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La flottiglia è pronta a riscrivere la Storia. Chissà cos’altro serva per accorgersene

Gli stessi che ripetevano che sulle ombre della ministra Santanchè può parlare solo la magistratura da due giorni strepitano perché la magistratura non ha scritto la storia della strage alla stazione di Bologna come piace a loro.

Lo spessore della nuova classe dirigente si misura in base agli estremi, più che sui saperi

Capofila della schiera è Marcello De Angelis, eclettico pensatore di riferimento della destra peggiore di sempre che ora governa, condannato a 5 anni e mezzo di reclusione, per associazione sovversiva e banda armata. Fondatore del gruppo musicale 270bis il cui nome è tratto dall’articolo del codice penale riguardante associazioni con finalità di terrorismo. E, poiché sono tempi bui, responsabile comunicazione della Regione Lazio perché lo spessore di questa classe dirigente si misura in base agli estremi, più che sui saperi.

De Angelis ha dapprima detto di sapere “per certo che con la strage di Bologna non c’entrano nulla Fioravanti, Mambro e Ciavardini”. Dice De Angelis che lo sanno tutti, tranne evidentemente i famigliari delle vittime, il Capo dello Stato, i giudici che hanno scritto le sentenze e qualche milione di italiani che ancora resiste alla riscrittura della Storia.

Non ci dice chi è stato, questo no: oltre lo sforzo nel negare non riescono ad andare. Quando viene ovviamente sbertucciato per la cretinata detta però insiste: dice di avere il diritto di sparare cazzate sulla pelle dei morti. Lo rivendica. Lo “squillo di tromba” – come lo chiama Pier Luigi Bersani – di Giorgia Meloni non è rimasto inascoltato. La flottiglia è pronta a riscrivere la Storia. Chissà cos’altro serva per accorgersene.

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Come va il “piano Mattei”?

Come va il “piano Mattei”? Che cambia nei rapporti con la Tunisia

Due naufragi sono avvenuti nelle ultime ore al largo di Lampedusa, con un bilancio provvisorio e ufficioso che parla di almeno una trentina di dispersi. Nella serata di sabato sull’isola erano sbarcati 57 migranti e due cadaveri, una donna ed un bambino ivoriani, ripescati dalle motovedette della Guardia costiera. Proprio ascoltando i racconti dei superstiti i mediatori dell’Oim hanno potuto ricostruire che le barche colate a picco sarebbero due: la prima carretta partita da Sfax, in Tunisia, aveva a bordo 48 migranti, 45 dei quali sono stati salvati. Stando ai loro racconti vi sarebbero 3 dispersi. Sul secondo natante, anch’esso partito da Sfax, c’erano invece 42 subsahariani, 14 dei quali recuperati: i dispersi dovrebbero essere dunque 28. Come riferisce l’Ansa, gli investigatori della Squadra Mobile della Questura di Agrigento cercheranno di sentire nuovamente i sopravvissuti, 47 uomini e 10 donne, tutti sotto choc, per cercare di ricostruire cosa sia accaduto.

Sono i danni collaterali della nuova amicizia dell’Italia e dell’Unione europea con il presidente tunisino Kaïs Saïed. Intanto sul sito dell’Agenzia europea per il controllo delle frontiere appare l’annuncio per “il reclutamento di agenti della guardia di frontiera e costiera dell’Ue”. L’agenzia prevede di ingaggiare circa 440 nuovi funzionari nel 2024 tra chi ha avuto esperienze nelle forze dell’ordine o nell’esercito dei diversi stati membri. Nuove assunzioni rese possibili grazie a un budget che non è mai stato così alto per Frontex. In questo 2023 Bruxelles ha messo a disposizione più di 845 milioni di euro, soldi che provengono dal bilancio dell’Ue e da altri contributi degli stati Schengen. Soldi che vengono spesi in gran parte per la gestione del personale e per l’acquisto di attrezzature (180 milioni) per rafforzare la sorveglianza delle frontiere. Sul totale del budget i soldi messi a bilancio per il rispetto dei diritti umani (ovvero per occuparsi di salvare vite) sono 2 milioni di euro.

Si impegnano a cambiare la narrazione ma la realtà mortifera rimane lì. Indifferente al tentativo di piegare la realtà.

