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Il metodo Meloni: chiagni e fotti (anche per una vignetta)

Ieri è stata una vignetta di Natangelo, oggi magari sarà un tweet di un utente qualsiasi, domani i deliri di qualche spostato. Sono passati mesi dall’insediamento del governo più vittimista di sempre e molti sembrano non avere capito come funziona. Giorgia Meloni e i suoi compagni di governo spendono gran parte delle loro energie quotidiane per individuare un appiglio per spostare il focus. È la loro attività preferita, è la loro salvezza.

Che ieri il dibattito politico si sia concentrato su una vignetta satirica mentre ci sarebbe ancora da dire e da scrivere sul rilancio delle teorie suprematiste da parte di un ministro (cognato della premier) e di altri esponenti della maggioranza dimostra che il vittimismo in Italia paga, eccome. Lo spazio di dibattito e di stampa che avremmo potuto dedicare a quella schifezza che è il decreto Cutro (fin dalla scelta del nome, con una tragedia di stranieri usata per concimare la violenza sugli stranieri) è stato assorbito dalla vasta solidarietà bipartisan alla sorella della presidente del Consiglio. Roba di un provincialismo e di una miopia politica che fa sorridere i commentatori internazionali che ci guardano basiti (fonte: colleghi della stampa estera incrociati ieri al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia).

Questa destra che ogni giorno bullizza gli avversari politici non con la satira (magari, saremmo almeno un Paese divertente) ma a cannonate sui social dei suoi leader politici e sulle prime pagine dei giornali amici. C’è più violenza ogni giorno negli editoriali di Libero e de Il Giornale (solo pescandone due a caso) di qualsiasi vignetta. Su quelli tutto tace, non vola nemmeno una mosca. Non ci si rende nemmeno conto della differenza tra la violenza di un “carico residuale” riferito a delle persone usato da un ministro rispetto alla satira, qualsiasi satira.

Così anche ieri questi se la sono cavata. Nel frattempo Bankitalia ci ha fatto sapere che l’ideona di Giorgetti di “tagliare il cuneo fiscale per rilanciare il Paese” è una mancetta da 16 euro al mese. Ci siamo persi l’Ufficio di Bilancio che ci avvisa dell’impossibilità di controllare come vengano spesi i soldi del Pnrr. Continuiamo a perderci una crisi idrica storica che sta stringendo la gola all’Italia (e al mondo). Ci siamo persi la Corte Ue che boccia l’Italia sulla proroga ai balneari. Ci siamo persi Italia, Polonia e Ungheria “condannate” dal Parlamento europeo per la retorica “anti-diritti, anti-gender e anti-Lgbtiq”. Ci stiamo perdendo la demolizione del Reddito di cittadinanza pezzo per pezzo mentre non esiste ancora uno strumento alternativo.

Chiagni e fotti. Chissà oggi cosa troveranno in giro per il quotidiano vittimismo.

Buon venerdì.

 

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Dalla sostituzione etnica alla natalità No Tax

Il ministro Giancarlo Giorgetti in scia della presidente del Consiglio Giorgia Meloni rilancia: bonus 110% per i genitori con figli. Ormai la natalità e l’impulso alla procreazione è diventato un vero tarlo per il governo che sarebbe disposto anche ai figli sintetici pur di non dover avere a che fare con gli stranieri sporchi, brutti e cattivi. Così il ministro Giorgetti è convinto che il governo “debba fare una proposta politica per il futuro che parta da quella che è la nostra crisi più profonda”.

Il ministro Giorgetti è convinto che il governo debba reintrodurre una detrazione di 10mila euro l’anno per ogni figlio a carico

La proposta che nei prossimi giorni verrà rilanciata senza nessun senso del ridicolo sarà “niente tasse per chi fa figli”. Meglio: questo sarà lo slogan, visto che di tasse il Paese ne ha bisogno, eccome. La proposta – non serve nemmeno dirlo – sarebbe rivolta a tutti senza distinzione di reddito: niente tasse a chi guadagna un milione di euro e a chi ne guadagna ventimila all’anno.

Il vero capitale sono i figli. La misura costerebbe 4 miliardi di euro solo il primo anno. Inutile cercare in giro le eventuali coperture: non ci sono. Otto miliardi il secondo anno, dodici il terzo e così via fino ai 72 miliardi all’anno trascorsi 18 anni.

Bitonci: “La proposta del ministro dell’Economia è assolutamente condivisibile”

“La proposta del ministro dell’Economia è assolutamente condivisibile. Per incentivare la natalità diventa necessario ridurre la tassazione per le famiglie con uno o più figli a carico. Questo non significa abbandonare l’assegno unico ma, oltre a questo, si dovrebbe reintrodurre una detrazione di 10mila euro l’anno per ogni figlio a carico (ora 950 euro fino ai 21 anni) fino al termine degli studi anche universitari, per tutti i nuclei senza limiti di reddito”, afferma Massimo Bitonci, sottosegretario al ministero delle Imprese in quota Lega.

