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La nuova era dell’homo melonicus

Se dovessimo vergare le caratteristiche dell’homo melonicus potremmo attingere a ciò che è accaduto ieri in Parlamento, dove il caso Santanchè e il cosiddetto caso Sgarbi hanno delineato chiaramente le qualità che occorrono per diventare il meloniano perfetto nell’anno 2023.

L’homo melonicus – che in questo caso ha le fattezze femminili della ministra Santanchè – è qualcuno che sfoggia la sua ricchezza per martellare i poveri, riempie i suoi social di grandeur imprenditoriale, bastona i disoccupati come se fossero i falliti e poi quando gli tocca rendere conto al Parlamento frigna.

Ieri Santanchè s’è lamentata di vent’anni di sfottò sul “mio tenore di vita, le mie case, le mie amicizie, i nomignoli…”. Ci tocca ricordarle che quelle sono le uniche caratteristiche per cui è diventata celebre. Ricordarsi qualche caratteristica politica è un’impresa titanica.

L’homo melonicus, come la Santanchè, vorrebbe essere “ringraziato” per aver usato i suoi effetti personali per coprire i debiti della gestione fallimentare delle sue società. Le diamo una notizia, accade a tutti: bussa l’Agenzia delle entrate senza nemmeno un grazie.

L’homo melonicus fa lo sbruffone – come uno Sgarbi qualsiasi – ma trova sempre un ministro che lo censura con una mano e lo perdona con l’altra. Quello che conta è fare casino, alzare la polvere, coprire con le polemiche il loro peggiore vizio, quello di non sapere fare niente, nonostante riescano a trovare decine di argomenti per non parlarne. Usano anche i loro fallimenti, se servono per cambiare discorso.

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Romeo: “Sui migranti siamo in affanno, non si può esultare”

Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega in Senato, la maggioranza è compatta
“Sì, certo che è compatta. Com’è normale si discute sulle varie tematiche. I risultati parlano chiaro, stiamo portando avanti i nostri obiettivi, anche con risultati importanti come il taglio del cuneo più alto a luglio, la questione lanciata da Salvini sulla sicurezza stradale. Ne stiamo facendo tante. Ora interveniamo sui mutui, sui tassi di interesse, se si riesce a sospendere il pagamento del differenziale per poi rivedere il piano di rimborso. Così evitiamo gli insoluti, ci sono stati dei rialzi molto molto importanti che gravano sulle persone. In una maggioranza ovviamente poi si valorizzano le diverse responsabilità”.

Però Tajani due giorni fa ha detto che voi in Europa state con i “post nazisti”…
“Comprendiamo le sue posizioni a livello europeo. Mi sembra che la proposta della Lega sia la stessa vincente in Italia, anche in Europa. Tutto ciò che è alternativo alla sinistra ci deve unire. Sappiamo che non è facile ma dobbiamo ribaltare l’Unione Europea imbevuta di un’ideologia che ci danneggia”.

Anche a costo di allearvi con la destra peggiore nazista
“Dobbiamo tenere conto di una logica di sano pragmatismo. Cambiare governo in Europa è l’obiettivo principale. Mi sembra di capire che Salvini ha sancito una proposta molto importante”.

A proposito di Salvini, la proposta di punire chi ha usato sostanze stupefacenti anche quando ormai non provocano alterazioni ricorda un po’ lo Stato etico. Proprio voi, che vi definite liberali…
“Abbiamo sempre detto che la droga va contrastata. Qualsiasi droga. Non esistono a nostro giudizio droghe leggere: spesso si inizia con le leggere e poi si passa a quelle pesanti. Salvini interviene su sicurezza stradale perché quello è il suo ambito”.

A questo punto sono pericolosi anche i magistrati, i medici e politici che fanno uso di droga. Test anche per loro?
“Ero in Consiglio regionale e avevo fatto il test antidroga. Non voglio aprire una polemica, io personalmente l’ho fatto perché mi sembra giusto mandare un messaggio di attenzione. Se questa cosa deve essere allargata bisogna studiarla. Ho imparato che le sparate fanno la fortuna dei giornali ma nella realtà bisogna approfondire. Devono decidere i leader di centrodestra”.

Siete stati i primi a chiedere a Santanchè di riferire in Aula. Ora sono spuntati nuovi particolari: non crede che ci sia un tema di opportunità per una ministra
“Sinceramente abbiamo chiesto che venisse in Aula perché quando montano le campagne dell’opinione pubblica prima si arriva a riferire e prima si chiude la questione. Il nostro intendimento andava a suo beneficio. L’opportunità è un gioco di parole per sviare dal principio che è quello del garantismo. Se si è di fronte a una condanna di sentenza definitiva è un conto. Altrimenti di cosa parliamo. Sappiamo bene che quando ci sono queste inchieste, ringraziamo Daniela che ha detto di voler venire in Aula. Domani (oggi, ndr) ribadiremo un principio sacrosanto: si viene in Aula per rispondere, lei darà tutte le risposte e basta, la questione è finita lì. Se la magistratura dovesse decidere di verificare sarà una questione della magistratura”.

