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TheBorderline, YouTube e la monetizzazione delle tragedie – Lettera43

La mattina di Ferragosto del 1962 Bruno Cortona, 36enne vigoroso ed esuberante, amante della guida sportiva e delle belle donne, schizzava per le vie di Roma con la sua Lancia Aurelia B24 convertibile. Dopo un sorpasso azzardato, per evitare l’impatto con un camion che arrivava dalla parte opposta, sterzò violentemente. Lui venne sbalzato fuori dall’auto che finì in una scarpata. Il suo passeggero, un giovane di nome Roberto e di cui Cortona non sapeva nemmeno il cognome morì. L’inno alla spericolatezza sta dentro un film di Dino Risi, Il sorpasso. Il mito della velocità associata al rischio e del sorpasso azzardato come termometro di virilità fu uno dei capisaldi del boom economico.  Si può facilmente immaginare che qualche incidente sia accaduto per emulazione. Nessuno si sognò mai di mettere sotto accusa il cinema italiano, di chiederne la chiusura per la veicolazione di messaggi che rischiavano di essere diseducativi. Così come nessuno si sognerebbe di chiedere la chiusura della letteratura per libri splatter (per di più brutti, a differenza del capolavoro di Risi) che hanno il culto della violenza come unica matrice letteraria. Così come nessuno chiederebbe di chiudere le gelaterie se un gelataio venisse condannato per pedofilia.

TheBorderline, YouTube e la monetizzazione delle tragedie
Una scena de Il sorpasso di Dino Risi.

YouTube e i social sono luoghi: criminalizzarli tout court è un errore

Non commettere l’errore di criminalizzare un mezzo. Si potrebbe partire da qui per tirare le fila della vicenda in cui ha perso la vita Manuel Proietti, 5 anni, mentre tornava a casa con la madre, travolto da una Lamborghini guidata da Matteo Di Pietro, 20 anni, impegnato in una “challenge” che non è altro che una di quelle sfide sceme in cui si mette a rischio la propria vita e quella degli altri per diventare “popolari” tra gli amici. Solo che Matteo Di Pietro è anche uno dei membri del gruppo di youtuber TheBorderline, gli amici con cui vantarsi di fare lo scemo sono migliaia e le sue bravate gli fanno guadagnare soldi – molti soldi – oltre alle pacche sulle spalle degli amici. C’entra YouTube? C’entrano i social? Sì e no. YouTube è un luogo. Su YouTube gli scemi possono godersi gli incidenti, le risse e le imprese degli altri scemi senza bisogno di uscire di casa e senza creare ingorghi in autostrada. Accade, come sui social, che lo scemo del villaggio possa acquisire una popolarità ben oltre il baretto sotto casa. La violenza, la stupidità, perfino i poco rispetto per le altre vite umane esercita da sempre una sinistra fascinazione. Per ricevere lettere adoranti di fan scatenate Pietro Maso dovette uccidere i genitori, finire sui giornali e in televisione. Oggi gli sarebbe bastato un video su TikTok in cui avrebbe annunciato di ritenere il denaro e la bella vita una priorità ben più importante degli affetti familiari. Con quella faccia, con il suo foulard, avrebbe avuto un gran successo, sicuro.

Non esiste una “generazione” che usa male i social e una “generazione” che li nobilita. Esistono – questo sì – irresponsabili che diventano un modello. Mica solo su YouTube. Matteo Messina Denaro viene mitizzato su TikTok da persone che ne onorano il mito anche in casa e per strada

Il rischio dell’ennesima guerra generazionale

Secondo errore da non commettere. Non dare l’idea di usare un presunto omicidio stradale (si può essere garantisti anche quando non si tratta di ministri, presidenti del Consiglio e sottosegretari, provateci) per accendere una guerra generazionale. Uno dei miei figli, l’altro ieri, con un moto di rabbia ha preso le difese di quei fessi sulla Lamborghini. Son rimasto stranito. Parlandoci ho colto che il punto era un altro: un eccesso di difesa (sbagliata nei modi) contro la criminalizzazione della sua generazione. Quello “youtuber” usato come clava è una disinformazione. Su YouTube e sui social girano contenuti belli e importanti. Oggi verrà rilanciato anche questo articolo. Non esiste una “generazione” che usa male i social e una “generazione” che li nobilita. Esistono – questo sì – irresponsabili che diventano un modello. Mica solo su YouTube. Matteo Messina Denaro viene mitizzato su TikTok da persone che ne onorano il mito anche in casa e per strada. Il film Il Padrino viene usato come favoreggiamento culturale da persone che adorano il crimine anche nella vita reale.