Torna la politica del Ventennio

Il messaggio culturale è chiaro: per risolvere il problema del Pil si decide di adottare misure senza senso che in Europa solo l’Ungheria di Orbán ha avuto il coraggio di praticare. “L’Italia, per contare qualcosa, deve affacciarsi sulla soglia della seconda metà di questo secolo con una popolazione non inferiore di 60 milioni di abitanti. Tutte le Nazioni e tutti gli imperi hanno sentito il morso della loro decadenza, quando hanno visto diminuire il numero delle nascite”, diceva Benito Mussolini nel 1927. Oggi al governo la pensano ancora così. In attesa di mettere la tassa sul celibato.

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Dietrofront delle destre sulla protezione speciale

Tenuti insieme solo per la passione del potere ogni volta che la maggioranza si ritrova a dover fare politica rischia di arenarsi. Ieri al Senato la discussione sul cosiddetto decreto Cutro ha registrato il primo imbarazzato dietrofront dopo giorni di pugno duro esibito di fronte ai giornalisti. È toccata al senatore Maurizio Gasparri la brutta figura di riscrivere l’emendamento che limita il ricorso alla protezione speciale.

È toccata al senatore Gasparri la brutta figura di riscrivere l’emendamento che limita il ricorso alla protezione speciale

Mentre la discussione iniziava in Aula il sottosegretario leghista Molteni ha sollevato difficoltà di comprensione del testo dell’emendamento per costringere la maggioranza a sospendere i lavori parlamentari. Dopo un serrato confronto tra Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia il nuovo emendamento è stato messo ai voti. C’è una differenza però: era scomparso un comma del testo che a sua volta cancellava dalla legge quadro sull’immigrazione i riferimenti alla legislazione internazionale sulla tutela dei diritti umani per quanto riguarda le richieste di permesso. Si tratta del comma 1.1 dell’articolo 19 del testo unico sull’immigrazione, modificato in extremis per evitare di incorrere in conflitti, in termini di protezione speciale, con gli “obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano”.

Niente di più di un’ammissione di colpa e una certificazione di ciò che molte associazioni ripetono da giorni: scrivere leggi che se ne fregano dei trattati internazionali significa violare gli accordi internazionali e costituzionali dello Stato italiano che – per fortuna – non è mercé del governo di turno. Erano esattamente i dubbi espressi più volte dal Quirinale, che più volte aveva espresso dubbi sulla costituzionalità della proposta. È l’ennesima sconfitta di Matteo Salvini che per giorni ha provato ad alzare la posta consapevole di creare imbarazzo tra Mattarella e Meloni. È la solita prevedibile strategie dell’erosione lenta dell’alleato nella speranza di mangiargli qualche voto. “È un passo indietro”, insorge l’opposizione.

La maggioranza ha preso atto che la sua norma violava Costituzione e trattati internazionali

“La maggioranza è nel caos, c’è una evidente differenza di posizioni e oggi è venuto fuori”, attacca Francesco Boccia, capogruppo del Pd. “Hanno capito – per il senatore dem Andrea Giorgis – che a questi obblighi internazionali di rispetto dei diritti umani non possiamo sottrarci”. Per il capogruppo di Alleanza Verdi-Sinistra al Senato Peppe De Cristofaro “la maggioranza sui migranti non esiste più. Le divisioni sono ormai evidenti, sono nel caos. La Lega – dice De Cristofaro – è riuscita nell’impresa di mettere il governo in difficoltà e il senatore di Forza Italia Gasparri sta tentando di mettere una pezza che però sa tanto di retromarcia. Il Parlamento, il Senato è ostaggio di un gruppo di incompetenti. Quando dalla propaganda si passa ai fatti le cose si fanno difficili”.

La giornata a palazzo Madama si era aperta con le provocazioni della Lega al ministro Francesco Lollobrigida, che martedì aveva rilanciato le teorie cospirazioniste della sostituzione etnica. “Parole davvero brutte” ha detto Gianmarco Centinaio, mentre Massimiliano Romeo ha sottolineato come esse si “prestino a polemiche”. Tuttavia la maggioranza all’inizio della seduta a Palazzo Madama era compatta per tentare un “emendamento canguro”, all’articolo 1, vale a dire un emendamento che una volta approvato avrebbe fatto decadere gli oltre 300 presentati dalle opposizioni. La situazione si è talmente surriscaldata che il focoso presidente Ignazio La Russa ha promosso una mediazione: la maggioranza ha ritirato il proprio maxiemendamento-canguro e le opposizioni si sono impegnate a evitare ostruzionismo, togliendo dal tavolo una cinquantina dei propri emendamenti e limitando gli interventi, così da concludere l’esame del decreto entro oggi.

