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25 aprile, la destra oggi si farà vedere il meno possibile. È proprio la Liberazione

Annacquare il 25 aprile. Questo è l’obiettivo. Nel governo Meloni il presidente del Senato, Ignazio La Russa, aveva promesso di non volere partecipare alle manifestazioni del 25 aprile. È stato di parola: piuttosto che rimanere in Italia, la seconda carica dello Stato ha deciso di volare all’estero, a Praga.

La Meloni farà lo stretto necessario all’Altare della Patria, La Russa se n’è volato a Praga, gli altri ministri si limiteranno a un giretto e poi di corsa a casa

Alle 9 di mattina sarà all’Altare della Patria a Roma, dove ci saranno anche il presidente della Camera Lorenzo Fontana, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (che successivamente è atteso a Cuneo, a Borgo san Dalmazzo e a Boves, luoghi simbolo della Resistenza) e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Quindi il presidente del Senato si recherà in Repubblica Ceca, dove alle 12:15 interverrà alla riunione dei presidenti dei Parlamenti dei Paesi membri dell’Unione europea.

La scelta di La Russa è stata contestata dall’Anpi: “Mi ha colpito che il presidente del Senato domani (oggi, ndr) si recherà a Praga a rendere omaggio a Jan Palach che è sicuramente un eroe della libertà ma ci sono altri 364 giorni all’anno per farlo”, ha detto il presidente nazionale dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo, al telefono con l’Ansa. “Nel Paese dove c’è stato l’eccidio delle Fosse Ardeatine o l’eccidio di Marzabotto o di Sant’Anna di Stazzema sarebbe stato più logico portare un fiore lì”.

Salvini trascorrerà la giornata in famiglia e in giro per i paesi della Brianza

Il vicepremier Matteo Salvini ha già comunicato che trascorrerà la giornata in famiglia e in giro per i paesi della Brianza a fare comizi. Del resto anche da ministro dell’Interno si era tenuto alla larga dai cortei in ricordo della Resistenza, nonostante quest’anno si finga antifascista per logorare Meloni. Nel 2019 aveva detto: “Non penso che tornino né il fascismo né il comunismo, il fascismo è stato condannato dalla storia e non penso che tornerà. Io lotto contro i problemi attuali, la mafia è un problema reale”.

Quest’anno invece Salvini non ha voluto commentare le parole di La Russa, ma ha assicurato che sarà in Italia: “Il 25 aprile festeggerò la Liberazione del nostro Paese, ma non fatemi commentare, io sono ministro delle Infrastrutture, il mio obiettivo è sbloccare i cantieri, creare lavoro e sicurezza, e non sono pagato per fare commenti”, ha detto, aggiungendo: “Non so cosa farà La Russa, so quello che farò io. Starò un po’ in famiglia e lavorerò, come lavorerò il 1° maggio, come lavoriamo ovunque siamo, perché gli italiani ci pagano per farlo”.

Tajani andrà alle Fosse Ardeatine. Crosetto a Cuneo

Il vicepremier Antonio Tajani invece ha fatto sapere che per il 25 aprile sarà “alle Fosse Ardeatine a depositare una corona a nome del governo italiano in ricordo delle vittime della ferocia nazifascista nella mia città”, ossia Roma. Mentre il ministro della Difesa Guido Crosetto sarà nella sua Cuneo insieme al Capo dello Stato. Il ministro delle Imprese di Fratelli d’Italia, Adolfo Urso, sarà invece a Porta San Paolo con la comunità ebraica di Roma.

Carlo Nordio, ministro della Giustizia, parteciperà alla commemorazione ufficiale a Treviso, e il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, passerà la giornata in Sicilia alla manifestazione “Memoria Nostra”, organizzata dal sindaco M5S, Enzo Alfano, per rappresentare la “giornata di liberazione” della città dall’incubo del capo mafioso.

Schlein sarà alla manifestazione a Milano. Conte a via Tasso

Le opposizioni saranno invece in piazza o in luoghi simbolo della Resistenza. La segretaria del Pd, Elly Schlein, sarà alla manifestazione a Milano. Il leader del Movimento Cinque Stelle, Giuseppe Conte, si recherà in via Tasso a Roma, al museo storico della Liberazione. Il leader di Azione, Carlo Calenda, parteciperà al corteo Anpi di Roma.

 

Leggi anche: “Provano a riscrivere la storia. Noi non glielo permetteremo”. Ruotolo (Pd): ha cominciato Meloni, poi i suoi ministri. “Il rischio dell’oblio c’è, noi coltiviamo la memoria”

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Chissà che ne direbbe oggi Calamandrei

Giornata di discorsi oggi. Alcuni saranno importanti, da tenere in tasca per gli anni venire, alcuni stanchi, altri tristi per la scomparsa di chi non c’è più a testimoniare. Il discorso che ogni anno risuona con sempre più vigore è quello di Piero Calamandrei a Milano il 26 gennaio al 1955. Era un ciclo di conferenze sulla Costituzione per gli studenti delle scuole medie e universitari.