TheBorderline, YouTube e la monetizzazione delle tragedie
Una delle challenge dei TheBorderline (dal loro canale YouYube).

Chi ha guadagnato e continua a guadagnare dalle tragedie

Quindi cosa fa schifo in tutta questa storia? L’avidità criminale. Se è vero che le dinamiche dell’incidente sono indagate dalla Procura è altresì vero che i comportamenti dei TheBorderline sono sotto gli occhi di tutti. I ragazzotti, ancora sporchi di lamiere, hanno avuto l’indole di monetizzare perfino la tragedia. Qualche testimone racconta che abbiano continuato a filmare anche dopo lo schianto. Lo appureranno le indagini. Di sicuro hanno goduto di un’impennata di visualizzazioni e di follower sul loro canale che ha continuato a monetizzare. Così per difendersi dall’accusa di lucrare sul rischio (e in questo caso perfino su morto) hanno pubblicato un video di lutto sgangherato che ha rafforzato il branding. «Quel video non era monetizzato», li difende qualcuno. Ci mancherebbe. Ma per attingere al loro lutto hanno invitato tutti nel loro negozio degli orrori. Dopo la tragedia di Casalpalocco 30 mila visualizzazioni hanno rimpinguato le casse dei TheBorderline e di Google. Negli Usa, a quanto risulta a Lettera43, hanno fatto orecchie da mercante. Nessuno aveva intenzione di chiudere la monetizzazione sul canale, anzi. Solo l’insistenza del team italiano ha fatto sì che ciò accadesse. E così ieri YouTube ci ha messo una pezza. «Siamo profondamente addolorati per la tragedia. Abbiamo rimosso gli annunci dal canale The Borderline in conformità con le nostre norme sulla responsabilità dei creator a seguito di comportamenti dannosi per la community di YouTube. Ogni creator di YouTube dovrebbe rimanere responsabile sia all’interno che all’esterno della piattaforma. Di conseguenza questo canale non può più guadagnare dalla pubblicità», ha spiegato un portavoce. Con un certo ritardo si è intervenuti su un sistema mostruoso che dovrebbe cogliere l’occasione per interrogarsi. Anche in questo caso senza cadere nell’errore della settorizzazione. Pensateci: quanto hanno guadagnato i media trafugando gli aspetti più intimi nell’omicidio di Giulia Tramontano? Pensateci. Il problema qui non è solo YouTube.

Schlein rivendica la linea dem. E gela i nostalgici del renzismo

Nella prima direzione del Partito democratico dell’era Schlein la segretaria è tutt’altro che intimorita. Non si tira indietro sui deludenti risultati alle ultime elezioni amministrative. “C’è stato un forte psicodramma attorno alla sconfitta alla amministrative. – spiega la segretaria -. Noi oggi non abbiamo una coalizione e non vinciamo da soli, così come non abbiamo perso da soli: non attiriamoci più demeriti di quelli che abbiamo”.

Alla sua prima direzione nazionale del Pd Elly Schlein avverte: “Basta al partito che dice tutto e il contrario di tutto”

E ha citato i risultati dei rivali: “La Lega è passata da 107 a 37 consiglieri e altre forze ne hanno eletti 5 in tutto. La destra ha una coalizione che si ricompatta e noi non ce l’abbiamo oggi quella coalizione e non pensiamo di essere autosufficienti”. Il Pd, rivendica, ha ricevuto “un’apertura di credito che ci ha permesso di riportare il partito dal 15 al 21%”.

Propone “un’estate militante” del partito sui territori in cui incalzare il governo: “Meloni – dice – ha passato tutta la campagna elettorale dicendo che bisognava cambiare il Pnrr, dopo nove mesi ancora non ha detto cosa vuole cambiare”. La segretaria aggiunge: “Da mesi chiediamo al governo di riferire in Aula quali modifiche intenda fare al Pnrr. Siamo a giugno, sveglia”. Annuncia “un grande appuntamento il 14 e 15 luglio con i sindaci contro l’autonomia differenziata di Calderoli”: “Alessandro Alfieri e Marco Sarracino stanno già preparando un ordine del giorno”, dice.

Inoltre il 30 giugno ci sarà una grande manifestazione sulla casa: la sta organizzando Alessandro Majorino e alla presenza dei sindaci per presentare le idee del Pd e per far partire una “campagna di ascolto e tirare le fila a settembre per elaborare un nuovo piano casa”. Chiede di battersi “per la progressività fiscale” definendo “vergognoso” che Giorgia Meloni parli di “pizzo di stato” riferendosi alle tasse. Chiede “politiche di accompagnamento alla transizione digitale e alla transizione ecologica vera e giusta, che non lasci indietro le imprese piccole e medie che, da sole, non hanno gli strumenti per stare nelle transizioni epocali. Il Pnrr deve servire a questo, a darsi il piano industriale che manca a questo Paese”.

