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Salvini il negazionista. Scambia clima e meteo

A Cervia, per l’annuale raduno della Lega, il giornalista Daniele Capezzone intervista Matteo Salvini. Lo intervista, come al solito, su quello che non sa perché Salvini si è costruito una carriera parlando a vanvera di argomenti che non conosce, abile nel dare la risposta che vorrebbero i suoi uditori. Anche per questo il ministro alle Infrastrutture nel corso della sua carriera politica – l’unica sua carriera, non avendo mai lavorato – talvolta riesce ad avere idee opposte sullo stesso argomento.

Per il ministro Matteo Salvini l’allarme è dovuto ai cicli. La speranza è che il suo finisca presto

Capezzone è preoccupato. Il giornalista dice a Salvini che è molto “contento” che il governo “almeno freni” la transizione ecologica ma teme che le lacrime del ministro Pichetto Fratin possano essere un regalo “alla sinistra”. Gli avversari sono la loro unica ossessione: preferiscono finire arrosto pur di poter dire – anche ridotti in cenere – “abbiamo vinto noi”. Salvini gigioneggia, afferra il microfono e spiega che “d’inverno fa freddo, d’estate fa caldo”, certificando subito di essere un ignorante che non distingue il meteo dal clima.

Poi dice: “Io adoro la montagna. E quando vai sull’Adamello e sul Tonale e vedi i ghiacciai che si ritirano anno dopo anno ti fermi a pensare – ha detto sul palco – poi studi la storia e vedi che sono cicli. Il ghiaccio non arretra perché Capezzone sgasa con la sua Golf turbo”. Applausi scroscianti tra il pubblico. In fondo Salvini un po’ di ragione ce l’ha: l’unica nostra speranza è che si concluda il prima possibile il ciclo di Salvini e compagnia cantante.

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Dal Salario minimo al Pnrr. Guerra ai poveri a spese del Sud

Il punto l’ha colto il senatore Antonio Misiani, responsabile economico del Pd: “Cancellare il Reddito di cittadinanza (Rdc) vuol dire colpire il Mezzogiorno dove la povertà e la disoccupazione sono più forti”. Ma la guerra contro il Mezzogiorno è più ampia: “Dopo le provocazioni dell’autonomia differenziata – spiega Missioni – ora il taglio del Rdc e le modifiche dei progetti del Pnrr sono un ulteriore attacco ai territori del nostro Mezzogiorno. La verità è che abbiamo di fronte un governo debole con i forti e forte con i deboli: un governo nemico del Sud”.

Stop al Reddito di cittadinanza, difesa delle paghe da fame e Autonomia. Così la politica delle destre affossa il Mezzogiorno

Lo dicono i numeri. La provincia di Napoli è quella che in Italia ha registrato il maggior numero di sospensioni del reddito di cittadinanza, oltre oltre 21 mila sms. Seguono Roma (con oltre 12 mila) e Palermo con 11.573. Gianmario Gazzi, il presidente dell’ordine degli Assistenti sociali l’ha spiegato chiaramente: “ci sono realtà di regioni, come la Sicilia, che hanno speso – spiega – solo il 5% dei fondi a disposizione e il risultato è che i servizi, che sono già sottodimensionati rispetto a quanto previsto dalla legge, oggi si trovano pure questo tsunami di domande”.

Così ci sono comuni, come Trapani, dove ci sono 5 assistenti sociali per 70mila persone, con il parametro di livello essenziale previsto per legge che è di un operatore ogni 5mila abitanti, con obiettivo di servizio di 1 su 4mila. “Questi assistenti sociali devono già fare tutto, non solo pensare al reddito di cittadinanza”, ha spiegato il presidente dell’ordine. Stesso discorso per i tagli al Pnrr. A pesare sono i 3 miliardi e 300 milioni tolti alla voce “investimenti per la riduzione del degrado sociale”.

Due miliardi e 493 milioni sono stati sottratti ai “Piani urbani integrati” dove s’intende opere di riqualificazione urbana sempre nell’ottica della riduzione delle disuguaglianze. Stanno sotto la voce “idrogeno” il miliardo e 200 milioni tolti all’Ilva di Taranto. I 300 milioni cancellati sui beni confiscati sarebbe osservati per lanciare un messaggio deciso della forza dello Stato soprattutto lì dove lo Stato fatica di più. Niente da fare.

