno fare ripartire il Paese». Piazzisti in contraddizione tra loro.

L’egoismo con cui esercitano il proprio ruolo produce in loro la preoccupazione che i (pochi) soldi a disposizione degli italiani finiscano nelle casse del proprio settore. Il coro della squadra completa che indichi come rendere dignitosa la vita degli italiani è un aspetto secondario. Quindi “le vacanze sono un diritto”, “i prodotti italiani sulle tavole degli italiani a Ferragosto” è un diritto, “attraversare il ponte di Messina è un diritto”, “non avere come vicini di casa una coppia gay con figli è un diritto”, “negare i neri che potresti ritrovare per strada è un diritto”, “che gli attivisti ambientali protestino con le buone maniere è un diritto” e così via. Il salario minimo e la sussistenza dei poveri no.

Buon mercoledì.

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La propaganda non va mai in ferie

Nel giorno di Ferragosto la ministra del Turismo Daniela Santanchè ha assestato un colpo alla propaganda di governo producendo un video che la ritrae in Versilia, lì dove ha cofondato lo stabilimento Twiga da 600 euro al giorno e di cui ha venduto le quote al compagno per non avere (!) conflitti di interessi. “Mi auguro che tutti possiate passare una giornata serena e di spensieratezza. Vi faccio veramente tanti auguri e vi dico che il governo sta lavorando per avere tutte le offerte turistiche, perché tutti devono poter fare le vacanze”, ha detto in un video, in cui alle sue spalle si vedono decine di persone in piscina.

“Auguro buon Ferragosto anche a coloro che magari quest’anno le vacanze non le hanno fatte – ha aggiunto -. Li voglio rassicurare, perché il governo sta lavorando perché le vacanze devono essere accessibili a tutti e perché bisogna lavorare sulla destagionalizzazione”. Il video (finito al telegiornale della televisione pubblica, come notizia) conferma alcuni aspetti di questo governo. Il primo, più evidente, è che i ministri intendono il proprio ruolo come influencer del proprio settore. Più del “fare” ritengono indispensabile “dire” e “fare parlare”, come se il ministero di cui si occupano sia semplicemente il momentaneo cliente da soddisfare.

Ne esce un’accozzaglia in cui uno dice che “l’agricoltura salverà l’economia italiana”, un altro che “l’industria del turismo deve essere la prima della nazione” e altri ancora che “solo le infrastrutture potranno fare ripartire il Paese”. Piazzisti in contraddizione tra loro. L’egoismo con cui esercitano il proprio ruolo produce in loro la preoccupazione che i (pochi) soldi a disposizione degli italiani finiscano nelle casse del proprio settore. Il coro della squadra completa che indichi come rendere dignitosa la vita degli italiani è un aspetto secondario.

Quindi “le vacanze sono un diritto”, come lo sono “i prodotti italiani sulle tavole degli italiani a Ferragosto”, “attraversare il ponte di Messina”, “non avere come vicini di casa una coppia gay con figli” o “che gli attivisti ambientali protestino con le buone maniere è un diritto”. Buone vacanze. Per chi può permettersele.

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Cronaca di un fallimento annunciato

Hanno passato l’intera campagna elettorale urlando “chiudere i porti!” quando anche un bambino sa che i porti non si possono chiudere, i mari non si possono fortificare e soprattutto il diritto internazionale non concede il lusso di poter agevolare l’annegamento o il congelamento dei disperati.

Vinte le elezioni con quel motto cretino hanno pensato di replicare il “modello Libia” regalato da quella sedicente sinistra capeggiata dall’ex ministro Minniti con la Tunisia. Baci, abbracci, sorrisi, fotografie e soldi. Come sia andata lo racconta il ricercatore dell’Ispi Matteo Villa: «Nelle quattro settimane precedenti il memorandum Ue-Tunisia, gli sbarchi dalla Tunisia in Italia erano stati 16.507. Nelle quattro settimane successive 17.592».

A questo punto il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ci ha spiegato che il “record di sbarchi” è dovuto alle difficili condizioni della Tunisia. Il sottotesto è semplice: Saied vuole più soldi per fare di più il cattivo. Ma gli sbarchi aumentano anche dalla Libia: nei primi sette mesi del 2022 dalla Libia erano arrivate 22.787 persone. Nello stesso periodo dell’anno in corso 30.075. L’aumento è del 32%. E quindi? Quindi come racconta il giornalista di Radio Radicale Sergio Scandura l’Italia ha spedito due motovedette nuove di zecca ai libici per accalappiare più disperati in mezzo al mare.

Nel frattempo Piantedosi su mandato del governo ha provato in tutti i modi a ostacolare le navi delle Ong. Risultato? La Guardia costiera italiana ora è costretta a chiedere aiuto alle Ong per le operazioni di salvataggio. Un capolavoro di inettitudine che può essere superato dalla cretineria di un’opposizione che accusi il governo sullo stesso bestiale piano, ovvero sui “troppi arrivi”. Per non farci mancare niente abbiamo avuto anche questo.

Buon giovedì.

Nella foto: incontro di Giorgia Meloni con il presidente Saied, Tunisi, 11 giugno 2023 (governo.it)

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