La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé.
La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità.
Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica. È un po’ una malattia dei giovani l’indifferentismo”.
«La politica è una brutta cosa. Che me n’importa della politica».
Quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina che qualcheduno di voi conoscerà: di quei due emigranti, due contadini che traversano l’oceano su un piroscafo traballante.
Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime, che il piroscafo oscillava. E allora questo contadino impaurito domanda ad un marinaio: «Ma siamo in pericolo?» E questo dice: «Se continua questo mare tra mezz’ora il bastimento affonda». Allora lui corre nella stiva a svegliare il compagno. Dice: «Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare il bastimento affonda». Quello dice: «Che me ne importa Unn’è mica mio!».
Questo è l’indifferentismo alla politica.

È così bello, è così comodo! è vero? è così comodo! La libertà c’è, si vive in regime di libertà.
C’è altre cose da fare che interessarsi alla politica! Il mondo è così bello vero? Ci sono tante belle cose da vedere, da godere, oltre che occuparsi della politica! E la politica non è una piacevole cosa.
Però la libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai. E vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perché questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo alla vita politica…
Quindi voi giovani alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come vostra; metterci dentro il vostro senso civico, la coscienza civica; rendersi conto (questa è una delle gioie della vita), rendersi conto che nessuno di noi nel mondo non è solo, non è solo che siamo in più, che siamo parte, parte di un tutto, un tutto nei limiti dell’Italia e del mondo. Ora io ho poco altro da dirvi.

In questa Costituzione c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre gioie. Sono tutti sfociati qui in questi articoli; e, a sapere intendere, dietro questi articoli ci si sentono delle voci lontane…
E quando io leggo nell’art. 2: «l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica, sociale»; o quando leggo nell’art. 11: «L’Italia ripudia le guerre come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli», la patria italiana in mezzo alle altre patrie… ma questo è Mazzini! questa è la voce di Mazzini! O quando io leggo nell’art. 8: «Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge», ma questo è Cavour!
O quando io leggo nell’art. 5: «La Repubblica una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali», ma questo è Cattaneo!
O quando nell’art. 52 io leggo a proposito delle forze armate: «l’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica», esercito di popoli, ma questo è Garibaldi!
E quando leggo nell’art. 27: «Non è ammessa la pena di morte», ma questo è Beccaria! Grandi voci lontane, grandi nomi lontani… Ma ci sono anche umili nomi, voci recenti! Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa costituzione! Dietro ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, cha hanno dato la vita perché libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta.
Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, è un testamento, è un testamento di centomila morti.

Buon 25 aprile.

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Nove milioni di euro di soldi (nostri) per dimostrarci quando sono scarsi (loro)

La ministra Daniela Santanchè ha deciso di lanciare una campagna di comunicazione per celebrare l’inettitudine del governo di cui fa parte. In onore della preservazione della lingua italiana che alcuni vorrebbero preservare hanno deciso di chiamarla “Open to meraviglia” e dovrebbe promuovere l’immagine dell’Italia nel mondo.

La ministra Santanchè ha deciso di lanciare una campagna di comunicazione per celebrare l’inettitudine del governo di cui fa parte

Alcuni particolari della campagna. L’immagine simbolo è una povera Venere di Botticelli a cui hanno appiccicato i peggiori filtri stile TikTok mentre mangia pizza in giro per l’Italia. Per rendersi conto del dilettantismo che sta dietro alla campagna basta sapere che le immagini sono state pescate da uno dei più famosi siti contenitori di immagini per pochi euro. Nessuna creatività, al di là della faccia filtrata della povera Venere. E c’è da sperare che le abbiano pagate. Almeno questo.

Non solo. Come segnala Selvaggia Lucarelli nel video promozionale al minuto 0,27, per raccontare “il calore che risuona nelle parole e nei gesti” si vedono “le finestrelle azzurre e le piante rampicanti” della cantina Cotar, nel carso sloveno. C’è anche una bottiglia del vino Cotar sul tavolo, nel video. Promuovere l’Italia con immagini slovene. C’è di più: come ha scoperto Lucarelli il video si trova “su Artgrid, una piattaforma straniera che cede video e immagini con un semplice abbonamento per 600 euro l’anno. Il regista è tal Hans Peter Scheep, olandese”.

Un altro utente ha scoperto (basta osservare gli indirizzi delle immagini sul sito) che le immagini sono state caricate da whatsapp. Sempre a proposito di professionalità. Nel testo si legge “ed inconfondibile”. Un errore da matita rossa: l’uso della “d” eufonica dovrebbe essere limitati ai casi d’incontro della stessa vocale. Infine c’è la questione del dominio internet www.opentomeraviglia.it che è stato scippato ai bravissimi creativi del ministero per pochi spicci da un’agenzia di comunicazione. Se n’erano dimenticati, probabilmente.

Quanto è costato tutto? 9 milioni di euro di soldi pubblici per un lavoro che per qualche euro avrebbe fatto meglio qualsiasi grafico. 9 milioni di euro di soldi (nostri) per dimostrarci quanto sono scarsi (loro). Poteva andare peggio: potevano essere 49.