Si è dunque iniziato ad esaminare il decreto e gli emendamenti in modo ordinato, anche se sui contenuti le distanze sono rimaste diametralmente opposte. Il centrodestra ha insistito nel dire che il decreto, contrasterà l’arrivo di immigrati regolari, perché i permessi speciali sono un “pull factor” che inducono a partire per l’Europa. Viceversa le opposizioni, a loro volta compattate dal centrodestra in questa battaglia parlamentare, hanno sottolineato che negare il permesso speciale a chi è già approdato in Italia, significa farli uscire dai Centri di accoglienza e renderli irregolari nelle strade delle nostre città.

Per il M5S l’inefficacia del decreto è dimostrata dal fatto che dal giorno in cui è entrato in vigore sono aumentati gli sbarchi

Come ha affermato Roberto Cataldi del M5S l’inefficacia del decreto è dimostrata dal fatto che dal giorno in cui è entrato in vigore sono aumentati gli sbarchi, tanto da spingere il governo a proclamare lo stato di emergenza. In finale di seduta, la senatrice Vincenza Rando del Pd, ha ricordato uno a uno tutti i nomi delle vittime del naufragio di Cutro. Il suo intervento è stato applaudito anche dalla maggioranza, dai senatori di Lega e di Fi. Non hanno applaudito i senatori dei Fratelli d’Italia. Resta un’altra giornata per chiudere la partita, tra tensioni e diffidenze nella maggioranza. Intanto l’Eurocamera ha respinto la risoluzione sulle priorità per il bilancio comunitario del 2024 che conteneva la proposta del Ppe di destinare “immediatamente ingenti fondi Ue e risorse a sostegno degli Stati membri nel rafforzamento delle capacità e delle infrastrutture di protezione delle frontiere”.

Approvato al Senato, ora il decreto Cutro passa alla Camera che lo dovrà convertire in legge entro il 10 maggio

Alla fine, questa mattina, l’Aula di Palazzo Madama ha approvato il decreto Cutro con 92 voti favorevoli e 64 contrari. Il provvedimento del governo passa ora alla Camera, che lo deve convertire entro il 10 maggio.

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Fox News fabbricava balle pro Trump. Salvini & C. se le sono bevute tutte

Avrebbe dovuto essere il processo del secolo e invece è finito prima di cominciare. La causa di Dominion contro Fox News, il network di informazione che ha ferocemente sostenuto Donald Trump, si è già conclusa con un patteggiamento da 797,5 milioni di dollari. Dominion (azienda che si occupa di voto elettronico) nel 2021 aveva fatto causa a Fox per diffamazione chiedendo danni per 1,6 miliardi di dollari.

Il network Usa Fox News sborsa 797 milioni per diffamazione. Ma chi ha rilanciato le bufale non pagherà nulla

Al centro del contenzioso le teorie della cospirazione sulle elezioni del 2020 cavalcata dall’emittenteche, in onda, ha più volte definito truccati a favore di Joe Biden i dispositivi di voto di Dominion e ha accusato i dipendenti della società di aver pagato mazzette ai funzionari elettorali. Fox aveva anche confezionato la notizia che Dominion avesse lavorato in passato per il leader del Venezuela Hugo Chavez.

Inutile dire che la teoria del complotto ha trovato terreno fertile anche qui da noi. La sera del 9 novembre Matteo Salvini dichiarava di non voler riconoscere la vittoria di Biden e di voler aspettare che venisse fugato ogni dubbio. Il 6 novembre Salvini aveva dichiarato che negli Usa “in alcune contee ci siano più voti che elettori, più schede che cittadini”. Il deputato leghista Guglielmo Picchi, ad esempio, aveva scritto il 4 novembre un lungo status su Facebook contenente svariate accuse infondate e bufale. Alessandro Pagano, altro deputato della Lega, il 9 novembre del 2020 aveva poi continuato a portare avanti la linea del sostegno a Trump e alle sue accuse di brogli, riprendendo su Facebook alcune teorie complottiste.

Nel sistema giuridico Usa la diffamazione si concretizza quando le falsità vengono diffuse con “concreta malizia”, cioè con la consapevolezza che si tratta di menzogne, o per lo meno con “sconsiderato disprezzo” per la verità. Fox ha mentito sapendo di mentire? Evidentemente sì. Dominion ha diffuso informazioni che raccontano di mail, messaggi e di altre conversazioni tra i commentatori del network che smentivano privatamente le loro stesse affermazioni fatte in pubblico.

Il magnate proprietario del network, Rupert Murdoch chiese addirittura a Suzanne Scott, amministratrice delegata della sua rete televisiva, di far dichiarare dai conduttori delle trasmissioni che le elezioni erano state vinte da Biden sentendosi rispondere dalla Scott: “In privato siamo tutti d’accordo su questo, ma dobbiamo stare attenti a non metterci contro i nostri telespettatori”. In una testimonianza durante l’istruttoria, Murdoch ha riconosciuto di aver accettato questa tesi: “Avrei potuto bloccare i nostri conduttori ma non l’ho fatto”.

