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Governo, Gubitosa: “Le elezioni sono passate, gli slogan non bastano più”

Per la prima volta Giorgia Meloni abbandona le facili conferenze stampa e viene chiamata a rispondere in Parlamento. Michele Gubitosa (M5S), che giudizio dà della performance della presidente?
“Il giudizio non può che essere negativo. La Presidente Meloni non ha risposto, o ha deliberatamente travisato il senso delle domande che le sono state rivolte. L’impressione è che non si sia presentata adeguatamente preparata a questo appuntamento e francamente è inaccettabile. Le consiglierei di tornare a fare le conferenze stampa, se solo non avessimo visto tutti il disastro compiuto a Cutro. Forse, per questo governo, l’unica strategia possibile per evitare di fare strafalcioni è evitare di parlare”.

Conte dice che Meloni non ha risposto alla domanda del M5S. Spostando l’argomento sul superbonus. È “scappata”, politicamente parlando?
“Quanto avvenuto è tanto evidente, quanto imbarazzante. La premier si è sottratta a una domanda molto semplice, che riguardava un tema fondamentale come il diritto alla casa dei cittadini e l’aumento delle rate dei loro mutui. Non sapendo come rispondere, ha preferito attaccare il Movimento 5 Stelle e questo è francamente grave. Quando la premier si presenta in Aula, non lo fa solo per rispondere al M5S o a qualsiasi altra forza politica. Parla ai rappresentanti dei cittadini, in seduta pubblica, dunque risponde di fatto al Paese. E in questa sede non sono accettabili questa impreparazione e questo pressapochismo. La campagna elettorale è finita, gli slogan non bastano più. Adesso Meloni deve governare il Paese e dare risposte chiare”.

Dice Meloni che la colpa del lavoro povero non si risolve con il salario minimo ma detassando le imprese. Che ne pensa
“Una cosa non esclude l’altra. Anche sul salario minimo la destra continua a raccontare falsità, non so se per ignoranza o per il fatto di non aver letto la nostra proposta di legge. Noi diciamo due cose molto semplici: rafforzamento della contrattazione collettiva “sana”, stabilendo dei precisi criteri di rappresentatività delle parti sociali così da mettere fuorigioco gli accordi “pirata”, e introduzione di una soglia minima – 9 euro lordi l’ora – che scatterebbe laddove quella prevista dai contratti fosse inadeguata a garantire ai lavoratori un’esistenza libera e dignitosa, come dice l’art. 36 della nostra Costituzione. Per aiutare le imprese, prevediamo, peraltro, la detassazione triennale degli incrementi retributivi previsti dai rinnovi contrattuali. Insomma, non ci sono reali motivi oggettivi per non approvare la nostra proposta, se non i loro soliti pregiudizi ideologici”.

Tra l’altro non stupisce che Meloni chieda più contrattazione dopo avere delegittimato da sempre i sindacati?
“Giorgia Meloni è il dottor Jekill e mister Hyde della politica italiana. Finora è stata costretta a rimangiarsi tutto ciò che ha detto quand’era all’opposizione, penso ad esempio al blocco navale, al taglio strutturale delle accise sulla benzina o alla proroga di Opzione donna: tutte promesse non mantenute, se non addirittura, come nell’ultimo caso, un vero e proprio disastro che pagheranno decine di migliaia di lavoratrici che avevano maturato il diritto di andare in pensione prima e non potranno farlo. Credo che se le opposizioni si compattassero veramente su temi come la lotta alle diseguaglianze e al lavoro povero, la premier non potrebbe più voltarsi dall’altra parte”.

Sulle casa green, così come sulle auto a motore termico, Meloni conferma alla guida di un governo arretrato e strabico. Pagheremo questo isolamento sui temi ambientali?
“Su questo, come su altri temi, sembra proprio che l’obiettivo di questo governo sia di compiere passi indietro. È inevitabile che l’Italia rischi di pagare un prezzo altissimo e di rimanere totalmente isolata in Europa. Se Meloni preferisce allinearsi a Orban, farebbe bene a non trascinare con sé il Paese. Per tanti anni, il Movimento 5 Stelle è stato ingiustamente accusato di essere il partito del no. La verità, invece, è che questo è il governo dei no, dal momento che si oppone a qualsiasi proposta: case green e auto green sono solo due esempi, ma non dimentichiamo anche Transizione 4.0 e Superbonus, misure fondamentali nella lotta al cambiamento climatico. Basterebbe comunque ascoltare le parole pronunciate ieri dal Presidente Mattarella, che ricordava come sul clima non ci sarà un secondo tempo. Anche noi crediamo che si debba agire subito e che non ci sia più tempo da perdere, accompagnando le politiche green con corposi investimenti per sostenere i cittadini in questa transizione”.