Il Pnrr pensato per rafforzare la coesione sociale e territoriale sta aumentando le diseguaglianze fra nord e sud. “Per quanto riguarda le infrastrutture, prendiamo i soldi dal Fondo Sviluppo e coesione, cioè dalle risorse destinate al Sud, risorse destinate al Sud che vengono tagliate per essere spalmate sul piano nazionale, quindi non nel Sud”, ha spiegato nei giorni scorsi il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca.

Sullo sfondo rimane il ddl Calderoli sull’autonomia differenziata. È il vecchio totem del federalismo che per rimanere potabile ha cambiato nome. L’autonomia differenziata è semplicemente il grimaldello per legittimare una diversa spesa pubblica tra nord e sud. Anche per questo la I Commissione del Senato non ha approvato che venissero definiti compiutamente i livelli essenziali delle prestazioni (Lep) prima di effettuare i trasferimenti di competenze alle regioni e che si modificasse il Titolo V spostando materie strategiche per l’eguaglianza e l’unità del paese nella competenza esclusiva dello Stato.

Non è vero che il Mezzogiorno “non è nell’agenda politica del governo”. Il Mezzogiorno è stato regalato a Matteo Salvini per martoriarlo in vista delle prossime elezioni europee. E uno scambio politico tra Meloni e Lega per assicurare la tenuta del governo. Così basta grattare la superficie per rendersi conto che i “sovranisti” sono sempre quelli di una volta: antimeridionali per un pugno di voti.

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L’ipocrisia del Governo (anche) sulla Cina

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni in un’intervista all’emittente televisiva Usa Fox è entrata nel merito anche di un tema molto caro agli Stati Uniti, cioè i rapporti con la Cina. Sulla Via della Seta la presidente del Consiglio fa sapere di non avere ancora preso una decisione: la questione “dovrà essere discussa col governo cinese e nel Parlamento italiano“.

Meloni dopo la visita al presidente Usa ha rilasciato un’intervista in cui dice che la scelta sui rapporti con la Cina spetta al Parlamento

Meloni tiene a precisare anche che l’Italia è l’unica nazione del G7 ad avere aderito alla Via della seta, ma “non è” quella che ha le “migliori relazioni commerciali” con Pechino. “Prenderemo una decisione prima di dicembre“, ha detto la premier.

Poche ore dopo il ministro alla Difesa Crosetto in un’intervista al Corriere della Sera ha detto: “Fuori dalla via della Seta ma senza fare danni”. Già a maggio, sempre sul Corriere della Sera, è uscito un articolo in cui si legge che la decisione di scindere il Memorandum con la Cina era già stata presa. Il ministro Crosetto ha anche paventato il pericolo di “fumetti” che “descrivono i cinesi come liberatori e gli occidentali come sfruttatori da scacciare”.

Ricapitolando: la presidente del Consiglio dopo la visita al presidente Usa rilascia un’intervista in cui dice che la scelta sui rapporti con la Cina spetta al Parlamento. Poco dopo un ministro dà la decisione per già presa spiegandone perfino i motivi. Vi pare normale? E il Parlamento?

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Le prossime commissioni d’inchiesta

Non accontentandosi di avere demolito il Reddito di cittadinanza per il solo gusto di martellare il nemico, ora dalle parti della maggioranza di governo si pensa di istituire una commissione d’inchiesta per martellare l’ex presidente Inps Tridico. Per loro la Commissione d’inchiesta non è altro che la possibilità di fare opposizione stando al governo, continuando a innaffiare il vittimismo che – per ora – li tiene elettoralmente in vita.

Specularmente alla Commissione d’inchiesta sul Covid ciò che conta è semplicemente fingere di accontentare la promessa ai loro elettori più esagitati: “Non solo vinceremo ma gliela faremo anche pagare”. Il governo, da quelle parti, si esercita con il controllo e la vendetta. Sarà per questo che qualcuno si sgola per sottolineare la preoccupante vicinanza con le modalità e il pensiero dei tempi più bui.