Se fosse un ministro di un governo di centrosinistra direbbe lo stesso?
“La politica deve imparare un cosa. Non possiamo utilizzare una qualsiasi inchiesta giornalistica per fare in modo che la maggioranza venga indebolita. La politica deve tornare a essere forte”.

E quindi i suoi che chiedevano le dimissioni di Soumahoro?
“La cultura del garantismo dobbiamo imparare a fare in modo che riguardi tutti”.

Il Pnrr ha 17 progetti su 27 in ritardo.
“Abbiamo ereditato un Pnrr che non abbiamo fatto noi. L’abbiamo detto un po’ di tempo fa. La nostra filosofia è diversa: quali progetti si riesce a fare in tempi certi? Dovevamo chiedere soldi per quelli. Invece abbiamo chiesto di tutto. Quando parti con il piede sbagliato… Poi si sa che i fondi europei facciamo fatica a spenderli. Si poteva immaginare che stare sui tempi sarebbe stato difficile. Noi faremo tutto il possibile”.

La posizione della Lega sul Mes è sempre la stessa Siete contrari?
“La posizione della Lega è sempre la stessa. Abbiamo avuto questa posizione fin dall’inizio. Sappiamo bene che essendo in un contesto, vediamo la Meloni cosa ci dirà. Lei è presidente del Consiglio. So che c’è una trattativa su patto di stabilità, si vedrà. Il governo farà le sue valutazioni. È vero che decide il Parlamento ma alla fine si sa che è il governo a dirci come dobbiamo agire”.

Gli sbarchi aumentano ma Meloni esulta… Voi siete soddisfatti?
“Abbiamo sempre detto che sono stati fatti dei passi in avanti. Essere riusciti a coinvolgere l’Ue per stabilizzare il Nord Africa è un passo. Una politica il cui risultato si vedrà nel tempo. C’è il ministro Piantedosi che un giorno sì o un giorno no va in qualche Paese del nord Africa, spingiamo per stabilizzarla, dobbiamo farlo noi come Occidente. Non solo l’Ue ma anche la Nato. Altrimenti il rischio è che si facciano avanti altri interlocutori come Cina e Russia che si è già offerta per prestare soldi alla Tunisia se non lo farà il Fmi”.

Ma allo stato attuale non esultate…
“In questo momento siamo in sofferenza, questo è evidente. È un investimento a medio termine”.
Intanto Salvini che non vedeva l’ora di affrontare in tribunale Carola Rackete si è fatto salvare dal Senato…
“Non s’è fatto salvare. Il Senato ha preso atto di una situazione: essendo senatore della Repubblica non deve essere perseguito per le sue opinioni. Questo è un principio sacrosanto. Altrimenti cade l’articolo della Costituzione legato al mandato da parlamentare”.

A marzo lei ha detto: ”Non si è fatto abbastanza per fermare la guerra in Ucraina”. Lo pensa ancora
“Più la guerra si prolunga e più i rischi di escalation sono dietro l’angolo. Anche il golpe recente ha tenuto il mondo con il fiato sospeso perché se Putin si indeboliva diventava ancora più pericoloso, se le testate nucleari finivano nelle mani sbagliate era ancora peggio. Più si va avanti più si rischia. È giusto, come abbiamo sottolineato, inviare armi per difendere uno Stato sovrano e condannare l’aggressione. Dall’altra parte mai come oggi è importante avviare un’azione diplomatica per trovare una soluzione negoziale. Mi sembra che se ne stiano accorgendo anche gli Usa. Si può trovare una soluzione che faccia arretrare la Russia e trovare un compromesso. Almeno arrivare a una tregua. L’Europa dovrebbe cogliere l’occasione, sarebbe importante che dicesse qualcosa, oltre al legittimo sostegno”.

Quanto dura il governo?
“Cinque anni, e poi altri cinque. Anche per i progetti che stiamo portando avanti in cui serve tempo e stabilità. Più stabilità c’è più il Paese migliora”.

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De Luca, la maschera che non serviva alla politica

Chissà come dorme male Vincenzo De Luca, ras della Campania che in queste ore fa di tutto per farsi notare come i disturbatori televisivi che aspettano l’inizio della diretta per urlare una parolaccia dietro al conduttore e poi girano tronfi il video agli amici.

De Luca, ossessionato in ogni suo show a dare del cialtrone a qualcuno (per non sentirsi solo) ora è partito all’assalto della segretaria Schlein. Lo spessore dei ragionamenti è il solito: insolenze appoggiate come riflessioni politiche, senza nemmeno il pudore di essere diventato la macchietta di sé stesso. «Cacicca ante litteram», «Pasolini non aveva consapevolezza dell’armocromia»: De Luca gigioneggia come un attore (scarso) della commedia napoletana dimostrando di essere non solo un corpo estraneo del Partito democratico ma di incarnare il peggio della politica di questo tempo.