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Il situazionismo della Lega antifascista per logorare Meloni

No, non abbiamo visto ancora tutto quello che c’è da vedere di questo governo che ogni giorno scivola qualche centimetro più giù, sondando gli inferi che proprio nel giorno del 25 aprile si ricordano. L’ultima puntata della farsa inizia con le dichiarazioni del presidente della Camera, il leghista Lorenzo Fontana, in un’intervista per il Corriere della Sera. «Sono pienamente antifascista. – dice Fontana – Il 25 Aprile? La Resistenza è patrimonio nazionale».

Lorenzo Fontana, nonostante ultimamente abbia scelto di sommergersi per salvarsi, è lo stesso che nel 2016 su Twitter così diceva «Porto volentieri il mio saluto agli amici di Alba Dorata per il loro congresso. (…) è un momento difficile, so che bisogna combattere, so che voi siete dei combattenti e assieme a noi sono convinto che riusciremo a rilanciare questa Europa».  Alba Dorata, partito neonazista greco è stato giudicato dalla Corte di Atene nel 2020 come una “associazione criminale” e sciolto. A maggio del 2017 in un video sulla sua pagina YouTube (poi rimosso) diceva: «Vogliamo un’Europa dove il matrimonio sia tra una mamma e un papà e i bambini vengano dati a una mamma e un papà! Le altre schifezze non le vogliamo neanche sentir nominare. Quando vi dicono che siete razzisti…fascisti…brutti e cattivi…ricordatevi che lo fanno perché i mass media sono in mano alle grosse potenze economiche, perché i mass media hanno paura di voi».

Aprile 2018, intervista al sito Rossoporpora, il leghista Fontana disse frasi così: «La sostituzione etnica è una scelta del tutto sbagliata, perché porta a un annacquamento devastante dell’identità del Paese che accoglie. Sono stato a Bruxelles per quasi nove anni. È una città fatta in larga parte da immigrati, con una presenza islamica del 30%… I quartieri ‘islamici’ sono popolati tra l’altro da seconde generazioni definite ‘europee’, ma che in realtà non condividono nulla di quanto attiene alla nostra civiltà». «Penso che l’accoglienza massiccia dei migranti sia anch’essa parte del progetto di una società fluida, debole dunque al suo interno, destinata a essere manipolata e guidata dall’esterno». «Sono stato favorevolmente impressionato da tante dichiarazioni di Putin». «Le sanzioni contro la Russia sono parte dello scontro in atto in tutto il mondo tra globalisti e identitari». «Credo che le élites che governano l’Unione europea abbiano un mandato preciso, quello di distruggere la famiglia, che è la cellula della comunità e dei popoli. Vogliono creare un’Europa con cosiddette famiglie di altro genere, diverse da quella naturale».

A molti non è sfuggito che l’endorsement di Fontana per il 25 aprile arrivi poco dopo la mossa di Matteo Salvini che ha dichiarato: «il 25 aprile celebrerò la Liberazione del nostro Paese». Che è successo? Un improvviso rinsavimento? No, no, nulla di tutto questo. Semplicemente la Lega ha deciso di approfittare delle parole di Ignazio La Russa per martellare gli alleati di Fratelli d’Italia. Logoramento politico interno, uno dei vizi intramontabili di Salvini: occupare ogni spazio lasciato scoperto da Giorgia Meloni per coprire una nuova area e inseguire nuovi voti. Non è nemmeno politica, è politicismo che se ne frega dei temi e dei valori sul tavolo. Salvini l’ha fatto su Draghi, sul Ddl concorrenza, sul decreto Cutro, sul Ponte che prima era una schifezza e ora è una priorità, sui meridionali che prima erano peste e poi oro.

Il 25 aprile, per questi, è solo un altro scalpo da portarsi a casa. Tanto per avere un’idea del valore che gli danno.

Buon lunedì.

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Il 25 aprile, la finta pacificazione e la normalizzazione del fascismo

La chiamano pacificazione ma è solo un tentativo di parificazione. L’unica pacificazione che hanno in testa alcuni sghembi dirigenti di partito (e di Stato) alla stregua di La Russa è la legittimazione dell’essere stati fascisti, del dirsi fascisti, del chiedere voti ai fascisti. Tutto il resto è futile moina che serve ogni giorno a erodere l’antifascismo in Italia e a coprire di nebbia ciò che è Stato.

La tarantella mortifera sul 25 aprile e il “pericolo fascista” costantemente ignorato 