Tutti erano consapevoli che non ci fosse nessun broglio elettorale e che la vittoria di Biden fosse cristallina. Negli Usa in queste ore è acceso il dibattito su cosa abbia potuto spingere un’emittente televisiva a diffondere informazioni false. La risposta è molto più semplice di quello che si crede: Fox News ha detto ai suoi telespettatori quello che i suoi telespettatori volevano sentirsi dire, anche negando la realtà. Immaginate cosa accadrebbe qui da noi se un tribunale si mettesse in testa di giudicare le falsità raccontate con malizia. Immaginate se volessimo prenderci la responsabilità di riconoscere la differenza tra una chiave di lettura e un travisamento della realtà.

La lezione del processo contro Fox potrebbe essere l’apertura di una riflessione che non accadrà mai qui da noi. Perché ciò che ci si ostina a non capire è che ognuno è libero di avere la propria opinione ma ognuno non è libero di inventare i propri fatti. Compresi gli affezionati italiani di Fox News che oggi stanno al governo.

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La prima di Schlein

Dopo la sua elezione a segretaria del Partito democratico Elly Schlein mercoledì ha tenuto la sua prima conferenza stampa. Un’ora e mezza di fronte ai giornalisti con la consapevolezza che la stragrande maggioranza di loro avesse già il titolo del proprio pezzo in testa ancora prima di sentirla. Così stamattina a occhi chiusi potremmo indovinare, senza nemmeno bisogno di leggere le prime pagine, quali quotidiani l’abbiano marchiata come esempio di “vuoto giovanilismo”, chi stia strillando la sua radicalità pericolosa per la Patria, chi la accusa di veltronismo, chi di draghismo e chi di comunismo.

La segretaria risponde a tutti, provando a districarsi tra le pieghe di un PD che ha tra i suoi talenti quello di riuscire a fiaccare i segretari un secondo dopo la loro elezione. Prova a puntellare le sue posizioni spesso appiattite dalle agenzie: ripete di essere a favore del sostegno all’Ucraina ma contesta l’uso strumentale della guerra per la rincorsa agli armamenti («sarebbe meglio avere una difesa comune europea, il che non significa che, finché non c’è una condivisone vera, possiamo vedere un aumento della spesa militare in ogni paese Ue»); annuncia un “probabile” no alla mozione di M5S e Alleanza Verdi-Sinistra sul termovalorizzatore di Gualtieri specificando che è «una scelta che era già stata presa dall’amministrazione di Roma. Ereditiamo scelte già fatte» ma lasciando intendere che quella potrebbe non essere la strada per il futuro; si dichiara “personalmente” a favore della gravidanza per altri ma riconosce che la proposta di legge del PD non la prevede; anche sull’orsa JJ4 espone una posizione intermedia.

La sceneggiatura costruita dietro alla sua prima conferenza stampa è chiara: parlare delle mancanze del governo, puntellare i punti comuni dell’opposizione, sottolineare un atteggiamento da parte della maggioranza che non è una sequela di scivoloni ma un preciso “schema”. Ha ragione la segretaria del PD a sottolineare come questo governo che qualcuno a tutti i costi vorrebbe potabilizzare sia in realtà uno dei peggiori governi di sempre. È comprensibile anche che Schlein rivendichi la responsabilità di tenere insieme le diverse anime del partito.

Ma il sentiero stretto in cui la segretaria dem si è infilata vincendo le primarie oltre a essere scomodo è anche veloce. La distanza tra la sua radicalità e il pachidermismo del partito non potrà essere condonata a lungo. La conferenza stampa di ieri è stata la radiocronaca di Schlein sul partito che non era il suo. Non le sarà concesso di fare “solo” opposizione. Che questo governo faccia schifo i suoi elettori (reali e potenziali) lo sanno già. Come si potrebbe fare è la vera domanda.

Buon giovedì.

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Lollobrigida e la sostituzione etnica: il cuore nero dietro al decreto Cutro

Per capire che fetore si alzi intorno alla conversione del cosiddetto Decreto Cutro, che anche nel nome sventola i morti per concimare l’odio verso i vivi, si può partire dalla dichiarazione del ministro all’Agricoltura (e Sovranità alimentare) nonché cognato d’Italia Francesco Lollobrigida, che da una parte chiede di regolarizzare nuovi flussi migratori fino a mezzo milione di persone, e dall’altra intervenendo al congresso della Cisal dice che “Non possiamo arrenderci al tema della sostituzione etnica”.

Il ministro Lollobrigida chiede di regolarizzare nuovi flussi migratori ma poi delira sulla sostituzione etnica

Una dichiarazione che pesca a piene mani nelle più squinternate teorie suprematiste. La “sostituzione etnica” è una teoria complottista che ha ispirato i massacri di Utoya, Pittsburgh, Buffalo, San Diego. È l’etichetta dei più violenti suprematisti in giro per il mondo. Da noi, molto placidamente, viene adottata da un ministro.