È possibile immaginare che le difficoltà del governo rinsaldino l’asse tra PD e M5S?
“Un eventuale asse con il Partito Democratico non può fondarsi solo sull’opposizione a questo governo, per quanto disastroso sia. Serve altro, serve identità di vedute, serve visione comune sui temi fondamentali per il Paese. Registriamo con favore che, almeno a livello di dichiarazioni di intenti, Schlein abbia abbracciato la nostra posizione sul salario minimo. È un passo incoraggiante, visto che i dem sono sempre stati contrari alla proposta del Movimento 5 Stelle. Nella scorsa legislatura, hanno presentato emendamenti simili a quelli di Forza Italia per eliminare dal nostro disegno di Legge il riferimento ai 9 euro lordi l’ora e sappiamo che le proposte di alcuni esponenti del Pd non fissano alcuna soglia minima. Così non si risolverebbe il problema”.

E voi come lo risolvereste?
“C’è una proposta di Legge a prima firma Conte che è già stata calendarizzata alla Camera, partiamo da quella. Restano però tanti altri temi sui quali attendiamo segnali concreti su quelle che sono da sempre le nostre battaglie. Dal Superbonus al Reddito di Cittadinanza, per passare da lotta al precariato, transizione ecologica e difesa di salute e istruzione pubbliche. Per non dimenticare la guerra in Ucraina e l’invio di armi a Kiev, un tema sul quale ci aspettiamo una svolta netta rispetto alla linea bellicista di Letta. Vogliamo capire se l’agenda Schlein sarà in contrapposizione con quella fantomatica agenda Draghi su cui il Pd aveva finito per appiattirsi nella passata legislatura”.

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Governo in retromarcia pure sulla Wagner

La Wagner è sparita. Quello che doveva essere il braccio armato di Putin per rovesciare il governo Meloni facendo imbarcare africani verso l’Italia è un allarme che si è già sgonfiato. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, mesto mesto, ha dovuto ammettere che la Wagner “non è certamente la prima causa”, “probabilmente una delle concause che spinge i migranti verso nord”. Hanno scherzato. Chissà come ci rimarrà male chi ha passato le ultime 24 ore a fingersi esperto di geopolitica convinto di avere trovato la causa di tutti i mali. Il nervosismo nei confronti del ministro Guido Crosetto, accusato di avere trascinato la maggioranza in un dibattito surreale è palpabile.

Tajani ha dovuto ammettere che la Wagner “non è certamente la prima causa” che spinge i migranti verso nord.


Ieri la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha tentato di caricarsi sulle spalle la questione migranti confidando sull’effetto della sua lunga luna di miele con gli italiani. Non è andata benissimo. Dopo il solito piagnisteo della “calunnia all’Italia intera” perché l’opposizione fa l’opposizione, ponendo domande a cui i ministri Piantedosi e Salvini continuano a non rispondere, Meloni ha spiegato di sentirsi “con la coscienza a posto” perché l’ultimo naufragio di cinque giorni fa “si è svolto in area Sar di responsabilità della Libia ed è stato inizialmente coordinato dalle autorità libiche”.

“È ora di finirla con la farsa della Sar libica: i libici non sono in grado di consentire un coordinamento di operazioni di salvataggio in linea con gli standard delle Convezioni internazionali”, le ha ricordato il deputato di Più Europa, Riccardo Magi. Meloni rilancia: “Mi pare evidente che siamo assistendo da diversi mesi ad una pressione migratoria che ha pochi precedenti attraverso il Mediterraneo centrale verso l’Europa e dunque l’Italia”, ha detto in risposta a un’interrogazione di Maurizio Lupi.

Sembra essersi dimenticato dei tempi in cui lei e Salvini accusavano i governi precedenti di non voler risolvere un problema che ha bisogno di molto di più della becera propaganda. Anche perché la presidente del Consiglio si ritrova tra incudine e martello sulle iniziative da prendere, a partire dal cosiddetto “Decreto Cutro” licenziato dopo il propagandistico Consiglio dei ministri sul luogo della strage che da ieri è in discussione in commissione Affari costituzionali al Senato.

Da una parte ci sono le osservazioni del Quirinale, con Mattarella che ha messo sotto la lente l’articolo 7 che vorrebbe stringere le maglie della protezione speciale (che il governo sognava di cancellare del tutto, prima dell’alt del Presidente della Repubblica): i richiami del Colle (e del Vaticano) hanno trovato terreno fertile nel sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Dall’altra parte ci sono i leghisti di Salvini che non hanno smesso di sognare il ripristino dei Decreti Salvini del 2018.

“Per ora sono congelati”, sussurrano i leghisti. “Buona parte dei contenuti dei miei decreti sono già stati ripresi nel decreto presentato a Cutro e altre parti potranno essere aggiunti nel dibattito parlamentare”, ha detto Salvini. Come dire: se l’iter parlamentare non sarà di nostro gradimento abbiamo già pronto l’affondo. Un passaggio delicato sarà anche l’articolo 6 del decreto con cui Meloni vorrebbe stanare gli scafisti “per l’orbe terracqueo”.

Nel comma 6 si legge che “il reato si considera commesso nel territorio dello Stato quando la morte o le lesioni si verificano in acque internazionali”, immaginando di estendere la competenza territoriale a piacimento. Lo slogan funziona in conferenza stampa ma dal punto di vista giuridico è più che velleitario. Pensare di andare ad arrestare chi sta in Turchia e in Libia (e sono quelli i trafficanti di cui occuparsi) è un’ingenuità o, peggio, una panzana in malafede. Ma la notizia politica è la convinzione del sottosegretario Mantovano che sia “il tempo di riscrivere la Bossi-Fini”. Praticamente un’ammissione. A qualcuno toccherà inventarsi di corsa una nuova narrazione.