Rosy Bindi è «impresentabile lei, in tutti i sensi», «da uccidere» quando da presidente della Commissione antimafia segnalò il governatore campano nella lista degli imputati per abuso d’ufficio (nel processo in seguito è stato assolto ndr). Di Battista, Di Maio e Fico sono «tre mezze pippe, miracolati» ma specifica che «anche nel Pd ho trovato pippe e fior di farabutti». Attacca Di Maio perché «doveva fare il carpentiere, poi s’è perso per strada e ce lo ritroviamo vicepresidente della Camera» salvo accarezzarlo quando gli torna utile.

In mezzo alla sceneggiata di politica ce n’è poca, pochissima. De Luca è uno dei tanti nel Pd che misura i segretari in base alla tranquillità con cui gli lasciano gestire il suo feudo. In questo giro non gli sta andando benissimo e così si impenna. E in questo suo goffo agitarsi non si rende conto di essere la summa dei difetti dei suoi nemici: circense, esagitato, senza contenuti, simpatico ma impolitico. In una parola: populista. Quando scoprirà di essere la perfetta incarnazione dei suoi nemici straccerà il copione, chiuderà il sipario e si chiuderà triste in camerino.

Buon mercoledì.

Nella foto: Vincenzo De Luca

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Parla lo scrittore Roberto Saviano: “C’è un serio problema di tutela delle voci critiche contro il potere”

Matteo Salvini non potrà essere processato per i suoi “insindacabili giudizi” su Carola Rackete. L’ha deciso il Senato e il ministro non ha proferito parola. Roberto Saviano, da scrittore sotto processo contro la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, con che spirito vivi questa sproporzione?
“Mi domando come vivano questa sproporzione quei giornalisti e quegli scrittori italiani che, a differenza di me, non hanno avuto la possibilità, negli anni, di costruire rapporti, di trovare sponde ed interlocuzioni con la stampa straniera che, a differenza di quella italiana, è molto attenta ai casi di SLAPP. Credo che SLAPP sia peraltro una sigla del tutto ignorata dalla stampa italiana, vale quindi la pena spendere due parole per spiegare di che cosa si tratta. SLAPP sta per Strategic lawsuit against public participation che in italiano possiamo rendere con “azione legale strategica contro la partecipazione pubblica”. Esiste una coalizione di organizzazioni non governative che in Europa monitora i casi di SLAPP, li denuncia e si occupa di fare informazione al riguardo: la CASE (Coalition against Slapps in Europe). Sul processo avviato dalla premier Meloni contro di me, scrivono: “La Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) e le corti nazionali hanno chiarito che le personalità pubbliche, in particolare quelle che ricoprono ruoli politici, devono aspettarsi un grado più elevato di critica e controllo a causa della loro posizione di rilievo nella società. In questi casi, l’azione penale contro le voci critiche è considerata una violazione del diritto alla libertà di espressione, come indicato dall’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU)”. Questo documento, che i media italiani ignorano è stato sottoscritto da OBC Transeuropa (OBCT), European Centre for Press and Media Freedom (ECPMF), European Federation of Journalists (EFJ), Index on Censorship, International Press Institute (IPI), ARTICLE 19 Europe, Justice for Journalists Foundation (JFJ), The Daphne Caruana Galizia Foundation, Blueprint for Free Speech, Meglio Legale, The Good Lobby. Ed è stato condiviso dall’English Pen. In Italia è fin troppo evidente che abbiamo un serio problema con il rispetto e la tutela delle voci critiche verso il potere. Sono tollerate solo le voci cerchiobottiste, quelle da un lato battono e dall’altro carezzano tutti”.

Una delle cose che mi ha colpito di più in questi giorni è il pensiero diffuso che Rackete fosse colpevole (e invece è stata assolta), che quel tuo “bastardi” fosse un’onta per le istituzioni (e invece era contro chi aveva criminalizzato i migranti e chiunque presti soccorso in mare). Come è successo che il falso sia diventato così popolare e inscalfibile?
“Il lavoro è stato certosino ed è iniziato tanti anni fa. Non solo, si è innestato nella totale mancanza di conoscenze sulle dinamiche geopolitiche in Africa, questo consente oggi a Giorgia Meloni di parlare impunemente di “piano Mattei per l’Africa” senza che nessuno sia in grado di capire l’inconsistenza delle sue parole. Non solo, tale è la mandanza di strumenti, che addirittura anche il totale fallimento di ogni suo approccio ai paesi africani che si affacciano sul Mediterraneo può essere spacciato in Italia per un gran successo. La rimozione delle conoscenze anche scolastiche sulla Seconda guerra mondiale consente a Cirielli di riscrivere la storia e cancellare i crimini del colonialismo. E poi ditemi se l’obiettivo di queste signore e di questi signori non è riabilitare un passato del quale dovremmo vergognarci in eterno! Tornando alla domanda: oggi assistiamo solo all’ultimo atto di una mistificazione avviata da Marco Minniti. Quando Minniti era ai vertici del Viminale, è avvenuta da un lato la demolizione del modello di accoglienza e integrazione sperimentato con successo da Mimmo Lucano a Riace, dall’altro si è giunti al rinnovato accordo con la Libia (il precedente lo dobbiamo a Berlusconi e Gheddafi) e in ultimo, a coronare il percorso, bisognava avviare l’opera di criminalizzazione delle Ong, ponendo paletti alla loro possibilità di intervento, insinuando il dubbio che fossero in combutta con gli scafisti. È stato un lavoro sinergico, che ha visto coinvolti politica, magistratura e organi di informazione. Non credo di essere il solo a ricordare quel Carmelo Zuccaro, procuratore di Catania, che a favor di telecamera paventava un disegno di sostituzione etnica da parte delle Ong, su cui gettava ombre sinistre che mai hanno trovato riscontro alcuno nella realtà dei fatti e giudiziaria. Ma il tribunale mediatico, ormai, ha già condannato”.

