Strage nera di Bologna. Meloni se la batte e diserta le celebrazioni
Niente, non ce la fanno. Nemmeno nel giorno della commemorazione, nella punta del dolore e del ricordo per l’orrenda strage alla stazione di Bologna del 2 agosto di 43 anni fa, Giorgia Meloni e i suoi non riescono a chiamarla strage neofascista. Alla presidente del Consiglio tutto ciò che ha a che vedere con il fascismo rimane bloccato in gola, anche se si tratta di atti vili e orrendi che hanno colpito persone innocenti. Meloni decide di non presenziare alla commemorazione bolognese. Un’assenza che si aggiunge a quella nel giorno della commemorazione della morte del magistrato Paolo Borsellino e al mancato omaggio alle vittime della strage di Cutro. La “presidente del popolo” ogni volta che annusa il rischio di stare in mezzo al popolo preferisce ripiegare su altri impegni.
Meloni in fuga come per Borsellino. Pur di non citare la matrice neofascista il premier diserta le commemorazioni per la strage di Bologna
Nella nota di Palazzo Chigi la presidente parla genericamente di “terrorismo”, come se non ci fossero sentenza definitive che a quel terrorismo hanno dato un nome, un cognome e una chiara matrice politica: “Giungere alla verità sulle stragi che hanno segnato l’Italia nel Dopoguerra passa anche dal mettere a disposizione della ricerca storica il più ampio patrimonio documentale e informativo”, scrive Giorgia Meloni. Il primo passo forse sarebbe farsi carico delle verità già accertate. Sarebbe un buon inizio.
Così ieri è risultato perfino più lucido il presidente del Senato Ignazio La Russa che nell’Aula di Palazzo Madama ha ricordato la “definitiva verità giudiziaria che ha attribuito alla matrice neofascista la responsabilità di questa strage”. Il collega della Camera Lorenzo Fontana ha dichiarato: “Quella strage, che sentenze definitive hanno stabilito essere stata di matrice neofascista, rappresenta una delle pagine più buie e dolorose della nostra storia repubblicana”. Anche il suo Guardasigilli, il ministro Carlo Nordio, ha riconosciuto come “in sede giudiziaria è stata accertata la matrice neofascista della strage“, trovando la forza di pronunciare la parola “proibita”.
Molto meloniano è stato invece il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, spedito a Bologna per supplire all’assenza della presidente del Consiglio. Piantedosi durante la cerimonia di commemorazione vagheggia di un “attentato terroristico” dimenticandosene il colore. Come se gli ex Nar Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini (condannati in via definitiva) non fossero accomunati da un filo nero.
Perfino La Russa e Nordio hanno fatto meglio della premier. Mentre il Colle ricorda le responsabilità dei Nar sulla bomba
A frenare l’irresistibile voglia di revisionismo dalle parti del governo è stato il Capo dello Stato Sergio Mattarella che per fortuna le parole le sa usare tutte: “La matrice neofascista è stata accertata nei processi e sono venute alla luce coperture e ignobili depistaggi, cui hanno partecipato associazioni segrete e agenti infedeli di apparati dello Stato”, dice il Presidente delle Repubblica. E aggiunge: “L’Italia ha saputo respingere gli eversori assassini, i loro complici, i cinici registi occulti che coltivavano il disegno di far crescere tensione e paura. È servita la mobilitazione dell’opinione pubblica. È servito l’impegno delle istituzioni”.
Contro ogni revisionismo, si è espressa l’Anpi. “La magistratura”, ha dichiarato il presidente Gianfranco Pagliarulo, “ha accertato le responsabilità dei neofascisti e l’intreccio di poteri occulti dietro quella strage. Eppure sono ancora in corso, in particolare da parte di dirigenti di Fratelli d’Italia, tentativi di negazionismo e più in generale manovre per riscrivere la storia del decennio delle stragi nere. Negli anni scorsi Giorgia Meloni ha più volte messo in discussione le verità accertate dalla magistratura. Oggi è presidente del Consiglio. La sua ambiguità non è più tollerabile”. L’altolà al revisionismo è arrivato anche da Pd, Avs e M5S.
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