Basterebbe solo questo per capire di cosa stiamo parlando. Volendo aggiungere imbarazzo si potrebbe anche citare le parole del senatore, sempre di Fratelli d’Italia, Marco Lisei che si augura un “potenziamento dei Cpr perché lì ci finiscono i criminali”. Il senatore non sa (o finge di non sapere) che nei Centri di permanenza per i rimpatri ci stanno le persone colpevoli semplicemente di non avere documenti in regola. Non sa (o finge di non sapere) che i Cpr sono luoghi di sofferenza, opachi, dalla giurisdizione straordinaria, nascosti agli occhi di tutti, sostanzialmente illegali dove gli stranieri sono stati progressivamente trasformati nei nuovi nemici, trattati peggio dei criminali.

Dure critiche alle parole di Lollobrigida sulla “sostituzione etnica” sono arrivate dalla segretaria del Pd, Elly Schlein, che ha accusato il ministro di aver utilizzato espressioni “disgustose” e “inaccettabili da chi ricopre il suo ruolo. Ci riportano agli anni ‘30 del secolo scorso sono parole che hanno il sapore del suprematismo bianco. Mi auguro che Giorgia Meloni e il governo prendano le distanze da queste dichiarazioni – conclude – fatte per altro nel giorno in cui il presidente Mattarella si trova in visita ad Auschwitz”.

Duro anche Calenda: “Riesumare il vecchio refrain della “sostituzione etnica” riporta il Governo a una postura incompatibile con una presenza autorevole in Europa. Siamo di fronte ad un’involuzione sbagliata e pericolosa per l’Italia”, ha detto i leader di Azione. Così mentre Meloni gioca con la consueta e banalissima strategia del mettere una fragilità contro l’altra (“Mancanza di personale? Coinvolgere le donne, non i migranti”, ha detto ieri al Salone per il Mobile di Milano) il cosiddetto decreto Cutro arriverà oggi in Aula dopo essersi ingolfato in commissione senza il mandato al relatore per i dissidi nella maggioranza.

Un decreto definito “criminale” dal missionario padre Alex Zanotelli, a margine della manifestazione che si è tenuta ieri a Roma. Di decreto “vergognoso” ha parlato il leader della Cgil Maurizio Landini che ha attaccato il governo che “utilizza tragedie come quella di Cutro per fare leggi che ci portano indietro e che non affrontano assolutamente i problemi dei migranti”.

Secondo il fondatore di Libera Don Ciotti il decreto “è solo propaganda politica per qualche voto in più” mentre Filippo Miraglia di Arci parla di “emergenza inventata”: “se il governo facesse quello che la legge dice cioè la programmazione di un piano nazionale per l’accoglienza e disponesse le risorse necessarie, noi potremmo tranquillamente rispondere agli arrivi, come fanno gli altri paesi europei, che accolgono in media un numero di persone maggiore”. Oggi la battaglia si sposta dalla piazza al Parlamento. Restiamo umani.

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Come i nazisti

“La teoria della sostituzione è un mito neonazista secondo il quale i bianchi vengono sostituiti dai non bianchi. Spesso, come tante teorie cospirative, in ultima analisi gli ebrei vengono indicati come i veri colpevoli. Oggi la grande sostituzione è un mito della cospirazione di estrema destra, diffuso in Europa negli ultimi anni, composto da due fattori. Il primo sostiene che l’identità occidentale sia sotto assedio da parte di massicce ondate d’immigrazione da paesi non europei, portando ad una sostituzione degli europei bianchi sul piano demografico. Il secondo afferma che questa sostituzione sia stata orchestrata da un misterioso gruppo come parte di un loro grande piano per dominare il mondo – cosa che faranno creando una società totalmente omogenea sul piano razziale. Questo gruppo viene spesso identificato con gli ebrei/sionisti”. Lo scrive il sito del governo di cui il ministro Lollobrigida fa parte. Al ministro sarebbe bastata una ricerca su Google per accorgersi della cretineria a cui crede.

Ma non è una novità. La sostituzione etnica è narrazione centrale negli ultimi dieci anni per Meloni e Salvini come aveva notato su L’Espresso Jacopo De Miceli, autore de L’ideologia della paura (People), curatore anche dell’Osservatorio del complottismo in Italia: «È stato dato poco peso al fatto che Giorgia Meloni sia la prima presidente del Consiglio in Occidente che ha sposato la teoria della grande sostituzione mentre il Times di Londra non l’ha fatto passare inosservato». Per questo la enorme cretinata di Lollobrigida nella maggioranza non ha fatto nessun effetto. Qualche esempio? M. Salvini, il 3 maggio 2017 «È in corso un tentativo di sostituzione etnica» G. Meloni 20 giugno 2017 «Penso ci sia un disegno di sostituzione etnica». M. Salvini 7 marzo 2017 «Ennesimo tentativo di sostituzione etnica» G. Meloni 28, gennaio, 2017 «Un’invasione pianificata. Si chiama sostituzione etnica».