A proposito di falsità istituzionali. Il ministro Crosetto ha mentito parlando di un dirottamento che non è mai avvenuto. Il Guardian ha smontato la narrazione del ministro e dalle nostre parti nemmeno un plissé. Se nemmeno la verità intacca il governo significa che l’algoritmo per il potere è solo la narrazione? Come ci si oppone?
“Servirebbe un moto di orgoglio da parte degli organi di informazione. Questa politica si sente debole, e questo è un fatto: briga con la stampa, minaccia, manda messaggi e prova a intimidire e a bloccare le narrazioni come quella fatta dal Guardian. Ma davvero possiamo continuare a giustificarci dicendo: “tengo famiglia”? Qualche settimana fa ho recensito, su Sette, il libro della ministra Eugenia Roccella. La ministra ha reso pubblici i traumi che ha vissuto nella sua vita familiare. Voglio essere sincero: mentre leggevo il libro mi si stringeva il cuore, pensavo alle ferite, insanabili, che la famiglia ha procurato alla ministra Roccella. Mi sarei aspettato che qualcun altro, oltre me, si fosse premurato di sfogliare quel libro per valutare, magari con la consulenza di un esperto – qualifica che io non ho – se una persona con quei trascorsi e con quei traumi può effettivamente essere la persona più adatta per il dicastero che le è stato affidato, ovvero quello della famiglia, la natalità e le pari opportunità. Mentre leggevo mi veniva da pensare che la ministra deve aver confuso il suo abbandono con la stepchild adoption, finanche con la GPA solidale, dato che la perdona a cui è stata affidata nei primi anni di vita non aveva avuto figli, ma ne avrebbe voluti”.

Questo governo in pochi mesi ha reso legge i desiderata più sconci e indicibili in tema di migrazioni. Come vedi il presente e il futuro prossimo della rotta Mediterranea e della rotta balcanica
“Tutto ciò che non è regolamentato, dal consumo di stupefacenti alla GPA solidale, dall’eutanasia ai flussi migratori, aprendo alla possibilità di accedere al mercato del lavoro europeo legalmente, ha conseguenze nefaste in termini di spregio totale dei diritti umani e di pericolo reale per la tenuta democratica. Naturalmente, non avendolo fatto i governi che hanno preceduto questo, non mi aspetto un sussulto di responsabilità proprio adesso. Vivremo anni terribili, in cui moriranno a migliaia in mare. Spesso non ne sapremo niente, perché i testimoni sono stati bloccati e le operazioni di salvataggio sono diventate operazioni di polizia, in cui più che dare i numeri, altissimi, dei salvataggi, si preferisce riportare notizie sugli arresti di presunti scafisti e trafficanti di esseri umani”.

Da intellettuale che lavora e crede nella forza della parola come valuti l’opposizione “culturale” oggi in Italia
“Timida. Disunita. Campanilistica. Mi fermo perché l’ultima volta che ho ritenuto importante fare un appello agli intellettuali, proprio per unirci contro l’attacco alle Ong, mi sono arrivati tanti messaggi privati, ma pubblicamente solo in pochi hanno deciso di esporsi. Lo stesso quando ho raccontato come, durante la parata del 2 giugno, si volesse far passare in cavalleria un atto gravissimo. In privato tanti “hai ragione”, anche argomentati. Ma in pubblico si sceglie il silenzio”.

Eppure continuano a ripetere (non solo da destra) che “vedere fascismo dappertutto” faccia il gioco di Giorgia Meloni…
“Intanto “loro” stanno riabilitando il fascismo: mentre ci si affanna a dire che il fascismo non esiste, loro stanno facendo passare l’idea che c’è stato anche tanto di buono… Riusciamo ad avere la serenità di leggere come altamente pericolosa tutta la polemica sulla assurda distinzione della X MAS prima e dopo Borgese? Riusciamo a interpretare così le infelicissime uscite di La Russa O le illazioni di Cirielli sul carattere generoso e non aggressivo degli italiani?”.

Noam Chomsky dice che il compito degli intellettuali non è più quello di guidare le masse ma di aiutare le persone a decifrare la propaganda della classe politica e a individuare le strutture di potere. C’è lo spazio qui in Italia per poterlo fare, ci sono i luoghi e i mezzi? E soprattutto, quanto costa a livello personale?
“Lo spazio è risicato e il costo, a livello personale, è altissimo. Anche perché i ministri di questo governo sono agguerriti e non hanno alcun problema a minacciare querele, a chiamare quotidiani e giornalisti. Chi fa informazione oggi in Italia non si sente affatto sereno”.