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È la tragedia della Siria che riempie i barconi della morte

Al dolore che già c’era si è aggiunto quel maledetto 6 febbraio, la prima scossa del terribile terremoto che aggiunge dolore alla Siria che sanguinava per la guerra. I palazzi che non si sono sbriciolati si stagliano minacciosi.

La Siria rischia il collasso. Oltre 15 milioni di persone dipendono dagli aiuti umanitari per sopravvivere

“Rischio collasso – dicono le associazioni umanitarie che faticosamente si impegnano a lenire la disperazione. I sopralluoghi non ufficiali stimano solo ad Aleppo 400 edifici crollati e almeno 5300 edifici da verificare, molti dei quali andranno probabilmente demoliti. Sono case che indossavano già le cicatrici della guerra. Poi ci si è messa la natura. Le limitazioni sull’arrivo dei materiali e l’assenza di manodopera specializzata rallentano perfino la speranza. I roditori frugando tra i cadaveri ancora incastrati sotto le macerie aumentano il rischio di pandemie. Gli aiuti sono pochi e ostacolati, sia ad Aleppo che a Latakia. La loro distribuzione non è organizzata, con il rischio di spreco di risorse. Mancano medicine e le risorse per garantire adeguata assistenza sanitaria in alcune zone come Stamo o Jableh, nei pressi di Latakia.

Su tutto questo cade oggi il dodicesimo anniversario della guerra che ha provocato una delle più grandi crisi di sfollati a livello globale. Secondo un’ultima rilevazione sui bisogni umanitari nel Paese, più di 15 milioni di persone in tutta la Siria dipendevano già dagli aiuti umanitari per soddisfare i loro bisogni primari. Si stima che prima dei terremoti ci fossero 1,9 milioni di sfollati nelle sole aree controllate dall’opposizione nella Siria nord-occidentale, la maggior parte dei quali erano donne e bambini. Secondo quanto riferito, in seguito ai terremoti almeno 86mila persone sono state sfollate nell’ultimo periodo, più della metà di queste sono bambini.

La guerra ha portato a sfollamenti multipli, povertà diffusa e milioni di bambini siriani che hanno subito ripetuti shock, aggravati poi dai terremoti, che hanno costretto oltre 50mila bambini a lasciare le proprie case. Save The Children ha raccolto la testimonianza di Diaa: sua moglie e i suoi due figli hanno perso la casa ad Aleppo dopo il terremoto di febbraio: “Ho perso il conto di quante volte sono stato sfollato. Ne abbiamo passate tante. Siamo stati sotto assedio due volte e siamo quasi morti. Alla fine, siamo andati verso nord. Siamo fuggiti e siamo stati costretti a spostarci più volte in vari posti, ogni volta siamo ripartiti da zero” ha raccontato Diaa”.

Interi quartieri nel nord della Siria sono inagibili e i rifugi collettivi sono sovraffollati

Interi quartieri nel nord della Siria sono inagibili e i rifugi collettivi sono più sovraffollati che mai. L’area più colpita dai terremoti, che hanno avuto ripercussioni su almeno 8,8 milioni di persone in Siria, ospita alcune delle persone più vulnerabili del paese, che erano già state costrette a fuggire più volte dalle loro case a causa del conflitto e da una crisi economica opprimente. Migliaia di famiglie in Siria vivono in edifici non finiti, insediamenti informali e tende improvvisate.

“Abbiamo trovato una casa in cui vivere. In realtà non era abitabile. Niente porte, niente finestre, assolutamente niente. Anche le pareti non erano isolate. Abbiamo sofferto molto. Quando pioveva, l’acqua entrava in casa” ha proseguito Diaa che ha aggiunto “Ci sembra di vivere in un incubo e non avremmo mai immaginato che questa sarebbe stata la nostra vita. Anche le tende dove viviamo, sono fatte di plastica sottile. Quando il vento è diventato più forte, un paio di notti, abbiamo dovuto continuare a fissare la tenda a terra da tutti i lati usando dei sassi. A tutto questo si è aggiunto il terremoto”.

La carenza di carburante e di elettricità costringono le famiglie siriane a inventarsi misure disperate per riscaldarsi

Riscaldarsi è un privilegio. La carenza di carburante e di elettricità costringono le famiglie siriane a inventarsi misure disperate. Arrivano segnalazioni di bambini feriti da armi inesplose mentre raccolgono legna da ardere. Fadel ha 10 anni e ha vissuto in tenda per la maggior parte della sua vita. Aiuta la sua famiglia di nove persone raccogliendo legna per riscaldarsi e poter cucinare, dopo la scuola sei giorni alla settimana. “Siamo arrivati alle tende otto anni fa. Ho un fratello di tre anni disabile. Ricordo di almeno tre volte in cui non avevamo cibo e io dormivo per la fame. Raccolgo legna da ardere tutti i giorni, tranne il venerdì. La strada è difficile perché è scivolosa e ci sono delle buche” ha raccontato agli operatori di Save The Children.