Buon lunedì.

Nella foto: frame del video del salvataggio della Guardia costiera, 6 agosto 2023 (Youtube Avvenire)

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Dalla certezza al dubbio. Altro che Giordano Bruno

No, non ha fatto come Giordano Bruno. Il prode Marcello De Angelis, dopo avere provato a essere l’avanguardia del revisionismo di questa destra non ha scelto il rogo che voleva “orgogliosamente” affrontare ma ha preferito chiedere banalmente scusa. Il portavoce del presidente della Regione Lazio in sole 24 ore è passato dall’“assoluta certezza” a “l’unica mia certezza è il dubbio”.

Marcello De Angelis, orgoglio dell’estrema destra, in 24 ore ha cambiato versione e ha chiesto banalmente scusa

Ieri sapeva esattamente chi fossero i responsabili della strage alla stazione di Bologna e oggi socraticamente sa solo di non sapere. Ieri scriveva “non è un’opinione: io lo so con assoluta certezza. E in realtà lo sanno tutti: giornalisti, magistrati e “cariche istituzionali“. E se io dico la verità, loro, ahimè, mentono” e oggi ci dice di “avere il massimo rispetto” per il Presidente della Repubblica “così come per tutte le cariche dello Stato”. Non è un problema umiliarsi dopo essere stato sculacciato.

L’operazione comunque ha funzionato. Sulla sua pagina Facebook i suoi seguaci lo ringraziano “in nome della Verità” (quale delle due pronunciate in poche ore?) e se la prendono con “l’antifascismo manettaro”. “Onore a te ma mai chiedere scusa agli sciacalli”, scrive Giovanna. “Ti amiamo Marcello De Angelis in nome della Verità, nei nostri cuori. Continua così, Grazie! I Camerati”.

L’importante era scoccare la scintilla, l’operazione è comunque riuscita. Marcello De Angelis non è il nuovo Giordano Bruno. Quello per sfidare i dogmi ha rinunciato alla sua vita, questo ha rinunciato alle sue certezze e si è tenuto perfino lo stipendio.

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Balle di fine stagione sul Reddito di cittadinanza

Il primo dato è che non esistono i dati. Troppo poco il tempo passato dagli orribili sms che hanno lasciato senza Reddito di cittadinanza quasi 170mila persone. La foga con cui Federconsumatori e alcuni giornali hanno sostenuto che la maggior parte dei lavoratori stagionali in questa estate saranno ex percettori del Reddito di cittadinanza non ha al momento nessun riscontro fattuale.

Ma i fatti, nel campo della retorica del lavoro e del merito e della guerra contro i poveri, sono un elemento poco considerati. L’anno scorso abbiamo subito gli stessi allarmi, per di più con il Reddito di cittadinanza ancora attivo, e i dati dell’Osservatorio sul precariato dell’Inps certificarono il record di assunzioni di lavoratori stagionali: 1.018.089, circa 94mila in più del 2021.

Federconsumatori e alcuni giornali sostengono che la maggior parte dei lavoratori stagionali saranno ex percettori del Reddito di cittadinanza

Numeri enormemente superiori ai 655 mila del 2018, quando il Reddito di cittadinanza non esisteva e la litania era concentrata sui giovani che non hanno voglia di lavorare. Un altro elemento di cui alcuni giornali sembrano non preoccuparsi è la formazione. Presumendo pure che esista una frotta di ex percettori del Reddito di cittadinanza che ora si riversa a cercare lavoro nessuno di questi ha il tempo per svolgere un percorso di formazione a stagione pienamente in corso. “Le figure che stanno arrivando sono soprattutto lavapiatti e aiuto in cucina. Ma mancano soprattutto le figure professionali”, spiega Giovanni Cafagna, presidente dell’Associazione nazionale lavoratori stagionali.

Il problema vero che molti si ostinano a non voler vedere sono le indecenti condizioni proposte, la precarietà di un impiego che dura al massimo due o tre mesi per poi affidarsi comunque ai sussidi e il salario da fame proposto. A pesare quest’anno è anche la congiuntura economica. Le vacanze degli italiani quest’anno saranno non solo più costose, ma anche più corte, e pur tagliando le notti fuori casa la spesa per la villeggiatura risulterà più cara rispetto all’anno passato di ben 1,2 miliardi di euro.