Nel frattempo l’antimafia sembra essere diventata un passatempo per pochi appassionati e privilegiati. La sua trasformazione da sistema criminale a sistema di potere ha segnato il passo per la sua “normalizzazione”? Noti anche tu un nuovo lassismo nella lotta alle mafie?
“Per Falcone e Borsellino era chiaro che fare antimafia era innanzitutto una questione culturale che doveva coinvolgere la società civile. Non è un dettaglio insignificante. Fare dell’antimafia una questione culturale significa dare spazio a questo tema e al dibattito che genera anche e soprattutto al di fuori dei contesti di riferimento. Forze dell’ordine e magistratura devono occuparsi di mafia. La cronaca giudiziaria è coinvolta, gli avvocati penalisti anche. Manca la società civile, l’unica forza realmente in grado di mettere in moto un cambiamento dal basso. Le mafie non si sconfiggono unicamente con azioni di polizia, né con le condanne, ma diffondendo una cultura della legalità. Sono moltissime le persone che si occupano di diffondere la cultura della legalità, ma è chiaro che questo accade in spazi angusti, dove è possibile raggiungere, di volta in volta, solo poche centinaia di persone. Il dibattito televisivo tende a concentrarsi sul segmento giustizialista: più carcere, maggiori condanne, pene più severe, eliminare le garanzie per gli imputati. Quante volte sentiamo dire l’idiozia che in italia non ci sarebbe certezza della pena Per affrontare le mafie bisogna per prima cosa sottrargli ambiti di mercato da cui traggono le maggiori risorse… Ma a parlare di legalizzazione delle droghe si fa la figura del marziano. Poi bisogna necessariamente partire dalle carceri, renderle luoghi dignitosi, in cui per sopravvivere non deve essere necessaria la protezione delle organizzazioni criminali. Si entra in carcere per un banale furto e si esce affiliati. Il tempo per queste trasformazioni è passato, per pavidità non si è fatto nulla di quanto sarebbe stato necessario. Oggi dobbiamo solo fare resistenza, perché se una riforma seria delle carceri non è riuscito a farla il governo Gentiloni, dopo le energie e le risorse economiche spese per gli Stati generali dell’esecuzione penale promossi dell’ex guardasigilli Andrea Orlando, non ho alcuna fiducia che possa farlo questo governo, per cui chi sta in carcere, dentro, possibilmente, ci deve anche marcire. Con buona pace delle speranze che qualcuno aveva mal riposto in Carlo Nordio”.

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In Maserati verso le dimissioni

Ogni giorno che passa la vicenda della ministra al Turismo Daniela Santanchè si arricchisce di particolari che sostanzialmente ci dicono una cosa: molto probabilmente sta mentendo. L’ultima novità è una sua villa di lusso in centro a Milano per garantire i debiti contratti da Visibilia srl le cui vicende societarie sono al centro di un’inchiesta della Procura di Milano.

Quando parlarono della società Visibilia le inchieste giornalistiche e la trasmissione di Ranucci Report la ministra rispose piccata di non avere nulla a che fare con quella società. È curioso che qualcuno vincoli beni personali per una società con cui non ha niente a che vedere, no? Ma la domanda a cui non risponderà oggi in Senato è il modello imprenditoriale delle sue aziende Ki Group (acquisita nel 2011 insieme all’ex compagno Canio Mazzaro e gestita dalla ministra fino al 2022) e Visibilia srl in cui i manager guadagna moltissimo mentre dipendenti e fornitori non riescono nemmeno a ottenere ciò che gli spetterebbe, secondo le testimonianze che abbiamo potuto leggere e ascoltare.

Scorrazzare su una Maserati pagata da una società piena di debiti accumulando multe mai pagate in qualsiasi Paese evoluto porterebbe un politico alle dimissioni. Non c’entra la giustizia, è un questione di opportunità. Un ministro rappresenta il governo di cui fa parte: i colleghi ministri e la presidente del Consiglio condividono questo modus operandi? Questo è il punto. E proprio per questo la magistratura non c’entra un fico secco.

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L’Italia di Meloni esiste solo nei suoi sogni

Sulla narrazione, nessun dubbio è quasi imbattibile. Peccato che con la narrazione non si rassicuri l’Unione europea e non si possano piegare i numeri. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni inizia la settimana mettendoci la faccia nel tentativo di risollevare le sorti di un governo pieno di lividi dopo il fallimento del Consiglio europeo, il caso Santanchè ancora caldo e le infelici uscite del sottosegretario Vittorio Sgarbi, mentre Salvini e Tajani litigano in mezzo alla piazza sulla collocazione europea.

La premier apre la giornata con un’intervista al Corriere della Sera in cui celebra il successo italiano “in tema di contrasto di flussi migratori” (sono aumentati quasi del 50% dall’anno precedente) e chiedendo di “smettere di fare allarmismo sul Pnrr”. La tecnica è fin nota nella politica italiana: “Colpa dei governi precedenti”, dice Meloni riferendosi a Mario Draghi e Giuseppe Conte. Basta “tafazzismo”, chiede la presidente del Consiglio. Insomma, aggiustare la narrazione.