I bambini siriani da 12 anni subiscono gli effetti del conflitto

Sono bambini che vivono in quelle condizioni da 12 anni. Da 12 anni, i bambini in Siria subiscono gli effetti del conflitto, come coloro che vivono in Ucraina, in Yemen e nei tanti altri teatri di guerra nel mondo, come l’Organizzazione ha avuto modo di sottolineare attraverso la sua campagna Bambini sotto attacco, attraverso la quale sta sensibilizzando i governi e le organizzazioni internazionali affinché diano priorità alla protezione dei minori e al loro benessere.

Save The Children chiede al governo italiano di ampliare la giurisdizione universale per consentire di perseguire i responsabili di gravi violazioni dei loro diritti in qualsiasi parte del mondo, di documentare i crimini contro i minori e stanziare risorse per rafforzare i meccanismi esistenti. Potremmo cominciare a ricordarci che siriani erano anche alcuni dei corpi annegati a Steccato di Cutro, siriani sono quelli che disperatamente cercano una via illegale (perché legale non c’è) per arrivare in Europa. Potremmo ricordare cosa sia la Siria al ministro Piantedosi che non si caricherebbe, per terra o per mare, i suoi figli sulle spalle per liberarli da quell’inferno. Potremmo ricordarcene noi, per non cadere nel disumanesimo che questo Governo tutti i giorni prova a concimare.

 

Leggi anche: La balla dei migranti pilotati da Putin. Neppure l’Ue se la beve. Il Governo in panne cerca alibi. Ma sulla Wagner sfiora il ridicolo

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No, dal cambiamento climatico non ci salveranno le madonne

Accade che in Veneto, dove la siccità stringe la gola come accade in tutto il nord Italia, abbiano deciso di esporre la “Sacra spina” che nella credenza popolare dovrebbe essere la stessa lisca di pesce usata dai romani per decapitare i martiri Fermo e Rustico. Un rito che risale al Duecento per risolvere il problema di siccità. In quel caso i fedeli pregarono per interrompere quattro mesi che assetarono quelle terre.

I fatti – reali e incontrovertibili – sono che anche in Veneto la mancanza di acqua ha ridotto ai minimi storici i fiumi e gli invasi. Il presidente della Regione Zaia più laicamente ha prospettato la possibilità che l’acqua venga razionata (il fiero “nord” che si ritrova ad avere un problema sempre considerato “meridionale” è uno dei molti contrappassi di questo tempo) e ha strigliato il governo (composto da suoi amici che potrebbe raggiungere con una telefonata):”spero che a livello nazionale – dice Zaia –  si decida di finanziare un grande piano e che si possa andare avanti con la pulizia degli invasi alpini, delle dighe artificiali o dei laghi. Se riusciamo a levare il 50/60 per cento dei detriti che vi stagnano, potremmo recuperare il 40 per cento di metri cubi d’acqua in più che possiamo destinare agli invasi. Inoltre, bisogna autorizzare le cave in pianura come rete di invasi e finanziare il mondo dell’agricoltura per ridurre la dispersione della risorsa idrica, come fanno in Israele”.

I creduloni – più che credenti – non vengono sfiorati dal dubbio che disboscare per costruire piste di bob per i mondiali non sia una grande idea o che irridere i tanti esperti che da tempo lanciano l’allarme li espone ora a una pessima figura. Anche Zaia, come molti altri, vede nella siccità un’occasione per chiedere più soldi senza spingersi a chiedere politiche attive. Il suo partito del resto è lo stesso che con Salvini in prima fila sta trattando la transizione ecologica come un fastidioso inciampo al fatturato dei suoi elettori. Nel suo partito, del resto, si trovano parlamentari che al primo freddo ironizzano sul surriscaldamento che non esiste. Sono talmente ignoranti che nonostante siedano in Parlamento non hanno ancora imparato la differenza tra meteo e clima.

L’ignoranza, appunto, è la molla che spinge ad affidarsi a una lisca di pesce per risolvere un problema creato dalle politiche industriali e economiche degli uomini. L’ignoranza che ha concesso il lusso di non vedere l’apocalisse ambientale che sta arrivando e che non può che concludersi con una danza tribale.

Buon mercoledì

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La balla dei migranti pilotati da Putin. Neppure l’Ue se la beve

A voler essere perfidi si potrebbe rispondergli con le stesse parole usate da Matteo Salvini lo scoro 29 luglio, mica troppi mesi da, quando Repubblica pubblicò un articolo (mai confermato) che ipotizzava i mercenari della Wagner a spingere i migranti sui barconi per far vincere la destra: “Per la sinistra sarebbe Putin a spingere i barconi pieni di clandestini verso l’Italia. Siamo alle comiche, la paura di perdere la poltrona fa brutti scherzi! Spoiler: la colpa è di Pd e Lamorgese”, scriveva il leader della Lega.