“Il 6 luglio – aggiunge – cominceremo un ciclo di incontri con le nostre proposte per il piano industriale che serve al Paese”. E sul tema della sanità annuncia: “Guardiamo con attenzione alla manifestazione della Cgil sulla sanità il 24 giugno. Saremo al loro fianco”. Sulle immigrazioni chiede a nome del partito “subito una missione di ricerca e soccorso” nel Mediterraneo appoggiando la proposta dell’Anpi per una giornata di lutto europea dopo la strage in Grecia. Conferma gli aiuti militari all’Ucraina ma sottolinea che “serve un approdo di pace”. Poi stocca la minoranza interna: “Vanno bene le discussioni e le critiche, ma anche la lealtà sui temi che ci uniscono”, dice, aggiungendo che “il logoramento dei segretari non funzionerà”.

Il messaggio è chiaro. Secondo la segretaria il suo mandato è di “dare al Pd un’identità chiara”, non le sta bene un partito in cui “si dica tutto e il contrario di tutto”. “Se a qualcuno questa linea non piace lo ammetta e non trovi altre scuse”, dice Schlein, con un riferimento nemmeno troppo velato a Alessio D’Amato che ha comunicato le sue dimissioni dall’assemblea del partito. La minoranza rumoreggia. La linea è chiara: per gli addii della minoranza interna nella segreteria nessuno si strugge. E parlando di alleanza ricorda lo schema delle prossime elezioni in Molise: “Noi siamo con il Movimento 5 Stelle, Renzi è alleato con la destra”.

Leggi anche: “È solo l’inizio, non ci fermeremo. Il Paese reale in piazza con noi”. Parla la vice presidente del M5S, Todde: “Esiste un’Italia che non crede alla retorica delle destre”

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Blocco navale per il Pride. L’evento di Catania interrotto con la flotta

Per capire l’aria che tira e per comprendere come le parole della politica poi abbiano effetti sulle persone occorre raccontare cosa è accaduto a Catania, dove il comitato organizzatore del Catania Pride denuncia di avere subito “una discriminazione e una repressione mirata” durante la serata conclusiva.

Alle tre di notte è scattata l’incursione. Blitz delle forze dell’ordine via mare e terra per fermare la serata conclusiva del Catania Pride

Come ogni anno, spiega Dario Accolla, “alla fine del corteo organizziamo una festa, di solito in spiaggia, in lidi che ci vengono messi a disposizione. Non è un evento a scopo di lucro, ci serve per coprire i costi del Pride, i biglietti per gli ospiti, il noleggio degli impianti”. Solo che, racconta il comunicato del comitato organizzatore, “mentre agli altri locali della Playa di Catania è stato concesso di continuare le loro attività fino alle ore 6, i partecipanti all’evento del Pride sono stati obbligati a terminare l’evento alle ore 3”. Un palese “trattamento discriminatorio” per le realtà associative catanesi “assolutamente inaccettabile” che “denota una volontà di reprimere e soffocare l’espressione della comunità LGBTQIA+”.

Tutte le discoteche sulla spiaggia hanno la licenza per passare la musica fino alle tre del mattino. Regolamento su cui però vige un’ampia tolleranza, dato che tutte le serate in spiaggia si concludono solitamente all’alba. Ma le forze dell’ordine, nella notte tra il 17 e il 18 giugno, hanno fatto rispettare tali limitazioni solo al Blu, il lido in cui si teneva la festa della marcia arcobaleno etnea. “Attaccare l’evento conclusivo significa attaccare proprio il Pride e l’autofinanziamento della nostra manifestazione politica, mentre si strizza l’occhio a chi finanzia il malaffare e il benessere di pochi. Questo atteggiamento è vergognoso e dimostra quanto sia necessario un cambio radicale nella mentalità delle forze dell’ordine e della classe politica che le controlla”.

Dario Accolla, del comitato organizzatore, ci spiega che “la presenza massiccia delle forze dell’ordine era visibile fin da subito”. Qualche partecipante racconta di avere visto in mare anche “unità della Guardia costiera”. Quando qualcuno ha chiesto agli agenti intervenuti per fermare la festa perché tutti gli altri locali stessero tranquillamente continuando sforando l’orario stabilito dal regolamento comunale la laconica risposta è stata “non possiamo controllare tutti”. “Noi non contestiamo l’applicazione del regolamento . spiega Accolla – ma sottolineiamo la discrezionalità con cui si decide che qualcuno debba rispettare le regole e altri no”.