La premier Meloni sempre più allergica alle critiche racconta agli imprenditori un Paese che non c’è

Nel pomeriggio interviene all’Assemblea generale di Assolombarda e mantiene lo stesso copione Torna a parlare dell’Italia come una nave, “la nave più bella del mondo”, invitando a “remare insieme” e mandando a dire che chi non accogliere l’invito bipartisan “avrà qualcosa da imparare”. Rivendica di aver contribuito a costruire un contesto nell’Ue in cui ora si inizia a parlare nientemeno che di sovranità, cosa impensabile qualche mese”. Declina un progetto di transizione con un paletto fermo, quello per cui “non possiamo smantellare la nostra economia per inseguire la transizione ecologica”.

Simula apertura chiedendo di “lavorare insieme” ma poi non riesce a trattenersi nell’additare l’opposizione. Anche questo è uno schema già noto. Meloni prima spiega che “su una partita del genere occorre comportarci come un solo uomo: maggioranza, opposizione, tutti i livelli istituzionali. Aziende, sindacati, magistrati, intellettuali, gente comune”. Subito dopo avverte che “non è in gioco il governo ma la credibilità internazionale dell’Italia”. E questo perché c’è “chi non perde occasione per fare polemica, e persino chi tifa perché si fallisca”. La confusione tra governo e partiti è il trucco per poter censurare gli oppositori della maggioranza come nemici della patria. Anche questa è una scena già vista e giù usata. Ogni volta funziona sempre meno.

Dalla presidente del Consiglio arriva l’esortazione a “combattere l’autodistruttivo sminuirci”, sostenuta da una riflessione sui fondamentali dell’economia, riferendosi a dati della crescita che “dimostrano un’affidabilità maggiore rispetto al resto dell’Eurozona”. In quegli stessi minuti arriva la notizia che l’indice PMI relativo al settore manifatturiero dell’Eurozona, redatto da S&P Global, è diminuito a 43.4 toccando i peggiori livelli da maggio 2020: tra i peggiori c’è l’Italia.

Così basta poco all’opposizione per incalzare il governo. La deputata di Azione Ruffino sottolinea come Meloni “ama gli squilli di fanfara, mostrine e pennacchi” e chiede quando arriverà “la crescita per gli italiani”: “L’Italia cresce, ed è una buona notizia e Meloni se ne assume il merito. – dice Ruffino – Ma scusi, presidente, fino a oggi che cosa avete fatto? E quando mancano tre anni alla scadenza dei termini del Pnrr per l’uso di quelle risorse, ci sono ancora tutte quelle cose da fare? De Luca del Pd sottolinea come “dal governo arrivino stalli e rinvii su tutti i fronti”. Fratoianni di Sinistra Italiana parla di governo con “una postura claudicante, incerta e anche un po’ confusa”.

“È un governo della restaurazione, reazionario. – interviene il leader del M5S Giuseppe Conte -. Un governo che getta benzina sul fuoco, in modo consapevole sta programmando un incendio sociale”: “oggi in completa difficoltà va in Europa e dice che dovremmo essere come un solo Paese. Il problema è che dovrebbe accettare la nostra offerta di collaborazione e poi potremo iniziare a capire dove metter mano”.

Anche la segretaria dem, Elly Schlein, attacca sul fronte del lavoro: “Non e’ un governo inconsapevole. – dice – È una precisa strategia, quella di aumentare le disuguaglianze”. “Il mio giudizio su questo governo, – aggiunge Schlein – è molto negativo, è campione di rinvii e scaricabile. E finge non esistano lavoratori poveri, invece è la realtà dei dati. Il salario minimo è un passo fondamentale oggi, ma non sufficiente”. Intanto il presidente della Società Italiana di Economia (Sie), Mario Pianta ricorda che redditi reali hanno perso il 15% del potere d’acquisto in due anni.

 

Leggi anche: In ritardo 17 progetti su 27. Sul Pnrr è il solito scaricabarile. La terza rata continua a slittare e il governo non ha neppure provato a chiedere la quarta

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In ritardo 17 progetti su 27. Sul Pnrr è il solito scaricabarile

Lo ripete da giorni: “Sul Pnrr non ci sono ritardi, c’è semplicemente un lavoro serio che stiamo cercando di fare”. La verità però dovrebbe essere un prerequisito di ogni ragionamento serio. Sul Pnrr per ora non ci siamo. Lo scorso 30 dicembre il governo Meloni ha inviato alla Commissione europea la richiesta per ricevere i 19 miliardi di euro della terza rata, affermando di aver centrato gli impegni fissati per il secondo semestre del 2022, in parte già raggiunti dal precedente governo Draghi. Dopo sei mesi i soldi della terza rata non sono ancora stati erogati.

La terza rata del Pnrr continua a slittare e il governo Meloni non ha neppure provato a chiedere la quarta

Per la prima e la seconda rata la conferma dell’erogazione era avvenuta circa quattro mesi dopo la richiesta da parte del governo Draghi. Tra le altre cose la Commissione europea ha contestato il finanziamento con il Pnrr – stabilito prima dell’insediamento del nuovo governo – degli interventi del Bosco dello Sport di Venezia e dello stadio Franchi di Firenze, poi esclusi. Pagella politica fa il punto.