Il Governo in panne sui migranti cerca alibi. Ma sul coinvolgimento dei Russi e del gruppo Wagner sfiora il ridicolo

Ora che sono al governo Putin invece è tornato di moda come nemico giurato: mischiare migranti e Putin del resto è il cocktail perfetto per banalizzare un fenomeno complesso e per trasformare un dramma in diatriba da tifosi. Secondo la narrazione del governo la Russia che usava migranti per far vincere Salvini e Meloni ora userebbe i migranti per far perdere Salvini e Meloni.

Quanto ci sia di vero per ora non è dato saperlo. Le fonti “007” sono le stesse che prevedono un numero di sbarchi completamente sballato e se il grado di affidabilità va misurato sulle invasioni predette tutti gli anni, se gli 007 sono quelli, più di qualche dubbio è lecito. Di sicuro, come twittava ieri l’ex ministro del Pd Andrea Orlando: “Fino al 26 settembre, sostituzione etnica. Dal 27, brigata Wagner”.

Ogni giorno è una nuova narrazione per nascondere il fatto che dell’emergenza che promettevano di risolvere facile facile non ne capiscono niente e ne sanno ancora meno. Alla fine basta una dichiarazione di buon senso come quella del vice presidente della Commissione Ue Margaritis Schinas per riportare questa banda di urlatori sulla terra: “Cosa causa la migrazione è il fatto che in Paesi di origine e di transito è necessario costruire le condizioni per una vita migliore” ed “evitare che le persone affidino la propria vita ai trafficanti. Wagner o no, questo è qualcosa di accessorio. La causa della migrazione è che le persone fuggono da guerre e persecuzioni o scappano per una vita migliore”.

L’ennesima sculacciata dell’Unione Europea a una mistificazione ormai patetica. Gli unici appiattiti su Putin come causa dei morti in mare sono, manco a dirlo, quelli del cosiddetto Terzo polo che per bocca del deputato di Italia Viva-Azione e segretario del Copasir insistono che “Crosetto ha ragione quando dice che Wagner lavora per gli interessi russi e destabilizzare in Europa incrementando i flussi di immigrazione clandestina è in questa logica”.

Sull’interferenza russa avremo modo di saperne di più quando il ministro Crosetto deciderà di parlarne in Parlamento e quando il Copasir analizzerà le carte. Ma di certo le risposte che continuano a mancare sono ben altre: se si vogliono davvero cambiare le regole bisogna farlo a Bruxelles ma per riuscirci bisognerebbe avere gli alleati giusti, non certo i sovranisti con cui Meloni e Salvini hanno tubato da anni che – come probabilmente Putin – usano i migranti come arma politica.

Ieri un caccia russo ha abbattuto un drone Usa sul Mar Nero

Per questo il Governo non sa da che parte girarsi: isolato in Europa, fortemente impreparato qui in Italia, travolto da una questione umanitaria prima che politica (che ha sempre finto di non vedere) non potrà pensare di resistere inventandosi un nemico al giorno – ieri gli scafisti oggi la Russia – per tirare a campare. Ieri Meloni ha detto che questo “è il periodo più complesso dalla Seconda guerra mondiale. Affronto un problema e se ne apre un altro”. Non si sa se riderne o piangerne. Specie dopo che ieri, un caccia russo ha abbattuto un drone Usa sul Mar Nero. Altra benzina sul fuoco della guerra e dei disastri umanitari.

Leggi anche: Il Copasir si occuperà del caso Wagner. M5S e Pd chiedono a Crosetto di riferire in Parlamento. FdI: “Il Pd ha recuperato le antiche simpatie verso Mosca”

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L’Arabia Saudita ci prende a pallonate

Il mondo del calcio italiano mostra la sua anima decidendo di fare ancora peggio. La Serie A ha firmato un accordo con i sauditi, fregandosene delle giuste osservazioni di chi lavora con i diritti umani, per i prossimi quattro anni stravolgendo anche la formula della Supercoppa italiana, adattata alle esigenze televisive.

Quasi 100 milioni di euro sono bastati per fingere di non sapere che lo sportwashing con i nomi e le maglie del nostro campionato da quelle parti serve per fingere una democrazia di plastica, quel che basta per continuare a stringere mani insanguinate e concludere affari. Sembra passato un secolo dall’indignazione per gli ultimi mondiali giocati in Qatar, costati la vita di lavoratori schiavizzati. Sono lontani i tempi in cui Giorgia Meloni e Matteo Salvini gridavano allo scandalo e la Lega di serie A si fingeva contrita promettendo che non avrebbe rinnovato il contratto con i sauditi. Ora quel contratto si è allungato ed è ingrassato.

L’allargamento a 4 squadre garantirà anche l’esportazione dei marchi più noti del campionato (Milan, Inter, Juventus) fregandosene del giornalista Kashoggi fatto a fette perché sgradito al principe e fregandosene delle donne che hanno diritti del secolo scorso.

Possiamo notare comunque che i sauditi diventano un tema dibattuto dalla politica solo quando tornano utili per bastonare l’avversario politico. Se si fanno abbastanza furbi da non coprire di soldi solo un ex presidente del Consiglio ma distribuiscono le fette anche agli altri diventano improvvisamente potabili.