Dopo la Commissione d’inchiesta “sui furbetti del Reddito di cittadinanza” Giorgia Meloni potrebbe istituire anche una Commissione d’inchiesta su coloro che la pensano diversamente da lei e si permettono di smentirla pubblicamente; magari potrebbero mettere in piedi una Commissione d’inchiesta su quegli screanzati che si permettono di presentarsi alle elezioni al di fuori della sua coalizione, poi una Commissione d’inchiesta su queste maledette Ong che continuano a essere assolte in tribunale, poi una Commissione d’inchiesta su Libera e l’antimafia, infine una Commissione d’inchiesta su chi scrive articoli d’inchiesta sulle loro Commissioni d’inchiesta.

L’importante è avere ogni giorno un nemico chiaro, facilmente individuabile, da offrire all’altare dell’odio quotidiano. Se riusciranno ad ammansire i loro elettori con una vendita al giorno nessuno di loro gli chiederà “per il resto cosa state facendo”. Devono essere convinti che funzioni. Beati loro.

Buon lunedì.

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Da Kiev alla Via della seta, Giorgia torna dagli Usa più in ginocchio di prima. Sostegno totale a Biden su Ucraina e Cina… Per una pacca sulla spalla sui migranti

Una cosa Giorgia Meloni è riuscita a esportare con successo negli Stati Uniti: l’abolizione della conferenza stampa. La presidente del Consiglio e il presidente Usa Joe Biden vergano una “nota congiunta” che evita il fastidio di dover rispondere alle domande. Il contenuto della dichiarazione Meloni-Biden è talmente scontato che è identico a come l’abbiamo scritto giorni fa.

“Hanno riaffermato l’alleanza incrollabile – si legge -, il partenariato strategico e la profonda amicizia tra Stati Uniti e Italia. I legami tra Italia e Stati Uniti sono radicati nella storia, nelle affinità culturali e nella cooperazione economica. Si basano sui nostri valori e principi condivisi – democrazia, libertà, rispetto dei diritti umani – rafforzati dall’obiettivo condiviso di promuovere la pace e la sicurezza, migliorare la prosperità e promuovere la sostenibilità in tutto il mondo. Le connessioni tra le nostre persone sono al centro di questa relazione”.

Insomma, Meloni e Biden pari sono. Chissà come ne saranno entusiasti gli elettori di entrambe le parti.

Fine guerra mai

Il primo punto, manco a dirlo, è “l’Ucraina mentre si difende dall’aggressione illegale della Russia”: “Gli Stati Uniti e l’Italia – scrivono Meloni e Biden – continueranno a fornire assistenza politica, militare, finanziaria e umanitaria all’Ucraina per tutto il tempo necessario, con l’obiettivo di raggiungere una pace giusta e duratura che rispetti pienamente la Carta delle Nazioni Unite e la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina”.

Avanti a testa bassa. Tanto saranno i servizi militari statunitensi a spiegare che il conflitto non stia andando come si racconta. Fenomenale il passaggio in cui gli Usa dicono di avere “accolto con favore la Conferenza su Migrazione e Sviluppo tenutasi il 23 luglio a Roma, nonché l’istituzione del ‘Processo di Roma’ per promuovere partenariati tra i paesi di origine, transito e destinazione della migrazione nella più ampia regione del Mediterraneo, il Medio Oriente e Africa.

In questo quadro, gli Stati Uniti prendono atto del ‘Piano Mattei’ per l’Africa del governo italiano”. Quattro righe di niente su un continente che agli Usa interessa come il due di picche. L’unico obiettivo di Giorgia Meloni (ottenere lo sblocco dei soldi del Fmi per la Tunisia) rimane nascosto tra le pieghe. Niente di fatto. In compenso Biden scrive di “attendere con impazienza” la reggenza italiana nel G7 che, secondo lui “intensificherà gli sforzi per accelerare la transizione verso l’energia pulita”.

Balle climatiche

Mentre alla Casa bianca scrivevano questo comunicato il compagno di Giorgia Meloni si sbizzarriva in televisione con teorie negazioniste sul cambiamento climatico. Come non avere fiducia nella transizione “verso l’energia pulita”? “Sia il presidente Biden che il primo ministro Meloni – si legge – affermano la minaccia esistenziale rappresentata dal cambiamento climatico e il loro impegno a intraprendere azioni decisive in questo decennio per mantenere l’obiettivo comune di limitare l’aumento della temperatura media globale a 1,5 gradi Celsius”.