La tarantella intorno al 25 aprile è un ballo mortifero a cui ci tocca assistere ogni anno. Dai tempi del 1994, quando Silvio Berlusconi «si era portato appreso i fascisti del Msi di Fini non ancora sbiancati nelle acque purificatrici di Fiuggi, gennaio 1995» (Pierluigi Battista sul Corriere della Sera, il 22 aprile di quattro anni fa) e il Senatùr Umberto Bossi decise per protesta di presentarsi alla manifestazione di piazza promettendo di andare a prendere i fascisti “casa per casa”. Già quell’anno qualcuno scrisse che la sinistra non avrebbe dovuto agitare lo spettro del fascismo inutilmente. Non serve a niente, dicevano, figurarsi se esiste un pericolo fascismo in Italia. Sono passati quasi 30 anni e la seconda carica dello Stato nel giro di poche settimane è riuscito a spargere un veleno inimmaginabile sul 25 aprile che viene. Ogni volta La Russa (o chi per lui) segue il solito schema: prima la provocazione con un evidente falso storico o strafalcione giuridico, poi l’accusa di essere stato male interpretato e strumentalizzato e infine una veloce ritirata in attesa della prossima provocazione. Accade con il presidente del Senato ma accade, da anni, con ogni provocatore nostalgico a qualsiasi livello politico. Anche le reazioni sono cicliche e identiche: c’è chi si indigna, c’è l’Anpi insieme alle associazioni antifasciste che faticosamente prova e puntellare la memoria, ci sono le richieste di dimissioni che durano il tempo di finire in pagina sui giornali del giorno dopo e immancabili ci sono quelli che, come 30 anni fa, dicono che non esiste nessun “pericolo fascismo”.

La Russa alle prese con la discussione sul 25 aprile in Senato
Il presidente del Senato Ignazio La Russa (Getty Images).

Da “carico residuale” a “sostituzione etnica”: così è stato sdoganato il vocabolario anti-antifascista

Un Paese che si avvita ogni volta allo stesso modo, sempre uguale a se stesso, senza nessun passo in avanti. I passi indietro sono evidenti: dal «carico residuale» di Piantedosi riferito ai migranti alla triste scena del governo che vola a Cutro per prendere in prestito il nome di un decreto ancora più stringente con chi salva vite, dalla riscrittura della storia su via Rasella fino alla teoria della sostituzione etnica del ministro Lollobrigida che giù fu di Meloni e Salvini. Il vocabolario degli anti-antifascisti è ormai sdoganato negli scranni più alti del Paese. Quasi quotidianamente l’anti-antifascismo è sulle prime pagine e negli editoriali di alcune testate nazionali. Un braccio teso non è più una notizia, si perde nelle cronache locali. Ogni giorno si “normalizza” un pezzo di fascismo in più, nelle parole e nelle azioni.

La responsabilità è anche di chi ha assicurato a La Russa i voti mancanti per diventare presidente del Senato

La pacificazione è solo una foglia di fico. La legittimazione del fascismo avviene anche restringendo le sue responsabilità. Riconoscere ad esempio la responsabilità del fascismo italiano nello sterminio degli ebrei è un passaggio che serve nelle intenzioni per “salvare” quello che “di buono” c’è stato. Trovato quello spiraglio basterà allargare piano piano il “buono” perché il fascismo negli anni si trasformi in un periodo aureo che ha avuto la pecca di commettere qualche errore. E così l’impianto ideologico sarà ben saldo e pronto per essere verniciato a nuovo e calato nel presente. Tra le molte cose che si ripetono ci sono anche i cretini, quelli che dall’esterno convergono con i nostalgici del fascismo e ne consentono la riabilitazione. La domanda che nessuno pone in questi giorni in cui discetta di responsabilità storiche e presenti è: chi ha dato a La Russa i voti che non aveva nel suo schieramento per diventare presidente del Senato? Ecco, la responsabilità dell’intossicazione di questi giorni è anche loro. O no?

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Non solo i meloniani, nostalgici pure nella Lega. Il presidente del Consiglio regionale ligure farnetica di eccidi partigiani

Non c’è solo Ignazio La Russa. È polemica in Liguria per le dichiarazioni del presidente del Consiglio Regionale ligure, Gianmarco Medusei, della Lega, che ieri a margine della commemorazione ufficiale per il 25 Aprile ha dichiarato in una intervista al Tgr Rai Liguria che ci sono stati “eccidi anche da una parte dei partigiani” e che questo imporrebbe “di ricordare tutte le vittime, che non sono di serie A e di serie B”.

Vade retro

Oltre alle opposizioni ieri hanno espresso critiche anche il Cdr del Tg Rai della Liguria, che “si dissocia” dalle sue dichiarazioni, il segretario di Rifondazione Comunista Maurizio Acerbo e l’Anpi.

“Chi è morto combattendo dalla parte sbagliata, chi ha combattuto dalla parte di un regime, che ha saputo perpetrare le più ripugnanti violazioni della dignità umana, consapevole o inconsapevole che fosse, queste persone meritano la pietà, ma la commemorazione spetta solo a chi ha dato la vita, perché noi fossimo liberi”, ricorda l’Anpi in una nota citando il testo della orazione svolta ieri mattina a Genova dallo storico Maurizio Viroli.

Memoria corta

“Sono la risposta più chiara all’ennesimo tentativo revisionista che gli esponenti della destra italiana provano a portare anche all’interno delle istituzioni – dice l’Anpi in una nota -. Si dimentica, il presidente Medusei, che quelli di serie B furono i partigiani, i civili antifascisti, i sacerdoti, le donne e le ragazze, i militari che non aderirono alla Rsi: torturati, fucilati, deportati perché qualcuno della serie A, quella che cioè aveva in mano le leve del potere e della repressione, decise così”.