La credibilità, del resto, è un valore finché non viene superata da un valore superiore.

Buon martedì.

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I migranti usati come una bomba. L’ultima balla delle destre

L’ultima bufala è la “bomba migratoria” che si starebbe abbattendo sull’Italia. Il capogruppo della Lega in Senato, Massimiliano Romeo, ci vede lo zampino della Russia e chiede l’intervento della Nato. Il ministro della Difesa Guido Crosetto definisce i migranti “un modo per colpire l’Italia” e chiede, ovvio, aiuto alla Nato e per solleticare gli sfinteri dei signori delle armi ripete la barzelletta delle “infiltrazioni russe in Africa”. Sono in guerra contro i disperati e non c’è da stupirsi.

Per il Governo c’è un preciso disegno contro la Meloni. Così la fuga dalla miseria diventa un complotto

Scatenati i quotidiani: c’è chi in prima pagina parla di 600mila arrivi, chi di 685mila, qualcuno immagina milioni. L’invasione è servita. Anche se sono passati anni a smentire la bufala dalle parti del governo (e non solo) hanno capito che funziona ancora, complici la memoria scarna degli italiani, la paura, e l’imbarazzante impreparazioni dei politici e di certi giornalisti. Come spesso accade si distingue il quotidiano Libero che il 2 dicembre scorso titolava “Tam tam tra i migranti in Libia. Ora c’è Giorgia Meloni non partiamo più”. E adesso titola: “Allarme: non si fermano più”. Senza nemmeno un briciolo di vergogna.

L’allarme invasione secondo “sedicenti 007” si rinnova tutti gli anni, sempre nel periodo preprimaverile. Il numero massimo degli arrivi è stato di 180mila e solo questo basterebbe per evidenziare la cretinaggine della consuetudine. Ma la domanda che nessuno pone è chi sarebbero questi 007 e soprattutto su che dati poggerebbero le loro stime. Calcolano i migranti illegalmente detenuti in Libia La somma è praticamente impossibile visto che i centri di detenzione (illegali, ma questo non sembra interessare nessuno) sono diretti da bande diverse.

Flavio di Giacomo, responsabile comunicazione Oim (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) lo spiega così: “è possibile prevedere il numero di persone che potrebbe partire dalla Libia. La decisione di partire, e la possibilità di poterlo fare, dipendono da dinamiche mutevoli e non quantificabili. Va inoltre sottolineato che oltre l’80% dei flussi migratori africani resta in Africa, non va in Europa. Dati alla mano, nessuna emergenza numerica”. Di sicuro paventare un’orda impossibile di arrivi fa molto comodo a chi, come i diversi clan che presidiano la Libia, può usare i migranti come arma di pressione politica per spingere l’Ue a chiedere di “controllare” ancora di più le frontiere e quindi ottenere più soldi.

Libia e Turchia aprono e chiudono i rubinetti dei migranti per ingrossare i bonifici da anni. Da anni continuiamo a cascarci. Stessa cosa per un governo che non riesce ad uscire dall’imbarazzo per la strage di Steccato di Cutro e per le polemiche di questi ultimi giorni con le circostanziate accuse della Ong Alarm Phone che accusa l’Italia per trenta dispersi e 17 superstiti salvati da un mercantile in acque internazionali. Anche in questo caso a fare da padrone è l’ignoranza e la disinformazione. Si fa riferimento a una cosiddetta zona Sar libica fingendo di non sapere che la cosiddetta Guardia costiera libica non fa né ricerca né soccorso: accalappia i disperati per riportarli nelle prigioni e pestarli, violentarli e ricattarli.

L’incidente è accaduto in acque internazionali. Delegare il salvataggio di chi scappa dalla Libia alla Libia è un controsenso naturale. L’ennesima mistificazione. Ieri Maurizio Gasparri ha detto bene: “Con argomenti falsi si specula sulla tragedie in mare”. Ha completamente ragione. Solo che dovrebbe dirlo ai suoi ministri che vorrebbero governare qualcosa che nemmeno conoscono. Intanto quelli muoiono.

Leggi anche: Altro che porti chiusi e blocchi navali. Con le destre gli sbarchi sono triplicati. La stretta di Piantedosi sulle Ong non ha fermato gli arrivi

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Migranti, la stretta di Piantedosi sulle Ong non ha fermato gli arrivi

Lo certifica il Viminale. Sono 20.017 i migranti sbarcati in Italia quest’anno, più del triplo di quelli registrati nello stesso periodo del 2022 (6.152). L’impennata si è concentrata in particolare nei tre giorni tra il 9 e l’11 marzo, quando sono arrivate ben 4.566 persone. Le nazionalità più rappresentate sono ivoriani (2.410), guineani (2.380), bengalesi (1.506). Mentre sono 1.965 i minori non accompagnati.