Buono a sapersi: fuori dai confini nazionali la presidente del Consiglio riesce a pronunciare la formula che qui da noi le rimane strozzata in gola: cambiamento climatico. Chissà che delusione tra i suoi, convinti che sia solo un po’ di afa. In nome del “commercio libero ed equo rimane uno strumento fondamentale per favorire la crescita equilibrata dell’economia globale” i due hanno deciso di barrare la strada alla Cina e di intensificare gli accordi bilaterali. Roba spaziale. E infatti “ribadiscono la loro partnership sull’esplorazione dello spazio”. A posto così.

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Con il reality presidenziale di Giambruno Rete4 torna ai tempi di Fede – Lettera43

«Moriremo retequattristi» è la dolente chiosa che il giornalista Sergio Scandura utilizza spesso sul suo account Twitter. Il retequattrismo del resto è un non luogo che negli anni si è costruito un’identità. Eravamo ragazzi e Rete 4, Canale 5 e Italia 1 venivano proposte come la modernità della televisione italiana, e col tempo abbiamo imparato a distinguerne le anime. Canale 5 e Italia 1 erano i canali delle trasmissioni sguaiate, della risata anabolizzata mentre Rete 4 appariva come la rete più rassicurante, rotonda. Poi con l’arrivo di Emilio Fede, parcheggiato là con la missione di condurre spudoratamente il telegiornale che Silvio Berlusconi sognava a rete unificate, il tratto distintivo è stato chiaro: era lì che si sperimentavano le formule possibili dell’occupazione del potere camuffato da informazione.

Con Giambruno Rete4 conferma la sua missione: fingere di informare concimando la propaganda

Sono passati gli anni, Pier Silvio Berlusconi ha mischiato le carte ma Rete 4 risale agli onori della cronaca come laboratorio. Identica la missione: fingere di informare mentre si concima la propaganda che serve al potere. Emilio Fede non c’è più, decotto e deluso dalla dipartita del padrone. A prendere il volo è Andrea Giambruno storico giornalista dell’azienda travolto da un’improvvisa popolarità. Giambruno è, più di tutte le altre cose, il compagno (duole chiamarlo così, come proprio non vorrebbe, ma la lingua italiana non lascia scampo alle famiglie non cristianamente naturali) della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Meloni, a dire il vero, pretenderebbe di essere chiamata “il” presidente. La coppia suona ancora peggio: “il compagno del presidente del Consiglio” è una definizione a un passo dal burrone del demoniaco gender.

Con il reality presidenziale di Giambruno Rete4 torna ai tempi di Fede
Emilio Fede in una foto del 2010 (Imagoeconomica).

Se la moglie di Renzi avesse bacchettato un ministro straniero sarebbe scoppiato un caso diplomatico

Delle scorribande politiche di Giambruno nella sua striscia quotidiana Diario del giorno se ne è scritto parecchio in questi giorni. Urge però una prefazione: il compagno di un capo di governo a cui viene affidato un programma quotidiano di commento politico è roba degna delle autarchie che di solito osserviamo raccapricciati da lontano. Se Kim Jong-un facesse presentare una trasmissione alla moglie Ri Sol-ju sui nostri giornali fioccherebbero gli editoriali indignati che chiedono l’intervento dei Caschi blu dell’Onu. Non c’entra niente, ci dicono, perché Mediaset è una televisione privata, mica di Stato. Ci mancherebbe, si potrebbe rispondere. Ma che un imprenditorie televisivo non scorga un problema di autorevolezza e indipendenza è un sintomo dello stato del sistema dell’informazione. Tant’è che se il giornalista Giambruno bacchetta il ministro tedesco Karl Lauterbach la notizia c’è, eccome, e finisce nelle pagine di politica. E questo non accade perché «contro il compagno della premier stanno tutti lì con il dito puntato» come dicono dalle parti del governo: accade perché se la moglie di Draghi (o di Conte o di Renzi) avesse dato del coglione a un ministro qualsiasi avremmo avuto seri nodi diplomatici da sciogliere. Con una differenza sostanziale: quelle avrebbero potuto farlo a una cena tra amici, questo può permettersi di farlo su una televisione nazionale sotto il bollino del “programma di informazione”. Si coglie il dislivello?