La vera sostituzione è quella di giornalisti, con molti che raccontano questo governo come centrodestra senza vedere che è la peggiore destra di sempre. Con richiami che evocano il razzismo dei tempi più bui, come certifica il sito del governo.

Buon mercoledì.

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Il Pd si astiene nel voto per fermare l’inceneritore di Roma

A perderci è solo il Pd, comunque vada. La lotta contro l’inceneritore di Roma è sbarcata in Parlamento a suon di mozioni e ordini del giorno. In prima linea gli ecologisti dell’Alleanza verdi sinistra e il Movimento 5 Stelle che, collegati al decreto Pnrr, presenteranno due Odg per revocare i poteri commissariali in capo al sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, per ostacolare il percorso di realizzazione dell’impianto.

Domani in Parlamento il Pd si asterrà sugli ordini del giorno di M5S e Verdi-Sinistra per bloccare l’inceneritore della Capitale

I due documenti saranno sottoposti al voto probabilmente già domani. Uno dei fronti aperti all’interno del partito guidato da Elly Schlein è sulla riduzione della portata dell’impianto che Gualtieri ha ipotizzato in 600 mila tonnellate annue di scarti indifferenziati. Nella segreteria del nuovo Pd la delega all’ambiente è stata affidata a Annalisa Corrado che proprio sul termovalorizzatore di Roma ha sempre espresso una netta contrarietà.

Ma l’inceneritore, com’era immaginabile, è anche una leva per regolamenti di conti interni e esterni. Ieri il dem Orfini ha spiegato che “il termovalorizzatore va fatto” e che “la scelta spetta all’amministrazione e ai cittadini romani” criticando una mozione “con l’unico obiettivo di creare imbarazzi al Pd” presentata da “forze che dovrebbero esser nostre alleate”, ha spiegato.

Il termovalorizzatore, com’era immaginabile, è anche una leva per regolamenti di conti interni e esterni

A ruota Stefano Bonaccini (che Orfini ha sostenuto per la corsa alla segreteria) ha messo in guardia la segretaria Schlein augurandosi che il partito non si spacchi: “Mi auguro di no. – ha detto in un’intervista radiofonica -. I gruppi parlamentari hanno la loro autonomia. Sa come la penso io e, credo, la gran parte del Pd”. Anche qui il messaggio rivolto a Elly Schlein è chiaro: nonostante la vittoria alle primarie della segretaria le truppe parlamentari hanno intenzione di far valere equilibri diversi da quelli usciti dalle urne. Così è fin troppo facile per il leader del Movimento 5 Stelle rigirare il coltello nella piaga: “Il Pd deve chiarire le posizioni al suo interno e spero possano far sintesi. E occorre far subito, perché stanno per partire i lavori di un termovalorizzatore da 600mila tonnellate” – dice Giuseppe Conte a Sky.

Per il leader pentastellato, riguardo al tema dell’inceneritore, il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, “ha fatto una piroetta, una capovolta a 360 gradi. Noi siamo favorevoli a tecnologie eco-compatibili”. Quindi Conte ha aggiunto: “Alcuni giornali vicini al Pd si sono dispiaciuti, vorrei chiarire che il Movimento 5 Stelle non abbasserà mai l’asticella delle sue battaglie. Battaglie importanti per la tutela del pianeta e per la salute dei cittadini”.

Prova a calmare gli animi il capogruppo del Pd al Senato Francesco Boccia: “Io avevo capito che domani in Aula alla Camera andasse il dl Pnrr e io penso – spiega il senatore – che, soprattutto per le opposizioni, sia molto importante costrui re. Noi facciamo opposizione al governo Meloni, mi auguro che gli altri partiti di opposizione facciano lo stesso, perché se c’è qualcuno che si illude con un odg di provare a creare problemi ad altri partiti di opposizione, io penso che questa pratica non aiuti nessuno”. “Se la domanda è ‘siete favorevoli o contrari ai termovalorizzatori?’, – spiega Boccia – se chiudono un ciclo la risposta è sì, se sono il ciclo la risposta è no. Ma se si pensa che questa sia la politica, allora ho la sensazione che ci sono forze politiche che non han capito in che pezzo di storia siamo”.

Nonostante le promesse sul Green la neo segretaria Schlein è costretta a subire i diktat delle solite correnti

La linea del capogruppo è la linea della segretaria Schlein: le priorità sono altre ed è il sindaco Gualtieri ad avere la responsabilità politica dell’operazione. In Parlamento l’astensione dal voto sarà la scelta del Partito democratico. Intanto ieri, in serata, perfino Fratelli d’Italia ha sfruttato l’occasione: “Elly Schlein non risponde al suo sindaco, a Giuseppe Conte continuando a trincerarsi dietro un impenetrabile silenzio. È ancora in vacanza”, chiede il deputato meloniano Massimo Milani. Il terzo gode.