Con le destre gli sbarchi sono triplicati. I dati forniti dal Viminale certificano il flop del Governo sui migranti: nel 2023 già superati i 20mila ingressi

La Tunisia ha di gran lunga sorpassato la Libia come Paese di partenza delle imbarcazioni. Dai dati del Viminale visti da Agenzia Nova, infatti, risulta che almeno 12.083 persone sono partite dalle coste tunisine da inizio anno fino al 13 marzo, più di 170 sbarchi al giorno, un boom del 788 per cento rispetto ai 1.360 arrivi dello stesso periodo dello scorso anno: pari a oltre un terzo dei 32.101 sbarchi complessivi dalla rotta tunisina dell’intero 2022.

Di questo passo, solo dalla Tunisia potrebbero arrivare oltre 60 mila persone, non solo tunisini ma soprattutto subsahariani, questo senza contare il naturale aumento previsto in estate grazie al miglioramento delle condizioni del mare. Si tratta, in effetti, di un ribaltamento dei flussi nel Mediterraneo centrale, dal momento che la Libia era stata finora la prima nazione di partenza dei natanti arrivati in Italia, con 53.118 arrivi nel 2022.

Adesso, invece, la rotta libica giunge al secondo posto con 7.057 arrivi al 13 marzo, che e’ comunque un aumento dell’80 per cento circa rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. I dati del Viminale evidenziano un lieve calo della rotta turca della tragedia di Cutro, con 689 arrivi al 13 marzo rispetto agli 812 dello stesso periodo del 2022, un dato in linea con i 16.115 sbarchi complessi dei Migranti partiti dalla Turchia lo scorso anno. Resta marginale, infine, la rotta che dall’Algeria ha portato al 13 marzo almeno 184 Migranti irregolari, in aumento rispetto alle 55 persone arrivate in Sardegna nello stesso periodo del 2022, a fronte di 1.389 arrivi del 2022.

I dati del cruscotto statistico giornaliero pubblicato nel sito web del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Viminale indicano un ribaltamento anche delle nazionalità dichiarate al momento dello sbarco. I subsahariani, infatti, hanno ampiamente soppiantato i nordafricani nei primi mesi del 2023. Al primo posto degli sbarchi in Italia al 13 marzo c’è la Costa d’Avorio con 2.410 arrivi, mentre nello stesso periodo del 2022 c’era l’Egitto con oltre 1.500 arrivi tramite la rotta libica. Segue poi un altro Paese dell’Africa occidentale, la Guinea, con 2.380 arrivi al 13 marzo 2023, mentre nello stesso periodo dell’anno scorso c’era il Bangladesh con 1.241 sbarchi.

I cittadini bengalesi che risultano oggi al terzo posto degli sbarchi irregolari in Italia, con 1.506 arrivi via mare, mentre lo scorso anno erano gli 870 tunisini a occupare il gradino piu’ basso del podio. I numeri di tunisini arrivati finora in Italia è quasi raddoppiato nell’arco di un anno, con 1.328 sbarchi registrati finora da inizio anno. Mentre Pd e M5S chiedono che Salvini “non scappi e venga a riferire in Parlamento” Giorgia Meloni, i ministri Salvini, Crosetto, Tajani e Piantedosi ieri si sono riuniti urgentemente. Nulla di fatto.

L’unico risultato tangibile è stata la nuove narrazione della Russia infiltrata per spingere le partenze. Propaganda spiccia. Intanto il Pd e il sindaco di Pozzallo chiedono il ripristino di un’operazione marina europea come fu Mare Nostrum. Voci da Palazzo Chigi ventilano l’ipotesi che torni in campo la Marina militare, ancora una volta.

Leggi anche: Il Governo vuole controllare gli sbarchi usando la Marina Militare. La Meloni ne ha parlato con i vertici dei Servizi segreti

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La lezione della famiglia Attanasio

In un tempo in cui esercitare il cattivismo e reclamare il diritto alla vendetta è una medaglia c’è una notizia considerata minore che si infila nelle pieghe dei giornali che contiene una lezione di civiltà. Nella capitale Kinshasa si sta tenendo il processo per l’assassinio dell’ambasciatore nella Repubblica Democratica del Congo, Luca Attanasio, del carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci e dell’autista del Programma alimentare mondiale, Mustapha Milambo.

Il padre di Luca Attanasio chiede il carcere anziché la pena di morte per i sei accusati di aver ucciso l’ambasciatore italiano in Congo

Di fronte alla richiesta della pena di morte per i componenti del commando che ha ucciso suo figlio il padre di Attanasio ha preso carta e penna e ha scritto al giudice: “Il sottoscritto, Salvatore Attanasio – si legge nel documento inoltrato dai legali della famiglia – in qualità di padre della vittima, l’Ambasciatore Luca Attanasio, visto che all’udienza dell’8 marzo 2023 tenutasi al tribunale militare di Kinshasa/Gombe il procuratore ha chiesto la pena di morte per gli imputati, nonostante la moratoria con la quale la Repubblica Democratica del Congo si impegna a non eseguire la pena di morte e visto che tale moratoria non garantisce che essa non sarà eseguita nel futuro, dichiara di rinunciare alla costituzione di parte civile nel dossier contro gli imputati”.