Con il reality presidenziale di Giambruno Rete4 torna ai tempi di Fede
Giorgia Meloni e Andrea Giambruno al Quirinale (Imagoeconomica).

Lo stile alla Emilio Fede: postura amicale, deridere chi la pensa diversamente e gigioneggiare nel ruolo di ‘vicino al potere’

Giambruno nel giro di pochi giorni è riuscito a irridere il ministro tedesco e la Germania oltre ad avere confezionato un servizio con dati falsi per negare il cambiamento climatico. Roba da Emilio Fede, appunto, perché ne contiene tutti gli elementi: la realtà piegata alla propaganda, la postura amicale e rassicurante, la derisione di chi sostiene tesi contrarie e un certo gigioneggiare nel suo ruolo di “vicino al potere”. Ha il terrore di essere considerato un raccomandato: al Corriere della Sera aveva detto «ho dimostrato che, di tv, qualcosina capisco. Sono quasi 20 anni che la faccio. Primo giorno a Telenova, a 22 anni, mentre ancora studiavo all’università Cattolica», anticipando di non avere per niente compreso la delicatezza del suo ruolo. Anzi, nel corso delle dichiarazioni rilasciate al quotidiano, ribadiva che ogni critica ricevuta è in realtà un modo di ferire la compagna Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio, di cui peraltro proprio lui ha diffuso per primo in onda il video-messaggio del Primo Maggio. «Cosa deve fare, deve smettere di lavorare?», mi dice indispettito un parlamentare di Fratelli d’Italia. Sì, forse sarebbe meglio. O forse qualcuno dovrebbe spiegare che logica ci sia nel sospendersi dalla conduzione del telegiornale Studio Aperto («una scelta presa insieme all’azienda per una questione di reciproca opportunità», disse a ottobre dell’anno scorso) per prendersi una striscia di approfondimento. Perché da fuori ha tutta l’aria di essere un reality presidenziale usato per diventare megafono della propaganda del potere. Ma sarebbe troppo per essere vero. O no? Anche per Rete 4.

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Reddito di cittadinanza, addio con un sms. Scaricate 169mila famiglie con un click, così l’Inps comunica lo stop da agosto

Avete provato sdegno quando vi è capitato di leggere la notizia di aziende che si sono scrollate di dosso i lavoratori con un semplice sms? Beh, potete metterlo via, c’è di peggio in giro. 169mila persone beneficiarie di reddito o pensione di cittadinanza hanno appena ricevuto dall’Inps il messaggio di sospensione del sussidio da agosto in quanto nuclei nei quali non ci sono componenti disabili, minori, over 65 o persone in carico a servizi socio-sanitari, come prevede la nuova normativa che dichiara “occupabili” tutti gli altri poveri, escludendoli dall’Assegno di inclusione al via dal prossimo primo gennaio.

Il testo è indicativo: “Domanda di RDC sospesa come previsto dall’art. 13 del DL 48/2023 conv. Legge 85/2023. In attesa eventuale presa in carico da parte dei servizi sociali”. Non prendendosi la responsabilità di dichiararli “finti poveri” (anche se lo scrivono liberamente sui social) il governo avvisa che se siete poveri davvero potete citofonare al vostro comune, prendere un appuntamento con qualcuno e portare la prova della vostra indigenza.

Vi possiamo anticipare già la risposta: vi diranno che la coperta è corta e che per essere aiutati, visto che i soldi sono diminuiti, bisogna essere più poveri dei poveri che lo Stato ha deciso di punire. Qualche tempo fa Gianmarco Gazzi, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli assistenti sociali (Cnoas), spiegava che oltre ai soldi (troppo pochi) manca il personale: “Non siamo in grado di spendere i soldi nemmeno quando sono già stanziati”, disse. Buona fortuna.