“La valutazione della Commissione europea ai fini del pagamento della terza rata è in via di completamento. Il processo di assessment, sin dall’invio della domanda di pagamento, ha richiesto tempi più lunghi, d’intesa con i servizi della Commissione, per la complessità degli obiettivi da conseguire per questa rata e per gli approfondimenti che si sono resi necessari, nelle interazioni con la Commissione, per alcune scadenze”, si legge nella terza Relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza” trasmessa al Parlamento a inizio giugno.

Le scadenze che il nostro paese avrebbe dovuto portare a compimento entro il 30 giugno sono 27

Secondo Il Sole 24 Ore, se non ci saranno altri intoppi, l’erogazione effettiva dei soldi della terza rata avverrà soltanto a settembre. Secondo Il Foglio il governo avrebbe rifiutato la proposta della Commissione Ue di ricevere solo un pagamento parziale della terza rata. Come sottolinea Openpolis le scadenze che il nostro paese avrebbe dovuto portare a compimento entro il 30 giugno 2023 sono 27. Riguardano la transizione ecologica (7), la pubblica amministrazione (4), l’inclusione sociale e lavoro e imprese (3). Ma sono solo 10 quelle completate, anche se tra le 17 ancora da conseguire, 4 possono essere considerate a buon punto. Cioè vicine al completamento, in base alle informazioni disponibili.

Da mesi – sempre secondo Openpolis – ormai il governo dichiara di essere al lavoro su una proposta di revisione complessiva del Pnrr da inviare entro la fine di agosto 2023. Modifiche che dovrebbero integrare il capitolo sul piano energetico RepowerEu e stralciare le scadenze e i progetti considerati irrealizzabili. Nella relazione sullo stato di attuazione si legge che saranno oggetto di rimodulazione anche le scadenze di questo primo semestre 2023.

Perché modificare le scadenze già del 2023? “Se la rimodulazione riguardasse quelle a partire dal 2024, – spiega Openpolis – l’esecutivo avrebbe potuto raggiungere i milestone e i target previsti entro fine giugno. Se non la totalità, quasi. Non tutte e 17 le scadenze che risultano in ritardo infatti prevedono interventi irrealizzabili. Per quanto ne sappiamo, solo 5 sono etichettate come critiche. Completando gli interventi da cronoprogramma, l’esecutivo sarebbe stato almeno nelle condizioni di richiedere la quarta rata di finanziamenti. Un segnale positivo, a maggior ragione considerando che la Commissione europea non ha ancora approvato l’invio della terza tranche. Fondi che il nostro paese aspetta dalla fine del 2022 e su cui evidentemente ci sono ancora dei dubbi”.

Ma non sono gli unici ritardi. Anche il fondo complementare al Pnrr, finanziato con quasi 31 miliardi di euro creato nel 2021 da Draghi annaspa, come dimostrano i monitoraggi finora realizzati dalla Ragioneria generale dello Stato.

Tra gli obiettivi fissati per il terzo trimestre dello scorso anno (luglio-settembre 2022) il 16% non era stato conseguito e il 42% era stato solo parzialmente conseguito (all’epoca il governo in carica era quello di Draghi). Tra quelli fissati per il quarto trimestre (ottobre-dicembre 2022) il 25% non era stato conseguito, mentre il 54% era stato raggiunto solo parzialmente. Ai ritardi si aggiunge il fatto che, un po’ come avvenuto per il Pnrr, sul fondo complementare è difficile poter fare un monitoraggio puntuale.

“La ricerca di informazioni sull’attuazione del fondo complementare non solo è più difficile di quella del Pnrr, ma quasi impossibile”, scrive Openpolis, spiegando che “nei prossimi sei anni ci sarà una carenza di 7mila medici di famiglia”.. Così tra carenze di organico, invecchiamento progressivo di chi opera nel settore della Sanità pubblica e mancate assunzioni, la situazione non è affatto destinata a migliorare. Tanto che Silvestro Scotti, segretario generale Federazione Italiana Medici Medicina Generale (Fimmg), presentando il report di Eurispes-Enpam ha spiegato che “nei prossimi sei anni ci sarà una carenza di 7mila medici di famiglia”.

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Si sciolgono appena fuori dal cortile

Per tastare il polso del collante della maggioranza che tiene in piedi il governo italiano si potrebbe analizzare con serenità ciò che è accaduto ieri tra i tre partiti che la compongono. Mentre Giorgia Meloni si prendeva la scena per usare la propria figura come specchietto per le allodole, provando a coprire le falle che ormai si scorgono anche da un occhio distratto, Matteo Salvini e Antonio Tajani, rispettivi capi di Lega e Forza Italia si sono menati per l’intera giornata.

Il motivo del contendere non è cosa di poco conto, se la politica fosse davvero una sintesi di idealità e progetti: la collocazione politica per l’Unione europea che verrà. Durante il fine settimana Matteo Salvini aveva spiegato in un’intervista al Corriere della Sera il suo desiderio di un “patto scritto per il centrodestra”, invitando gli alleati del governo Meloni ad essere “tutti uniti in Europa” e rimarcando la sua vicinanza all’estrema destra francese: “Le Pen come la Lega”.