Secondo i familiari di Attanasio la condanna a morte non può essere accettata per “un uomo di Stato” com’era il figlio Luca anche perché le istituzioni italiane sono portavoce nel mondo della campagna per l’abolizione della pena capitale, oltre a essere contraria ai valori morali del figlio. Dopo la presa di posizione dei familiari, anche lo Stato italiano ha ritirato la propria costituzione di parte civile.

La giustizia che non sia vendetta dovrebbe essere uno dei capisaldi della cosiddetta società occidentale. La lezione l’abbiamo disimparata, complice anche una politica che sulla vendetta costruisce gran parte del proprio capitale elettorale. Che a ricordarcelo sia il genitore di un uomo brutalmente assassinato è una lezione da custodire con cura.

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Incapaci di fare politica si buttano sul panpenalismo

Magistratura Democratica analizza il cosiddetto “Decreto Cutro” (il decreto-legge n. 20 del 2023) e dice quello che c’è da dire. In un comunicato stampa la componente dell’Associazione nazionale magistrati punta il dito contro la stretta sulla protezione speciale decisa dal governo Meloni che, scrivono i magistrati, «andrà a colpire persone che in Italia lavorano con contratti regolari, hanno un’abitazione e spesso avevano trasferito qui anche la famiglia. Persone, insomma, ormai parte integrante del sistema sociale del nostro Paese. La riposta ai morti di Cutro non è stata una rivisitazione critica della ratio punitiva e respingente che ha governato le politiche migratorie, ma si propone di estromettere queste persone dal sistema legale, impedire loro – nella volontà del Governo – di chiedere un permesso per protezione speciale».

Il risultato, come già avvenuto per altre inutili leggi repressive, scrive Magistratura Democratica, «potrà essere quella di produrre un esercito di irregolari che non potranno essere allontanati, in mancanza di accordi per il rimpatrio con la maggioranza dei Paesi dai quali provengono e che andranno ad alimentare il mercato del lavoro nero e dello sfruttamento o della criminalità, su cui lucrano potentati economici sempre più invadenti, interessati ad abbattere i costi della manodopera (ad esempio nel settore agroalimentare o in quello della logistica)».

Un altro passaggio che vale la pena leggere è quello dell’inasprimento delle pene per i trafficanti che Meloni, Piantedosi e Salvini stanno rivendendo come panacea di tutti i mali, tra l’altro dimostrando un’abissale ignoranza su chi siano gli scafisti e sulla differenza con i trafficanti. Scrive Magistratura Democratica: «Anche solo immaginare, infine, che il traffico di esseri umani si combatta con l’innalzamento esorbitante delle pene per i c.d. scafisti, è solo un’illusione che alimenta il mito del panpenalismo, al fine di anestetizzare le paure sociali e tacitare le coscienze, individuando un nemico da combattere, anzi da abbattere. La tecnica legislativa, poi, lascia – ancora un volta – molto a desiderare. La previsione penale, infatti, è strutturata con una formula così ampia e indeterminata che pone seri problemi di aderenza ai principi costituzionali, autorizzando interpretazioni che potrebbe estenderne l’applicazione anche a chi interviene per garantire aiuti umanitari. Applicare questa nuova fattispecie di reato a chi “dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato” pone sullo stesso piano condotte profondamente diverse tra loro, con una pena edittale minima elevatissima».

«Anche l’individuazione del nemico da abbattere – scrivono i magistrati – con la sanzione penale è frutto di approssimazione. L’esperienza dei processi penali celebrati contro i c.d. scafisti ci insegna, infatti, che chi si assume il rischio di condurre l’imbarcazione che ospita i migranti è di regola una persona altrettanto vulnerabile, alla quale si affida il timone in cambio della gratuità del viaggio o altri modesti vantaggi. Insomma: un povero tra i poveri, non certo il gestore del traffico e neppure un tassello della criminalità organizzata transnazionale che organizza il traffico di esseri umani. Per i timonieri degli scafi la pena prevista dall’articolo 12 del decreto legislativo n. 286 del 1998 è già oggi elevatissima; se, per come è usuale le persone trasportate sono più di 5, la pena prevista va da 5 a 15 anni. Non erano necessari, perciò, né inasprimenti delle pene, né nuove fattispecie di reato che non servono a garantire maggiore sicurezza sociale e non tutelano meglio – neppure indirettamente – la vita delle persone che attraversano il mare cercando una prospettiva dignitosa di futuro».

Intanto come accade ogni primavera i “giornali” spingono sull’ondata di “clandestini” che sarebbero in arrivo prossimamente. Sarebbero 685mila secondo Repubblica, 900mila secondo Il Messaggero che riprende una fonte di Fratelli d’Italia. Accade tutti gli anni. Previsioni che puntualmente si rivelano sbagliate (il numero massimo di arrivi in Italia è stato di 108mila). Ma l’importante è concimare la paura. Poi ci sarà sempre un nuovo reato da inventare o un vecchio reato da inasprire per coprire con il panpenalismo l’inettitudine politica.

Buon lunedì.

Nella foto: frame del video della conferenza stampa del Consiglio dei ministri, Cutro, 9 marzo 2023

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