La formazione non è mai partita. E a stagione iniziata si trovano solo impieghi a paghe da fame

Ieri Assoutenti ha parlato senza mezzi termine di “caro-estate”. “I fortissimi rincari dei prezzi nel settore dei trasporto aereo, degli alloggi e dei pacchetti vacanza modificano profondamente le abitudini vacanziere degli italiani – spiega il presidente Furio Truzzi – A luglio, rispetto allo stesso periodo del 2022, i prezzi dei biglietti per i voli nazionali sono rincarati del 26%, le tariffe di alberghi, motel e pensioni del +17,4%, i pacchetti vacanza del +17%, ristoranti e bar del +6,1%. Se da un lato rimane stabile rispetto al 2022 il numero di cittadini che si concederà una villeggiatura nel periodo estivo, dall’altro la tendenza è quella a tagliare la spesa attraverso una riduzione dei giorni di vacanza”.

Federalberghi nei giorni scorsi ha spiegato come il 42% degli italiani quest’anno non andrà in vacanza questa estate tra giugno e settembre. Quasi la metà non partirà per ragioni economiche. Emilia Romagna, Marche, Calabria, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna hanno registrato una diminuzione del turismo sul 2022 tra il 15% e il 25%. I rincari (tra il 10 e il 20% secondo Federalberghi) delle strutture e dei servizi non ha aiutato la causa.

Il cambiamento climatico (con l’alluvione in Romagna e e le alte temperature dovute a “Caronte”) ha fatto il resto. “L’anno dei record” che avrebbe dovuto superare i risultati dell’epoca pre Covid sbandierato dalla ministra Santanchè non è all’orizzonte. Non sarà facile incolpare gli ex percettori del Reddito di cittadinanza o qualche battuta di qualche ministro straniero.

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La nave dei folli

Hieronymus Bosch nel 1494 circa dipinse il quadro La nave dei folli. Il dipinto racconta il pellegrinaggio di un gruppo di folli che viaggiano per mare senza alcuna meta. Su quella nave vengono caricati i matti, i diseredati di cui ci si deve liberare. Coloro che non rientrano negli schemi della ragione collettiva devono restare in balia del mare. Sono destinati a una vita errante, senza patria, senza terra ferma. Fatta di niente se non di un interminabile vagare.

Nel 2023 nel Regno Unito il governo Sunak, incapace di gestire gli arrivi ha pensato a una soluzione simile, cominciando a stipare gli immigrati in attesa di verdetto sulla richiesta d’asilo su un’enorme chiatta lunga quasi cento metri che potrà ospitare fino a 500 persone, tutti maschi adulti. Dice Suniak che non saranno detenuti, perché saranno liberi di andare e venire. Dove si possa andare e dove si possa venie in una nave in mezzo al mare è un segreto che il governo britannico non s’è preso la briga di raccontare.

Il passaggio della legge in Parlamento è stato accolto con parole durissime dalle Nazioni Unite, che l’hanno definita «una violazione della legalità internazionale». In un comunicato congiunto, il responsabile Onu per i diritti umani, Volker Turk, e quello per i rifugiati, Filippo Grandi, hanno lamentato che la nuova legge «avrà profonde conseguenze per le persone che necessitano di protezione internazionale». «Questa nuova legislazione erode in maniera significativa la cornice legale che ha protetto così tante persone ed espone i rifugiati a gravi rischi», hanno detto.

Quelli che non ci staranno sulla barca verranno smistati in siti militari. Un’altra ipotesi è di portare migliaia di persone (non illegali, ricordiamolo, ma in attesa di valutazione della richiesta d’asilo) su un’isola sperduta tra costa africana (1.600 chilometri) e costa sudamericana (2.300 chilometri), l’Isola dell’Ascensione, nell’amministrazione di Sant’Elena di napoleonica memoria.

Forse i naufraghi in questo tempo sono sulla terraferma.

Buon martedì.