Molti gli attestati di solidarietà ricevuti da associazioni e cittadini. Sulla pagina Facebook del Pride catanese Puglia Pride racconta di avere “subito una repressione identica, con la volante che è venuta alla festa da mezzanotte ogni ora, dicendoci di abbassare il volume e facendoci chiudere alle 3”. Il deputato del Pd Anthony Barbagallo ha annunciato un’interrogazione al ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi.

“Il nostro è stato un Pride molto politico – spiega Accolla – e non vorremmo che alcuni interventi contro il governo, come quello molto duro di Alessia Crocini, la presidente di Famiglie Arcobaleno, abbiano indispettito qualcuno”. Nei prossimi giorni sono previste manifestazioni di piazza e un incontro con il Questore. Come diceva qualcuno, a pensare male si fa peccato ma qualche volta ma spesso ci si azzecca.

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Cosa c’è di più violento di un attacco agli affetti?

Il disastro lo spiega benissimo Riccardo Magi, segretario di +Europa: “È arrivata la notizia del primo annullamento, una conseguenza di questo clima di persecuzione che c’è contro le coppie omogenitoriali. La procura di Padova ha impugnato 33 atti di nascita, non sono pezzi di carta ma bambini, esseri umani: ecco cosa produce l’omofobia di Stato di questo governo e di Piantedosi”. Intervistato da La Stampa Magi è assolutamente convinto che malgrado a parole il governo continui a dire che non vuole colpire i bambini, siano proprio i minori a essere discriminati. “Come si fa a dire che non si vogliono discriminare i bambini? È il ritornello che abbiamo sentito dalla maggioranza in queste settimane: oggi si vede che c’è una discriminazione forte. C’è una volontà di sterilizzazione delle persone Lgbtq+”. “Non possono adottare, non possono accedere alla gestazione per altri, vengono annullati atti di nascita che sono stati registrati in Paesi dove la Gpa è legale. Ci sembra uno scenario molto pesante e ci chiediamo anche se questi prefetti non abbiano altro di meglio da fare. È una vera e propria persecuzione. Una caccia a queste famiglie e a loro bambini, parliamo di famiglie consolidate, con bambini non neonati ma di sei anni”.

Di decisione “crudele e disumana” parla il deputato del Pd Alessandro Zan che la definisce una “diretta conseguenza della politica persecutoria del governo contro le famiglie arcobaleno. Questi bambini rimarranno orfani di una madre per decreto”. “Ma come si fa a cancellare una mamma per decreto? Il tentativo della procura di Padova di cancellare il diritto al riconoscimento di 33 bambini avvenuto già nel 2017, mi sembra un accanimento ingiustificato, in linea con un governo che vorrebbe controllare le vite, i destini e le scelte personali di tutti noi. Ci vogliono riportare al Medioevo, ai confini dell’Europa come le peggiori destre”, dice l’eurodeputata dem Alessandra Moretti.

Chissà cosa ne dicono quelli che da mesi sminuiscono la violenza di questo governo (nelle parole e nelle azioni) della politica che mette le mani negli affetti già cari, giustificandosi con “le carte a posto”. Chissà cosa serva più di qualche decina di bambini che si svegliano orfani per decreto.

Buon martedì.

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Prego, si accomodi all’uscita

Nella direzione di ieri del Pd Elly Schlein ha descritto un punto fondamentale che manca a questa opposizione: trovare punti comuni. È una pratica che sembra sconosciuta ai partiti che si oppongono a questo governo battagliando più contro gli altri partiti della minoranza che contro le pericolose idee di un governo che odia i poveri, odia i magistrati, odia la comunità LGBTQ+, odia i sindacati, odia i dipendenti pubblici, odia gli antifascisti e odia l’opposizione.

Non ci vuole molto a intuire che l’idea di Schlein sia quella di costruire un campo progressista che tenga insieme il M5S, Verdi e Sinistra e tutti coloro che credono che esista un’alternativa politica all’ammucchiata di postfascisti, sovranisti, liberisti travestiti da liberali e compagnia cantante. Le scelte da poter prendere sono due. Si può decidere di continuare sulla strada dei distinguo, ognuno concentrato sul proprio orticello regalando a Meloni una prateria di governo per i prossimi anni oppure ci si può prendere la responsabilità di riconoscersi diversi ma con l’impegno di costruire un’alternativa. Tertium non datur.