“Uomini come Gianmarco Medusei non possono rappresentare il popolo ligure, i suoi morti per la libertà, la sua storia civile”, conclude l’Anpi di Genova.

Tutti contro

Tutti i partiti di opposizione nella assemblea ligure (Pd, M5S, Lista Sansa e Linea Condivisa) chiedono le sue dimissioni. Il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti spiega che “certe frasi possono uscire bene o male”.

“Credo che non ci sia nessuno che possa negare che tutte le vittime meritano la stessa pietà, ma non tutte le vittime meritino le stesse celebrazioni”. Alla fine Medusei cede: “Le mie parole sono state inappropriate, ma no alle strumentalizzazioni”.

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“Un fascista alla guida del Senato, è ora di dirlo senza ipocrisie”. Parla il rettore dell’Università per stranieri, Montanari: “La seconda carica dello Stato estranea alla Costituzione”

Professor Montanari, ieri è arrivata la nuova sparata di La Russa sull’antifascismo che non esiste nella Costituzione…
“Su La Russa la cosa inquietante non è il dibattito filologico ma che il presidente del Senato non perda occasione di parlare dalla parte dei fascisti. Nonostante il suo ruolo La Russa ha un’altra fedeltà, altre radici, altre storie rispetto alla nostra Costituzione. Non è nel suo contesto, non è quella la sua tradizione: abbiamo come seconda carica dello Stato un fascista. Nel merito, la disposizione finale (non transitoria) che vieta la ricostituzione del partito fascista svela una chiusura gravissima. La nostra Costituzione non riconosce libertà ai fascisti. Paolo Barile, allievo di Calamandrei, usava parole durissime: la Costituzione spoglia i fascisti delle libertà repubblicane e costituzionali. Non c’è un diritto a esprimere un punto di vista fascista. Se si consente a chi per sua essenza è l’opposto della democrazia di prendere potere la democrazia finisce. Come diceva Popper non possiamo tollerare gli intolleranti. Gustavo Zagrebelsky ha scritto che la Costituzione è anche un comando sui vinti: un’espressione molto forte. Non è una Costituzione condivisa, è un comando dei vincitori sui vinti. Degli antifascisti sui fascisti. Questo comando è ancora valido e non si può giurare fedeltà alla Costituzione essendo fascisti. La parte vincitrice esprime un comando: mai più. È un’esclusione. Il punto è questo, se non ci fosse quella disposizione La Russa potrebbe dire tutto quello che vuole. Non si spinge fino a quel punto solo per rispetto delle leggi, però si avvicina sempre con più sfacciataggine. Dal punto di vista sostanziale, il progetto della Costituzione, in ognuno dei suoi articoli, costruisce un progetto che è il contrario del fascismo. Lo ha spiegato Mattarella quando ha detto che il fascismo è il contrario della Costituzione e la Costituzione è il contrario del fascismo. La Costituzione non è solo antifascista, è anche il contrario del fascismo. Perché nasce dal desiderio di ribaltare ognuna delle tesi del fascismo. Quindi quello che dice La Russa è una serie miserabile di menzogne”.

Si avvicina il 25 aprile e, come accade tutti gli anni, riparte il dibattito sul tempo della pacificazione. Cosa ne pensa
“Loro non vogliono la pacificazione, loro vogliono la parificazione. Vogliono l’equazione fascismo comunismo. Non a caso Giorgia Meloni va a Praga. Il discorso è sempre quello di “e allora le foibe”. Parificare mettendo tutto sullo stesso piano dimenticando che in Italia i comunisti hanno liberato il Paese e scritto la Costituzione. I comunisti italiani sono tra i padri costituenti. Non c’è possibilità di uguaglianza. Naturalmente una parte del Paese è sempre stata antiantifascista, espressione di Giorgio Bocca. Così questa parificazione è interesse anche del mondo del grande capitale italiano. Sono i comunisti dopo il crollo del muro di Berlino che si sono sentiti mancare la terra sotto i piedi. C’è il discorso di Violante sui ragazzi di Salò e una serie di innumerevoli sciocchezze. Hanno cominciato ad accusare un certo senso di inferiorità. E così tra fascisti e comunisti alla fine purtroppo c’è stata una mutua legittimazione. Credo che sia un errore della sinistra. La legge che ha istituito il Giorno del ricordo, ad esempio, è stata votata pressoché da tutti. Ricordo che l’unico voto contrario fu del senatore Pagliarulo, attuale presidente dell’Anpi. Fu anche la sinistra ad accettare che la giornata delle foibe cadesse a pochi giorni dalla Giornata della memoria”.