Tajani ieri ha risposto così: “Voglio essere molto chiaro – spiega Tajani ospite di Rai3 – sono anche vicepresidente del Ppe: per noi è impossibile qualsiasi accordo con Afd e con il partito della signora Le Pen”, ovvero i ‘post-nazisti’ della Alternative für Deutschland tedesca e il Rassemblement National, ormai partito leader della destra francese.

Dice Tajani che la Lega è un partito “ben diverso” dai suoi alleati. Dice la Lega – per bocca di Marco Zanni, l’europarlamentare e presidente del gruppo di Identità e Democrazia – che sono odiosissimi gli alleati con cui governa Forza Italia.

Potrebbe sembrare un banale battibecco ma è il codice genetico di questa maggioranza: si disprezzano, hanno visioni opposte ma stanno insieme. Cosa li tenga insieme a questo punto è facilmente decifrabile: il potere per il potere. E anche questa volta Giorgia Meloni potrà giganteggiare solo per il pregio di fargli fare pace. Con che esca Sempre il potere.

Buon martedì.

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La pifferaia ha perso la sua magia

Il pifferaio magico Giorgia Meloni (qui lo mettiamo al maschile così soddisfiamo il suo machismo declinatorio) ieri ha passato l’intera giornata a passeggiare per le vie della stampa nazionale irretendo gli opinionisti.

La musica sullo spartito è sempre la stessa, una fanfara ormai greve di nazionalismo senza spinta che vede “l’Italia rialzarsi”, “protagonista in Europa”, che “celebra il successo sul fronte migratorio”, con “l’economia più affidabile in Europa” in cui tocca stringersi a coorte per non perdere l’occasione del Pnrr.

Mentre la presidente del Consiglio intonava la sua visione fiabesca, però, non c’è traccia della terza rata del Pnrr e forse per pudore non è stata richiesta la quarta, gli sbarchi sono scomparsi solo dalle notizie della stampa amica, i suoi alleati ingolfano l’Unione europea, il manifatturiero italiano è fanalino di coda in Europa, i pasti per gli italiani costano 4 miliardi in più all’anno (lo dice Coldiretti), i dati della discriminazione sul lavoro sono allarmanti e colpiscono i precari che saranno ancora di più per il Decreto lavoro, l’Emilia Romagna sta vivendo l’emergenza più lenta della storia d’Italia.

A differenza di quello di Hamelin, però, il pifferaio di Palazzo Chigi non lo seguono nemmeno i compari. Mentre Meloni magnifica il suo governo i leader suoi alleati, Tajani e Salvini, se le danno tutto il giorno di santa ragione per la collocazione europea. Nemmeno i fratelli Grimm erano arrivati a tanto.

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Gli scontri in Francia e l’esterofilia solo quando serve

All’ombra di una politica che parla di tutto, sentenzia su ogni cosa ed è capace di imballarsi un paio di giorni sui nomi che dovremmo dare ai nostri animali domestici per non togliere il sorriso alla ministra Roccella oppure su Sgarbi che a sorpresa fa lo Sgarbi, le proteste francesi scoprono un nervo del dibattito politico italiano: l’esterofilia solo quando torna utile.

La nostra classe politica commenta con piglio da generale l’invasione dell’Ucraina, indossa stellette da ammiraglio per analizzare (male) gli sbarchi nel Mediterraneo, assume la posa del missionario per rivenderci il “piano Mattei” in Africa, discute di elezioni statunitensi con la sicumera del corrispondente ma sulla Francia spiccica a malapena qualche parola di circostanza.

C’è da capirli. La rivolta dopo i fatti di Nanterre li costringerebbe ad affrontare temi che scottano a Parigi come scottano anche da noi. C’è un poliziotto che dice di “voler mettere una pallottola in testa” a Nahel che – guarda il caso- era un ragazzo di origine franco-algerina e infine gli mette una pallottola nel torace. C’è il depistaggio iniziale delle forze dell’ordine. C’è una legge che nel 2017 ha reso ancora più lasso l’utilizzo delle armi da parte delle forze dell’ordine (un’aspirazione anche molto italiana). C’è un presidente, Macron, che soffia sul liberismo fingendosi progressista che soffia sulla disuguaglianza sociale. Ci sono i poveri che sono sempre più poveri e che non intravedono futuro.

Problemi francesi, certo, ma temi italianissimi. A Parigi come a Roma la xenofobia istituzionale ha reso i francesi di seconda generazione abbastanza poveri per essere incazzati mentre li osserva con la pelle più scura dei francesi conformi. La miscela perfetta per concimare l’ignoranza dei nazionalisti. Così nell’imbarazzo della politica italiana godono gli xenofobi nostrani pregustando il futuro che potrebbe accadere anche qui e balbettano i progressisti che con troppa verve hanno decantato il modello Macron.

Buon lunedì.

Nella foto: frame del video sugli scontri a Nanterre

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