In foto Bosch, la nave dei folli, 1495

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Sbarchi, Mes, alleanze europee… Nel Centrodestra è guerra su tutto

Ieri è toccato al senatore Gasparri caricarsi sulle spalle il suo partito, Forza Italia, e sferrare l’attacco a Fratelli d’Italia, alleati al governo ma sempre utili da logorare. L’attacco è sul caso De Angelis ma il messaggio è anche altro. Ciò che conta è che Giorgia Meloni si ricordi, rintuzzata ogni giorno, che la maggioranza tiene se i patti e la distribuzione delle prebende va rispettata. Lo scontro sul comunicatore assunto in Regione Lazio dal presidente Rocca è l’ennesima crepa all’interno dei partiti che sostengono il governo. Fa notizia perché si spalma sull’attualità di queste ore ma i problemi tra Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia sono altri molto più consistenti.

Non solo le polemiche sul caso De Angelis. Ormai i colpi bassi nella coalizione che sostiene il governo Meloni non si contano più

Matteo Salvini, nonostante le foto con Giorgia Meloni e consorti, sta aspettando solo il momento più opportuno per attaccare il ministro Piantedosi (e quindi Meloni) sugli sbarchi che non accennano a diminuire. In via Bellerio, nella sede della Lega, tutti sanno che Salvini si tiene l’asso nella manica in attesa del momento più opportuno. Che il leghista soffra il ruolo di secondo piano da ministro alle Infrastrutture è risaputo. Salvini attende i risultati delle elezioni europee dell’anno prossimo covando la speranza di tornare ai fasti di un tempo.

A quel punto la differenza di visioni sulla gestione dell’immigrazione sarà lo spunto a cui Meloni non si potrà sottrarre, magari in previsione di un rimpasto di governo che nei corridoi del Parlamento viene dato come inevitabile nel 2024. Al rientro dalle vacanze, pesante come un macigno, la ratifica non più rinviabile sul Mes, il fondo alimentato dagli Stati membri della Ue (l’Italia per 14 miliardi) per far fronte alle crisi bancarie.

Salvini all’attacco sui migranti, Tajani spinge sul Mes

Meloni anche a giugno ha ribadito la sua contrarietà ma la presidente del Consiglio è ben consapevole di essere incastrata in dinamiche europee che potrebbero avere più peso del suo parere. Sempre a proposito del sovranismo di facciata. Pesa come un macigno lo sgambetto fattole dal Mef guidato dal leghista Giancarlo Giorgetti che a Montecitorio ha recapitato un parere in cui si dice che la ratifica del Mes presenta alla fine più vantaggi che svantaggi.

“Avanti così e torniamo a contarci al voto”, disse Meloni ai suoi collaboratori prima del rinvio del Consiglio dei ministri di fine giugno. Contrari si dicono anche dalle parti della Lega (quindi in opposizione al loro ministro Giorgetti) mentre da Bruxelles danno per scontata la ratifica. Forza Italia in questo caso non ha bisogno di mandare in avanscoperta il Gasparri di turno. “Sarà approvato”, continuano a ripetere i berlusconiani pregustando l’incasso di una vittoria politica senza muovere un dito. In autunno sanno ancora più evidenti le crepe della maggioranza proiettata in Europa.

La proposta del leader leghista di stringere in Europa un’alleanza affine a quella che governa l’Italia, mettendo insieme il Ppe, i Conservatori di Meloni e il suo eurogruppo Identità e Democrazia, non è stata una semplice frecciata. È il prodromo di una bomba. Mentre Tajani ha risposto duramente (“Per noi è impossibile qualsiasi accordo con AfD e con il partito della signora Le Pen. Saremmo lieti di avere la Lega parte di una maggioranza, ma senza Le Pen e AfD”) dalle parti di Fratelli d’Italia nessuno ha proferito parola.

Poi c’è la grana del Pnrr (il leghista Fedriga ha contestato le modalità e i tempi con cui il governo ha preso le sue scelte) e sul Reddito di cittadinanza la freddezza di Lega e Forza Italia (che esprime quattro governatori al Sud), i quali avrebbero gradito un passaggio più soft per attutire le proteste degli ormai ex percettori del reddito. Si dicono compatti. Su cosa è tutto da capire.