Abbiamo capito che il fascismo e il neofascismo stanno benissimo. E l’antifascismo invece come sta
“C’è una ripresa di tesseramento dell’Anpi. L’antifascismo non è solo memoria. L’antifascismo è una sfida di oggi. L’antifascismo vero è l’attuazione della Costituzione, l’attuazione della giustizia sociale, del diritto al lavoro, della scuola. Nel momento in cui quello è tradito rimane semplicemente cerimoniale. Diventa un antifascismo di facciata, una stanca recita. Se tu dici sono antifascista ma non applichi l’articolo 3 della Costituzione non ha nessun senso. C’è un celebre discorso di Carlo Rosselli in cui spiega che l’antifascismo non è opposizione ma ridistribuzione. I fascisti arrivano oggi al governo sulle macerie dell’attuazione della Costituzione. Il 25 aprile del 1970 Sandro Pertini diceva “non può esservi vera libertà senza giustizia sociale e non si avrà mai vera giustizia sociale senza libertà. La libertà solo così riposerà su una base solida, la sua base naturale; diverrà una conquista duratura, sarà sentita in tutto il suo alto valore e considerata un bene prezioso, inalienabile dal popolo lavoratore italiano”. Ora rischiamo di perdere anche la libertà”.

Si dice che dedicarsi all’antifascismo non porti voti. Lo pensano in parecchi anche nel centrosinistra. È d’accordo?
“Nessuno si è dedicato seriamente a questo. La gente non la porti a votare con l’antifascismo ma con l’uguaglianza sociale. E infatti non vota più nessuno. La politica non cambia più la vita delle persone, combacia solo la vita di chi la fa”.

È tempo di dismettere la cortesia istituzionale per il prossimo 25 aprile?
“Cero. Non ha senso aspettarsi che i vertici della Repubblica ostentino un antifascismo che non conoscono. Le cose vanno dette chiaramente. Per lungo tempo sono stato l’unico in televisione a dire che questi erano fascisti. Non si poteva nemmeno definirli estrema destra, xenofobi e razzisti. C’è ipocrisia del sistema mediatico perché anche lì sono antiantifascisti per ossequio al padrone. Conta il tavolo del potere, il sistema. Perché un partito palesemente fascista, nostalgico nei suoi vecchi componenti e nei suoi giovani in sintonia con i disvalori con il neofascismo, il suprematismo, la sostituzione etnica è arrivato al governo? I fondatori sono La Russa (il vecchio fascismo), Meloni (il nuovo fascismo che c’è in tutta Europa) e poi Crosetto. FdI garantisce fedeltà atlantica. Questo fa la differenza. Se accetti i dogmi del sistema economico e sei nel blocco atlantico che tu sia un fascista o no non interessa nessuno: è schieramento atlantico contro il resto del mondo. Meloni ha saltato il fosso. Crosetto è il biglietto di invito”.

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Da via Rasella alla Resistenza. Così La Russa riscrive la storia

Ormai è un metodo. Il metodo La Russa prevede la truffa semantica per cui “la pacificazione” sulla storia del fascismo in Italia prevede il diritto di inventarsi un’altra storia che non ha niente a che vedere con la realtà.

Ignazio La Russa, nostalgico mai domo del fascismo italiano e incidentalmente seconda carica dello Stato, ieri ha pensato bene di rilasciare un’intervista a Repubblica ci fa sapere che “l’antifascismo non è nella Costituzione” perché “i partiti moderati non volevano fare questo regalo al Pci e all’Urss”.

Apriti cielo

Inevitabile la polemica (che La Russa ama, perché ci sguazza): il leader dei Verdi Angelo Bonelli lo invita a rileggere la dodicesima disposizione della Costituzione che vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista definendo il presidente del Senato “una vergogna per le istituzioni”; Alessandro Zan (Pd) parla di “negazionismo” e di un La Russa “sempre più imbarazzante e inadeguato”; Ivan Scalfarotto, senatore di Azione-Italia Viva, invita La Russa a “guardare bene” nella Costituzione; “Se non fosse la seconda carica dello Stato si potrebbe affermare che siamo di fronte alla reincarnazione del Galeazzo Musolesi delle Sturmtruppen”, dice il leader di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni che chiede al presidente del Senato di dimettersi il prossimo 25 aprile “per mettere d’accordo tutti”.

Perfino il compito sindaco di Milano Beppe Sala perde la pazienza: “Qual è il problema di fare un esame di coscienza e fare i conti con il passato?”, chiede Sala rivolgendosi a Fratelli d’Italia.

Osvaldo Napoli, membro delle segreteria nazionale di Azione, accusa La Russa di dire “sciocchezze” mentre la segretaria del Pd Elly Schlein risponde che “l’antifascismo è la nostra Costituzione”.

Che anche questa volta il presidente del Senato abbia esagerato si scorge dalla mancanza di difese in suo favore. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni non nasconde il suo nervosismo.

Sono di poche settimane fa le parole di La Russa su via Rasella (“è stata una pagina tutt’altro che nobile della Resistenza, quelli uccisi furono una banda musicale di semi pensionati e non nazisti delle SS”) che scatenarono una bufera e fecero perdere la pazienza alla premier.

A difendere La Russa ci prova Licia Ronzulli, capogruppo di Forza Italia al Senato, spiegando che la parola “antifascismo” non c’è nella Costituzione.

Quosque tandem…

È la linea difensiva dello stesso La Russa che, ovviamente, è stato frainteso: “Il mio riferimento non era “all’antifascismo” ma all’assenza in Costituzione della “parola antifascismo”, essendo i valori della Resistenza, a cui mi sono esplicitamente richiamato, espressi in positivo nella prima parte della Costituzione”, spiega.

