La bava sull’antimafia
Da mesi provo a sottolineare come sui temi di mafia (e quindi di antimafia) in questo Paese la destra che sta al governo, con la complicità di un’opposizione troppo spesso cretinamente distratta e ignorante sul tema, stia soffiando aria di restaurazione dei tempi peggiori. Sembra la stessa mefitica atmosfera che ha ammorbato questo Paese quando, a partire dal 1994, si è voluto imporre la “normalizzazione” del fenomeno mafioso: lo stesso obiettivo di Cosa nostra dopo l’arresto di Totò Riina.
Dopo le botte ai giovani che marciavano per commemorare Giovanni Falcone, dopo la riscrittura della sentenza contro Dell’Utri, dopo gli attacchi ai magistrati di Firenze che indagano sulle stragi del ’93, dopo il paventato attacco al concorso esterno per vedere l’effetto che fa ieri il ministro Matteo Salvini (uno che di mafia ne sa poco più di un qualsiasi studente di qualsiasi scuola superiore) ha deciso di attaccare il fondatore di Libera Luigi Ciotti.
«Attenzione – aveva detto il presidente di Libera durante un’iniziativa a Bovalino, in provincia di Reggio Calabria -. C’è il rischio, poi si dovrà lottare sia ben chiaro, che il Ponte sullo stretto non unirà due coste, ma due cosche sicuramente sì». È lo stesso parere espresso da residente dell’Autorità snticorruzione Giuseppe Busia e dal suo predecessore Raffaele Cantone. È lo stesso timore che serbano tutti quello che hanno studiato e studiano Cosa nostra.
Come ha risposto Salvini? «Mi ha fatto specie – ha detto – leggere le parole di un signore in tonaca che ha detto che questo ponte più che unire due coste unirà due cosche. Un’affermazione di un’ignoranza, una superficialità senza confini. È una mancanza di rispetto nei confronti di milioni di italiani». Il ponte sullo Stretto, ha detto il ministro leghista, è «la più grande operazione antimafia dal Dopoguerra a oggi». «Mi fa schifo – ha continuato Salvini – che qualcuno pensi che Sicilia e Calabria rappresentino le cosche. Fino a che c’è qualcuno all’estero che dipinge l’Italia come mafia pizza e mandolino, fa schifo ma è all’estero. Se c’è qualche italiano che continua a dipingere l’Italia come mafia, pizza e mandolino, se espatria fa un favore a tutti».
Rientra nella strategia: colpire i simboli per indebolire le battaglie. Non si tratta solo di un attacco giudiziario. Sotto i colpi c’è l’etica antimafia di un Paese faticosamente costruita con l’impegno e le vite delle persone migliori di questo Paese. Chissà se qualcuno nell’opposizione se ne accorge in fretta.
Buon mercoledì.