 

Leggi anche: Una zavorra da 30 miliardi per il governo. Per Meloni è già allarme manovra: i soldi non ci sono, a rischio le misure su stipendi, pensioni e contratti

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Taxi gratis agli ubriachi. Dal ministro del Mojito

Qualche giorno fa il ministro Matteo Salvini ha avuto la brillante idea di pagare i taxi agli ubriachi dopo una serata in discoteca. Il “mi porti a casa” di cittadinanza è secondo Salvini “un’iniziativa giusta e sicura perché riduce il rischio di incidenti stradali”. Gli deve essere sfuggito che esista già una legge scritta da chi è convinto che per “ridurre gli incidenti stradali” si dovrebbe evitare di sbronzarsi, più banalmente.

Il ministro Salvini ha avuto la brillante idea di pagare i taxi agli ubriachi dopo una serata in discoteca

“I ragazzi approvano”, dice Salvini. Ci crediamo: lo Stato che premia gli spericolati è il sogno di qualsiasi adolescente o adulto mai diventato adulto. Salvini è da sempre il loro alfiere. La storia poi si infittisce perché si scopre che l’idea non è sgorgata dalla fantasia vivace di Matto Salvini ma gli sarebbe stata suggerita. Normale, si potrebbe pensare, ogni politico che si rispetti ha intorno dei preparati consiglieri.

Chi è l’ispiratrice di Salvini? Una certa Nikita Pelizon, ex concorrente del Grande Fratello vip, che scrive sui suoi social: “È ufficiale, è stata approvata la mia idea riguardo la sicurezza stradale, discussa durante il tavolo governativo”. Peccato non avere avuto il privilegio di assistere all’incontro tra Pelizon e Salvini, mentre decidevano come salvare il Paese.

Ma l’ex vincitrice del GF fa di più, spiegandoci il senso dell’iniziativa: “Dopo due anni che i locali sono stati chiusi limitare l’utilizzo d’alcool di cui comunque il mondo della notte va avanti […] era anche questo da tenere in considerazione”, scrive su Twitter. Sì, avete letto bene: l’hanno fatto per tutelare il Mojito. Con i taxi.

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Povere banche

C’è un mondo in subbuglio tra destrorsi e liberali italiani per la decisione del governo di tassare gli extraprofitti delle banche e aiutare gli italiani in difficoltà. La scena d’inizio agosto è un regalo che smaschera un “mondo di mezzo” che da mesi difendeva uno dei peggiori governi repubblicani convinti che “val bene un po’ di fascismo se vengono comunque difesi gli interessi giusti”.

Ripetono in ogni dove che Giorgia Meloni e Matteo Salvini siano la reincarnazione del comunismo più becero. Scrivono dappertutto, senza un minimo di vergogna, che le povere banche ora si ritrovano nella difficile situazione di essere diventate all’improvviso vittime del “pizzo di Stato”. Se vi capita di leggerli potete scorgere la sicumera con cui condannano gli sprovveduti che “hanno scelto il tasso variabile”, fingendo di non sapere che sia l’unica condizione di mutuo che viene concessa a chi non ha beni ereditati dalla nonna o da chi ha uno dei contratti farlocche che quello stesso mondo ha salutato con grande fervore.

In queste stesse ore risorge anche un altro mito: la competitività. Dicono le banche che non esiste competitività nel loro settore a causa della tassa improvvisa voluta dallo Stato. Strano che lo stesso lamento non si sia levato quando lo Stato sia intervenuto al contrario, per salvarle. Qui esce l’ipocrisia: certo mondo liberale italiano è composto da imprenditori che vogliono lo Stato quando si tratta di ripianare i debiti o quando si tratta di pagare i giornali che altrimenti non starebbero sul mercato. Sono liberali così: si dividono le perdite ma non si possono toccare i profitti.

Sono loro i veri sovranisti, ancor peggio di Meloni e Salvini. Solo che la loro patria è il cortile della loro fabbrichetta che va lasciata in pace. Osservarli mentre impazziscono perché vedono socialismo dappertutto è una scena che ci meritavamo, in questo agosto.

Buon mercoledì.

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Il Jobs Act fu un flop. Ma il Matteo giornalista loda il Renzi politico

Matteo Renzi, non il senatore fiorentino proprietario di Italia Viva e nemmeno il conferenziere pagato dalla dittatura araba di Mohammed bin Salman, ma il direttore del quotidiano Il Riformista che aveva solennemente giurato che non avrebbe confuso il piano giornalistico con il piano politico, ieri ha scritto un editoriale per celebrare una riforma del Matteo Renzi, non quello di oggi ma il politico che era nel Pd e diceva “non è di sinistra fare piccoli partiti che non vinceranno mai”.