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L’ultima polpetta avvelenata di Renzi. Una donna leader per far fuori Calenda

La polpetta avvelenata questa volta – manco a dirlo – è spruzzata da un po’ di femminismo di superficie, che di questi tempi è molto in voga. Matteo Renzi si sveglia fingendo di non vedere le macerie e rilancia una “leader donna” per il Terzo polo mai terzo e mai polo che si è sbriciolato negli ultimi giorni sotto le cannonate di Renzi contro Calenda, Calenda contro Renzi e le schiere di seguaci nelle retrovie impegnati a non fare prigionieri. “La verità è che i due galli nel pollaio dovrebbero fare un passo indietro”, spiega Renzi e l’idea di “una donna” (una donna qualsiasi, ovviamente, come nelle idee sbilenche degli uomini che fingono di interessarsi alle donne) come leader del sedicente Terzo polo viene appoggiata sul tavolo.

Carfagna, Gelmini o Bonetti per il dispetto di Renzi a Calenda una vale l’altra. Ma poi a gestire il pollaio resterebbero i due soliti galli

Mara Carfagna, Mariastella Gelmini e Elena Bonetti potrebbero essere i nomi sul tavolo (tanto per dare un’identità, a queste “donne”). L’idea di Renzi è fin troppo scontata: far apparire Calenda come ormai “bruciato” per poter gestire l’elezione di un/una leader sostitutiva magari più a sua immagine e somiglianza. Si tratta esattamente del sospetto che Calenda ha denunciato fin dall’inizio, quando dalle parti di Azione ha preso piede l’idea di un congresso “veramente contendibile” che altro non era che un avviso di sfratto per il povero Calenda, cornuto e razziato dal Renzi che aveva promesso di saper tenere a bada.

Che l’idea di Renzi non sia una genialità ieri l’ha sottolineato anche il sondaggista Antonio Noto: “Mi sembra strano – spiega – che possa essere proposto un terzo leader, perché non c’è alcun tipo di accordo tra Renzi e Calenda sulla scelta di un unico nome. Il litigio di queste settimane va ben oltre la scelta di un altro nome che si potrà proporre come leader: è una crisi basata soprattutto su logiche politiche, nessuno dei due farà un passo indietro”.

Non lo prende sul serio nemmeno Carlo Calenda che intercettato dai cronisti all’uscita di Palazzo Madama spiega: “Un passo indietro in favore di una donna Quello che dovevo dire l’ho detto. Renzi può dire quello che vuole sul suo partito che si chiama Italia viva. Il caso è chiuso? Non ho nient’altro da dire”. Il leader di Azione aveva già ufficializzato il silenzio stampa sulla questione del partito unico (considerata chiusa) nella sua newsletter del fine settimana. Ieri il segretario regionale in Campania di Azione, Giuseppe Sommese, presentando i candidati calendiani per le prossime elezioni amministrative a Giugliano ha chiarito che ormai si lavora solo per il partito di Calenda: “non servono partiti mordi e fuggi che mettano insieme, – ha spiegato – all’occorrenza, tutto e il contrario di tutto in cartelli elettorali improbabili, ma una forza vera, radicata, democratica che possa essere il pilastro di un vero polo riformista, capace di attrarre tutte le culture politiche che si riconoscono in questa sfida. Azione vuole essere questo”.

Lo stesso accade anche in Italia Viva. Ieri la capogruppo al Senato (di un gruppo che ormai esiste solo sulla carta) Raffaella Paita ha annunciato che nella sola giornata di domenica si sarebbero iscritti al partito di Renzi 1.000 persone: “Se Calenda vorrà ripensare a questo suo gesto, – spiega Paita – la nostra disponibilità c’è. Sicuramente noi andiamo avanti, senza utilizzare i toni inaccettabili di Calenda”. Il gioco di Renzi è sempre lo stesso: bruciare un leader per appropriarsi di un pezzo del suo cucuzzaro. Così dopo il piede tenuto dentro al Pd potrà aspirare a un piede dentro a Azione mentre aspetta di metterne uno dentro Forza Italia. Contare poco dappertutto per fingere di contare qualcosa.

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Arriva la mozione sul termovalorizzatore di Roma

Non chiamatelo trabocchetto. Il tema del termovalorizzatore (a Roma come dappertutto) è un tema politico. “L’innovazione tecnologica galoppa, e molte soluzioni che potevano forse risultare convenienti 20 anni fa, oggi sono obsolete. La fake più fake di tutte è che sarà un impianto a emissioni zero”. A scriverlo era Annalisa Corrado, ingegnera meccanica con dottorato in energetica ed esperta nel settore della transizione ecologica e attivista per la giustizia climatica, che ora è la responsabile all’ambiente della segreteria del Partito democratico nominata dalla segretaria Elly Schlein.