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Europei Italia-Turchia, un calcio alla democrazia

Al Governo è venuta una grande idea: perché non rafforzare i rapporti con l’amico Erdogan con un bella partita di pallone? Così ieri la FIGC ci ha fatto sapere che “al termine di un complesso e fruttuoso processo di consultazione, la Federazione Italiana Giuoco Calcio e la Turkish Football Federation hanno deciso di unire gli sforzi proponendo alla Uefa l’organizzazione congiunta di Uefa Euro 2032”.

Intesa tra le Federazioni di Italia e Turchia per l’organizzazione congiunta degli Europei di calcio nel 2032

Secondo la FIGC “pregresse esperienze di successo (Euro 2020, Euro 2012, Euro 2008), così come future proposte di candidatura (Regno Unito e Repubblica d’Irlanda per Euro 2028) e avvincenti progetti già assegnati (Stati Uniti d’America, Messico e Canada per Fifa World Cup 2026) dimostrano che la condivisione di eventi di tale portata rappresenta, da un lato, una via per il coinvolgimento diretto di un numero più elevato di appassionati e, dall’altro, la ricerca di una progettualità ancora più efficiente e sostenibile”. Non si sono accorti – nessuno gliel’ha detto – che nei casi citati si trattasse di Paesi confinanti.

L’evento condiviso sarebbe un bel colpo per l’immagine di Erdogan. Pazienza per i diritti costantemente violati

Nessun problema. Per saldare i rapporti tra Meloni e Erdogan si può benissimo fare attraversare un paio di Stati tra una partita e l’altra. Quello che conta è essere vicini con il cuore, nelle intenzioni e nella concezione della democrazia. Su questo i capi di governo di Roma e Ankara sono compagni di squadra già da un pezzo. Resta da capire dove si giocherà la finale, in Italia o in Turchia Da quello scopriremo quale gallo s’è preso il pollaio.

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Licenze taxi, ecco la brillante idea del Terzo polo: raddoppiare il privilegio

Liberale, Pedro, con juicio, si puedes. Nell’eterno problema delle licenze dei taxi si inserisce il cosiddetto Terzo polo che per l’occasione si riunisce (Azione e Italia Viva) e presenta un proposta di legge sulla liberalizzazione dei taxi. Punto di partenza: in Italia i taxi sono pochi troppo pochi. In periodi come questi, con l’estate che richiama turisti, il servizio non riesce a coprire la domanda. Chi ha provato a mettere mano alla legge che regola l’attività dei taxi, del 1992, è sempre stato subissato dalle proteste della categoria. Le proteste finora hanno sempre funzionato.

Le licenze dei taxi sono bloccate dalle amministrazioni locali che hanno generato un mercato interno con prezzi stratosferici

Il tema principale è quello delle licenze, bloccate dalle amministrazioni locali, che hanno generato un mercato interno con prezzi stratosferici. Liberalizzare le licenze – come dovrebbe fare soprattutto un liberale – significa inevitabilmente provocare il crollo del loro valore. È il mercato, funziona così. Anche per questo le amministrazioni comunali seppur consapevoli della mancanza di taxi nel loro territorio non ne rilasciano di nuove pur potendolo fare dal Decreto Bersani del 2006.

La direttiva europea “Bolkestein” che chiede all’Italia di promuovere la parità di professionisti e imprese nell’accesso ai mercati è fortemente osteggiata dai partiti di governo (Fratelli d’Italia e Lega in primis). Il ministro Matteo Salvini (a cui è finita in mano la patata bollente) si è limitato a promettere “un servizio migliore” (qualsiasi cosa voglia dire) senza entrare nel merito. Il Terzo polo azzarda: regaliamo un licenza a tutti tassisti con l’obbligo di rivenderla in 24 mesi scaduti i quali ritornerebbe alle amministrazioni locali che la venderebbero a prezzo di mercato.

Ovvero: paghiamo i tassisti perché non facciano casino. I governi Renzi e Monti avevano provato a tappare il disservizio proponendo concessione agli Ncc per mettere a disposizione un veicolo ai poveri ingolfati negli aeroporti e nelle stazioni. I tassisti scesero in piazza, strepitarono, scioperarono e non se ne fece niente. Ora l’illuminazione del cosiddetto Terzo polo: se li paghiamo per non protestare? A Bruxelles ne saranno felicissimi. Ora non resta che regalare una spiaggia ai gestori di lidi per convincerli a stare buoni. Raddoppiare il privilegio e chiamarlo liberalizzazione.