Renzi ha scritto un editoriale per il Riformista in cui celebra una riforma del Matteo Renzi, non quello di oggi ma il politico che era nel Pd

L’ha scritto per farci sapere che “ finché la sinistra non farà i conti con il Jobs Act non sarà mai credibile nel pronunciare la parola “lavoro”. “Ci è stata costruita addosso – scrive il Renzi editorialista leccando il Renzi politico – una narrazione populista: siamo stati dipinti come quelli che non vogliono il lavoro stabile e ben pagato ma che hanno permesso l’occupazione precaria e lo sfruttamento. La più grande panzana della storia politica italiana recente assieme all’abolizione della povertà per decreto”.

Secondo il leader di Italia Viva se il lavoro “è profondamente cambiato, in Italia e nel mondo”, “non lo abbiamo deciso noi”. Come dire: la precarietà sarebbe arrivata comunque noi semplicemente abbiamo agevolato il suo ingresso trionfante nel mercato del lavoro italiano. Non contento poi il direttore de Il Riformista rivendica anche i famosi “80 euro”. Del resto Renzi è colui che odia i sussidi ma ama follemente le mancette.

“Ma la sinistra estremista – scrive Renzi – ha capito che l’unico modo per sconfiggere il riformismo era mettere in circolo bugie e fake news, aggressioni personali sui social e nelle piazze e narrazioni strappalacrime contro gli sfruttatori. Il Jobs Act è diventato il nemico da abbattere. Il totem da bruciare. Lo scalpo da ottenere. Fateci caso: chi attacca il Jobs Act non ha la minima idea dei numeri del Jobs Act”. Perché Matteo Renzi in un assolato pomeriggio di agosto decida di tornare sul Jobs Act, con la malinconia tipica dei ragazzetti mai cresciuti che aspettano la prossima cena di classe non sappiamo.

“Creato un milione di posti di lavoro”. Firmato, il direttore del Riformista

Quello che sappiamo, a proposito di numeri, è che la “crescita dell’occupazione a tempo indeterminato” che seguì la promulgazione della legge delega – e degli otto decreti legislativi che ricadono sotto la denominazione del Jobs Act – fu dovuta soprattutto alla legge di stabilità 2015, che prevedeva la decontribuzione totale, per alcuni anni, per le imprese che assumevano lavoratori con contratti di lavoro stabili. Esauriti quegli incentivi (che mica per niente vennero chiamati “metadone di Stato”) il peso dei contratti a termine è tornato a crescere.

Sappiamo – lo ricordiamo al Renzi giornalista affinché magari lo suggerisca al Renzi politico – che la sentenza 194 della Corte Costituzionale nel 2018 ha di fatto smontato il sistema delle tuteli crescenti che aveva in mente Renzi. Poi nel 2020, la stessa Corte Costituzionale ha censurato il meccanismo di indennizzo per i licenziamenti illegittimi in caso di vizi formali e procedurali.

Poi nel 2021, dichiarando l’incostituzionalità della modifica apportata con la legge Fornero (92/2012) all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori e infine nel 2022 chiedendo al legislatore di modificare la disciplina relativa all’indennità prevista per i licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese.

“Il Jobs Act, quindi ha consolidato le tendenze in corso ampliando la disparità di potere tra datore di lavoro e lavoratore, riportando indietro le lancette della storia fingendo di fare innovazione”: lo scriveva Susanna Camusso il 16 maggio di quest’anno. Sapete dove? Proprio su Il Riformista, quando ancora faceva il giornale.

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Migranti brava gente solo se italiani

Non deve essere facile occuparsi della comunicazione di Giorgia Meloni. Non è un caso che l’ultimo suo portavoce, Mario Sechi, se ne sia andato a gambe levate dopo qualche mese. Ieri la presidente del Consiglio ha dovuto ricordare l’incendio nella miniera di carbone Bois du Cazier di Marcinelle, del 1956, che provocò la morte di 262 minatori di cui 136 gli italiani. “Avevano deciso, con sofferenza e dolore, di abbandonare la Patria per emigrare in Belgio.