Rimane nel Pd l’atavico problema di una minoranza interna che tutti i giorni rinfocola le critiche della destra per logorare la propria segreteria e i possibili alleati. “Se a qualcuno questa linea non piace lo ammetta e non trovi altre scuse”, ha detto Schlein. Ci permettiamo di aggiungere un frase: vadano dove devono andare, insieme alla destra. Il campo sarà più chiaro e il Paese ne gioverà.

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Il miracolo della “frase shock” di Beppe Grillo

Da quasi due giorni se qualcuno leggesse la stampa Italiana potrebbe credere che un comico (a cui è capitato di dire cose profondamente sbagliate) abbia inneggiato alla lotta armata dal palco della manifestazione organizzata dal partito che ha fondato. Se uno leggesse i social e i commenti di illustri editorialisti orfani da pochi giorni del loro padrone sarebbe indotto a credere che in Italia, da qualche ora, sia in atto la ricomposizione delle Brigate Rosse, per di più alla luce del sole, per di più con una catena di comando venuta allo scoperto ancor prima di cominciare a delinquere.

La frase choc di Grillo, pronunciata a proposito di un cittadino multato per avere preso l’iniziativa di riparare una buca sotto casa, è questa: “Volete il leader? Ma siate i leader di voi stessi. Fate le brigate di cittadinanza, mettete il passamontagna e di nascosto andate a fare i lavoretti, mettete a posto marciapiedi, aiuole, tombini. Fate il lavoro e scappate. Reagite cazzo!”.

I fascisti che non vedono il fascismo perché ci dicono che sia morto hanno parlato di “parole
sconcertanti che evocano pagine drammatiche della storia del nostro Paese”. Ci sta. Sono
talmente fessi che non vedono l’ora di tornare allo scontro, unico loro modo di sentirsi politicamente vivi.

Il Terzo polo ha lucrato sul falso. La minoranza del PD, i cosiddetti riformisti, hanno ripetuto le stesse identiche parole della destra per indebolire la loro segretaria Schlein. È accaduto un piccolo miracolo: si sono riconosciuti uguali dei tonti che militano in partiti diversi. Ora non gli resta che unirsi, uscendo dall’ipocrisia.

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Voi vi fidereste di Galeazzo Bignami?

Come siamo messi sulla ricostruzione in Emilia Romagna Il ministro per la Protezione Civile Nello Musumeci qualche giorno fa ci aveva spiegato che “il governo non era un bancomat”. Dopo giorni di promesse, dopo 2,2 miliardi di euro che si sono magicamente ridotti a 1,6, dopo una nomina del commissario per l’emergenza che non arriva per mero calcolo politico la situazione è peggio di quanto si possa credere.

“Ad oggi ancora la Regione non ha trasmesso al governo, benché richiesto, nessun elenco degli interventi da eseguire. Ha chiesto 2,3 miliardi subito, sulla fiducia. Voi vi fidereste di Schlein e compagni? Ps: la cura del territorio colpito era competenza loro”, ha scritto sui social l’esponente di Fratelli d’Italia, Galeazzo Bignami. Sottotesto: avete votato a sinistra e quindi oltre a non darvi i soldi vi offendiamo mentre siete con i piedi in mezzo al fango.

Quanto la frase di Bignami sia stupida l’ha spiegato molto bene Davide Baruffi, sottosegretario alla presidenza della giunta regionale: “Bignami sa, o dovrebbe sapere – aggiunge Baruffi – che la ricognizione puntuale dei danni è attivata dal commissario per l’emergenza così come disposto dall’ordinanza del capo del dipartimento della Protezione civile dello scorso 8 maggio, nei 90 giorni successivi. Tuttavia – continua – per rappresentare al meglio al ministro competente lo stato dell’arte, nell’incontro di giovedì scorso al tavolo col governo il presidente Bonaccini ha già prodotto una prima stima, frutto dell’inteso lavoro condotto da sindaci e presidenti di Provincia, agenzia regionale di protezione civile e consorzi di bonifica, associazioni imprenditoriali e professionisti. Un lavoro estremamente importante che ci ha già consentito di presentare da un lato l’ammontare complessivo dei danni subiti dal sistema dell’Emilia-Romagna, dall’altro – in modo ancor più accurato e dettagliato – individuare e quantificare gli interventi urgenti e necessari per mettere in sicurezza – conclude – i fiumi entro la fine dell’estate, quelli per riparare le infrastrutture che ancora isolano le comunità e impediscono a diverse imprese di operare, quelli per le prime misure di sostegno alle attività economiche”.