Evidentemente il commento di La Russa era editoriale, non politico. Tanto, come al solito, l’obiettivo di dare un altro colpetto alla memoria e alla Storia è stato assestato. Un presidente del Senato che ogni volta prova a esagerare, ogni volta viene frainteso e poi vigliaccamente interpreta la parte dell’utile idiota dimenticando di chiedere scusa.

Quousque tandem abutere, La Russa, patientia nostra, direbbe Cicerone. Quanto insozzare possiamo ancora sopportare nell’avvicinamento ad un 25 aprile che mai come quest’anno è stato calunniato dalle più alte cariche dello Stato? Questa è la domanda che “mette d’accordo tutti”.

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Vaccini, 67 milioni di bambini rischiano di morire di morbillo

Basta curiosare nei numeri per svelare immediatamente l’ipocrisia. Mentre dal governo continuano a ripetere di voler aiutare i più sfortunati del mondo “a casa loro” nella realtà dei fatti “loro” continuano a essere incagliati nelle disuguaglianze, anche d’informazione. Dopo una pandemia che ha rilanciato l’industria farmaceutica e l’apparente solidarietà mondiale l’Unicef oggi ci fa sapere che 67 milioni di bambini si ritrovano a non essere stati vaccinati nemmeno con i vaccini di routine, quelli che in alcuni angoli del mondo salvano la vita da malattie che in Occidente non creano grossi problemi.

L’Unicef ci fa sapere che 67 milioni di bambini si ritrovano a non essere stati vaccinati nemmeno con i vaccini di routine

Nel rapporto Unicef “La condizione dell’infanzia nel mondo 2023: per ogni bambino, vaccinazioni” si legge che i bambini nati appena prima o durante la pandemia stanno superando l’età in cui normalmente verrebbero vaccinati, e questo fa emergere la necessità di un’azione urgente per raggiungere coloro che hanno saltato le vaccinazioni e prevenire l’insorgere di malattie mortali. Nel 2022, ad esempio, il numero di casi di morbillo è più che raddoppiato rispetto all’anno precedente e il numero di bambini paralizzati dalla polio è aumentato del 16% rispetto all’anno precedente.

Confrontando il periodo 2019-2021 con il triennio precedente, si è registrato un aumento di otto volte del numero di bambini paralizzati dalla polio, evidenziando la necessità di garantire il mantenimento degli sforzi di vaccinazione. La pandemia ha anche acuito le diseguaglianze esistenti. Per fin troppi bambini, soprattutto nelle comunità più ai margini, la vaccinazione non è ancora disponibile o accessibile. Anche prima della pandemia, i progressi nelle vaccinazioni erano fermi da circa 10 anni mentre il mondo lottava per raggiungere i bambini più ai margini.

Sono 48 milioni i bambini che non hanno ricevuto una sola dose di vaccino

Dei 67 milioni di bambini che non hanno ricevuto le vaccinazioni di routine tra il 2019 e il 2021, 48 milioni non hanno ricevuto una sola dose di vaccino, detti anche ‘a 0 dose’. E la fiducia nella scienza Male, anche quella. La percezione pubblica dell’importanza dei vaccini per i bambini è diminuita durante la pandemia di Covid in 52 sui 55 Paesi presi in esame. Tale percezione è diminuita di oltre un terzo nella Repubblica di Corea, Papua Nuova Guinea, Ghana, Senegal e Giappone dall’inizio della pandemia. In Italia, c’è stato un calo di 6,8 punti percentuali nella fiducia nei vaccini, dal 92,1% all’85,5%. ‘All’apice della pandemia, gli scienziati hanno sviluppato rapidamente vaccini che hanno salvato innumerevoli vite. Ma nonostante questo risultato storico, la paura e la disinformazione su tutti i tipi di vaccini sono circolate tanto quanto il virus stesso’, ha dichiarato Catherine Russell, direttrice Generale dell’Unicef’. Questi dati sono un preoccupante campanello d’allarme. Non possiamo permettere che la fiducia nelle vaccinazioni di routine diventi un’altra vittima della pandemia.

I bambini non raggiunti dai vaccini vivono nelle comunità più povere, remote ed emarginate, a volte colpite da conflitti

Altrimenti, la prossima ondata di decessi potrebbe riguardare altri bambini colpiti da morbillo, difterite o altre malattie prevenibili’, ha aggiunto. I bambini non raggiunti vivono nelle comunità più povere, remote ed emarginate, a volte colpite da conflitti. I nuovi dati prodotti per il rapporto dal Centro interazionale per l’equità nella salute rileva che nelle famiglie più povere 1 bambino su 5 è a zero dosi, mentre nelle più ricche solo 1 su 20. Il rapporto mostra che i bambini non vaccinati spesso vivono in comunità difficili da raggiungere come aree rurali o slum urbani. Spesso hanno madri che non sono potute andare a scuola e che hanno poco peso nelle decisioni familiari. Queste sfide sono più ampie nei paesi a basso e medio reddito, dove 1 bambino su 10 in aree urbane è a zero dosi e 1 su 6 nelle aree rurali.