Il premier Meloni celebra i minatori morti a Marcinelle. Per lei l’immigrazione è buona soltanto in uscita

Lavorarono duro, con umiltà e dedizione, senza garanzie, in condizioni terribili e ora inimmaginabili. Persero la vita nel buio della miniera, ma la loro luce non si è spenta e risplende nel ricordo e nella riconoscenza tributati loro dalla comunità nazionale”, scrive Meloni nel suo dolente comunicato, spiegando che “Marcinelle è diventata un simbolo, un tassello di quel grande mosaico che è la storia dell’emigrazione italiana, un susseguirsi di enormi sacrifici ma anche di straordinari successi e obiettivi raggiunti. Oggi rendiamo omaggio anche a tutto questo e riscopriamo il legame che ci lega agli italiani all’estero, ambasciatori d’Italia nel mondo col Tricolore nel cuore”.

Ma come? Ma non era Meloni la paladina dei patri confini? Come funziona Valgono solo in uscita Il sottotesto è fin troppo semplice: “Noi sì che eravamo bravi immigrati, non quelli che ci ritroviamo nelle nostre strade”. La realtà però, purtroppo per lei, è molto simile. Come avveniva per gli italiani negli anni ‘50, impiegati nei lavori più umili e pericolosi anche oggi qui in Italia i dati dell’ultimo rapporto della Fondazione Moressa dicono che in Italia tra gli italiani, il 37,5% svolge attività qualificate e tecniche, contro il 7,8% degli stranieri.

Al contrario, i lavoratori non qualificati sono l’8,5% tra gli italiani e il 31,7% tra gli stranieri. Nonostante la concentrazione in fasce medio-basse, i lavoratori immigrati producono 144 miliardi di Valore Aggiunto, dando un contributo al Pil pari al 9%. L’incidenza sul Pil aumenta sensibilmente in Agricoltura (17,9%), Ristorazione (16,9%) ed Edilizia (16,3%). Nel rapporto si legge anche che “continua l’aumento degli imprenditori immigrati, pari al 10% del totale.

I nostri connazionali espatriati costretti a fare i lavori più umili e pericolosi. Al pari di chi oggi arriva nel nostro Paese

In dieci anni (2011-21), gli immigrati sono cresciuti (+31,6%) mentre gli italiani sono diminuiti (-8,6%). Incidenza più alta al Centro-Nord e nei settori di Costruzioni, Commercio e Ristorazione”. Non solo: il saldo tra il gettito fiscale e contributivo (entrate, 28,2 miliardi) e la spesa pubblica per i servizi di welfare (uscite, 26,8 miliardi) rimane attivo per +1,4 miliardi di euro. Gli immigrati, prevalentemente in età lavorativa, hanno infatti un basso impatto sulle principali voci di spesa pubblica come sanità e pensioni.

Spenti certi canali televisivi e chiusi alcuni giornali la realtà del lavoro degli stranieri in Italia è molto diversa dalla narrazione imperante dalle parti del governo. A proposito di realtà che irrompe. Ieri il ministro Tajani, proprio nel giorno della commemorazione di Marcinelle, ne ha approfittato per augurarsi che il Mar Mediterraneo non si trasformi “in una sorta di grande cimitero”. “Queste persone che fuggono molto spesso non vogliono venire in Italia, ma vogliono andare in altri Paesi”, ha detto il ministro durante un’intervista radiofonica.

È lo stesso concetto (inascoltato) che ripetono da anni le Ong, cercando di arginare la falsa retorica dell’invasione. Insomma, basta una giornata in cui si è costretti a ricordare cosa siamo stati per smutandare l propaganda. C’è solo un errore da matita rossa: il Mediterraneo è già un cimitero. Secondo l’Oim, nei primi sei mesi del 2023 sono morti o dispersi circa 1.300 migranti nel tentativo di raggiungere l’Europa attraverso il Mar Mediterraneo: è il dato più alto dal 2017 ed è una sottostima del numero reale.

Leggi anche: Strage di migranti al largo di Lampedusa, morte 41 persone in un naufragio: tra le vittime anche tre bambini, solamente quattro i sopravvissuti

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