Galeazzo Bignami è l’esponente meloniano di Fratelli d’Italia famoso (solo) per essersi travestito da nazista “a una festa”, come ha spiegato dopo per giustificarsi. Galeazzo Bignami è l’emblema di questo governo che al posto di governare fa opposizione all’opposizione perché è l’unica cosa che sa fare. Galeazzo Bignami tra l’altro viene da quella Regione: dopo la settimana corta a Roma in Parlamento torna presumibilmente ogni fine settimana in mezzo a quei cittadini su cui sputa. Bignami è un nome ancora “caldo” per la nomina di commissario straordinario.

Voi vi fidereste di Bignami?

Buon lunedì.

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Sfide folli sui Social per fama e denaro. Dalla politica il solito vuoto di idee. Sale la rabbia per il bimbo ucciso da uno youtuber a Roma e Salvini ci si tuffa proponendo un’altra legge inutile

Si chiamano The Borderline e sono un gruppo di ragazzi che si cimentano in diverse sfide (“challenge”, le chiamano sui social) all’apparenza senza senso e pericolose. Il loro nome è sulla bocca di tutti e appare su tutti i giornali perché proprio da una loro sfida (50 ore su una Lamborghini senza mai scendere) è nato l’incidente che ha ucciso Manuel Proietti, 5 anni, è morto al pronto soccorso del Grassi, dove era stato portato d’urgenza. La madre Elena Uccello, 28 anni, aveva appena recuperato il figlio all’asilo, in auto con loro anche Aurora che di anni ne ha 3, e stava tornando a casa con la sua Smart a Casal Palocco, tra Roma e Ostia.

Fra palco e realtà

Per ora iscritto nel registro degli indagati (per omicidio stradale) c’è solo il ventenne che probabilmente guidava la Lamborghini, Matteo Di Pietro, risultato anche positivo ai cannabinoidi. Al vaglio degli inquirenti, che ieri hanno perquisito la sede degli Youtuber, c’è anche la posizione degli altri quattro presenti, ai quali sono stati sequestrati gli smartphone. Alcuni testimoni raccontano che anche subito dopo l’incidente mortale siano scesi dall’auto con i telefonini in mano per riprendere la scena, forse ridendo.

L’indignazione, manco a dirlo, è stata unanime. La vita persa di un bambino di fronte all’imbecillità di alcuni ragazzi è una corda che risuona facilmente, condivisibili per tutti. La reazione è la tipica reazione italiana di questi tempi. Sociologi intervistati per raccontarci “i giovani d’oggi” che dimostrano di non avere mai fatto un salto su un social qualsiasi. Bacchettoni che sfruttano la tragedia per umiliare una generazione e seguire la narrazione del dove andremo a finire signora mia. Il dramma è un genere che funziona, soprattutto se si riesce a rivendere con l’avviso “se succedesse a te” che in questo caso – a differenza dei bambini morti rinchiusi nella stiva in mezzo all’Egeo – è di facile empatia.

Così la notizia di cronaca diventa un boccone prelibatissimo per quintali di editoriali generalisti. Ma è andata perfino peggio di così. Il ministro Matteo Salvini – che sull’uso sconsiderato dei social meriterebbe una laurea ad honorem – indossa la maschera del moralista e del perbenismo e fa l’unica cosa che è capace di fare: annuncia una nuova legge. Dopo l’emergenza “rave” il leader della Lega si immagina “un’emergenza YouTube” da dare in pasto al prossimo inutile Decreto legge con annessa conferenza stampa (alla quale, quelle sì, anche la presidente Meloni parteciperebbe volentieri).

“Se sei recidivo e togli la vita a una persona perché sei un cretino al volante, tu la patente non la vedi più per il resto dei tuoi giorni, non è che te la sospendo per qualche mese”, dice Salvini. Una frase che non c’entra nulla con l’incidente di Casalpalocco. L’europarlamentare Pd, Pina Picierno, propone di sospendere la monetizzazione dei “contenuti sensibili” sulle piattaforme.

“Guardiamo la triste realtà – ha scritto su Facebook -, molti youtuber diventano cattivi maestri per aumentare le loro views”. Si potrebbe togliere anche la monetizzazione ai politici che usano contenuti sensibili per la propaganda, tanto che ci siamo. Impareggiabili i liberali di casa nostra. Calenda spara addosso ai ragazzi sui social chiedendosi che fine abbia fatto “l’ethos della società occidentale”, Cerasa firma un accorato editoriale su Il Foglio preoccupandosi perché trovare un ragazzo positivo alla cannabis un giorno potrebbe “non essere più illegale”. Non sa che nemmeno oggi lo è. Tra l’altro entrambi rilanciano i loro pensieri sui social. Fine dell’indignazione, aspettando la prossima.