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Giambruno no limits. A Mediaset il negazionismo è di casa col Sig. Meloni

Forse è il caso che si cominci a parlare di Andrea Giambruno, compagno della presidente del Consiglio Giorgia Meloni che dopo avere spiegato che “sarebbe stato in disparte” si è meritato una trasmissione, per di più politica, sulle reti Mediaset. Dal titolo Diario del giorno.

Forse è il caso che si cominci a parlare di Andrea Giambruno, compagno della presidente del Consiglio Giorgia Meloni

Sia chiaro: Giambruno il giornalista a Mediaset lo faceva ben prima che la sua compagna diventasse presidente del Consiglio. Resta da vedere perché il “restare in disparte” per le first lady dei presidenti del Consiglio significhi sospendere o limitare il proprio ruolo pubblico al di là degli eventi istituzionali mentre nel caso del first gentleman la pausa dalla conduzione del tg (disse Giambruno “è stata una scelta presa insieme all’azienda per una questione di reciproca opportunità”) sia stata brevissima prima di un programma tutto per sé.

Ieri Giambruno ha pensato bene di rispondere al ministro tedesco Karl Lauterbach, che nei giorni scorsi aveva previsto il crollo del turismo nell’Europa meridionale (e quindi anche in Italia) per il cambiamento climatico. “Sono 20-30 anni che in qualche modo i tedeschi ci devono spiegare come campare a noi. E se non ti sta bene te ne stai a casa tua, eh”, afferma spazientito in diretta su Rete 4 Giambruno che poi rincara la dose: “La Merkel sta qua, lui sta sempre qua, se non ti sta bene stai a casa tua. Stai nella Foresta Nera, stai bene, no?”. Sarebbe solo l’intemerata di un conduttore, niente di che, se non fosse che l’attacco alla Germania provenga dal compagno della presidente del Consiglio dei ministri. Roba da Corea del Nord.

Ma Giambruno già nei giorni scorsi ci aveva deliziato con osservazioni da climatico al limite del negazionismo: il caldo record di luglio dovuto al cambiamento climatico e all’anticiclone africano per lui “non è poi una grande notizia”. La linea è – ovviamente – quella governativa: “Nessun catastrofismo, nessun effetto del cambiamento climatico: è estate e fa caldo, come sempre”.

Nel corso della puntata Giambruno ha mostrato un’immagine, composta da due diversi titoli di giornale. Il primo, visibile nella parte alta del collage, riprende un articolo pubblicato il 18 luglio sul sito web di Repubblica e intitolato “Caldo record, a Roma sfiorati i 42 gradi: non era mai successo”. Il secondo, che non riporta alcun riferimento alla fonte, è un articolo pubblicato nell’estate del 1967 e intitolato “La grandine squassa Milano. A Roma si soffoca: 42 gradi”. Peccato che quell’articolo del ‘67 (che Giambruno non ha letto) spieghi che i gradi fossero 38, esattamente come scritto da Repubblica.

Nella stessa puntata Giambruno ha dovuto fare anche i conti con la sua inviata a Bari Rossella Grandolfo che lo sconfessa: “Purtroppo va data ragione agli scienziati dell’Ipcc (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) dell’Onu, che studiano tutto questo e che purtroppo per tutti noi hanno confermato che le ondate di calore rispetto agli anni Ottanta sono aumentate e soprattutto si sono ravvicinate di gran lunga”. Giambruno bofonchia qualcosa e chiude di fretta il collegamento.

“C’è un pessimismo imperante che noi rifuggiamo”, sentenzia in chiusura di puntata non prima di dare addosso agli attivisti che imbrattano i monumenti e all’Ue cattiva che pretende la transizione ecologica. Pier Silvio Berlusconi dice che vuole eliminare il trash da Mediaset. Potrebbe cominciare da Giambruno.

 

Leggi anche: Altro che riscaldamento. È l’ebollizione globale. L’Onu certifica che il clima è cambiato. Solo i cretini sono sempre gli stessi

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