Non chiamatelo trabocchetto. Il tema del termovalorizzatore (a Roma come dappertutto) è un tema politico

L’articolo cofirmato da Corrado per il quotidiano Domani lasciava pochi dubbi fin dal titolo: “Roma, tutte le fake news del sindaco Gualtieri sull’inceneritore”. Scriveva così Annalisa Corrado riferendosi al sindaco di Roma (Pd) Roberto Gualtieri: “Lei sostiene infine, signor Sindaco, che all’inceneritore non ci sono alternative. Non è vero neanche questo: le alternative al mega inceneritore ci sono eccome. Disposti a discuterne pubblicamente quando vuole. Ma intanto ci accontenteremmo se dal confronto sulla sua proposta si togliessero di mezzo le succitate fake news. P.s. Se si chiede perché ci ostiniamo a chiamare l’impianto che lei propone ‘inceneritore’e non ‘termovalorizzatore’, la risposta è banale: ci sentiamo europei e traduciamo ‘incinerator’ in nessun documento europeo che tratta il tema ‘waste to energy’ si trova una versione inglese di questo neologismo solo italiano”.

Credere che le mozioni presentate da M5S e Alleanza Verdi-Sinistra (che verranno votate alla Camera domani) e che la manifestazione del prossimo 19 aprile (a cui parteciperà anche il Movimento 5 Stelle, leggi pezzo qui sotto) siano solo una strategie per imbarazzare il dem sarebbe una lettura egocentrica e fallace. Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni sono contro l’uso dei termovalorizzatori fin dalla stesura del loro programma elettorale e il Movimento 5 Stelle in una nota spiega le sue ragioni politiche: “È passato un anno – scrivono i pentastellati – dall’annuncio del sindaco di voler realizzare l’inceneritore: ora come allora, saremo in piazza per chiedere un passo indietro rispetto a questo impianto dannoso e retrogrado, e un passo avanti nella direzione di una gestione davvero virtuosa del ciclo di rifiuti.

Dopo un anno il progetto è ancora poco chiaro, al punto che sembra sollevare dubbi anche nel nuovo presidente del Lazio e ancor di più nella nuova segretaria del partito di Gualtieri”. Dal Partito democratico per ora non arriva nessuna risposta netta. A domanda sul punto, il responsabile “coesione territoriale, sud e aree interne” della nuova segreteria del dem, Marco Sarracino, ha detto testualmente a Repubblica: “Le barricate su temi complessi non sono proprio il codice del nuovo Pd.

Affronteremo il tema con apertura e responsabilità”. E il neopresidente del partito, Stefano Bonaccini, ha sottolineato che “sarebbe un errore clamoroso non sostenere il sindaco di Roma sul termovalorizzatore”. Dall’altra parte, Sandro Ruotolo, componente della neo-segreteria, nei giorni scorsi ha proposto un referendum sull’argomento (idea poi etichettata come ‘opinione personale’ da parte del Nazareno). Il deputato del Pd Roberto Morassut, già sottosegretario all’Ambiente nel governo Conte I, spiega che ci sono “idee diverse nel centrosinistra, ma un impianto di valorizzazione energetica è necessario a Roma per chiudere il ciclo dei rifiuti”.

La confusione è evidente, tanto che Flavia De Gregorio di Azione, capogruppo della lista Civica Calenda in Campidoglio, parla di “melina di Schlein” e immagina Roma che “rischia di essere irreparabilmente invasa dall’immondizia”.

In gioco c’è molto di più dell’inceneritore di Gualtieri. I voti di Elly Schlein per la segreteria non sono tutti voti del Partito democratico. In parte sono voti di chi con Schlein spera in un’evoluzione del partito, un cambiamento che è stato promesso dalla mozione Schlein su questione spinose come le politiche ambientali. Ora è il momento di mostrare la reale capacità di modificare le posizioni del Pd. È finito il tempo delle promesse e delle speranze.

Schlein dovrà avere la capacità di scrollarsi di dosso il marchio di “giovanilismo” affibbiatole dai suoi avversari (esterni e interni) e dimostrare una reale capacità di portare il Partito democratico sulle sue posizioni. Sono quasi due mesi che la neosegretaria del Pd è stata eletta e dopo le trattative – tutte interne – per comporre la segreteria questo è il primo vero snodo di carattere politico. La segreteria del partito era convocata per venerdì, anche per trovare una linea condivisa su questa questione. Venerdì però potrebbe essere già troppo tardi.

Se Schlein ha davvero la guida del partito senza nessun debito aperto con le minoranze interne il voto sull’inceneritore romano è l’occasione per dimostrarlo. Se è vero che il Partito democratico è un partito dalle molte anime per sua natura è altresì vero che la neosegretaria ha vinto sull’onda di un progetto che prevede un partito capace di essere “netto” sulle questioni. Provare ad accontentare tutti finirà per rendere tutti scontenti. Scegliere è il succo della politica. Il PD, quindi, cosa sceglie?

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