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Silvio Berlusconi, il diritto al disprezzo e l’ipocrisia dei moralisti

Disprezzare è un diritto. È sconveniente odiare, anche perché spesso l’odio trascina in atteggiamenti pericolosi se non addirittura illegali. È immorale instillare odio verso qualcuno – soprattutto in base al suo genere, la sua religione o la sua provenienza – ed è immorale delegittimare qualcuno con argomentazioni false e strumentali. È illegale accusare qualcuno di reati che non ha mai commesso. Disprezzare qualcuno è un diritto, con buona pace dei moralisti che, gratta gratta, sono i maggiori utilizzatori di odio nel loro agire giornalistico o politico.

I medici durante la pandemia non avevano il diritto di essere amati né onorati. Molti trovavano che fosse di buonsenso ringraziarli per gli sforzi che hanno messo in campo, ma non c’è l’obbligo di aderenza ai loro modi e alle loro opinioni. Ciò che faceva (e fa) schifo era accusarli di complotti inesistenti o peggio ancora accusarli di essere corresponsabili di un omicidio collettivo che invece – numeri alla mano – è stato una salvezza.

I “buonisti” chiedono i diritti anche per i migranti

Nessun “buonista” pretende che gli stranieri vengano “amati”. Si richiede che godano dei diritti universalmente riconosciuti a ogni persona nel mondo, si pretende che possano godere della protezione prevista dalle leggi nazionali e internazionali. Si pretende che il fomentare disprezzo non sia il viatico per arrivare all’odio e poi condonare xenofobia, razzismo e trattamenti contro le leggi. E infatti tutto questo rientra nell’alveo dei reati.

Alcuni dei sopravvissuti al terribile naufragio in Grecia delle scorse ore hanno raccontato della loro agghiacciante esperienza.
Migranti a Lampedusa (Getty)

Le parti politiche hanno il diritto di esercitare il loro ruolo sancito dalla Costituzione. Non hanno il diritto di essere “apprezzate” al di là di tutto. Disprezzare i contenuti politici di un qualsiasi partito è un diritto dei cittadini. Ciò che conta è che quel disprezzo non esondi in atteggiamenti diffamatori o calunnie. L’essere “dialoganti” non è una qualità oggettiva. È una modalità che molti perseguono, a cui aspirano, ma non è obbligatoria. In un Paese che vorrebbe criminalizzare il conflitto a tutti i livelli “non essere d’accordo” è un diritto sancito dalla Costituzione.

La morte salva tutto? Un’idea che non può essere imposta

La pax invocata dopo la morte di Silvio Berlusconi (prendiamo lui come esempio, ma vale per la morte di tutti i personaggi pubblici che sono stati divisivi nella vita e quindi lo inevitabilmente lo sono anche dopo la morte) è una truffa. Decidere in nome di una democristianissima abitudine che la morte “salvi” dalle critiche è un’idea legittima che non può essere imposta. Il “perbenismo delle opinioni” è un narcotizzante inventato spesso da coloro che in nome di una posizione terza vogliono apparire superiori perché in grado di dialogare con tutti. Quella mediazione per alcuni – a buon diritto – può essere un compromesso che merita disprezzo.

Silvio Berlusconi, il diritto al disprezzo e l'ipocrisia dei moralisti
I funerali di Silvio Berlusconi in Duomo (Imagoeconomica).

Esattamente quando è diventato un reato non scritto il provare schifo? Quando si è deciso che la “buona educazione” consista nell’ingoiare di tutto senza mai un lamento? Perché chi ha argomentato il proprio disprezzo per Silvio Berlusconi deve essere trattato come “un nemico dello Stato”? Perché un leader politico dialogante viene considerato “smunto” e un privato cittadino che detesta è un brigatista della morale?

Forse il tema è la pratica dell’ipocrisia. Quella sì, immorale

Scrive Zygmunt Bauman: «Penso che la cosa più eccitante, creativa e fiduciosa nell’azione umana sia precisamente il disaccordo, lo scontro tra diverse opinioni, tra diverse visioni del giusto, dell’ingiusto, e così via. Nell’idea dell’armonia e del consenso universale, c’è un odore davvero spiacevole di tendenze totalitarie, rendere tutti uniformi, rendere tutti uguali». Ryszard Kapuściński spiegava che «una rivoluzione è invariabilmente lo scontro fra due forze: la struttura e il movimento. Il movimento attacca la struttura cercando di distruggerla; la struttura si difende, cercando di annientare il movimento». Un’ultima osservazione: perché gli annientatori dei giudizi conflittuali di questi giorni sono gli stessi che si sbellicano per nobilitare altri conflitti? Allora forse il tema non è il diritto al disprezzo. Forse il tema è la pratica dell’ipocrisia. Quella sì, immorale.