Circa 1 bambino su 5 non ha alcuna protezione contro il morbillo

Nei paesi a reddito più alto, non c’è quasi differenza tra i bambini in aree urbane e rurali. I vaccini salvano 4,4 milioni di vite umane ogni anno, un numero che potrebbe salire a 5,8 milioni entro il 2030 se gli obiettivi dell’Agenda 2030 per la vaccinazione fossero raggiunti. Circa 1 bambino su 5 non ha alcuna protezione contro il morbillo, una delle malattie infantili più mortali. Prima dell’introduzione del vaccino nel 1963, il morbillo uccideva circa 2,6 milioni di persone ogni anno, prevalentemente bambini.

Nel 2021, i decessi per morbillo sono scesi a 128.000 – un numero ancora troppo elevato, ma che evidenzia un notevole miglioramento. Circa 7 ragazze su 8 non sono vaccinate contro il papillomavirus umano (Hpv), che può causare il cancro al collo dell’utero. Per vaccinare ogni bambino, è fondamentale rafforzare l’assistenza sanitaria di base e fornire agli operatori di prima linea, per lo più donne, le risorse e il sostegno di cui hanno bisogno.

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“C’è un’aria preoccupante di normalizzazione”. Parla l’ex deputato Fiano: La Russa e Lollobrigida aprono dei varchi

Emanuele Fiano il fascismo lo studia e lo combatte da anni. Suo padre, Nedo, ebreo deportato ad Auschwitz, fu l’unico sopravvissuto della sua famiglia. Anche per questo da sempre oltre all’attività politica e ai libri (Il profumo di mio padre e Ebreo, Piemme edizioni) affianca incontri pubblici e nelle scuole per non dimenticare.

Fiano, che aria tira su questo 25 aprile?
“Una sensazione che avevamo avuto molti anni fa con Berlusconi, nel ‘94 quando Bossi aveva rotto con lui (per la normalizzazione del Msi) e venne in piazza alla manifestazione. È un momento, anche per le frasi di La Russa sua via Rasella e quelle di Lollobrigida, in cui si percepisce nel panorama italiano, nelle dichiarazioni, un cambiamento di vocabolario, di senso civico. C’è una mozione del centrodestra in Parlamento che metteva insieme il 4 novembre al 25 aprile. Ma il 25 aprile non è solo la fine della guerra, è l’idea di essersi liberati dalla dittatura, è l’autoaffermazione di un popolo contro gli occupanti. Però ci sono anche dei passi in avanti…”.

Tipo?
“Meloni che nel ghetto dice che la deportazione degli ebrei fu frutto della violenza nazifascista. Questo è importante. Significa riconoscere la corresponsabilità fascista al progetto nazista. Certo, non mi soddisfano, ma sono passi in avanti. Poi la completa condanna delle leggi razziali è un passo significativo ma è anche un pericolo perché si vuole restringere la parte maligna del fascismo unicamente alle leggi razziali. Dimenticandosi che nel 1938 gli antifascisti marcivano da 10 anni in carcere”.

Qualcuno dice che l’antifascismo è “superato” e che non paga in termini elettorali…
“Secondo me non paga in termini elettorali, lo dice uno candidato contro la Rauti alle ultime elezioni. Letta ha speso molto sulle radici postfasciste degli avversari ma non ci ha portato voti. In questi ultimi 2 anni sto lavorando molto: noi antifascisti della nostra generazione dobbiamo fare autocritica: non siamo stati in grado di attualizzare la lezione dell’antifascismo. Le domande e le risposte che emergono da quegli anni se rimangono solo retorica e non le traduciamo in lezioni per l’oggi rischiano di diventare retoriche. Stamattina ero in una classe in provincia di Varese provando a tradurre l’antifascismo nelle cose contemporanee. Ai ragazzi capita spessissimo di vedere occasioni in cui vedono ingiustizia, discriminazione. Dobbiamo educarli a combattere le discriminazione. Parlare di diritto alla cittadinanza, all’uguaglianza sociale”.

Ma poi l’accusa è di strumentalizzare…
“Bisogna esserne capaci. Dobbiamo ad esempio spiegare che ci siamo fatti strappare la parola ‘libertà’ dalla destra, noi sempre concentrati a difendere l’uguaglianza e la democrazia. ‘Libertà’ è diventata patrimonio delle destre, in Italia con Berlusconi, all’estero con Tatcher o Reagan. Noi dobbiamo renderci conto che la nostra generazione non sa cosa significhi essere privi di libertà. Quando ci sono leader come Vladimir Putin e Viktor Orban che vogliono democrazie illiberali, oppure democrature in giro per il mondo noi dobbiamo avvicinare quelle situazioni, spiegarle ai ragazzi: difendere una libertà fatta di regole. È lì che si deve battagliare. Ricordando che il 25 aprile è la festa della Liberazione. I partigiani ci hanno insegnato la responsabilità e il dovere dell’autodeterminazione”.

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