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Accuse sui mancati soccorsi. L’Europa finisce nel mirino dell’Onu. La strage del Peloponneso è un caso internazionale. Amnesty: un’indagine indipendente sul naufragio

Che la direzione presa dall’Unione europea sia sbagliata lo sottolineano in molti, da anni, tra le associazioni, i cittadini e (poco) tra i partiti. Ora anche l’Agenzia dell’Onu per i rifugiati (Unhcr) e l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), chiedono un’azione urgente e decisa a seguito dell’ultima tragedia nel Mediterraneo, la più grave da diversi anni. Il numero di persone a bordo del barcone che si è capovolto il 14 giugno al largo della costa della Grecia non è ancora chiaro, secondo varie testimonianze si tratterebbe di un numero compreso tra le 400 e le 750 persone. Finora sono state salvate 104 persone e sono stati recuperati 78 corpi, ma sono ancora centinaia i dispersi, che molti danno ormai per morti. L’incidente è avvenuto la mattina del 13 giugno.

Una vasta operazione di ricerca e soccorso è stata avviata dalla Guardia costiera greca la mattina del 14 giugno, dopo il rovesciamento della barca. Il dovere di soccorrere le persone in pericolo in mare senza ritardi è una regola fondamentale del diritto marittimo internazionale. Sia i capitani delle navi sia gli Stati hanno l’obbligo di prestare assistenza a coloro che si trovano in pericolo in mare, indipendentemente dalla loro nazionalità, status o dalle circostanze in cui si trovano, anche su imbarcazioni non idonee alla navigazione e indipendentemente dalle intenzioni di coloro che sono a bordo. Qualsiasi azione intrapresa in relazione alla ricerca e al soccorso dovrebbe essere condotta nel rispetto dell’obbligo di prevenire la perdita di vite in mare.

Unhcr e Oim hanno dichiarato di accogliere con favore l’avvio di indagini in Grecia sulle circostanze che hanno portato al rovesciamento dell’imbarcazione e alla perdita di così tante vite. In queste ore Unhcr e Oim sono impegnate a Kalamata, nel sud della Grecia, in stretto coordinamento con le autorità, per fornire supporto e assistenza ai sopravvissuti, fra cui beni non alimentari, kit igienici, servizi di interpretariato e consulenza per i sopravvissuti traumatizzati da questa terribile esperienza. Unhcr e Oim ribadiscono “che la ricerca e il soccorso in mare sono un imperativo legale ed umanitario”.

“L’Ue deve mettere la sicurezza e la solidarietà al centro della propria azione nel Mediterraneo. Alla luce dei crescenti movimenti di rifugiati e migranti nel Mediterraneo, sono necessari sforzi collettivi, tra cui un maggiore coordinamento, solidarietà e condivisione delle responsabilità, per salvare vite umane, così come previsto dal Patto sull’immigrazione e l’asilo dell’Ue. Ciò include l’istituzione di un meccanismo regionale concordato di sbarco e ridistribuzione per le persone che arrivano via mare, cosa che continuiamo a sostenere”, ha dichiarato Gillian Triggs, assistente Alto commissario dell’Unhcr per la protezione.

L’indagine

A chiedere “un’indagine indipendente sul naufragio” è invece Amnesty International. ”Ci sono molte domande che necessitano una risposta- ha dichiarato Adriana Tidona, ricercatrice di Amnesty International sulle migrazioni – perché un’operazione di ricerca e soccorso non è stata lanciata assai prima Cosa ha provocato il capovolgimento dell’imbarcazione? Coloro che hanno perso la vita, le persone sopravvissute e le famiglie coinvolte hanno bisogno di trasparenza, verità e giustizia. Il mondo attende che le persone sopravvissute a questa tragedia possano raccontare cosa è accaduto. Nel frattempo, siamo profondamente preoccupati per la mancanza di chiarezza nella versione fornita dalle autorità greche”.

Netto anche l’Onu: serve “azione decisa e urgente dopo ultima tragedia”. La soluzione è solo una: un’operazione di ricerca e soccorso dell’Ue, come fu Mare Nostrum. La chiede il Pd, la chiede +Europa. Ma alla fine in Europa votano tutt’altro.

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